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Autore: HZLNL_1D    22/08/2014    11 recensioni
Dopo aver avuto soltanto delusioni, tendi sempre a stare sulle tue, a mantenere una certa distanza dalle persona, qualsiasi rapporto ci sia, tendi a mantenere una certa distanza da tutto quello che potrebbe procurarti altro dolore.
Ti abitui alla solitudine, oltre a quella esteriore, anche a quella interiore, che è peggio.
Impari a fare affidamento solo tu stesso.
È così la vita: ti toglie e ti da.
Sta a te trovare un modo per sopravvivere.
Qualcuno, per cui sopravvivere.
_______________________________
Dicono che gli opposti si attraggono.
Ma se per una volta, fossero due persone apparentemente diversi ma così profondamente uguali ad attrarsi?
Dalla storia:
"Allora, vado così ti lascio sola."
"Tanto ci sono abituata."
"Ok, vado."
"Ho detto che ci sono abituata, non che mi piace."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Seeking Baby Sitter
 
 
Quando si vive per troppo tempo con il nodo alla gola, la rabbia, i pianti e le urla soffocate, prima o poi ci si stanca e niente a più importanza.
E non esiste cosa peggiore di lasciarsi andare come se la vita non riservasse cose belle, perché tanto ormai si è arrivati al limite.
Escludere i sentimenti e sostituirli con l’indifferenza o con la rabbia, che è molto più semplice da controllare, è facile. Concedersi di provare sentimenti significa rendersi vulnerabili e chi ha sofferto davvero tanto, preferisce diventare un mostro anziché soffrire ancora.
Quando arrivi a sentirti un vuoto interiore che ti priva di ogni emozione, sei davvero fottuto. 
 
Alle fine del vicolo stretto e buio, un’insegna al neon con su scritto DRAGONS con la luce blu ad intermittenza, illuminava leggermente la porta sottostante. 
Aria viziata piena di fumo e alcol invadeva il grande locale, affollato da uomini ubriachi che attendevano quello che era il primo incontro della serata. 
La luce fioca rendeva quasi impossibile esaminare accuratamente i volti presenti nell’ampio e tetro locale. Tutti cominciarono a radunarsi intorno a quello che sarebbe dovuto essere il ring, sul quale a momenti avrebbe dovuto avere inizio l’incontro.
 
Poggiato con le spalle nude al muro, aspirò un’altra boccata di fumo che presto gli percorse la gola, procurandogli una sensazione di bruciore, fino a riempire i polmoni. Buttò fuori il fumo, mentre sentiva urlare nomi, cifre e insulti che si mischiavano al pesante odore del posto, a cui ormai ci aveva fatto l'abitudine.
Era ormai un anno che partecipava a questi incontri clandestini e tutti lo conoscevano. 
-Ragazzo, tra due minuti inizia.- la voce roca di Jack, consumata dall’alcol e dal fumo, arrivò alle orecchie del biondo.
-Sono già pronto.- rispose secco, buttando ciò che era rimasto della sigaretta a terra per poi pestarla con un piede.
-Abbiamo raccolto una bella somma questa sera, a quanto pare molte persone confidano in te. Quindi fa un buon lavoro, Ashton.- la mano ruvida dell’uomo si posò sulla spalla del ragazzo, che annuì senza aggiungere nulla.
Si passò una mano tra i capelli ricci, già impregnati dal sudore, avanzando verso il ring.
Quando si piegò per salire sul ring, i muscoli della schiena lasciata scoperta, si contrassero dando un’idea del perché tutte quelle persone avessero scommesso su di lui.
Jack salì sul ring dopo di lui, postandosi al centro e battendo le mani cercando di far cessare il vocio nella grande sala.
-Signori!- la voce roca dell’uomo tuonò forte, facendo cessare il mormorio. -Le scommesse sono state fatte e il tempo è finito, tra non molto salirà sul ring l’altro sfidante e il combattimento avrà inizio.- concluse Jack e tra la folla si alzarono vari incitamenti.
Ashton, in un angolo del ring, sembrava indisturbato a tutto ciò che lo stesse circondando. 
Quando il suo avversario salì sul ring, si allontanò dalle corde nere avvicinandosi al centro. Il ragazzo dai capelli scuri e molto corti, era alto qualche centimetro in più del biondo, che non sembrava affatto toccato dalla differenza d’altezza o dai muscoli in più che sembrava avere l’avversario.
Dopo le presentazioni al pubblico, i ragazzi si misero uno di fronte all’altro.
Il moro aveva un ghigno stampato sul volto, probabilmente già convinto di avere un combattimento facile. 
Ashton era rigido, le mani strette in due pugni e le spalle così contratte da far risaltare i muscoli lungo le braccia e il torace. Il viso contratto da un profondo cipiglio, la fronte imperlata di sudore su cui ricadeva i ricci biondo cenere scompigliati. Il naso dritto e la mascella definita come sempre contratta, non davano per niente l'aria di uno divertito.
 
