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Autore: kiara_star    22/08/2014    6 recensioni
[Thorki brotherhood] [kid!Thor]
...
"Loki sarebbe stato un abile stratega e un infallibile seiðmaðr, Thor avrebbe indossato la pelle di un grande guerriero e avrebbe guidato interi eserciti.
Insieme si sarebbero completati, e la sagacia dell'uno avrebbe guidato la forza dell'altro.
Questo era divenuto il sogno di Odino: un regno guidato da due Re.
Ma i sogni, come sempre, rischiano di restare tali.
[...]
Dal viso di Thor sfumò ogni testardaggine, ogni voglia di ribellione e sorse un'altra emozione, silenziosa, che però urlava nelle orecchie di Loki.
«Perché mi odi tanto?» chiese. «Cosa ti ho fatto di male? Io... io sono tuo fratello... non dovresti volermi bene?»
Loki lo guardò a lungo.
«Dovrei» rispose. «Ma non voglio.»"
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Thor, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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cap2
“Mio amato fratello”



Capitolo 2
[Un piccolo dono]






Il suo ritorno ad Asgard aveva portato con sé l’accettazione di nuovi obblighi - oltre che di un nuovo consanguineo. Loki aveva adesso la possibilità di assistere il padre Odino nei suoi compiti di monarca, e poter così imparare quali erano i doveri e le responsabilità di un regnante.
Le assemblee del consiglio erano lunghe e dense di domande; le risposte, al contrario povere, infondevano nell'aria una coltre di asfissiante preoccupazione.
I rapporti con Vanaheim erano come sempre ottimi. Odino durante la sua assenza aveva anche rafforzato gli accordi con buona parte dei regni alleati, ma c'era sempre la questione Jotunheim che, come una maledizione impossibile da spezzare, continuava a impensierire il Padre degli Dèi.
«Laufey non impiegherà molto a fare la sua mossa, mio re» diceva Tyr, generale della guardia reale e fidato braccio destro di Odino. «Dovremmo mostrare un atto che ribadisca la forza di Asgard e scoraggi una qualsiasi manovra di attacco.»
Odino sospirava e guardava la grande raffigurazione di Yggdrasill dipinta sulla tela appesa alla parete.
«Attaccare per primi sarebbe uno sbaglio!» ribatteva a quel punto Ísarr, consigliere del Padre degli Dèi dai tempi della grande guerra contro gli Jotun. «Laufey non ha manifestato alcun intento di venire meno alla tregua posta ormai secoli fa. Mio re, se mi è concesso suggerire, penso sia saggio continuare a tenere d'occhio la situazione senza esporci troppo. Ogni nostra azione potrebbe essere considerata come una dichiarazione di guerra, e Asgard non necessita di questo al momento.»
Tyr si alzava dal tavolo e guardava Ísarr con biasimo.
«Cosa ne può sapere uno scribacchino della guerra, nascosto com'è dietro la sua barricata di pergamene e parole?!»
Ísarr accusava l'offesa e si alzava a sua volta.
«Il re ritiene che le parole di questo scribacchino abbiano peso tale da permettergli di sedere a questo tavolo. Sei tu a trovarti nel luogo errato, Lord Generale, perché le sale diplomatiche non si addicono a uno stolto guerrigliero!»
«La guerra è inevitabile!» affermava ancora Tyr. «Prima o poi lo scontro con Jotunheim ci sarà, e mettere a tacere adesso ogni voce di ribellione è solo un gesto che porterà Asgard ad avere più ampie possibilità di vittoria.»
«O porterà alla sua rovina, Tyr!»
«Basta, adesso!» interveniva Odino con tono di rimprovero verso entrambi i suoi consiglieri e amici.
Tyr taceva e tornava a sedere, Ísarr chinava il capo per scusarsi e sedeva anch'egli.
Loki, accanto a Odino, guardava e ascoltava, facendo tesoro di ogni suo sospiro, di ogni sguardo, di ogni parola.
Un giorno lui avrebbe guidato quel regno e ogni altro. Un giorno, sotto il suo comando, Asgard avrebbe brillato come la più fulgida di tutte le stelle e avrebbe dominato su ogni altro reame.
Anche l'incontro di quella giornata terminò come i precedenti: con nulla di deciso men che meno di fatto.
I consiglieri uscirono uno dopo l'altro e, nella sala ora silenziosa, Loki attese che fosse suo padre a prender parola. Ma Odino tacque a lungo, per un tempo che parve eterno, finché non alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise debolmente.
«Padre...»
Il Padre degli Dèi gli accarezzò il capo con sguardo profondo e uscì senza dire una parola.



