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Autore: Rosalie97    22/08/2014    4 recensioni
[IN REVISIONE]
Sono passati quattro anni da quando è scoppiato il caos, da quando il destino della razza umana ha subito una drastica svolta. Niente è più lo stesso, soprattutto negli Stati Uniti e nel Canada, regnati dal Governatore, una creatura spietata e priva di compassione.
Dakota conosce bene quell'uomo, e prova immenso disgusto verso di lui. Vuole vendicarsi per ciò che le ha fatto, per ciò che la ha costretta a passare.
Nel suo cuore non alberga altro che odio, ed è decisa ad ucciderlo. Ma cosa succederà, quando finalmente le si presenterà l'occasione di eliminarlo?
Cosa farà quando verrà a scoprire il più oscuro segreto del suo nemico? Riuscirà finalmente ad attuare la sua vendetta o il destino le giocherà un brutto scherzo e la farà sprofondare nel buio vortice dell'amore?
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Questo è il sequel di The Bad Boy, e narra le vicende che accadono ai superstiti di Total Drama quattro anni dopo l'arrivo del ciclone. (Non è necessario leggere il prequel, ma lo consiglio per capire meglio gli avvenimenti).
Genere: Guerra, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris McLean, Dakota, Jasmine, Max, Scarlett | Coppie: Alejandro/Heather
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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1.You, traitor

 





Alzò piano gli occhi verso il cielo azzurro ed osservò le nuvole bianche – che sembravano soffice zucchero filato – muoversi lentamente. Nell’aria c’era odore di cibo, e lei era affamata. Ormai erano ben due giorni che non metteva niente sotto i denti, dannazione, non poteva andare avanti così per molto. Se quegli stupidi soldati non fossero comparsi dal nulla e non l’avessero costretta a scappare ora sarebbe stata sazia, distesa a osservare il soffitto di casa sua. E invece no. I soldati di quella diavolo di milizia dovevano sempre guastarle le feste! Per non parlare del Governatore, poi! Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto poter andare direttamente a casa di quell’uomo e strangolarlo con le sue mani, dopo tutto ciò che l’aveva costretta a passare!
<< Dannata milizia e dannato Governatore, giuro che prima o poi ti uccido >> borbottò tra sé e sé mentre si abbassava e si inoltrava tra gli alti pini verdi. Faceva caldo, era estate, anche se di preciso non sapeva quale mese fosse. Forse giugno, o magari luglio, o forse era ancora maggio? Di sicuro non avrebbe più trovato calendari da nessuna parte, non in quei tempi, non con la tecnologia confinata. Oh, se l’avessero scoperta sarebbe stata in un mare di guai. “Figurarsi se faccio a meno del mio IPod!” pensò, nascosta tra le foglie dei grandi pini mutati geneticamente nel corso di quegli anni. Da quando era scoppiato quel disastro, avviato da quel diavolo di ciclone, tre anni erano andati di sicuro. Quindi secondo il ragionamento, lei aveva ventidue anni? Il tempo oramai sembrava un cosa completamente relativa, inutile da conoscere.
<< Ho fame, dannazione >> sussurrò al nulla, e come ad esaudire un suo desiderio, ecco a comparire un piccolo accampamento di soldati della milizia. La ragazza sorrise piano, malvagia, e strinse più forte l’arma che teneva tra le mani: la sua balestra. Senza un minimo rumore, saltò fuori dalla boscaglia e senza farsi vedere giunse alle spalle dei soldati che non prestavano attenzione. All’ultimo momento, ripensandoci, sistemò la balestra sulla schiena, afferrò il coltello che le pendeva al fianco e tagliò rapidamente la gola ad uno dei due uomini. Al primo seguì anche l’altro, e quando il terzo comparve dal nulla, da dietro una delle due tende, lei si preparò a lanciare l’arma.
<< No, ferma! >> Urlò il giovane, alzando le braccia in segno di resa.
<< “Ferma”? >> lo prese in giro lei.
<< Non… Non mi uccidere, sono nuovo, mi sono appena arruolato. Non mi uccidere. >>
Il giovane sembrava molto preoccupato, e soprattutto sincero, faceva scattare lo sguardo da uno dei due soldati morti all’altro.
