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Autore: Selhen    22/08/2014    2 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~~Velkam... Velkam... Velkam. Era quel nome che rintonava prepotente nella mia testa. Ed erano brividi quelli che ne seguivano al pensiero delle nostre labbra unite, fameliche, desiderose le une delle altre.
Non mi ero accorta nemmeno di starmi sfiorando le labbra con le dita mentre ci pensavo, ma mi riscossi nel momento in cui sorpresi Dahnael a fissarmi con un sorrisetto sghembo.
"Che stai facendo?", mi chiese con un lampo di malizia negli occhi.
"N.. nulla", balbettai in difficoltà girandomi dall'altra parte.
"Hai veramente incontrato l'elisiano ieri notte?", chiese con tono pacato. Dell'ira funesta dello scorso pomeriggio non c'era più alcuna traccia.
Annuii rimanendo di spalle, abbassando e alzando solo vistosamente il capo.
Udii un sospiro rassegnato  e in quel momento immaginai che Dahnael stesse scuotendo il capo candido come solo lui era solito fare, con quelle sopracciglia teneramente aggrottate, e quella fossetta che gli rigava la fronte nei momenti di preoccupazione.
Era bellissimo Dahnael, da piccola avevo anche avuto una cotta per lui. Non glielo avevo mai confessato, ma per certi versi eravamo uguali.
Quando mi voltai Dahn aveva il capo reclinato da una parte e mi guardava con un po' d'apprensione.
"Ho paura, Selhen". Si avvicinò cauto e mi passò una mano artigliata sulla guancia spostandomi i capelli dietro un orecchio.
Non ebbi il coraggio di rispondere. Anch'io ne avevo, così come Velkam, ne ero sicura. Chinai il viso ad assecondare la sua carezza e il graffio del giorno precedente sembrò protestare.
"Non avrei mai voluto farti del male", continuò lui a bassa voce sfiorandomi la ferita con un dito delicato. "Sono stato...", il suo viso assunse un cipiglio addolorato.
"No Dahnael, so a cosa vado incontro se sto con te... tu non hai nessuna colpa", poggiai una mano sulla sua, alla ricerca di conforto, poi d'impeto lo abbracciai forte, e lui non si sottrasse a quella stretta, anzi, la ricambiò con maggiore energia.
"Grazie, grazie...", sussurrò commosso in quell'abbraccio.
Trattenni a stento le lacrime. "E di che?", dissi abbozzando un sorriso che lui non poteva vedere.
"Di esistere... e di essere con me nonostante tutto".
Premetti le labbra l'uno sull'altro con gli occhi lucidi poi mi ricomposi e sciolsi l'abbraccio tornando a guardarlo negli occhi.
"Come farei senza di te?", dissi soltanto con aria complice.
Dahnael scosse il capo sorridendo. "Non faresti".

La vita ad Asmodae si svolgeva sempre all'insegna della guerra. Scontri a Katalam, guarigioni da conquistare, Dredgion da sconfiggere, Balaur da annientare, Elisiani da elminare... era sempre la stessa storia. Eppure, ogni volta che mi capitava di incontrare un elisiano in territorio neutrale, mi soffermavo ad osservarlo. Ne studiavo i tratti avida di curiosità, e in ognuno di loro, per caratteristiche, rivedevo Velkam.
Quel giorno avevo preso un teletrasporto che mi conducesse a Tiamaranta. Benchè odiassi quel posto pieno di pattuglie drakan e di terreno arido e roccioso, quel pomeriggio non vedevo l'ora di poggiare i piedi sul suolo della fortezza.
Avevo pagato il teletrasportatore ed ero scesa dalla piattaforma vagando con occhi impazienti su tutto il salone d'entrata. Due ridenti occhi smeraldo erano puntati su me.
Un sorriso spontaneo mi si allargò sul viso quando scoprii Velkam accovacciato in cima alla fontana di pietra che adornava il centro della piazza. Era meraviglioso come sempre.
Quel giorno i suoi abiti erano ben diversi dalla solita tenuta da combattimento rigida e lucida. Velkam portava un elegante e sportivo pantalone nero, degli scarponi sportivi e un piumino nero smanicato a coprire una t-shirt rossa. Era proprio quello che poteva definirsi, un ragazzo normale, se non fosse che teneva nascoste due preoccupanti ali candide da elisiano.
Con un balzo preciso e calibrato scese dal piedistallo di pietra e dovetti allungare di qualche passo per essergli davanti. Chissà perchè, ogni volta che mi recavo al luogo in cui ci eravamo dati appuntamento mi stupivo di trovarlo realmente là... e solo per me.
"Ciao", aveva detto lui con quell'accento melodioso e un tono così pacato da causarmi un brivido.