*



Attraversando i corridoi, Loki udì quella voce, quella stridula vocina che, aveva imparato, tanto lo infastidiva.
«Loki?» Lo ignorò e velocizzò il passo. Poteva sentire le sue piccole gambe correre per raggiungerlo. «Fratellone, aspetta!»
Sospirò ma non rallentò. Continuò a camminare finché non giunse di fronte al luminoso piazzare del palazzo, dove il suo nero destriero lo attendeva.
Afferrò le briglie inforcando il piede nella staffa e con un balzo montò la bestia proprio mentre giungeva Thor.
Aveva il viso accaldato per la corsa, i capelli umidi incollati alla fronte e il respiro così accelerato da dar l'impressione che non avrebbe più smesso di ansimare affaticato.
«Dove sei diretto, fratello?» gli chiese fra gemiti e fiato corto, con un sorriso speranzoso sul viso.
Loki restò serio, colpì con i tacchi i fianchi del cavallo e andò via.



*



Quando tornò a palazzo lui era ancora lì fuori, seduto con i piedi a penzoloni su di un muretto che costeggiava le aiuole dei giardini. Era ormai il tramonto e l'aria iniziava a essere rigida con l'avvicinarsi della notte.
«Loki!» lo salutò scendendo e andandogli in contro.
Loki smontò da cavallo e lo guardò con rimprovero.
«Che cosa ci fai qui fuori?» lo interrogò.
Thor alzò le piccole spalle.
«Ti aspettavo» rispose semplicemente.
Sospirò, il principe maggiore, e sfilò i guanti con noia.
«E il motivo, se è concesso chiedere?»
Thor lo guardò e non c'era più il sorriso di quel pomeriggio né il colorito sulle sue guance. Il vento metteva disordine fra i suoi capelli e rendeva lucidi i suoi grandi occhi azzurri  ma forse per quelli la colpa non era da imputare al vento.
«Allora? Non ho tempo da perdere con te. Dimmi perché mi stai dando il tormento da giorni.»
Non ci fu pazienza né calma, né il tono con cui ci si dovrebbe rivolgere a un bambino. Non c'era nulla nella voce di Loki di più diverso dalla fredda apatia.
Thor abbassò lo sguardo e scosse la testa.
«Scusa» mormorò. «Non volevo essere un fastidio.»
«Ma lo sei» ribadì Loki privo di compassione, anche se quando vide di nuovo quel labbro fra i denti e sentì ogni suo respiro farsi più riavvicinato al precedente qualcosa gli scese in gola, ma mai avrebbe ammesso fosse tenerezza. «Hai fatto il bagno?» gli chiese poi e Thor rialzò lo sguardo scuotendo ancora il capo.
Loki trattenne un sospiro. «A nostra madre non farà piacere se ti siederai a tavola con quella puzza addosso» spiegò con il solito distacco. «Corri dalla tua nutrice e fatti dare una lavata ché fra poco si cena.»
Quelle parole prive di vero affetto provocarono nel bambino un sorriso che Loki non volle spiegarsi troppo.
«Sei ancora qui?! Cammina, su!» lo esortò e Thor annuì e corse via, ma dopo pochi metri si voltò e gli sorrise ancora.
Loki buttò fuori l'aria e si accarezzò gli occhi. Quel moccioso... era insopportabile.



*



Quella sera Frigga vide Thor mangiare con gusto, sporcarsi come di prassi faccia e abiti, ma sorridere a ogni boccone. Loki non mostrava invece alcun comportamento diverso dal solito e, come ogni volta che sedevano a quel tavolo, si impegnava accuratamente a ignorare Thor.
La regina ne soffriva, come farebbe ogni madre, ma qualcosa le diceva che il sorriso di Thor aveva a che fare con suo fratello e a Loki non avrebbe mai potuto chiedere.
Quando accompagnò il piccolo principe al letto e gli baciò la fronte dopo avergli augurato una buona notte, il bambino la fermò stringendole le dita della mano.
«Loki ha detto “nostra madre” oggi» le disse assonnato ma ancora sorridente. Frigga sorrise a sua volta.
«Ah si?»
Thor annuì e chiuse gli occhi respirando profondamente.
«Vuol dire che siamo fratelli...» sospirò fra sonno e veglia.