Pochi istanti e dopo il via di Jack, il combattimento ebbe inizio.
Come Ashton aveva previsto, Ian, il suo avversario, si comportò da gradasso, agendo in maniera prevedibile.
Subito cercò di colpire il biondo, sferrando un pugno che era diretto al viso di Ashton, che però riuscì a schivarlo prontamente con un’agilità sbalorditiva.
L’adrenalina cominciò a propagarsi per il corpo, dandogli quella scarica che gli serviva. 
Scaricò un paio di colpi sullo stomaco del moro, mentre con la mano sinistra si copriva il viso. Ian sputò del sangue dalla bocca, ma ormai quelle scene ad Ashton non procuravano nessun emozione.
Il moro si alzò e dopo varie imprecazioni contro Ashton, gli si caricò contro ma il biondo gli diede un altro colpo che lo arrestò, portandolo nuovamente in ginocchio. La folla sembrava apprezzare tutta quella violenza mentre urlavano incitamenti e insulti. 
Ashton si fermò a guardare la folla con disgusto. Se solo non ne avesse avuto davvero bisogno, non avrebbe mai fatto nulla che gli facesse guadagnare soldi grazie a luridi ubriaconi che gli ricordavano una persona, facendo aumentare il suo disprezzo nei loro confronti.
Ian si alzò barcollante, con un espressione a dir poco infuriata sul volto e si buttò sul biondo, ancora distratto ad osservare rabbioso la folla, scagliandogli un pugno in pieno volto.
Ashton barcollò di qualche passo, portandosi una mano sullo zigomo destro appena colpito e cercando di pulirsi del sangue colato dalla ferita, mentre osservava attento Ian che ghignava soddisfatto.
-Sei ridicolo.- sputò Ashton con disprezzo, per poi emettere una risata amara.
Il ghigno sul volto di Ian scomparve, lasciando spazio ad un espressione irritata. Avanzò furioso verso il biondo, cominciando a sganciare colpi ma mandando pochi colpi a segno, poiché Ashton riusciva a schivarne la maggior parte. 
L’adrenalina era ancora in circolo, facendo aumentare i battiti del cuore al biondo. Oltre all’adrenalina, adesso nel suo corpo era in circolo anche rabbia. Molta rabbia. Pensò che fosse arrivato il momento di farla finita con questo combattimento. La rabbia aumentava sempre di più e arrivò al culmine quando si girò per dare un ultima occhiata ai quei uomini ubriachi e strafatti, portandogli alla mente vecchi ricordi e facendo riaprire vecchie ferite. 
Gli occhi di Ashton persero quel colore verde con contorni dorati, diventando cupi e neri da far venire i brividi. 
Si avvicinò a Ian, che stava cercando di riprendere fiato perso a causa dei colpi a raffica appena scaricati. Fu un attimo e dopo vari colpi, il moro cadde a terra a peso morto, mentre il suo volto era coperto da una gran quantità di sangue. 
 
Tra la folla aumentarono le urla, gli insulti e le imprecazioni. Finalmente era tutto finito. Ashton si ripulì il sangue dallo zigomo, che continuava a scendere. Si girò, ignorando gli insulti di chi aveva scommesso contro di lui e scese dal ring, dirigendosi verso Jack.
-Porta i miei soldi, ho fretta.- disse rigido, una volta avuto l’uomo di fronte. 
Jack annuì e senza aggiungere nulla entrò nello stanzino in cui si erano state fatte le  scommesse, prese i contanti e tornò dal biondo.
-Hai fatto un bel lavoro.- diede una pacca sulla spalla al ragazzo, per poi scomparire di nuovo nell’oscurità della piccola stanza adiacente a loro.
 
Erano le tre del mattino. Il cielo tenebroso illuminato   dall’opaca luminosità della luna piena. Le strade vuote e il silenzio spezzato dal calpestio delle sue scarpe sull’asfalto. 
Portò il filtro della sigaretta ormai consumata alle labbra, aspirandone per l’ultima volta il fumo, poi la gettò a terra e la calpestò. 
Buttò fuori il fumo e dopo aver lasciato andare un sospiro, aprì il cancelletto del giardino.
Vide che la luce della cucina era aperte, il che significava che la madre era ancora sveglia e di conseguenza non sarebbe potuto andare a dormire se non prima avessero discusso.
Aprì lentamente la porta, per poi chiuderla alle sue spalle.
Tentò di arrivare almeno alle scale senza farsi sentire, ma la voce acuta della madre lo fermò.
Chiuse gli occhi, pizzicandosi il ponte del naso e si diresse verso la cucina.
Si aspettava di vederla fatta e ubriaca, con una bottiglia di qualsiasi bevanda alcolica in mano ma non fu così.
Kirsten, sua madre, era seduta su uno sgabello accanto all’sola della cucina, con il volto tra le mani e gli occhi stanchi. Vedere l’unico genitore che gli era rimasto, distruggersi con le proprie mani lo faceva stare male, ma lui ci aveva provato a farla smettere ma aveva fallito.
-Dove sei stato?- dopo aver analizzato accuratamente il viso del figlio notando i vari tagli e lividi, Kirsten porse la solita domanda pur sapendo che non avrebbe ottenuto nessuna risposta.
-Non sono affari tuoi. Dov’è Lottie?- rispose brusco Ashton, allontanando le mani della madre dal suo viso. 
-Sei mio figlio! Certo che sono affari miei! Dove sei stato? Dimmelo, ti prego.- la voce spezzata dal pianto e i ricci biondi che le cadevano sul viso.
-Sono tuo figlio!?- sputò Ashton, ridendo amaramente. -E le ore in cui vai a drogarti, in cui vai a bere fino a morire, ti dimentichi che sono tuo figlio? Ti dimentichi che ne hai due figli!?- la voce del biondo tuonò forte nella stanza. Il suo viso era rosso dalla rabbia e gli occhi pieni di lacrime.
-Tutta colpa di tuo padre.- mormorò sua madre, piegandosi sul ripiano di legno e lasciò andare le lacrime. 
Ashton avrebbe voluto avvicinarsi a lei, abbracciarla, come faceva quando era piccolo. Dirle che le voleva bene, dopotutto. Ma non lo fece.
-Sono andato a lavoro.- disse lanciandogli qualche banconota vicino. -Domani fai la spessa, il frigo e vuoto e Lottie deve mangiare.- queste furono le ultime parole del biondo prima che sparisse su per le scale di legno, per poi chiudersi la porta della sua camera alle spalle.
 