"C... ciao", balbettai distogliendo lo sguardo dal suo, spiazzante.
"Sei stupenda oggi, asmodiana", mi sussurrò in un soffio con tono suadente.
Per poco non soffocai, così mi ripresi tossendo sonoramente. Avevo tenuto semplicemente la mia divisa di legione. Pantaloni neri in pelle, aderenti, alti stivali alle ginocchia e un giubbino in pelle candida che si adattava perfettamente al colore diafano dei miei capelli e della mia pelle.
"Tu invece non hai per niente l'aria pericolosa", lo stuzzicai.
Velkam rise sghembo. "Sai com'è... a volte l'apparenza inganna", disse con un occhiolino sistemandosi con nonchalance i due polsini alle braccia.
Non potei fare a meno di ridere. "Allora genio? Dov'è che vuoi cominciare l'ispezione?".
Il cacciatore assottigliò lo sguardo come per riflettere e si grattò distrattamente la barba appena accennata sul mento. "Dov'è che il tuo amico è stato attaccato?".
Dov'era stato attaccato Dahniel? In una brutta, bruttissima zona, che odiavo frequentare. "Una delle entrate che danno accesso all'occhio di Tiamaranta. Quella nei pressi della palude".
Velkam abbozzò un sorriso furbo. "Da come lo dici sembra che non muori dalla voglia di andarci".
Roteai gli occhi. "Decisamente... ho il brutto vizio di smarrirmi sempre per Tiamaranta, è un labirinto".
Velkam si incamminò verso l'aerotrasporto. "Ma oggi ci sono io!", disse con un simpatico tono da maestrino.
"Capirai!", ironizzai divertita.
Lo vidi fermarsi di colpo e voltarsi con le sopracciglia un po' aggrottate. "Che stai insinuando, asmodiana?".
Spalancai gli occhi con aria innocente. "Ma niente... tranquillo!".
Velkam sorrise scuotendo il capo e riprese a camminare.
Pagammo un aerotrasporto per l'avamposto di Turbatu e decidemmo di percorrere il resto della strada a piedi. Quel punto era sempre piuttosto deserto, ragion per cui non avremmo destato sospetto se avessimo camminato fianco a fianco.
La strada si inerpicava ripida e rocciosa per poi proseguire in un avvallamento che ci portò dritti alla palude da me prima citata. Lì dovemmo percorrere a piedi un lungo tratto tra gli sporchi fanghi del corso d'acqua, cosa alquanto sconveniente per me e i miei raffinatissimi stivali che affondavano nel terriccio molle e melmoso suscitando le risa di scherno del cacciatore elisiano.
"Oh insomma, la pianti?", lo incalzai con tono minaccioso.
Velkam non smise di ridere. Cosa che mi fece contrariare alquanto.
La pace assoluta era rotta solo dalle sue sonore risate. Un leggero venticello percorreva l'alta gola nella quale ci eravamo addentrati, e gli unici suoni erano il lento e inesorabile scrosciare del corso d'acqua e lo stormire dell'alta vegetazione ai bordi del fiume.
Adesso eravamo in una zona non protetta dai Reian e sarebbe stato facile essere attaccati da un qualunque elemento della fazione nemica.
Continuavo ad affondare gli stivali sottili nel fango e a ritirarli fuori a fatica quando il guaito di Daf, la mia cagnetta anti-elisiani, mi preoccupò. La piccola wuff aveva percorso tutta la strada silenziosa e obbediente fino a quel momento. Aveva imparato a riconoscere Velkam e a non dar conto alla sua presenza visto che lo aveva visto clemente nei miei confronti, fino a quel momento. Quel guaito non era un avvertimento sul suo conto.
"Aspetta", dissi a bassa voce fermando Velkam per un braccio. Abbassai nuovamente lo sguardo su Daf che si agitava esibendosi in una serie di guaiti lamentosi.
"Che ha quel cane adesso?", aveva detto annoiato il cacciatore voltandosi dalla mia parte.
"Ci sono membri della tua fazione da queste parti", mormorai guardinga.
Velkam si grattò il capo preoccupato. Io ero in pericolo, e lui nei guai, se ci avessero visti insieme.
"Non ci voleva", disse con l'espressione infastidita di qualcuno a cui si era appena insediato nella testa un pensiero scomodo.
"A chi lo dici che non ci voleva?", dissi seccata.
"A te", chiarì lui con sottile ironia.
"Mi nascondo tra quei canneti, sviali!", lo apostrofai severa tirando con un plop lo stivale ormai affondato nella melma fino alla caviglia.
Velkam ridacchiò e io lo fulminai con lo sguardo rintanandomi tra la folta vegetazione mentre tenevo la piccola Daf agitata, tra le braccia.
