Storia
partecipante al contest:
Il nuovo esame
Indetto da:
_Aras_
Profumo d’inchiostro
L’immagine
di Asteria Greengrass in Malfoy che si spazzolava i lunghi capelli
scuri era
riflessa nel maestoso specchio della sua camera da letto matrimoniale,
in quel
momento vuota e silenziosa. Ci aveva fatto l’abitudine, alla
fine: ogni sera,
suo marito Draco tornava a casa dopo una lunga giornata di lavoro,
mangiava
insieme alla famiglia, poi si alzava dal tavolo dopo nemmeno dieci
minuti e
dava un bacio alla moglie e al figlio prima di rintanarsi nel suo
ufficio, con
l’unica compagnia delle pergamene sporche
d’inchiostro, e riprendere a lavorare
fino a tardi, quando ormai il sonno aveva già avuto la
meglio sulla moglie.
Praticamente,
i due non si vedevano più se non la mattina presto, la sera
tardi e, forse, la
domenica. Il che era davvero sconveniente per una coppia sposata da
poco più di
cinque anni che non aveva neanche avuto la possibilità di
litigare fino al
prendere, momentaneamente, in considerazione il divorzio,
tant’erano rare le
volte che riuscivano a vedersi per più di un quarto
d’ora.
Asteria
non aveva immaginato così la sua vita matrimoniale quando
aveva scelto di
sposare Draco Malfoy. Si era innamorata di lui in un pomeriggio
invernale,
quando il Natale era quasi alle porte, fra le pergamene sporche
d’inchiostro e
i libri di Pozioni, presi dagli scaffali antichi della biblioteca. I
compiti
che aveva assegnato il professor Piton erano estenuanti e difficili,
tanto che
Asteria si era negata di alzare lo sguardo fino alla fine della stesura
del
tema. Quando, dopo quelle che parvero ore, finì lo scritto,
sollevò il capo,
l’espressione trionfante in volto, e gli occhi color ghiaccio
di Draco, seduto
a qualche tavolo più avanti, furono la prima cosa che vide.
A quel punto,
innamorarsi di lui fu così spontaneo e automatico che
Asteria neppure se ne
accorse.
Ma
non c’era niente di romantico; non c’era niente di
romantico nel modo in cui
Asteria aveva scelto di rovinarsi la vita, né tanto meno nel
modo in cui
avevano deciso di convolare a nozze – una lurida firma
scritta solo per mettere
al mondo altra prole caratterizzata dal sangue puro – e,
ancor meno, nella loro
vita coniugale.
Quando
si erano sposati, Draco stava ancora cercando un lavoro nobile che gli
permettesse di dare da mangiare alla sua famiglia senza il sostenimento
dei genitori
e dell’eredità, cosa che aveva portato Asteria a
sospirare sognante, colpita
dall’inseguimento morboso del marito verso
l’indipendenza, che si rivelò il suo
più grande desiderio.
Poi
aveva finalmente trovato lavoro – campo della Magisprudenza
– e questo aveva
segnato l’inizio dell’inferno per la donna.
Non
aveva mai preteso niente da suo marito: non aveva mai cercato un amore
che
sapeva che Draco non poteva provare nei suoi confronti, né
aveva fatto storie
per intraprendere la gravidanza, non lo aveva mai pressato mentre
cercava come
guadagnarsi da vivere e non gli aveva mai impedito di andare allo
stadio a
vedere la finale della Coppa del Mondo di Quidditch. Non aveva mai
chiesto
nulla, ma adesso era così meschino e ingiusto se richiedeva,
finalmente, un
marito? Uno di quelli con cui uscire il pomeriggio, da baciare davvero
– non
solo per dare un saluto – e con cui crescere il loro unico
figlio? Con cui
magari farne anche altri, di figli?
Era
così orribile?