Dopo una doccia fredda, e senza neanche essersi preoccupato di disinfettare le ferite, Ashton si buttò a peso morto sul letto, facendo rilassare ogni muscolo teso del suo corpo.
Accese quella che probabilmente era la decima sigaretta del terzo pacchetto del giorno e in pochi minuti la stanza fu ricoperta da una nube grigia di fumo.
Mentre il fumo riempiva i suoi polmoni, la sua mente tornò a quella sera, al bowling.
Gli occhi azzurri della ragazza erano impressi nella sua mente e le sue labbra piene non riusciva a non pensarle. Le sentiva ancora lì, sulle sue. 
Pensò ad ogni parola, ogni gesto della ragazza quella sera. Alle sue risate e al suo abbraccia impulsivo, e si addormentò così.
Per la prima volta dopo due anni, si addormentò pensando ad una ragazza che non fosse Kimberly. 
 
 
 
 
Passi ore, giorni, mesi, anni rinchiusa in te stesso. Lontano dalle persone, dal mondo. Piangi, cadi, ti rialzi e ti crei una corazza con cui impari a convivere. 
Una corazza che credi sia ormai infrangibile e ne sei fiero, ma poi arriva quel giorno in cui ti ritrovi a chiederti perché tutto questo sia successo tu. Perché devi essere proprio tu a tenere quest’armatura. Ti chiedi se ci sarà mai qualcuno in grado di distruggerla. Ma allo stesso tempo desideri che non ci sia. 
Pensi che se mai dovesse arrivare qualcuno pronto a distruggere i muri che ti sei costruito col tempo finiresti per soffrire ancora, piangere, cadere e poi dover rialzarti da solo. 
C’è chi, come Ashton, non è pronto a lasciar andare l’armatura perché sa di poter impedire di soffrire ulteriormente e poi invece c’è chi, come Haley, pensa che se arrivasse qualcuno a liberarla da quella pesante armatura da guerra, potrebbe lasciarsi aiutare.
 
Un fascio di luce entrò dalla finestra, interrompendo il sonno di Haley. Si strofinò gli occhi e si tirò a sedere, poggiando la schiena nella spalliera. In quel momento si ricordo di Janelle e che ieri sera non erano tornate a casa insieme. 
Si girò a guardare nel lato in cui Janelle dormiva di solito e la trovò lì, con gli occhi chiusi e un espressione soddisfatta sul viso. Un sorriso adorabile incorniciava il suo volto e Haley si chiese come le fosse andata la serata con Calum, anche se poteva benissimo presumere che fosse andata bene. 
Haley era davvero felice per lei. Calum era un bravo ragazzo, quello di cui Janelle aveva bisogno. Anche la sua vita non era stata e continuava a non essere delle migliore, un ragazzo come Calum nella sua vita non avrebbe potuto farle che bene. 
Certo, avevano solo due settimane da passare insieme, ma sapeva che tra di loro si sarebbe creato un forte legame, lo sperava davvero tanto a dir la verità. 
Sospirò, felice di vedere la sua migliore amica serena. 
Si trovò a voler essere tranquilla come lei, perché per esprimere il suo stato non avrebbe potuto proprio usare il termine ‘serena’.
Passò la maggior parte della notte a pensare a tutto quanto: i suoi genitori, suo fratello, Josh, Calum, Noel, Ashton con  i suoi sbalzi d’umore e comportamenti inaspettati.
Ma ad Haley la notte non aveva portato consiglio, bensì solo confusione.
Non capiva Ashton, non lo capiva davvero. Ma probabilmente era più grave il fatto che non capisse lei stessa. Insomma, Ashton cominciava e lei lo appoggiava.
Se solo lui non si fosse comportato in quel modo i primi giorni, Haley non sarebbe così confusa. Pensava di doverlo odiare, di dover provare timore nei suoi confronti e lo prova, ma da giorni non riesce a smettere di pensare ai suoi occhi, alle sue labbra, alla sua voce e alle sue mani.
Sa che quel ragazzo non è un ragazzo qualsiasi, ha una storia, ha un passato dietro le spalle che cerca di dimenticare. Sa che potrebbe essere pericoloso, ma ormai anche se non sa come ci è dentro. 
 