<< Quelli, non erano miei amici. Solo compagni di squadrone. Mi prendevano anche in giro perché sono nuovo. Li odiavo! >>
Lei lo guardò impassibile. << Come ti chiami? >> Gli chiese poi, interrompendo il silenzio che era calato tra loro.
<< Io… io sono Brick, e… mi pare di… >> l’altro fece una pausa, poi spalancò gli occhi e la bocca ed urlò: << Cavolo, ma sei tu! >>
<< Io? >> Lei lo guardò, prima confusa. Poi lo guardò sul serio e anche lei spalancò gli occhi. << Ma sei tu! >>
<< Dakota! >>
<< Brick! Quanto tempo! >> Senza far caso al fatto che lui era della milizia e che non erano mai stati grandi amiconi, la ragazza gli corse incontro e gli buttò le braccia al collo, stringendolo forte. Era bello vedere una persona che già conosceva prima di quel disastro, qualcuno che non fosse un suo nemico giurato.
<< Non ci posso credere! >> Scoppiò a ridere lui, dimenticando quasi per un momento che lì con loro c’erano anche i cadaveri di due uomini, uccisi dalla stessa ragazza che ora si trovava a pochi centimetri da lui.
<< Anche per me è incredibile. È molto tempo che non vedo qualcuno dei nostri… Ma… >> la ragazza bionda si voltò verso i due cadaveri. << Com’è che sei nella milizia del Governatore? >>
<< Ehm… Ah… >> il giovane cominciò a balbettare, in imbarazzo come al suo solito. << La storia è lunga. >>
<< Non è che sei passato dalla parte del nemico? >>
<< No… Mi hanno beccato mentre tentavo di oltrepassare il Muro, e quando hanno scoperto che ero stato nell’esercito hanno deciso di darmi la possibilità di salvarmi dalla prigione. >>
<< Dalla schiavitù vorrai dire >> disse Dakota digrignando i denti. Ricordava bene le condizioni in cui molti erano costretti a vivere per mano di quell’uomo odioso e senza scrupoli che si faceva chiamare “Governatore”. Lei lo aveva conosciuto bene, sapeva di che pasta era fatto, sapeva che mancava completamente di una qualsiasi morale, di buoni principi, di compassione, di pietà e che il suo cuore era nero come il carbone. Un rovere bruciato era più vivo dell’organo privo di bontà che albergava nel petto di quell’uomo. Per colpa sua, lei aveva sopportato momenti orribili, e prima o poi giurava si sarebbe vendicata.
<< E così te ne vai in giro ad ammazzare soldati della milizia? >> scherzò Brick.
<< Già, mi diverte molto >> rispose Dakota facendo un piccolo sorriso. Non l’aveva mai trovato molto simpatico, lo trovava petulante e non riusciva a capire come a Jo al tempo potesse essere piaciuto uno così. Non era per niente virile, era un ragazzetto insulso che a stento riusciva a trattenersi dallo scoppiare a piangere. Ma di sicuro era meglio di altri che lei aveva conosciuto bene, come Mal e Zoey, per esempio. Non li aveva più rivisti da quando la ragazza dai capelli rossi aveva scelto quell’assassino ed aveva mollato lei e Mattew in quel bosco.
Dakota raggiunse il piccolo fuocherello a cui accanto si trovavano i cadaveri dei due soldati. Non erano molto vecchi, anzi, al massimo avevano potuto avere due o tre anni più di lei. Erano stati giovani, con tutta la vita davanti, prima che lei li ammazzasse. Ma di certo non le dispiaceva affatto aver tagliato loro la gola. Erano cose che succedevano, spesso e a chiunque, in quel mondo dove la tecnologia era vietata ai comuni cittadini e dove nessuno poteva lasciare la propria nazione. Quasi ogni azione, se a un soldato girava male, poteva essere presa come un insulto e quindi come un crimine. Anche solo per aver guardato il cielo potevi venire condannato per tradimento alla Nazione e appoggio alla Resistenza.