***
L’odore
d’inchiostro si era sparso per tutta la stanza, mentre Draco
Malfoy non faceva
altro che bagnare la piuma e scrivere sulle pergamene – per
poi, la maggior
parte delle volte, buttarle – perdendo la cognizione del
tempo. Mentre
scriveva, nella sua mente c’erano solo parole sconnesse che
avevano comunque un
importante significato nella sua vita: lavoro,
leggi, lavoro, leggi.
Doveva
continuare a lavorare e doveva completare tutti i compiti che gli erano
stati
assegnati quella mattina, perché da quello dipendeva tutto
ciò che era
importante nella sua vita. Non che i soldi gli mancassero: poteva
benissimo
evitare di sforzarsi così tanto, dato che era molto potente
economicamente, ma
doveva mostrare a se stesso che poteva essere un uomo indipendente. Doveva essere un uomo indipendente. Non
poteva essere sempre mantenuto dai suoi genitori. Doveva passare le
notti in
bianco a scrivere, a memorizzare, a capire, fregandosene del sonno. Ma aveva talmente tanta voglia di dormire.
Lavoro,
leggi, lavoro, leggi.
Finì
di scrivere l’appunto e tornò con gli occhi, la
cui vista cominciava ad
offuscare, a cercare un altro articolo dove poteva trovare qualcosa
riguardo
alla Costituzione Magica. Essi erano messi in ordine crescente dal
più antico
al più recente. Draco si chiese, mentalmente, che giorno
fosse, senza riuscire
a darsi una risposta. Che giorno era?
Lavoro,
leggi, lavoro, leggi.
Lasciò
perdere la data e prese una rivista a caso, cominciando a sfogliarla.
Trovò un
articolo che risaliva all’estate fra il suo quarto e quinto
anno, parlava di
San Potter. Tutti i cittadini oltre il
III Anno alla Scuola di Magia e Stregoneria nella quale sono ammessi
possono
essere imputabili. Ricordava quell’anno, dopo la
morte di Cedric Diggory.
Potter non aveva passato un periodo difficile. Ma cosa successe?
Perché Potter
era stato imputato? Non ricordava.
Lavoro,
leggi, lavoro, leggi.
Ricordava
di Potter, che si era sposato con la piccola Weasley. Avevano avuto dei
figli,
uno della stessa età di Scorpius, suo figlio. Suo
figlio. Era nato dall’amore con sua moglie, Asteria.
Lavoro,
leggi, lavoro, leggi,
Asteria!
Era
talmente tanto tempo che la sua mente non sfiorava il suo nome che
quest’ultimo
risultava sconosciuto al suo cervello. L’aveva appena vista,
ma era un ricordo
talmente distante ...
Asteria,
Asteria, Asteria, Asteria.
I
suoi pensieri furono interrotti bruscamente dall’apertura
della porta. Asteria
era davanti a lui, lo sguardo duro e le braccia che scendevano rigide
sui
fianchi. «Dobbiamo
parlare» sussurrò con decisione. Che ore
erano? Scorpius dormiva già? Era notte fonda, forse? Per
questo era attenta al
tono di voce?
***
Successivamente,
Draco
avrebbe scoperto che erano le due di notte e si sarebbe seduto sulla
sedia
davanti al tavolo che si trovava in cucina, davanti a sua moglie
Asteria che
aveva le mani unite e gli occhi fissi su di lui. Draco pensò
che non veniva
guardato così a lungo da lei da tanto, troppo tempo.
«Di
cosa mi volevi
parlare?» la incitò. Lei abbassò per un
attimo gli occhi, poi tornò a
guardarlo.
«Da
quanto siamo
sposati, Draco?» domandò a sua volta la donna.
La domanda
insolita
portò il biondo a sgranare leggermente gli occhi.
«Scusami?»
«Rispondimi.»
ribatté
lei.
«Che
domanda stupida!»
commentò lui.
«Rispondimi!»
Il tono di voce
così
alto e duro provocò lo sconvolgimento sul volto di Malfoy
che subito dopo
strinse le mani in pugni, come a trattenersi dal perdere la pazienza.
«Cinque.»
«Avevo
paura lo avessi
dimenticato.»
«Non
potrei.»
