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Autore: Zia Isa    22/08/2014    1 recensioni
[Questa fan fiction partecipa al Contest “Characters' Feelings – Momenti di Protagonismo” indetto da Lucinda Taylor sul Forum di EFP]
"Si appoggiò allo specchio, in cerca di conforto.
Che cosa triste scoprire, dopo aver vissuto una vita con la convinzione di essere una persona, di non esserne altro che lo spettro.
Chi era Draco Malfoy?"
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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The mirror

 

Il corridoio era lo stesso di sempre.

Anche i volti inquietanti degli antenati erano gli stessi che lo avevano sempre osservato in cagnesco. Da piccolo trovava affascinante quel luogo: le tante generazioni di illustri maghi che si erano susseguite fino ad arrivare a lui erano rappresentate in quel corridoio. Crescendo, però, l'entusiasmo aveva lasciato il posto al disagio. A destra era rappresentato il ramo materno della famiglia, a sinistra quello paterno, e decidere quale tra i due fosse il peggiore era una bella sfida. Se ne stavano muti, con quella loro aria di superiorità e quello sguardo sottile, sinistro e freddo come quello di un serpente. Cercava di autoconvincersi che si trattava solo di tela e pittura, ma nonostante tutto, quando passava davanti a quei ritratti non riusciva a scollarsi di dosso la sensazione di non essere ritenuto degno del sangue che scorreva nelle sue vene. Aveva finito per convincersi che al mondo non esistesse nulla di più inquietante di quel lunghissimo corridoio, perciò puntò gli occhi a terra ed accelerò il passo: l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento erano altri sguardi accusatori.

Si fermò solo quando raggiunse l'ultima porta, quella della sua stanza. Allungò una mano per toccarne lo stipite: la delicatezza dei fregi, il freddo del legno, la rigidità degli spigoli e persino la “D” intarsiata. Era tutto uguale. Con un sospiro l'aprì ed entrò. Quanti giorni erano passati? Tre, quattro? Aveva perso il conto. Ciò che probabilmente si era trattato di una manciata di giornate apparivano a lui come mesi. Camera sua era come l'aveva vista l'ultima volta: i mobili senza un filo di polvere, ogni oggetto al suo posto, ma soprattutto la solita atmosfera fredda e tetra. Gli elfi avevano svolto il loro lavoro. Come sempre, del resto.

Si chiese se quei pochi metri quadrati gli fossero mai realmente appartenuti. Probabilmente no, si rispose. La sua vera casa era quella stupida scuola di magia arroccata in cima alla Gran Bretagna. Proprio la stessa scuola che il giorno prima aveva cercato di distruggere combattendo a fianco dei suoi genitori.

Accarezzò il manico lucidissimo della sua Firebolt, regalo del padre in occasione dei 17 anni, e realizzò solo in quel momento che probabilmente il solo interesse puro e sincero della sua intera vita era stato il Quidditch.

Interesse coltivato per anni nel fango dello sgangherato campo di Hogwarts.

Ritrasse subito la mano, quasi la scopa scottasse, e puntò gli occhi altrove, in un punto qualsiasi della stanza, pur di scacciare quel ricordo.

Con lo sguardo catturò il suo riflesso nello specchio. Non usava specchiarsi spesso, però in quel momento provava una strana curiosità, un desiderio incomprensibile di guardarsi. Si avvicinò per potersi vedere meglio. Non fu particolarmente sorpreso da quello che vi trovò riflesso: un ragazzo longilineo, molto magro, le guance leggermente scavate, le occhiaie ben evidenti sulla pelle bianca e lo sguardo di chi ha visto troppe cose che non avrebbe voluto vedere.

Quindi quello era lui?

Tutto in quella stanza era uguale a come era sempre stato. Tutto tranne lui. Gli riusciva difficile capire chi fosse realmente. Un ragazzo normale? Un traditore? Un assassino?

La verità era che in quel momento si sentiva una completa delusione.

Aveva deluso i Mangiamorte, non avendo reso onore al suo marchio; i suoi genitori, tradendo le loro aspettative; i Serpeverde, la cosa più vicina a una vera famiglia che avesse mai avuto, dimostrandosi nient'altro che un burattino nelle mani del Signore Oscuro e non il ragazzo freddo e superiore che aveva sempre voluto sembrare; e infine gli altri studenti, apparendo come un nemico e non come un compagno.

Con gli occhi della mente rivide i momenti della giornata precedente, così e freschi e nitidi nella sua memoria: Nagini uccisa da Paciock, l'ultimo grido di Tiger prima di rimanere intrappolato nel suo stesso Ardemonio, Weasley e la Granger che combattono tenendosi per mano, Potter che sconfigge il Signore Oscuro – il suo signore – e la Sala Grande costellata di cadaveri.

Giovani e anziani, uomini e donne, maghi e creature magiche si erano uniti per ribellarsi e combattere. E lui? Lui era rimasto praticamente a guardare, combattendo contro le sue stesse paure, mentre mamma e papà gli assicuravano la clemenza dei Mangiamorte.

Quante volte si era immaginato la sua vita futura: un incarico di alto livello presso il Ministero della Magia, una vita di agi nella villa di famiglia con una moglie bella e di sangue puro. Ora invece tutte le sue certezze crollavano. Dove credeva di andare? Come poteva anche solo pensare di costruirsi una carriera se nei momenti più bui non era stato in grado di tener testa al terrore e di ribellarsi a chi era più forte?

Si era sempre creduto superiore a tutti per il suo sangue purissimo, per la sua intelligenza e il suo carattere scostante; il resto era feccia. Solo ora si rendeva conto che il vero sfigato era lui.

Aveva forse qualcosa per cui lottare? No.

La purezza della sua famiglia non era nulla in confronto alla purezza dei valori di chi aveva combattuto per i propri cari, per i propri amici, per il proprio futuro.

Si riesaminò nello specchio. Quei piedi, che nei suoi sogni calciavano un pallone insieme a suo figlio, altro non avevano fatto che scostare i cadaveri di amici e compagni per liberare il passaggio. E chi mai avrebbe voluto stringere quelle mani macchiate dal sangue innocente con cui lui aveva pagato le sue paure? Ci sarebbe mai stato al mondo qualcuno in grado di sostenere quello sguardo così assurdamente colpevole? Lui stesso non ci riusciva.

Non era puro. Non era perfetto.

Era sbagliato.

Un giocattolo guasto non potrà mai funzionare bene, così come lui non avrebbe mai potuto combinare nulla di giusto nella sua vita.

Si appoggiò allo specchio, in cerca di conforto.

Che cosa triste scoprire, dopo aver vissuto una vita con la convinzione di essere una persona, di non esserne altro che lo spettro.

Chi era Draco Malfoy?

Si guardò. Draco Malfoy era lui. E Draco Malfoy era inutile.

Tirò un pugno alla sua immagine nello specchio, ma quello rimase intatto. Persino il suo riflesso era più forte di lui.

Retrocedette di un passo, guardandosi negli occhi e cogliendovi un barlume di folle disperazione. Prese la bacchetta e la alzò, puntandola con mano tremante verso lo specchio.

-Av... Avada K-kedavra-

Il tempo sembrò gelarsi.

Il debolissimo raggio verde raggiunse lo specchio. Draco vide la sua immagine incrinarsi, poi creparsi lentamente e infine crollare a terra in frantumi.

Poi il riflesso di un raggio verde lo colpì in pieno petto.

Prima di svenire scompostamente sulla superficie morbida del letto, pensò che l'unica persona che aveva realmente deluso era se stesso.

  
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