Afferrò il piccolo zaino posto accanto ad uno dei tronchi dove i soldati se ne erano stati seduti e cominciò a frugarci all’interno. Ciò che trovò la fece sorridere, piena di gioia. Nel vedere quelle piccole scatole di latta piene di frutta come pesche ed ananas. Finalmente il giorno dopo avrebbe fatto colazione!
Sopra il fuoco c’era un piccolo pollo che stava arrostendo. Scattò in avanti e cominciò a girare l’asta ignifuga sulla quale il pollo stava cuocendo. Se non l’avesse fatto, il cibo avrebbe cominciato a bruciarsi e sarebbe stato immangiabile. Per altri. Ma Dakota era talmente affamata che l’avrebbe mangiato vivo pur di sfamarsi. In quei tempi, la vita era dura, se non eri il Governatore o non facevi parte della milizia.
Diede un calcio al braccio di uno dei due soldati e dopo che questi fu caduto a terra con un secco tonfo, si sedette sul tronco. Dakota indossava gli stessi vestiti da ormai tre giorni. Trovare dei ricambi non era facile, ma almeno, a casa, aveva due interi armadi pieni di abiti che aveva trovato durante il suo viaggio nei primi tempi di quell’apocalisse, quando la milizia non era ancora nata. E quando lei era ancora insieme ai suoi amici e sapeva che erano vivi.
Gli stivaletti beige che le arrivavano alle caviglie le facevano male ai piedi, dopo giorni e giorni che li indossava costantemente. La canotta nera aderente non aveva più un buon odore di rosa, anzi, e dal sudore, le maniche della giacca di pelle color marroncino le si erano appiccicate alle braccia. I collant color marrone scuro invece le procuravano prurito alle gambe, ora che aveva finalmente trovato ciò che cercava e poteva tornarsene a casa con la borsa piena, sentiva l’ansia spingerla a sbrigarsi ad andarsene di lì. Non vedeva l’ora di poter togliere quelle scarpe e quei vestiti, e di farsi una bella doccia.
I suoi capelli biondi erano l’unica cosa a sembrare ancora vagamente pulita. Era strano che i soldati non avessero sentito il suo odore da metri di distanza!
Una volta che il pollo si fu cucinato, Dakota prese uno dei coltelli, tra quelli appesi alla sua cintura, ancora pulito, e tagliò una parte del pollo. Lo addentò e ringraziò mentalmente il cielo per averle mandato quel colpo di fortuna. Uccidere qualche soldato della milizia si poteva considerare una stessa missione da parte di Dio. Quegli uomini erano malati, pazzi, sadici, come il loro stesso Governatore. Dakota ne sapeva qualcosa.
<< E così lavoravi per lui >> disse distanziando le labbra dalla coscia di pollo.
Brick, per tutta risposta, seduto sul tronco accanto a quello dove si trovava lei, annuì. Indossava la divisa da soldato, dei pantaloni lunghi blu e una camicia verde militare. Tutti i bottoni erano dipinti d’oro, e portavano incisa una “C”, come tutto ciò che apparteneva alla milizia. “C”, Dakota cominciava ad odiare quella lettera, era il marchio di fabbrica del suo peggior nemico, che odiava più del senso della fame che spesso le attanagliava lo stomaco. Anche se dopo molto tempo, aveva imparato ad abituarcisi.
<< Già… Ma non di mia spontanea volontà. Quell’uomo non mi è mai piaciuto. >>
<< Nemmeno a quei tempi? >> chiese lei allora.
<< Soprattutto a quei tempi >> replicò l’altro, e Dakota sorrise.
<< Mi stai simpatico, Brick, ti lascerò in vita, e considerati fortunato, perché non lascio mai superstiti. >>
<< Hai un rifugio? >>
Lei lo guardò, sorridendo con l’angolo della bocca. << Ovvio, ma a chiedermelo azzardi troppo, amico mio. Non ti dirò mai dove si trova il mio rifugio, e tantomeno ti permetterò di seguirmi, se quelle sono le tue intenzioni. >>
<< Mi uccideranno >> rispose Brick con voce seria. << Se me lo rifiuti mi ucciderai comunque. >> Il tono era talmente serio, talmente adulto, che Dakota lo guardò per qualche istante sentendosi in colpa. Aveva ragione, una volta che avrebbe fatto scomparire i corpi dei due soldati morti, la milizia avrebbe fatto domande. Non gli avrebbero mai creduto, era solo una matricola, e per di più con un passato da trasgressore.