«Sai
quand’è il nostro
anniversario? Sai quand’è il compleanno di
Scorpius?»
Draco si
alzò
istantaneamente dal tavolo, scocciato da quella situazione. Asteria,
invece,
rimase seduta, gli occhi chiusi e il capo sorretto dalle mani sotto al
mento.
La pazienza che scivolava via dal suo volto era ben visibile, mentre
lui si
passava le mani fra i capelli. «Tutto questo è
ridicolo, Asteria!» sbraitò.
«Non
lo sai! Non lo
sai, capisci? Ricordi tutte le leggi, ma non sai niente riguardo alla
tua
famiglia. Siamo noi la tua famiglia, Draco.»
ribatté lei, la voce
calma e piena di delusione. Draco voleva controbattere, ma scelse di
rimanere
zitto in attesa che lei aggiungesse qualcosa. «Sono anni che
sopporto, Draco.
Sono anni che non faccio che ripetermi: “Domani
sarà diverso” ma ogni giorno
è nuovo e c’è un altro domani. Quel
domani
diverso, Draco, quel domani diverso non c’è. Non
arriva.»
Draco la
guardò con
attenzione, aspettandosi di udire una voce rotta in compagnia delle
lacrime ma,
con sua sorpresa, Asteria non sembrava essere intenzionata a piangere.
Non era
la tipa che scoppiava in lacrime, non lo era mai stata. Era una delle
cose che
aveva portato Draco ad innamorarsi di lei: non era semplice essere
sposata con
un componente della famiglia conosciuta per la sua codardia, per essere
stata
dalla parte di Lord Voldemort e di aver permesso tanti, troppi omicidi.
Quando
Asteria era ancora una Greengrass veniva rispettata e voluta bene da
tutti, ma
dal giorno delle nozze la sua vita era stata caratterizzata unicamente
da
umiliazioni e disprezzi. Ci stava male, ovviamente, ma non
l’aveva mai fatto
pesare a Draco. E lui sapeva di dover renderla felice. Lui voleva renderla felice, eppure ne era
totalmente incapace.
«Mi
dispiace, Asteria.»
sussurrò l’uomo con sincerità, la voce
spezzata.
«Non
ho mai preteso
d’essere amata da te, Draco.» cominciò
Asteria, la voce tranquilla. Il fatto
che non urlasse, che non scoppiasse per l’ira, non faceva che
far salire i
sensi di colpa di Draco che, zitto, ascoltava le sue parole. Davvero
credeva di
non essere amata? Okay, Draco non glielo diceva mai, ma solo
perché non ne
aveva mai il tempo con tutto quel lavoro da fare. Lavoro.
«Ma almeno, potresti fingere.» concluse.
Draco si avvicinò
a lei, aprendo la bocca per parlare ma la donna lo zittì con
un cenno della
mano. Si alzò dalla sedia. «Vado a
dormire.» annunciò.
«Non
posso smettere di
lavorare, Asteria.» disse. «Sei mia moglie e ti amo, ma questo lavoro è
l’unica cosa che non mi fa sembrare
feccia agli occhi degli altri maghi. Questo lavoro è tutto
ciò che mi resta.»
Asteria rise con
amarezza, senza voltarsi verso di lui. «Hai
ragione.» disse, prima di
andarsene.
Lui non disse
nulla,
mentre la osservava tornare in camera da letto. Si passò le
mani fra i capelli,
sospirando leggermente, prima che il suo sguardo venisse rapito da un
luccichio
sul tavolo. Si avvicinò all’oggetto e lo prese fra
le dita, il fiato gli si
mozzò: la fede nuziale.
***
L’orologio
nell’ufficio
di Draco segnava le tre del mattino e l’alta pila di
pergamene e libri era la
sua unica compagnia, mentre si preoccupava di finire di leggere gli
ultimi
articoli.
Sulla scrivania,
vicino
all’inchiostro, c’era l’anello di
Asteria. L’avrà
poggiato lì e se ne sarà dimenticata
aveva pensato l’uomo dopo averlo
trovato. Di sicuro, la donna non voleva il divorzio. Era impensabile.