-Mosca.. - la voce impastata dal sonno di Janelle, la fece tornare con i piedi a terra. Si girò a guardare l’amica, che adesso si stava stirando.
Haley rise e la bionda si fermò a guardarla con un sorriso che le andava da un orecchio all’altro.
-Non mi odi per ieri sera, vero?- le sussurrò Janelle, mordendosi il labbro inferiore.
-Ma va, cosa dici.- le sorrise Haley. -Piuttosto, com’è andata?- 
-Calum è fantastico! Mi sono divertita molto, credo che me lo porterò a Perth quando parto.- rise.
-Mi dispiace, Calum resta qui o io non saprei cosa fare.- disse Haley, ridendo con la bionda. 
-Sono stata davvero bene.- Janelle si tirò su e si lasciò scappare un sospiro. La sua espressione divenne triste e Haley lo notò.
-Cosa c’è che non va?- 
-Nulla, solo che.. Credo che Calum mi piaccia, ma le cose non potrebbero andare. Insomma, lui sta qui e io…- Janelle non finì la frase, che Haley la interruppe alzandole il viso per far incontrare i loro occhi.
-Jane non devi pensarci. Non c’è niente che non va. Devi goderti queste settimane, divertirti e non aver paura di affezionarti. La distanza non conta, noi ne siamo la prova.- la confortò Haley, ricevendo in cambio un abbraccio.
-Hai ragione. Mi preoccupo per nulla.- sorrise Janelle. -Ah, non mi sono mica dimenticata: perché ti sei fatta accompagnare dal biondino ieri sera?- 
-Jane, non gliel’ho chiesto io.- rise Haley, sorpresa del fatto che l’amica non avesse capito il gioco del biondo.
-Dovevo immaginarmelo.- rispose Janelle, irrigidendosi. Voleva bene ad Haley come una sorella e questa situazione in cui si era cacciata la preoccupava. Non conosceva abbastanza Ashton, da capire se Haley fosse in una circostanza pericolosa o meno.
-Janelle tranquilla, non è successo nulla. Abbiamo solo parlato.- la tranquillizzò, poggiandole una mano sulla spalla.
-Nient’altro?-
-Per il tragitto verso si, nient’altro. Mentre… -
-Mentre cosa? Hal dimmi che quando siete spariti entrambi ieri sera non eravate insieme!- urlò l’amica, facendo sgranare gli occhi ad Haley.
Josh probabilmente era ancora in casa e se solo avesse sentito, Haley sapeva che non avrebbe gradito. 
Era chiaro che Josh non le avesse detto qualcosa riguardo al biondo e questo la tormentava spesso. Ma tempo al tempo e forse avrebbe scoperto qualcosa.
-Mi ha baciato.- sbottò Haley, chiudendo gli occhi e preparandosi alla reazione dell’amica.
-Cazzo Haley, ancora! Ashton ti ha baciata ancora!- urlò Janelle, alzandosi dal letto e urlare furiosa. 
-Janelle non urlare, Josh è in casa!- Haley si alzò, cercando di calmare la ragazza e soprattutto di far cessare le sue urla.
-Perché? Josh non sa che frequenti Ashton?- chiese confusa.
-Io non frequento Ashton, e comunque no. Diciamo che Josh mi ha raccomandato di stargli lontano perché… - la voce di Haley andò sempre di più affievolendosi, sapendo che questa rivelazione non avrebbe migliorato la situazione. 
Non avrebbe dovuto preoccuparsene, ma non voleva che tutti reputassero Ashton un ragazzo senza cuore e pericoloso.
-Perfetto, perfetto!- sbottò ancora la bionda, interrompendo Haley. -E’ anche un ricercato, perfetto!- 
-Ricercato, certo.- rise Haley, cercando di non far trasparire la sua preoccupazione. Certo, non era un ricercato ma aveva avuto sicuramente dei problemi con la legge e questo la preoccupava.
Si schiaffeggiò mentalmente, appena si rese conto di starsi preoccupando ancora una volta per lui. 
-Senti, cosa ne dici di andare a fare un po’ di sana corsa mattutina?- chiese Haley a Janelle. 
-Direi che è perfetto, però prima fammi riprendere da tutto il discorso di prima, sai.. Devo smaltire un paio di informazioni.- disse con fare teatrale la bionda, facendo ridere Haley.
 
 
-Sono senza fiato, mi sento morire. Ferma!- urlò Janelle, piegandosi in due cercando di riprendere fiato.
-Ok, basta. Sto grondando di sudore.- si lamentò anche Haley, dopo aver smesso di ridere per le urla dell’amica. -Andiamo, c’è una panchina.- 
Si sedettero sulla panchina in legno marrone, lasciando sospiri continui.
-Mi hai distrutta, non facevo una corsa così da tempo.- rise Janelle, dopo essersi ripresa dalla lunga corsa. 
Haley si guardò interno, guardando quanti bambini ci fossero quella mattina all’ Hornsby Park. 
Aveva deciso di andare a correre con Janelle, per staccare la spina e smettere di pensare a tutto ciò che stava accadendo, ma soprattutto per smettere di pensare ad Ashton e il loro ultimo incontro, ma aveva scelto il posto più sbagliato. 
L’Hornsby Park le portava a galla ricordi legati a lui, ai loro primi incontri spiacevoli.
 