Non aspettammo molto, presto percepii Daf rabbrividire e dei tonfi pesanti nell'acqua del fiume mi annunciarono della corsa di due elisiani che venivano verso di noi. Gli schiamazzi erano chiari, in quella lingua melodiosa e ricca di sfumature di suoni che solo loro possedevano.
Non capii cosa si stessero dicendo ma qualcuno stava imprecando. Vidi Velkam fingersi affannato e rivolgersi ai due individui dai tratti angelici come i suoi, in maniera amichevole.
Quello che percepii furono degli strani farfuglii, e mi chiesi di che parlassero.
A quanto pareva Velkam aveva finto di avermi inseguita fino a quel momento e stava indicando la parte opposta della gola per mandarli il più lontano possibile da noi.
Intuii un "E' andata da quella parte..." che infatti, aveva dissuaso gli elisiani a continuare per la nostra direzione per intraprendere quella opposta scomparendo di corsa.
"Sono lontani, vieni fuori", aveva detto alla fine Velkam incrociando le braccia con aria annoiata.
"Grazie", borbottai. Ringraziarlo troppo mi infastidiva. Ne risentiva il mio orgoglio di asmodiana.
"E me lo dici così?", aveva detto lui senza nascondere un lampo di divertimento negli occhi. Si era girato solo un po', tanto che ne avevo potuto scorgere l'elegante profilo angelico.
"Tu come ti sentiresti a ringraziare un asmodiano così spesso?".
Le sue labbra si storsero curiosamente. "Sarebbe dura, ma per una giusta causa lo farei... sai com'è, ti ho appena salvato le chiappette", ironizzò con un sorriso sghembo.
Arricciai il naso con sufficienza. "Quanto te la tiri, elisiano". Avevo detto tentando un passo elegante sebbene i tacchi mi sprofondassero continuamente in quella melma odiosa. Inciampai rovinosamente e per poco non diedi il muso per terra, se non fosse stato per la fulminea prontezza di Velkam che mi aveva retta per un braccio lasciando che sbattessi spaesata contro il suo petto. "Attenta.. pasticciona".
Avvampai, o almeno fu quella la sensazione, anche se continuavo a restare pallida come un cencio.
Deglutii sollevando lo sguardo nel suo e i suoi occhi verdi non si spostarono. Sprofondai in quello sguardo, e avrei tanto voluto un altro bacio, uno di quelli che fino ad allora ci eravamo rubati l'un l'altra senza che, un attimo prima, ne avessimo avuto la consapevolezza.
Percorsi con lo sguardo le sue labbra rosee e carnose. Sembravano così morbide.
Quando Velkam allentò la presa dovetti reggermi in piedi, un po' sorpresa. Mi ero aspettata un altro bacio. Lo avevo desiderato, tanto che la mia insoddisfazione non dovette passare inosservata.
"Che c'è?", domandò lui curiosamente.
Esitai a rispondere, ma poi mi feci coraggio. Volevo capire cosa aveva significato e cosa, effettivamente, significasse per lui tutto questo. "E' che... mi chiedevo... l'altra sera, quel giorno a Sarpan... stai giocando con me, elisiano?". Il mio tono salì nervosamente di un'ottava. Temevo una sua risposta positiva. Del resto, poteva essere altrimenti?
Velkam dovette metterci un po' a capire cosa intendevo, visto che lo avevo farfugliato confusamente, ma poi la sua mente si distese in un lampo di comprensione. "Perchè me lo chiedi?", disse poi con tono tranquillo dandomi le spalle per riprendere a camminare.
Arrancai per mantenere il suo passo. "Perchè ho paura che sia così", dissi infine.
Il cacciatore si bloccò rimanendo di spalle. "E perchè hai paura che sia così?".
Non esitai a rispondere. "Perchè adesso io non gioco più", dissi con tono addolorato. Percepii un respiro spezzato in quella che sembrava la sua calma apparente.
"Tra le righe mi stai dicendo che... che sei innamorata di me?", mi prese in contropiede colpendo il centro della questione.
"Non lo so se sono innamorata di te...", mi prontai a rispondere mentre lo voltavo per un braccio. "E guardami quando ti parlo!".
Perchè aveva la faccia dell'incastrato? La sua espressione non aveva più nulla dell'aria giocosa di poco prima. 
Velkam si era morso nervosamente il labbro inferiore. "Ho sempre sperato che fosse solo attrazione, ma non ne sono sicuro", concluse infine con espressione molto più seria.
"Non ne sei sicuro...", gli feci eco io con tono triste.