*
*
*



L'inverno giunse presto con le sue cariche di vento e gelo, ma neanche quell'anno portò fiocchi di neve.
Loki sapeva che quando era nato nevicava, che ettari di neve coprivano i campi di Asgard quel giorno, eppure mai più un inverno da allora fu vestito di bianchi cristalli.
Giunse così la fredda stagione e giunse il suo compleanno.
La festa fu grande, come si conveniva ai festeggiamenti in nome di un principe. Doni vennero consegnati da tutti i regni per rendere omaggio al giovane figlio di Odino e per assicurarsi la sua amicizia quando un domani sarebbe succeduto al padre.
Da Vanaheim, Freyja inviò sei scrigni con sei doni, uno per ogni anno in cui aveva festeggiato quella data nel suo regno. Erano doni speciali, pietre e amuleti, oggetti di rara preziosità e immenso valore mistico. Furono di certo i più graditi.
Seduto al centro del lungo tavolo, Loki accolse e ringraziò ogni invitato con la grazia che lo distingueva e che riusciva ad ammaliare chiunque avesse occasione di poter ascoltare la sua voce.
A corte avevano iniziato a chiamarlo Lingua d'Argento, proprio in virtù della sua invidiata eloquenza.
Vino e birra scorrevano a fiumi, i musici intonavano melodie allegre e canti di vecchio folklore che divertivano giovani e meno giovani. Frigga batteva le mani a ritmo, con un sorriso felice sul viso, e Odino alzava il calice per elogiare la bravura dei menestrelli.
Thor giocava con i suoi piccoli amici nei pressi del banchetto, mentre cercavano di salire l'uno sulle spalle dell'altro per giungere al tavolo imbandito di ogni bene.
Loki sollevò un sopracciglio quando lo vide perdere l'equilibrio sulle spalle del compagno e tirarsi dietro la tovaglia con bicchieri e cibo.
Gli ospiti risero e fischiarono e Odino lo guardò con rimprovero.
«Scusate» disse il bambino coperto di olio e vino e rise, senza mostrare alcuna vergogna.
Thor non mostrava mai vergogna o imbarazzo, perché i bambini erano così, privi di malizia e tristezze, eppure quando era in sua compagnia, Loki riusciva a leggere altri riflessi del cuore di quel piccolo principe e sapeva di esserne lui la causa.
Thor aveva continuato a seguirlo dappertutto, a riempirlo di domande, e Loki aveva continuato a infastidirsi e ignorarlo. Talvolta cedeva, perché anche la pazienza di un uomo ha un limite, altre preferiva trascorrere qualche dì lontano dal palazzo, magari nel ristoro di una taverna e nella compagnia di qualche fanciulla, e si beava dell'espressione contrita di Thor quando poi lo vedeva tornare. Gli concedeva un paio di giorni di pace e poi tornava a tartassarlo con la sua presenza.
Frigga di tanto in tanto cercava di parlargli, Loki sempre le prometteva di impegnarsi a “sopportarlo”.
Mentiva ogni volta.
«E adesso, miei cari amici che in questo giorno di gaudio siete giunti per amicizia e rispetto, vi chiedo di levare alto il bicchiere!» Odino si alzò e invitò gli ospiti a seguirlo. Ci fu silenzio. «Quest'oggi festeggiamo l'anniversario della nascita del mio amato figlio Loki, principe di Asgard e futuro erede al trono.» Loki si sentì fiero del tono con cui Odino lo aveva presentato, dallo sguardo con cui si rivolgeva ai suoi sudditi e poi a lui. Avrebbe voluto che suo padre lo guardasse per sempre con tale amore e orgoglio. «Figlio mio, che le Norne abbiano disegnato per te un fulgido cammino di valore e coraggio, colmo di vittorie e conquiste, affinché un dì in tutti e Nove i Regni si conosca il tuo nome, e per le Ere a venire per sempre si narri della tua grandezza. A Loki!»
«A Loki!» risposero gli ospiti con grida di felicitazioni.
Loki alzò il calice e ringraziò i presenti nascondendo nell'animo l'emozione che provava in quel momento.
Poi suo padre lo abbracciò e sua madre gli baciò le guance.
Era perfetto: il regno lo amava, i suoi genitori lo amavano e il suo futuro sarebbe stato scolpito nella gloria. Tutto era perfetto, a parte quei due occhi azzurri che lo guardavano poco distante.