L’ultimo
testo da
leggere parlava dei diritti e doveri matrimoniali, della spartizione
dei beni
dopo il divorzio e delle varie conseguenze. Draco le lesse con
attenzione,
mentre appuntava il tutto su una pergamena con l’aiuto di una
mappa
concettuale. Doveva conoscere bene quelle leggi se voleva sfondare nel
campo della
Magisprudenza, diventare un avvocato grandioso e, magari, trovare poi
lavoro
come giudice. Certo, era un po’ difficile, con la presenza
del Marchio Nero. Suo padre,
Lucius, gli
aveva consigliato di utilizzare la solita scusa che recitava, testuali
parole:
“Ero sotto una Maledizione Senza
Perdono:
Imperius” ma lui non voleva mentire, né
fare il codardo. Anni prima, quando
ancora studiava ad Hogwarts, l’avrebbe fatto tranquillamente:
avrebbe mentito,
avrebbe corrotto, sarebbe diventato un grande uomo, ma ormai non poteva
più.
Non con una famiglia a cui badare, non con la morte di tante persone
sulla sua
coscienza – non aveva ucciso nessuno personalmente,
ma aveva contribuito diventando Mangiamorte –, non con un
figlio piccolo che
meritava di portare il cognome nobile che era sempre appartenuto ai
suoi
antenati.
Ricordò
quando, una
volta, Scorpius aveva fatto amicizia con un bambino: era una domenica,
lui non
lavorava, e stava osservando il figlio giocare con un bimbo per
mezz’ora, prima
che i genitori di quest’ultimo intervenissero e dicessero:
“Non puoi giocare con certa gente,
tesoro.
Non sono brave persone.”. Draco aveva subito
guardato Asteria, che sul
volto aveva una visibile fitta di dolore che subito tramutò
in un sorriso
falso, mentre si alzava e andava a prendere Scorpius fra le braccia.
Era
l’unico ricordo che l’uomo aveva riguardo al suo
unico figlio.
Sospirò,
pensando che
un giorno l’avrebbe fatta pagare a quella gente e che un
giorno sarebbero
ritornati ad ammirare la famiglia Malfoy, così Draco
riportò gli occhi sulla
pergamena. Doveva lavorare. Doveva
tornare ad essere un uomo d’onore.
***
Quando Draco si
svegliò
non potevano che essere le otto e un quarto, forse ancora
più presto. L’odore
d’inchiostro gli penetrò nelle narici e
sbadigliò, mentre si alzava e prendeva
tutte le pergamene, pronto per uscire.
Quando
uscì dalla porta
del suo ufficio, però, i suoi pensieri sui progetti
lavorativi furono bruscamente
interrotti dalla scena che aveva davanti: la servitù stava
sollevando delle
valige e Asteria e Scorpius erano davanti a loro, come se stessero
andando via.
Stavano andando via.
«Cosa
sta succedendo?»
domandò, la voce ancora impastata dal sonno mista alla
perplessità. Asteria lo
guardò confusa, pensando che fosse ovvio
ciò che stava accadendo. Aprì bocca per
rispondere, ma Scorpius la precedette
mentre correva, felice e saltellante, verso il padre e si aggrappava ai
suoi
pantaloni. Draco non lo prese in braccio, non essendo abituato allo
stimolo di
coccolare suo figlio.
«Stiamo
andando dai
nonni! Ma la mamma dice che non puoi venire, perché non puoi
venire?» domandò
il bambino biondo, la voce triste nell’ultima domanda. Draco
lo guardò, poi
riposò gli occhi su Asteria. Già, perché
non poteva venire?
«Tuo
padre deve
lavorare, Scorpius.» rispose Asteria, prima di andare a
riprendere il figlio e
prenderlo fra le braccia.
Non aveva
dimenticato
la fede sul tavolo. L’aveva
lasciato.
Come poteva averlo fatto? Dopo tutto ciò che stava facendo
solo per renderla
una signora, per rendere felice loro figlio. Come poteva lasciare un
uomo così?