-Ehi, Hal. Tutto bene?- la voce premurosa di Janelle, la distolse dai suoi pensieri.
-Si, tutto ok. Vado al chiosco qui di fronte a prendere qualcosa da bere, ti va qualcosa?- la mora si alzo e dopo aver avuto la risposta dell’amica raggiunse a piccoli passi il chiosco poco affollato. 
Mentre aspettava che la piccola fila avanzasse e arrivasse il suo torno, un volantino attaccato al palo lì di fronte attirò la sua attenzione. 
Si avvicinò e lesse attentamente ogni frase.
Cercavano baby sitter, orari pomeridiani e talvolta serali.
Non aveva bisogno di un lavoro, ma presto quando Janelle sarebbe tornata, non avrebbe avuto molto da fare tutti i giorni, così decise di prendere il numero e segnarlo sul suo telefono.
Si girò verso l’amica e la vide in compagnia di qualcuno. Alzò la mano, cercando di identificare meglio chi fosse e appena lo riconobbe corse incontro a loro.
 
-Ehi, Calum! Cosa ci fai qui?- il ragazzo si girò e accolse l’amica in un affettuoso abbraccio.
-Niente ero qui a fare una passeggiata.- rispose Cal facendo spallucce. -Senti, ho appena invitato Janelle per un’ uscita fuori questa sera, cosa ne dici di venire anche tu?- aggiunse.
Haley guardò felice l’amica che sorrideva senza smettere di fissare il moro affianco a lei. Si sarebbe trovata qualcosa da fare quella sera, ma sicuramente non avrebbe fatto da terzo incomodo.
-Grazie, ma no. Sono una ragazza impegnata io quindi voi due uscirete soli.- disse Haley, guadagnandosi occhiatacce da entrambi.
-Sei pessima.- rise Calum, avvicinandola a se.
-Allora Hood, resti con noi o hai da fare?-
-Mi piacerebbe ma devo correre da Ashton.- rispose Calum pentendosene poco dopo. Haley capì che qualcosa non andava, il modo in cui Calum l’aveva detto glielo fece capire.
-Successo qualcosa?- chiese questa volta Janelle, una volta che vide Haley fissare il vuoto.
-Scusatemi, devo andare.- Calum sviò la domanda della bionda, per poi dare un veloce bacio sulla guancia a entrambe. -Alle sei passo a prenderti.- disse dolcemente a Janelle, prima di voltarsi e andarsene per la sua strada. 
 
 
-La devi smettere, potresti farti male.- la voce di Calum era seria, non voleva più stare a vedere il suo migliore amico distruggersi con le proprie mani. Due anni fa aveva perso la sua migliore amica, non voleva che la storia si ripetesse.
-Ma sono ancora qui.- replicò il biondo, sbuffando.
-Con uno zigomo spaccato, il torace pieno di lividi e il labbro rotto. La prossima volta invece di venire a casa tua a medicarti dove dovrò venire? All’ospedale? O peggio?- urlò Calum, perdendo le staffe.
-Cazzo, mi servono quei soldi Calum! Non morirò ok? Adesso basta farti paranoie e dammi quel cazzo di disinfettante.- urlò a sua volta Ashton. -E non gridare, Lottie sta riposando.- disse con tono di voce più calmo.
Il moro evitò di prenderlo ad insulti e contraddirlo e lasciò perdere il discorso. Gli passò la stoffa e il biondo disinfetto il taglio sullo zigomo.
-Perché ci hai messo tanto a venire?- la voce di Ashton spezzò il silenzio, facendo alzare lo sguardo da terra all’amico.
-Ho incontrato Janelle e Haley al parco.- calcò sul nome della seconda ragazza, sperando di poter avviare un discorso che non vedeva l’ora di avere con l’amico. 
-Oh, okay.- rispose semplicemente.
-E basta? Non vuoi sapere nulla?-
-Dovrebbe interessarmi qualcosa?- chiese irritato, buttando il panno sporco di sangue nel cesto. 
-Beh, l’hai baciata quindi pensavo di si.- rispose secco Calum, facendogli sgranare gli occhi e versare tutto il contenuto della boccetta bianca dentro il lavandino.
-Tu.. Come? Te l’ha detto lei dei nostri.. Uhm, baci?- cerco di mantenere la calma, ma era troppo tardi. Non avrebbe dovuto reagire così, ma l’aveva colto di sorpresa.
-Quindi è vero che l’hai baciata?- chiese Calum divertito, per poi fermarsi e sgranare gli occhi. -Aspetta.. Baci? Io.. Ashton. Siediti. Ora tu ti siedi, cazzo. E mi dici tutto.- 
Ashton non sentiva Calum così serio da tanto, oltre i momenti in cui lo rimproverava per i suoi lavori. In quel momento capì che quella ragazza, era davvero importante per il suo migliore amico.
Il pensiero che forse Haley stava rimpiazzando un’altra persona, nella vita di Calum, lo innervosì. Ma allontanò quel pensiero e si sedette nel bordo della vasca, cominciando a raccontare tutto a Calum.
 