*



Tornò nelle sue stanze stanco ma appagato per quella giornata da ricordare. Infilò la testa nella vasca e la tirò su con un colpo deciso, lasciando schizzare da ogni parte l'acqua. Se avesse fatto un bagno si sarebbe addormentato, ma voleva comunque alleggerire la testa da tutto quel vino e quella musica.
Lisciò indietro i capelli neri con le dita e si diresse verso il letto.
Sulle lenzuola c'era qualcosa. Era un piccolo cofanetto di legno che stava tranquillamente nel palmo di una mano; al di sotto, un foglio di carta piegato in due.
Loki aprì la scatolina ma all'interno non c'era nulla. Aggrottò la fronte confuso e raccolse il foglio spiegandolo: c'erano poche parole scritte a mano con grafia incerta.
Buon compleanno, fratellone.
Spero che un giorno mi vuoi bene come ti voglio bene io.
Thor.
Loki rilesse le brevi frasi più volte e poi mormorò: «Piccolo ignorante.»
Avrebbe voluto gettare via quel foglio e quegli sciocchi auguri, gettare anche quel cofanetto vuoto e mettersi a dormire.
Avrebbe voluto farlo ma non gli fu possibile.
Diede colpa alla stanchezza, ultimo dono di quella giornata.
Piegò il foglio più volte finché non fu abbastanza piccolo da entrare nello scrigno e poi lo chiuse. Aprì il cassetto della scrivania e ve lo poggiò.
Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederlo esposto.
Lo guardò un'ultima volta e poi chiuse il cassetto.



*



Frigga stava cucendo nei pressi del balcone. Loki entrò in silenzio ma lei lo udì comunque.
«Come ti senti quest'oggi? Più maturo o più vecchio?» chiese con gioco, poggiando sulle gambe ago e filo.
Loki la raggiunse tenendo le mani dietro la schiena e un sorriso sul viso.
«Sarò lieto di risponderti quando mi sarò liberato dall'eco dell'idromele di ieri sera.»
Frigga rise e gli fece cenno di sedersi sulla poltrona accanto alla sua. Loki accettò il suo invito.
«Hai trovato il suo dono?» domandò dolcemente e lui sollevò le sopracciglia con fare annoiato.
«Una scatola vuota... davvero utile» rispose con il medesimo tono ma sua madre lo conosceva bene, sebbene avesse lasciato un fanciullo e si ritrovasse adesso di fronte un uomo. Ma l'anima di un figlio resta la stessa, nonostante gli anni e nonostante le gioie e i dolori. Il cuore si rompe e si ricuce, ma l'anima non cambia mai.
«Voleva donarti una farfalla con ali color dell'oro e dell'argento. Ha trascorso il pomeriggio a rincorrerle nei giardini e quando l'ha catturata l'ha riposta in quella scatola» spiegò ricordando il viso felice di Thor e la sua allegria. «Alla sera però era morta.»
«Prevedibile» commentò Loki senza però riuscire a celare una nota divertita.
«Non sai quanto ne sia rimasto addolorato, povero piccolo. Allora gli ho detto che tu avresti apprezzato comunque il suo gesto anche se lo scrigno fosse stato vuoto.»
«Oh, gli hai mentito... molto scorretto, madre.»
Frigga sorrise e poggiò la mano sul dorso della sua.
«Si è impegnato tanto per riuscire a imparare a scrivere e leggere così da poterti lasciare un biglietto di suo pugno.» Negli occhi di Loki c'era un'ombra ma un leggero riflesso di luce sembrava divorarla parola dopo parola. «Si sta impegnando tanto per piacerti, Loki.»
Suo figlio non rispose e spostò lontano lo sguardo.