La ragazza sospirò, mentre le rotelle del suo cervello giravano e giravano. Quella di portarlo con sé pareva l’unica soluzione. Quel ragazzo non si sarebbe mai salvato da solo. Se non a discapito di lei, che di certo non voleva rischiare di correre qualche pericolo.
<< Non so se posso fidarmi di te, lo sai questo, vero? >>
<< Lo so >> l’espressione di Brick era tanto seria che fece scoppiare a ridere Dakota.
<< E non fare quella faccia, dai. >> Abbassò lo sguardo a terra per qualche secondo, ancora pensando. Ciocche di capelli biondi le caddero accanto ai lati del viso. << Io non sono da sola, devi saperlo. >>
<< In… in che senso non sei da sola? Stai con un ragazzo? >>
Lei lo scrutò per qualche istante. << No, niente del genere >> rise piano. << Ho due amiche, due compagne, ed una delle due non è esattamente cordiale. >> Sorrise immaginando la scena, e Brick deglutì rumorosamente, riportandola alla realtà.
<< Posso… ho una possibilità? Mi darai una mano? >>
<< Pensi di poter sopportare il rischio che lei ti mangi vivo? >> scherzò Dakota, e Brick deglutì nuovamente, cosa che la fece scoppiare per l’ennesima volta a ridere. << Scherzo. Avanti, finiamo di mangiare. Poi ci libereremo dei cadaveri dei tuoi ex compagni della milizia e partiremo. Ti avverto >> disse poi puntandogli contro un indice, e lui alzò di scatto la testa guardandola preoccupato. << Se mi tradirai, morirai in un modo atroce >> continuò a fissarlo in un modo pericoloso, poi sorrise e come se niente fosse cominciò a mangiare offrendogli una fetta di pollo.
 
 
Spensero il fuoco soffocando le braci ardenti dopo aver portato i corpi dei due giovani soldati nel bosco ed averli nascosti in modo che nessuno li trovasse. Smontarono l’accampamento appropriandosi di tutto ciò che poteva essere rubato. Dopodiché si incamminarono, e durante il tragitto spesso Dakota alzò lo sguardo verso il cielo, una bella distesa celeste nella quale nuvole bianche come strisce di zucchero filato vagavano a loro piacimento. La bionda ricordava quando da piccola i suoi genitori la portavano al luna park, nei weekend nei quali suo padre si regalava giorni di ferie e le compravano tutti i dolci che preferiva. Era figlia di un miliardario proprietario di molte catene di negozi, ristoranti e di aziende. Rammentava di quando, tenendo stretta la mano dell’uomo cominciava a saltellare di qua e di là mangiando zucchero filato, un cibo che come molti altri, in quei tempi era oramai difficile trovare. Solo il Governatore avrebbe potuto averne quintali a disposizione.
Dove era sua madre? E suo padre? Li aveva cercati, ma non li aveva mai trovati. Sospettava fossero morti. Ma questo, dopo tutto ciò che aveva passato, il dolore della perdita, dopo chi aveva perso, poteva sopportarlo.
L’aria pareva essere dotata di vita propria, aveva il profumo della libertà, cosa alla quale molti in quel mondo anelavano, ma che raramente ottenevano. Nessuno era libero, nessuno a parte Dakota e le sue compagne, loro non erano legate a nulla, se non alla reciproca lealtà. Erano come sorelle, si sarebbero aiutate le une le altre, fino allo scadere dei loro giorni. Erano unite, anche se ognuna di loro era diversa dall’altra. Non avevano quasi nulla in comune, se non il fatto che fossero delle vere amazzoni, le guerriere del bosco e della libertà. Nessuno sapeva eguagliare le loro capacità nel combattimento, qualunque soldato della milizia che avesse tentato di sfidarle era stato solamente un piccolo povero pazzo insetto che provava con un mero tentativo di eguagliare la forza e la furia di tre dee.