 
 
 
-Ti prego, Haley. Fammi cambiare, a momenti Calum sarà qui!- Janelle supplicò l’amica, che però non fece una piega, decisa a farle lasciare quell’abito.
-Questo è il decimo abito, Jane. E no, non ti farò cambiare. È perfetto! Sei bellissima!- affermò Haley decisa, non aveva nessuna intenzione di farla cambiare. 
L’abito bianco era corto e aderente in tessuto rivestito di tulle. Con una cucitura in vita, gonna svasata con ricami e scollatura a V sulla schiena. Fasciava perfettamente il corpo di Janelle, facendo risaltare i suoi capelli biondi e gli occhi verdi. 
-Piacerai da morire a Calum, fidati. Sei davvero bella.- Haley abbracciò l’amica cercando di infonderle sicurezza. 
Quando però non la vide molta convinta, decise di fare una cosa.
-Josh!- urlò Haley, facendo sgranare gli occhi alla bionda che non ebbe il tempo di chiedere cosa avesse intenzione di fare perché Josh aprì la porta con un sorriso smagliante impresso sul volto.
-Hai bisogno Haley?- chiese gentilmente, entrando nella stanza.
-Janelle ha un appuntamento con Calum e non capisce che è bellissima e che questo vestito le sta perfettamente. A me non crede, potresti per favore spiegarglielo!?- Haley disse tutto velocemente, beccandosi un’un occhiataccia dall’amica. 
Josh si avvicinò ridendo alla bionda e le prese una mano. 
Le fece gare una giravolta, per poi sorriderle dolcemente una volta fermata. 
-Sei bellissima, il signorino Hood farà bene a calmare i suoi spiriti bollenti questa sera.- disse Josh, facendo ridere Haley mentre Janelle arrossì. 
Il suono del campanello attirò l’attenzione di tutti, compresa  Janelle che cominciò a blaterare frasi sconnesse.
-Jane, piantala. Andiamo dai.- Haley trascinò al piano di sotto l’amica, che ancora cercava una scusa plausibile per rifiutare l’uscita all’ultimo momento.
 
-Calum.- lo salutò Haley, una volta aperta la porta.
-Ciao Haley.- il moro le rivolse un sorriso, ma Haley le sembrò diverso.
Anche per il semplice fatto che non l’aveva abbracciata. Ormai era diventata come un’abitudine e lei si era affezionata agli abbracci del moro.
Decise di non dire nulla, non voleva rovinare la serata ai suoi due migliori amici, così si fece da parte in modo che Janelle potesse salutare Calum.
-Janelle. Sei.. Bellissima.- le diede un bacio sulla guancia, che presto si tinse di rosso. 
Dopo essersi scambiati sguardi, i due salutarono Haley e lasciarono la casa. 
 
 
 
Il primo brano del cd dei Nirvana cominciò per quella che era la terza volta, riempiendo il silenzio nella stanza di Haley.
Era passata già un’ora da quando Calum era passato a prendere Janelle e il fatto che Calum fosse stato così distante la tormentava.
Aveva paura di aver fatto o detto qualcosa di sbagliato, pur non sapendo cosa. 
Era rimasta male, molto. Calum era il suo unico amico, che anche se non sapeva ancora quasi nulla su Haley, stava con lei. Stava bene con lui e l’idea di perderlo come amico, la tormentò. Decise di smetterla di pensarci, perché l’avrebbe portata solo a stare male e certamente non a sistemare le cose. 
Si alzò e prese il telefono da sopra la scrivania, per poi sedersi sulla poltrona bianca. 
Presa dalla noia, cominciò a girare tra i contatti in rubrica, quando un numero attirò pienamente la sua attenzione. 
Il numero dell’avviso al parco. Decise di chiamare.
Dopo vari squilli, una voce flebile rispose dall’altra parte del telefono.
-Pronto, chi è?-
-Buonasera, chiamo per il posto di baby-sitter.- rispose gentilmente Haley.
-Ah, si. Come ti chiami? E quanti anni hai?- questa volta la voce si sentì in modo abbastanza chiaro da poter capire che appartenesse ad una donna.
-Mi chiamo Haley, ho diciassette anni e amo i bambini.- disse sorridendo all’idea di dover accudire un bambino. Le erano sempre piaciuti. 
-Dove abiti?- chiese ancora la donna.
-Yardley Ave, 2A.- 
-Perfetto, ti trovi nel mio stesso quartiere. Ti andrebbe di cominciare da questa sera?- 
-Beh, si. Va bene.- 
-Ti aspetto, Haley. Yardley Ave, 6A.- Rispose la donna in maniera più dolce e dopo aver gentilmente salutato, la chiamata si concluse.
 