*
*
*



Una luna dopo arrivò anche il compleanno del principe Thor. Per lui non fu organizzato nulla di troppo estroso perché era un bambino, perché era un secondogenito.
Ci fu una cena ufficiale con gli ambasciatori dei vari regni che portarono con loro doni e omaggi.
Ai musici e danzatori Frigga preferì chiamare a corte giullari e giocolieri, per allietare il suo bambino e i suoi amici.
Thor rideva e batteva le mani, incantato nella sua innocenza dal loro talento.
Odino preferiva la compagnia del vino e le chiacchiere di Tyr. Loki scelse il silenzio e l'apatia, come ormai di usanza.
Sedeva accanto a lei, con la guancia poggiata nel palmo, e mostrava la sua espressione annoiata. Frigga, sapeva, la stava enfatizzando volutamente.
«Mamma, guarda che bravo!» urlò Thor indicando il giovane che faceva volteggiare sfere infuocate fra le mani senza bruciarsi.
Fu allora che Frigga decise di tentare ancora.
«Sai, Thor, anche tuo fratello Loki è un grande mago» disse al bambino e immediatamente vide la sua sorpresa e soprattutto quella di Loki.
«Madre!» l'ammonì quest'ultimo forse conscio del dove sarebbe voluto andare a concludersi quel discorso.
Thor ignorò il giocoliere e poggiò le mani sulle gambe della madre per sporsi verso il fratello.
«Sei veramente un mago, Loki?» chiese entusiasta.
«Il più bravo» rispose per lui Frigga e ricevette un'occhiata di rimprovero che però non ebbe alcun effetto.
«Wow! Fai un trucco! Dai, fratellone!»
«No» rispose lapidario Loki.
«Solo uno!»
«No.»
«Ti prego, ti prego! Voglio vederlo, Loki!»
«No.»
«Ti scongiuro, fratello...»
Frigga si sentì stringere il cuore dalle suppliche del suo bambino e dalla freddezza dell'altro figlio.
«Coraggio, Loki» lo invitò con un sorriso. «È il suo compleanno.»
Non poteva tenere la sua corazza così testardamente. Prima o poi avrebbe dovuto cedere.
Ma Frigga ignorava la reale perseveranza di Loki, forse ignorava una parte della sua natura.
Il principe si alzò e guardò il piccolo con tale freddezza da farla rabbrividire.
«Se non fosse nato non avremmo avuto l'onere di festeggiarlo.»
E con quelle tremende parole lasciò la sala.



*



Nei giardini trovò silenzio ma non quiete.
Dai balconi alle sue spalle giungevano le luci della festa e il vociare lontano degli ospiti.
Loki alzò il naso all'insù e guardò il cielo nero come pece, dove ogni stella moriva nell'abbraccio delle nubi.
Se non fosse nato...
Tale era la sua colpa, la sua unica colpa: essere venuto al mondo.
Non aveva mai voluto fratelli, non li aveva mai desiderati. Era egoista, lo sarebbe sempre stato e non avrebbe mai voluto dividere l'affetto dei suoi genitori e il rispetto del suo Regno con qualcun altro, men che mai con qualcuno che non conosceva, sbucato dal nulla come un fiore velenoso.
Thor era un fiore velenoso, tanto bello eppure tossico.
Non riusciva ad averlo attorno, non riusciva a sopportare la sua voce né a guardare i suoi occhi.
La sua semplice presenza lo infastidiva, la sua sola esistenza era per lui un disturbo impossibile da ignorare.
Come spiegare ciò che provava?
Neanche il suo cuore sapeva quali risposte darsi, eppure Loki era certo: mai e poi mai avrebbe considerato quel bambino suo fratello. Avrebbero diviso il sangue, il nome, ma mai alcun legame.



*



«Ti è piaciuta la festa, tesoro?»
Thor annuì stringendosi nella coperta calda.
«Grazie, mamma, per avermi fatto mangiare tanti dolci.»
Sua madre sorrise e gli pettinò i capelli con le dita.
«Loki non voleva dire ciò che ha detto. Lo sai, vero?»
«Si è arrabbiato perché io ho insistito troppo. Lo so, mamma. Lui mi vuole bene.»
«Esatto, Thor. Loki ti vuole bene.»
Frigga gli baciò la fronte e Thor chiuse gli occhi.
«Dolce notte, bambino mio, che tanti sogni ti aspettino nel tuo riposo.»
«Dolce notte, mamma.»
Quando Frigga lasciò la camera il bambino aprì le palpebre nella penombra della stanza.
Se non fosse nato...
Due lacrime lasciarono i suoi occhi e rotolarono giù fino a bagnare la federa del cuscino. Poi ne scesero altre due, e altre due ancora.
Fuori il vento aumentava e le nubi nere piansero pioggia come disperate.
Fulmini e saette illuminarono quella notte di tempesta.











***


  
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