"Nel senso che...", riprese lui all'improvviso. "Ho interpretato benissimo la tua delusione Selhen. Ho sempre sperato che fossi tu a fare il primo passo, sempre. Io ti ho sempre dato l'appiglio ma... non ho mai fatto nulla per uscire alla luce del sole...", aveva parlato tutto d'un fiato. Anche lui sembrava confuso e sbalordito delle sue stesse parole.
"Cosa significa quando senti una piacevole morsa allo stomaco se vedi una persona? Cosa significa quando, se la vedi, ne desideri un contatto fisico più che con ogni altra? Cosa significa se il suo volto emerge sempre nei tuoi pensieri di giorno, e nei tuoi sogni di notte?", rise un po' incredulo. "Non credevo avrei mai potuto dire tutto questo...".
Chiusi la bocca solo quando mi accorsi di averla spalancata per lo stupore.
"Cosa accadrebbe se io adesso, mandassi al diavolo tutte le convenzioni sociali del nostro mondo, se prendessi te, asmodiana, tra le braccia, se ti baciassi come esattamente un attimo fa ho desiderato fare?", stava continuando enfatico.
Lo guardai spaesata. "Velkam... fallo ti prego. Non mi importa di niente", dissi in risposta. Solo adesso capivo che quelle sensazioni... quei... sentimenti? Sì, quei sentimenti erano reciproci.
Non me lo lasciò ripetere due volte, quel bacio arrivò, e stavolta non ero stata io ad averlo chiesto o comunque ad essermelo preso con la prepotenza della volta scorsa.
Velkam mi prese il mento, delicato e lo tirò verso di sè, tanto di fretta che ebbi a malapena il tempo di prendere fiato.
Mi aggrappai alle sue spalle e sollevai un piede per tirarlo via dalla melma in cui era nuovamente affondato. Fu lui a stringere le mani alla mia vita sollevandomi per qualche secondo tra le braccia proprio mentre mi baciava.
Sentivo le farfalle nello stomaco. Strinsi forte le braccia attorno al suo collo beandomi della sensazione di quei suoi baci, poi, delicato, mi poggiò nuovamente coi piedi per terra.
"Questi sentimenti non hanno speranza, Selhen", disse piano addolorato mentre mi accarezzava lento una guancia.
"Che importa? Sono contenta di farlo clandestinamente se è necessario".
Velkam sospirò. "Ad Elysea mi conoscono tutti... sono il figlio del vecchio governatore. Non credi che sia un po' difficile per me, nascondermi?".
Spalancai gli occhi sorpresa. "Il fi... il figlio di chi?", immaginai di non aver sentito bene.
"Mio padre, Cornelius. E' stato l'ultimo governatore prima di quello attuale. E' morto un anno fa".
Dovetti appoggiarmi al suo petto per non cadere nuovamente dalla sorpresa. Avevo appena baciato il figlio di uno delle massime cariche politiche di Elysea. Se a stare con un elisiano rischiavo grosso, a stare con Velkam rischiavo il doppio...
"Adesso capisci perchè non ne vale la pena?", disse infine premendo cauto le sue labbra sulle mie. In un altro bacio fugace.
Non mi ritrassi a quel contatto leggero, poco invadente, ma intanto la mia mente viaggiava. Come sarei uscita indenne da questa situazione? Come avrei potuto rinunciare a lui? Era iniziato tutto come un gioco, almeno per lui, ma adesso eravamo entrambi nei guai fino al collo.
Strinsi la sua mano tra le mie, non curandomi dell'effetto che potessero fare i miei ditali metallici al tocco della sua carne morbida. "Non voglio rinunciare a te. Sei l'unico che non mi ha fatto mai male, sebbene la tua natura te lo ha sempre imposto. Come potrei rinunciare a te quando sono gli... asmodiani, a volte, i primi che fanno del male ai propri compagni. Che importanza ha se non siamo della stessa razza?". Ripensai a Shad, a quanto era stato vigliacco e io ingenua. A quanto avevo desiderato e sperato in un futuro insieme a lui. E proprio ora, proprio nel momento in cui vedevo un nuovo spiraglio di luce, delle stupide regole, delle assurde convenzioni dovevano portarmelo via.
"Per me ne vale la pena, elisiano", gli rivolsi un tenero sorriso e percorsi con le mie fredde dita il contorno delle sue labbra.
Lui sollevò una mano ad accarezzarmi i capelli bianchi e morbidi. "Allora rischieremo. Insieme".



[Cari lettori, chiunque voi siate. Vado un po' a rilento ultimamente... mi perdonerete? Ma sono tanto impegnata e ho molto da fare. Ho comunque intenzione di completare questa fic quindi. Basta che pazientate, io vi penso sempre e ogni tanto un capitolo per voi lo tiro fuori. Bacioni a tutti <3]

  
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