Haley saltò in piedi togliendosi i shorts che usava per dormire che aveva deciso di indossare, pensando che non sarebbe dovuta uscire di casa, e li sostituì con un paio di Skinny jeans chiari. 
Decise di lasciare il top turchese da yoga, con lo scollo leggermente a V e la tasca a marsupio davanti.
Prese il telefono e prese le chiavi. Dopo essersi assicurata di aver chiuso bene la porta di casa, cominciò a percorrere i pochi metri che la separava dalla meta.
 
Una villetta bianca, molto simile alla sua, apparse nella sua visuale.
Si accerto che fosse quella giusta, prima di varcare il cancelletto del giardino. 
Si avvicinò alla porta bianca e bussò.
Dopo pochi minuti, la porta si aprì mostrandole una donna bionda, con gli occhi verdi e un sorriso stanco sul volto.
-Tu devi essere Haley.- la voce flebile della dona, arrivò piano alle orecchie della ragazza.
-Si, sono io signora.- rispose, sorridendo cordialmente.
La donna la fece accomodare in quella che Haley presunse fosse la cucina. 
-Gli orari saranno per lo più pomeridiano e talvolta seriali, per te non è un problema vero?- 
-No, signora. Per me vanno bene.- disse gentilmente.
-Perfetto. E per favore, chiamami Kirsten.- 
-Va bene, Kirsten.- sorrise Haley. Il sorriso della donna era molto bello, ma era spento. Così come gli occhi verdi. Era una bella signora, ma aveva un aspetto strano. Però Haley la trovava una signora dolce. O almeno così le era sembrato.
-Non ti ho mai vista qui in giro, come mai?- le chiese Kirsten distogliendola dai suoi pensieri.
-Oh, beh non sono qui da molto. Quasi un mese.- 
-Capisco. Sembri una ragazza molto affidabile, spero di aver intuito bene.- scherzò Kirsten, mentre Haley le assicurava di potersi fidare.
-Credo sia arrivato il momento di presentarti mia figlia.- disse Kirsten, prima di chiamare a gran voce la bambina. -Lottie, vieni qui!- 
Haley sentì un cigolio di una porta e poi una piccola chioma bionda comparire dal salotto.
-Ciao.- la bambina salutò timidamente Haley, che si inginocchiò per salutarla meglio.
-Ciao Lottie, io sono Haley.- rimase sorpresa dalla bellezza della piccola. Aveva dei lunghi capelli mossi che le ricadevano sulle spalle, di un biondo simile a quello della madre. Gli occhi verdi erano chiari e luminosi e la pelle rosea. Le labbra piccole e piene, di un color ciliegia. 
-Sei una bimba molto bella. Quanti anni hai?- le chiese, cercando di far sciogliere il ghiaccio. I bambini le erano sempre piaciute ed era rimasta spesso ad accudire il suo amato Phill quando i suoi genitori era fuori casa, quindi sapeva cavarsela con i bambini.
-Grazie. Ho sei anni.- Haley trovò la bambina terribilmente tenera. 
-Ok, sono certa che andrete d’accordo. Ora devo andare. Haley, credo che suo fratello sarà a casa presto, spero. In tal caso, quando arriverà sarai libera di andare. Adesso vado, ciao Lottie.- 
Haley e la bambina accompagnarono la donna alla porta, che dopo aver stretto sua figlia in un abbraccio uscì di casa.
 
-Piccola, cosa ti va di fare?- Haley si rivolse alla piccola, che era rimasta in silenzio a guardare la madre andare via con un espressione triste sul volto.
-Si arrabbierà.- rispose semplicemente la bambina, lasciando confusa Haley.
-Chi si arrabbierà, piccola?- la ragazzi si avvicinò alla bambina, mettendosi in ginocchio così da essere alla stessa altezza.
-Lui, mio fratello. Si arrabbierà che la mamma ti paga per stare con me, mentre lei va a divertirsi.- la voce della piccola tremò, come se da li a poco sarebbe scoppiata a piangere.
Haley era ancora confusa, non capiva. Era una situazione strana, ma non era nel suo interessa indagare. Ma certamente non voleva vedere la piccola piangere.
-Facciamo così: quando tuo fratello arriva, gli parlerò io così non si arrabbierà. Va bene?- 
-Davvero lo farai?- chiese la piccola, sorridendo felice.
-Certo, tesoro.- Haley le sorrise e la piccola lasciò andare un piccolo urlo di gioia buttandosi poi al collo di Haley, che divertita ricambiò l’abbraccio.
-Cosa vuoi fare adesso?- le chiese, prendendola tra le braccia.
-Saliamo in camera mia e giochiamo con le bambole!- urlò felice Lottie, scendendo dalle braccia di Haley e correndo su per le scale.
Haley la trovò estremamente adorabile mentre i capelli biondo cenere le svolazzavano da una parte all’altra durante la sua piccola corsa.
 
