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Autore: Robstenina97    22/08/2014    1 recensioni
Una ragazza che non ha peli sulla lingua
Un ragazzo pieno di problemi che non vuole affezzionarsi.
Non hanno nulla in comune, ma qualcosa li unirà in un modo davvero speciale
Per saperne di più leggete :)
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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“Ora devo andare, ci vediamo domani mattina. Non aspettarmi sveglia.” Sorrisi annuendo e mi diede un bacio sui capelli. Rispose al cellulare e andò via. Andai in bagno per sciacquarmi la faccia.
Mi guardai allo specchio passandomi una mo sul viso. Il mio cellulare cominciò a squillare. Sospirai. Non conoscevo il numero. Risposi:
“Pronto?”
“Ei, sono Juan. Ti volevo dire che per stasera vengo a prenderti io alle 7.” Senza accorgermene sorrisi.
“Va bene o preferisci che ci si incontra direttamente al cinema?”
“Come preferisci tu.” Dissi passandomi una mano nei capelli.
“Ti vengo a prendere io.” Disse staccando.
Era uno di tantissime parole. Sospirai di nuovo e andai in camera mia. Aprì l’armadio e vidi cosa c’era dentro.
C’erano solo jeans e maglie.
Non sapevo cosa cazzo mettere. Non ero mai uscita con un ragazzo, non perché non me lo avessero mai chiesto.
Non ero il tipo di ragazza facile. Ero solo una stupida. Mi fidavo di un ragazzo che conoscevo appena e che aveva una reputazione di merda.
Mi arrivò un messaggio. Sospirai e lo lessi:
‘Piccola come stai?spero bene. Lo so che non puoi rispondermi, ma te lo dico sempre.  Tra una settimana torno a casa. Non vedo l’ora di abbracciare te e tuo fratello. Vi voglio bene.” Sorrisi, ma non risposi. Non avevo soldi nel cellulare e lei lo sapeva. Non eravamo ricchi. Non potevamo caricare sempre il cellulare.
Presi un jeans nero e una maglietta a mezze maniche bianca con lo scollo a V. Guardai l’orologio al mio polso. Erano solo le 3 del pomeriggio. Appoggiai le cose sul letto e andai di nuovo in bagno. Mi spogliai e mi misi sotto la doccia. Levai la catenina d’oro a forma di cuore dal mio collo e la appoggiai sul ripiano del lavandino. Quella catenina era l’unica cosa che mi era rimasta di mio padre. Appena aprivo il cuore partita la nostra canzone preferita e c’era una foto che ci ritraeva.
Accesi l’acqua e le mie lacrime cominciarono a scendere. Mi accasciai al muro e pensai a mio padre. L’ultima volta che lo vidi avevo solo 11 anni, mi disse come ogni giorno che sarebbe tornato.
Faceva male, troppo male. Non avevano neancora trovato il ragazzo che lo uccise con una pistola.
Il mio cellulare cominciò di nuovo a squillare. Sbuffai alzandomi e mi avvolsi un’asciugamano attorno al corpo. Presi il cellulare e vidi che era Juan. Risposi:
“Dimmi.”
“Scusa se ti disturbo ancora, che stai facendo?”
“Cosa te ne frega Juan?” domandai sorridendo.
Non sapevo il perché del mio sorriso, ma quel ragazzo era qualcosa di unico. Non solo per la bellezza sovrumana, ma aveva quella cosa di dolce anche se non lo sapeva.
“Volevo solo dirti che vengo più tardi, forse verso le 8.”
“Non sei obbligato Juan.” Sussurrai sospirando.
“Voglio uscire con te. Ho solo un piccolo impegno.” Sussurrò sospirando.
“Va bene.” Dissi appoggiandomi al lavandino.
“A dopo.” Disse staccando.
Quel ragazzo mi avrebbe fatto impazzire. Mi vestì con le cose che avevo scelto e lasciai i miei capelli castani sciolti, ci misi un po’ di schiuma per farli arricciare ancora di più e mi guardai allo specchio. Non stavo male.
Presi la catenina e me la misi. Sussurrai:
“Verrai anche tu con me papà.” Nella mia testa lo sentì ridere. Mi ricordavo la sua risata spensierata che faceva sempre ridere tutti quanti.
Mio padre era l’uomo della mia vita.
Sorrisi al mio riflesso e sussurrai:
“Ti voglio bene papà.” Nella mia mente sentì la sua risposta, così andai in camera mia e mi misi sdraiata sul letto a guardare il soffitto bianco.