Gli alberi che li circondavano erano alti pini geneticamente modificati dal disastro climatico causato dall’uomo stesso ed avvenuto tre anni prima. I tronchi erano molto larghi e la corteccia era marrone scuro, oltre che molto ruvida e dura al tatto, talmente tanto che si poteva rischiare di ferirsi nel solo sfiorarla. La luce del tramonto donava ad ogni cosa una sfumatura rosata e arancione, ed in lontananza, tra le alte punte degli arbusti, si potevano intravedere alcuni squarci di sole mentre quest’ultimo calava giù e scendeva sempre più, fino a che non sarebbe scomparso oltre il Muro e la notte sarebbe giunta. A Dakota pareva di trovarsi in un luogo lontano, molto distante da quello in cui viveva. Era diventata la sua casa, quel grande bosco, sua e delle sue compagne, ma lei avrebbe comunque preferito sempre la sua prima casa, quella in cui era nata. Quella che era stata abbandonata a se stessa, lasciata da coloro stessi che l’avevano fatta costruire. La magione che era appartenuta alla famiglia di Dakota era stata immaginata sin nei minimi dettagli dalla madre, dal padre e dal fratello di quest’ultimo. L’avevano creata loro, e loro l’avevano abbandonata.
“Ma non gliene faccio una colpa. Possono essere dovuti fuggire, o magari sono stati mangiati e si sono trasformati… O magari sono stati infettati ancor prima della comparsa di quegli orribili scheletri.”
Le mancava uccidere quelle creature, la rabbia per ciò che era successo a Sam, l’odio ed il senso di colpa nei confronti di Magda e la tristezza per tutti gli altri suoi amici la colpivano ancora nel profondo, e la rendevano la ragazza che era ora: una fredda calcolatrice priva di scrupoli e molto, molto pericolosa. Certo, a volte ritornava quella di un tempo, cominciava a sbraitare per nulla rischiando di farsi uccidere nel sonno dalle sue compagne, scattava e urlava nel vedere uno scarafaggio o quando calpestava qualcosa di schifoso, ma in confronto al passato, poteva dirsi molto più sveglia. Aveva dovuto cambiare, per forza, non sarebbe potuta mai rimanere quella di un tempo, una ragazzina schizzinosa ed antipatica, in un mondo come quello.
<< E così… Compagne, eh? >>
<< Già, compagne >> rispose con un tono distaccato, distante, privo di emozione, continuando a guardare la strada che stava seguendo a zig zag tra gli alberi, tornando indietro e seguendo un ennesimo sentiero. Non voleva rischiare di lasciare tracce, così usava lo stesso metodo di sempre, ossia cambiare spesso strada.
<< Nel senso che… >> cominciò l’altro, e lei lo guardò inarcando un sopracciglio. << State insieme? >>
<< “Insieme” in che senso? >> domandò lei facendo le virgolette con le dita.
<< Nel senso… >> Brick iniziò a fare gesti strani, in imbarazzo e con le guance rosse. La giovane scoppiò a ridere e disse: << Oh no, non siamo lesbiche. Siamo come sorelle, fatichiamo a sopportarci, siamo molto diverse, ma l’una senza l’altra non sapremmo dove andare. Ci proteggiamo a vicenda, e nei reciproci confronti abbiamo una grande lealtà. >>
<< Oh, commovente >> Brick tirò su col naso e si asciugò una lacrima che rischiava di scendergli bagnandogli la guancia. Dakota rise piano, quel ragazzo era alquanto strano, ma ormai alle stranezze era abituata, dopo tutto quel che in soli quattro anni aveva visto.