«Tutto
questo è
ridicolo» disse semplicemente, la voce tagliente.
«Tu
credi? Io penso che
sia più che giusto.»
«Vuoi
buttare via
cinque anni di matrimonio e un figlio, Asteria!»
«Che
razza di
matrimonio è questo?!» chiese la donna urlando, la
rabbia repressa sfogata in
quella domanda. «Un matrimonio basato su un amore non
corrisposto, dove il
lavoro è il mio rivale. Che razza di matrimonio
è?»
«Non
posso crederci»
sospirò Draco, gli occhi sgranati. «Sei
ossessionata da questa stupida idea che
io non ti ami, ti rendi conto?»
«Allora
dimostralo!
Dimostra che ami me, dimostra che ami tuo figlio.» in tutta
quella litigata, i
domestici avevano ben pensato di andare via e far allontanare anche il
piccolo
Scorpius, che era leggermente spaventato da quelle urla.
Draco si
passò le mani
fra i capelli, prima di entrare nel suo ufficio. Asteria si
domandò se dovesse
o no seguirlo, poi scelse di farlo. Stavano litigando, lui non se ne
sarebbe
andato in quel momento. Era Draco Malfoy, è vero, ma ... oh,
era Draco Malfoy.
Certo che se ne sarebbe andato nel bel mezzo di un litigio.
Il matrimonio di
Draco
rovinato dal lavoro. Lui aveva lavorato così sodo per essere
indipendente, per
poter contare solo su se stesso e alla fine si era vincolato al proprio
lavoro,
ossessionato da un obiettivo che poteva rovinare tutto ciò
che contava nella
sua vita. Si passò le mani fra i capelli, prima di fissare
rabbioso le
pergamene con gli appunti sulle leggi che aveva dovuto studiare,
capire,
memorizzare. Con la coda dell’occhio fissò il
camino al suo fianco e a quel
punto tutto venne da sé: il profumo d’inchiostro
che impreziosiva tutta la
stanza fu mischiato all’odore di bruciato, a causa delle
pergamene che Draco aveva
appena buttato nel fuoco, incendiandole. La sua scrivania si
ritrovò vuota
degli appunti, dei giornali, degli articoli; le uniche cose che ancora
la
occupavano erano delle cornici vuote, senza fotografie. Si era
ripromesso di
mettere delle foto con sua moglie e suo figlio, ma aveva a malapena
avuto il
tempo di scattarle, figuriamoci di metterle là dentro.
Si
voltò verso Asteria,
sorpreso dal suo stesso gesto. Non aveva pensato a niente prima di fare
ciò che
aveva fatto, si era solo posto una domanda: “Asteria
o il lavoro?” e aveva scelto sua moglie, in un modo
un po’
barbaro forse, ma l’aveva pur sempre scelta. Lei
fissò il fuoco bruciare quelle
carte maligne che le avevano rovinato la vita coniugale, poi
riguardò il
marito.
Asteria
sospirò, chiedendosi cosa fosse la cosa giusta
da fare. Non si sarebbe mai aspettata una situazione del genere.
«Quindi, tu mi
ami.»
constatò,
guardando ancora la tappezzeria dell’ufficio.
«Non capisco come
potevi
credere il contrario.»
«Non me lo dici
mai.»
«Non spreco tempo
ed energie
per dire cose ovvie.» la voce di Draco
era secca e a tratti tagliente,
eppure Asteria non poté far altro che sorridere nel sentire
quelle parole. In
quel momento, il lavoro del mago – da sempre rivale in amore
della donna – non
era presente: c’erano solo lei, Draco e il profumo
d’inchiostro misto alla
puzza di bruciato che ancora conservava la sua bellezza. Un
po’ come l’uomo
della sua vita che, nonostante fosse sciupato dal “terzo
incomodo”, era ancora
il ragazzo istintivo, arrogante e con gli occhi più belli
che avesse mai visto
di cui si era innamorata.
«Bene,
vado a disfare le
valige.»