-Ecco, questa è la mia stanza.- disse la bambina, dopo  averle fatto vedere ogni cosa presente in quella stanza interamente rosa, piena di peluche e giocattoli.
Giocarono con le bambole per quelle che sembrarono ore, fino a quando Lottie decise di fermarsi, stufa di giocarci.
-Sei molto bella anche tu, Haley. I tuoi occhi mi piacciono tanto.- la bambina sorprese Haley con quelle parole, che la osservava senza saper cosa dire. Era una bambina molto intelligente per la sua età.
-Grazie. Anche i tuoi occhi sono molto belli.- 
-I tuoi occhi mi ricordano una vecchia amica di mio fratello. Veniva sempre qui, mi piaceva tanto. Mi voleva bene.- disse Lottie. 
-Quanti anni ha tuo fratello?- le chiese Haley, curiosa.
-Diciotto. Lui è grande, fuma anche.- disse la piccola, facendo ridere Haley.
-Non si dovrebbe fumare, fa male.- 
-Lo so, io glielo dico sempre ma lui mi dice che sono una piccola mocciosa.- disse prontamente la bambina, scuotendo la testa per far capire che non era d’accordo con il fratello.
-Invece tuo fratello dovrebbe darti ragione. Sei una bambina molto intelligente.- le disse Haley.
-Tu hai un fratello?- le chiese ingenuamente la piccola.
-Si chiama Phill, poco più grande di te. Ma ora non è qui.- rispose Haley, cercando di non far uscire le lacrime che le riempivano gli occhi.
-E dov’è?-
-In un posto migliore, spero.- una lacrima rigò il viso di Haley e la piccola sobbalzò. Haley si pentì e cerco di asciugarsi velocemente, ma altre lacrime le scesero sulle guance. Lottie si alzò e senza dire nulla legò le braccia intorno al collo di Haley, lasciandole un piccolo bacio sulla guancia.
-Sei una bambina davvero dolce, tuo fratello è fortunato ad averti.- Haley sorrise alla bambina, sistemandole un riccio ribelle che le era caduto sulla fronte.
-Sei bella quando sorridi. Dovresti sorridere spesso, ma non sempre, perché chi sorride sempre non è felice. E io voglio che tu sei felice.- la bambina spiazzò ancora una volta Haley con le sue innocenti parole.
Era rimasta senza parole, non sapeva cosa risponderle, quando sentirono una porta sbattere. 
-Eccolo! È arrivato il mio fratellone!- urlò felice Lottie, uscendo di corsa dalla stanza e correndo al piano di sotto.
Haley si alzò dalla moquette e uscì dalla camera, per raggiungere Lottie e conoscere suo fratello.
Sentì la voce della bambina e quella di un ragazzo, mentre scendeva le scale in legno.
-Una ragazza? Perché la mamma l’ha chiamata?- la voce del ragazzo arrivò alle orecchie di Haley, ma non riuscì a capire bene se la conoscesse o meno. In fondo non conosceva tante persone, nonostante abitasse li da quasi un mese.
Pensò a ciò che la bambina le aveva detto quando la madre era uscita, così penso di raggiungerla. 
Entrò nella cucina e quando vide Lottie in braccio a Lui, le si mozzò il fiato e il cuore perse dei battiti. 
-Haley, diglielo tu! Me l’avevi promesso!- la bambina scese dalle braccia del ragazzo, correndo da lei e prendendola da una mano. 
Le gambe di Haley sembravano muoversi sole, quando venne trascinata dalla piccola di fronte al ragazzo ancora girato di spalle.
 
-Ashton, ascoltala!- il biondo era come paralizzato.
Haley. Haley.
Aveva davvero sentito quel nome?
Il ragazzo si girò di scatto e la vide. 
Di fronte a lui, inerme. Gli occhi azzurri sgranati e le labbra socchiuse. 
-Cosa diamine ci fai tu qui!?- 
 
 
 
 
 
[Spazio autrice]
 
Posso finalmente tirare un sospiro di sollievo, diamine.
Mi sono lamentata degli altri capitoli, è vero. Ma questo è stato decisamente un altro parto. 
Sono arrivata alla decima pagina e mi veniva da piangere. 
Ma eccomi, ce l’ho fatta.
Allora ragazze, questo capitolo alla fine mi piace. Non è uno dei migliori forse, ma non è male. Spero.
Non so, me lo farete sapere voi? Mi farebbe davvero piacere. ♥
Prima di andarmene, volevo solo dirvi che.. ho notato che in molte siete scomparse, spero sia solo per le vacanze e non perché la storia non vi interessi più.
Spero che vi facciate sentire in tante, sapete quanto tengo a questa storia. ♥
E mi scuso per eventuali errori nel testo, ma non ho riletto il capitolo. Lo farò un'altra volta. Ho fatto di fretta, ci tenevo a postarlo.
Un’ultima cosa prima di andare: ho deciso che posterò un’altra FF alla fine.
Ve l’avevo accennato, ma ora è una cosa sicura. Quindi spero che la seguirete, anche se sarà diversa da questa. Ci saranno tutti e 4 i babbuini e spero vi piacerà. ♥
Adesso vado. 
Spero di riuscire ad aggiornare presto, ma non vi prometto nulla. A inizio settembre ho degli esami da fare, e non ho ancora aperto libro. Nemmeno una parola. Odio diritto, sì.
Ora vado davvero. :)
Ciao bellissime. ♥
Baci,
Giada
  
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