Ripresero a camminare seguendo l’intelligente metodo della bionda, in silenzio, finché il giovane soldato non riprese: << Come si chiamano? >>
<< Oh >> sorrise lei, << non ti parlerò di loro. Le conoscerai tu non appena arriveremo al rifugio, e poi ti deciderai a capire di aver commesso un grande sbaglio. >> Il tono di voce di Dakota fece venire i brividi a Brick, sembrava come se la ragazza fosse a conoscenza di qualcosa che il giovane soldato ignorava completamente. << Ma sono brave ragazze, in fondo- Cioè, una delle due potrebbe ucciderti se solo la guardi male costruendo un aggeggio infernale con tre cavi spezzati, una foglia, una pentola e una batteria, ma l’altra è più gentile. >>
Brick deglutì a fatica, << Oh, bene… >>
<< Eccoci, siamo arrivati >> Dakota si fermò davanti all’ingresso di una grotta. La cavità era buia, e l’entrata era formata da due grandi pietre grigie e grezze impalate verso l’alto e da una terza grande pietra posta orizzontalmente sopra le altre. Il soldato alzò lo sguardo verso l’alto e fece girare gli occhi guardando ciò che lo circondava: attorno c’erano solamente alti alberi, e se buttava completamente indietro il capo poteva vedere il cielo azzurro e rosato mentre si tingeva di rosso ed in seguito di blu.
<< Avanti >> disse Dakota sorridendo e stringendo nella mano destra la spallina dello zaino che portava sulla schiena. La bionda fece qualche passo avanti, saltando sopra una pedana che sembrava fatta di pietra levigata. Dopodiché, senza dir nulla, scomparve oltre la soglia della grotta e Brick dopo qualche istante passato a tormentarsi il labbro la seguì.
Camminarono per qualche minuto nel buio, nei quali il giovane restò sempre appiccicato a Dakota, che ad un certo punto si fermò di colpo ed allungò il braccio destro. Afferrò una maniglia e si sentì un cigolio, il rumore di una porta dai cardini non oliati, e una luce soffusa e calda li investì. La bionda fece un passo avanti ed entrò nella sala, subito tallonata da Brick, che scoprì che appena oltre la soglia c’erano tre scalini, oltre i quali si trovava un piccolo tappetino rosso con scritto “Welcome Home, You Sweetie”.
La stanza era immensa. Le pareti di pietra grezza e in alcuni punti appuntita erano tappezzate di tappeti raffinati o di quadri appesi chissà come. Appena sotto l’arcata bassa della grotta erano poste delle lanterne color oro, fatte passare per cerchi di metallo arrugginito incastonati nella pietra, le cui fiamme all’interno diffondevano una bella luce calda e rassicurante. A terra, in alcuni punti, erano sistemati altri tappeti, soffici e decorati.
Brick continuò a guardarsi attorno. Alla sua sinistra, verso la fine della sala, c’erano grandi mobili da cucina: un lavello, scaffali e dispense a volontà e poco distante era anche posto un modesto tavolo dal pianale bianco  e dalle gambe di acciaio inossidabile. C’era anche un piccolo frigorifero di modeste dimensioni anch’esso, che chissà come pareva funzionante.
Il giovane voltò la testa verso la propria destra e puntò gli occhi, spalancandoli, su quello che c’era davanti alla sua vista. Tre grandi divani dalla stoffa bianca erano posti a “c”, e quello centrale dava su un grande televisore a schermo piatto che in quel momento era acceso e mostrava delle repliche del reality a cui loro avevano partecipato. Al centro, sotto i divani e al televisore, c’era un ennesimo immenso tappeto dall’aspetto molto soffice anch’esso rosso e decorato con motivi aztechi. Addossato alla parete di sinistra, sulla quale c’era una parte mancante a forma di porta, si trovava un grande mobile di legno color marroncino dall’aspetto levigato, i cui scaffali erano stracolmi di libri.
<< Oh, wow, cos’è questo posto? >> chiese Brick sussurrando per lo stupore.
<< Ehi, Dakota, sei tu? Ho sentito… >> Disse la voce di una ragazza, che comparve da dietro la porta-non porta. Era discretamente alta, quasi quanto Dakota, ma era completamente diversa. La pelle della bionda era abbronzata ed i suoi capelli biondissimi, mentre quelli della ragazza sconosciuta erano rosso sangue e la sua pelle era di un bel sano rosa. I suoi occhi erano color oliva, e gli zigomi alti e pronunciati. Quando comparve, si stava asciugando i capelli, che le ricadevano bagnati in ciocche rosse e ondulate sulle spalle, con un asciugamano. Attorno al corpo aveva avvolto un ennesimo asciugamano, questo di colore lilla, che a malapena le arrivava a metà coscia. Nel vederla, Brick diventò completamente rosso dall’imbarazzo, perché la ragazza era veramente bella.