Mi addormentai dopo qualche minuto.
Il mio cellulare cominciò a squillare e sobbalzai sul letto. Risposi senza nemmeno vedere chi era:
“Pronto?”
“Ma dove cazzo sei? Sono da mezz’ora giù che sto suonando e tu non rispondi.” Era Juan. Vidi l’orario al cellulare ed erano le 9.
Mi alzai di fretta e furia e risposi:
“Mi dispiace Juan, scendo subito. Mi ero addormentata.” Lo sentì sospirare e sussurrare:
“Muoviti, se non scendi tra 5 minuti me ne vado.”
Non volevo che se ne andasse via. Mi misi di fretta e furia le mie amate air force e scesi le scale. Aprì il portone e me lo vidi davanti.
Indossava una maglia bianca che metteva in risalto quel fisico palestrato, una giacca di pelle nera, dei jeans neri e le Timberland.
Era stupendo. I suoi capelli scompigliati dal vento erano qualcosa di unico e indescrivibile.
“Ciao.”
“Ciao.” Risposi facendo un piccolo sorriso.
“Ti fa ancora tanto male il polso?” scossi la testa. Era vero. Non mi faceva tanto male.
Dove vuoi andare Alejandra?" domandò Juan salendo sulla moto.
"Non ne ho idea." ammisi sorridendo.
"Ti porto dove vuoi tu." disse porgendomi il casco. Sorrisi mettendomelo e provando ad allacciarmelo. Ero davvero una frana. Juan scese e sussurrò:
"Non è molto complicato Alejandra."
 "Non sono mai salita su una moto." sussurrai sospirando. Ero proprio una bambina.
 "C'è sempre una prima volta per tutto Alejandra." sussurrò allacciandomi il casco. Salì di nuovo sulla moto.
"Allora?" domandò fissandomi.
“Non ne ho idea Juan.”
“Andiamo a mangiare un kebab e poi decidi tu okay?”  Era davvero bellissimo.
“Okay.” Dissi salendo sulla moto.
 "Aggrappati forte ragazzina." sorrisi e circondai i suoi fianchi con le mie mani. Per due secondi lo sentì irrigidirsi, così levai le mani, ma lui me le bloccò con le sue e facendomi mugugnare di dolore per il polso sussurrandomi:
 "Non farlo Alenandra, non levare le mani per nessuna ragione al mondo. Non lasciarmi i fianchi. Andrò veloce, ma non troppo. Lo prometto."
 "Va bene." sussurrai dolcemente.
“Scusa per il polso.”
“Non preoccuparti Juan.” Sussurrai facendo un piccolo sorriso.
“Andiamo a mangiare il kebab.” Esultò con una voce da bambino. Scoppiai a ridere annuendo e lui partì.
Come aveva promesso non andava velocissimo. Il suo odore mi invadeva le narici ed era la cosa più bella al mondo. Mi sentivo al sicuro. Si fermò davanti al kebabbaro. Scese dalla moto e domandò:
“Vuoi mangiare qui o in un altro posto?”
“In un altro posto.” Sussurrai. Volevo portarlo nel posto in cui andavo sempre con mio padre. Nessuno conosceva quel posto. Era solo una piccola casetta abbandonata, dove io e mio padre andavamo sempre.
“Va bene, tu resta qui. Vado a prendere due kebab e qualcosa da bere.”
“Va bene.” Dissi facendo un piccolo sorriso.
“Cosa vuoi da bere?”
Volevo una coca, ma se lo avessi detto mi avrebbe preso per una bambina di merda, così dissi:
“Una birra.”
“Bevi?” domandò con voce incredula.
“Certo che si.” Mentì. Non avevo mai bevuto in vita mia.
"Okay va bene, vado a prendere subito le cose e poi andiamo dove vuoi tu."
Sorrisi e lui andò via. vidi due ragazze sorriderli, ma lui non le calcolò nemmeno. scoppiai a ridere e lui venne subito con le cose. Salì sulla moto e partì.
"Dove devo andare?"
"Vicino alla spiaggia."  dissi cingendo i suoi fianchi.
"Va bene."
ANGOLO AUTRICE:
ECCOMI DI NUOVO QUA AHAHAHAH. LO SO CHE AVEVO DETTO CHE AVREI PUBBLICATO DOMANI, MA HPO VOLUTO DIVIDERE L'USCITA DI JUAN E ALE IN DUE PARTI :)
Spero vi piaccia come idea :)
Buonanotte :)
  
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