<< Chi è questo? >> chiese guardandolo, e Dakota sorrise tra sé, prevedendo già come sarebbe andata a finire.
<< Lui è Brick >> Dakota alzò il capo e di seguito anche il mento, indicando la tv accesa dove veniva trasmessa una puntata della quarta stagione di Total Drama. In quel momento si vedeva un ragazzo vestito da recluta scappare da una creatura inferocita dell’isola, urlando, e la rossa spalancò le labbra per poi sorridere.
<< Sei tu, quello?! >> Gli chiese, e dopo che lui ebbe fatto cenno di sì con la testa, con un’espressione talmente tirata da sembrare stesse avendo una colica renale, la ragazza scoppiò a ridere. << Tu! Sei veramente un rammollito in quella stagione! E poi, su, dovevi accorgerti che Jo era cotta di te! >> 
<< Ma Jo… >>
<< Come Heather e Alejandro, mio caro >> intervenne nuovamente lei. << Non voleva darlo a vedere e tentava di convincere se stessa del contrario, ma capirlo è facile. >>
<< Ma… Tu chi sei? >> Chiese allora lui, indicandola piano con un indice, e Dakota affiancò la rossa, circondandole le spalle con un braccio.
<< Oh, puzzi! >> Disse la rossa, e la bionda scoppiò a ridere.
<< Lei è Scarlett, una delle mie due compagne in questa avventura! >> Esclamò Dakota, e l’altra alzò gli occhi verso il soffitto della grotta, esasperata.
<< Lei è… >>
<< Quella che può ucciderti nel sonno con tre cavi spezzati, una foglia, una pentola e una batteria… oppure quella gentile? >>
<< Già >> rispose lui.
<< Ma la pentola deve essere di… >> intervenne l’altra, ma Dakota la bloccò, facendole segno di tacere. Scarlett socchiuse gli occhi con fare cattivo: << Tu non mi dici di stare zitta! >> urlò.
<< Secondo te quale è delle due? >> disse a Brick con tono scherzoso.
<< Quella che… >>
<< Può ucciderti! >> Urlò Scarlett con tono malvagio e gli occhi stretti a fessura. << Basta, devo ammazzare qualcuno! >> Urlò, per poi voltarsi e scomparire dietro al buco nella parete rocciosa.
Dakota scoppiò a ridere, << È pazza >> Brick annuì piano tirando la bocca in un sorriso, anche se non ci trovava nulla di divertente.
<< Ma che diavolo… L’hai fatta arrabbiare ancora?! >> Urlò un’ennesima voce, e Brick si voltò di colpo, in allerta. Sull’entrata del rifugio c’era una ragazza che lui non aveva mai visto. Era alta, davvero molto alta, la sua testa quasi sfiorava il soffitto.
<< Ehi, non è colpa mia se manca completamente di controllo della rabbia >> replicò Dakota alzando le spalle.
L’altra sospirò mettendo l’indice e il pollice della mano destra a cavallo del naso, appena sotto la fronte. << E questo chi è? >> chiese poi alzando lo sguardo e puntandolo su Brick.
Il soldato la guardò. La ragazza, che non doveva avere che uno o due anni meno di lui, oltre ad essere alta, era davvero molto bella. La sua pelle era scura, simile al colore del caffè nero, che non vedeva da anni, ed aveva dei bei capelli neri raccolti in una coda di cavallo. Gli occhi, poteva vedere, erano scurissimi, marroni e profondi, ed il naso era piccolo. Anche lei come Scarlett aveva zigomi alti, ma meno pronunciati. Indossava una maglia bianca a maniche corte che le arrivava appena sopra l’ombelico a cui aveva abbinato un gilet beige senza maniche e con delle tasche frontali che sembravano strapiene. I pantaloncini corti erano beige anch’essi e attorno alla vita aveva stretta una cintura nera alla quale erano appesi tre coltelli, due più piccoli e uno più grande simile a un machete. Ai piedi portava dei scarponcini neri. Calcato in testa aveva un cappello beige con una striscia di stoffa più chiara, che sfiorava spesso con la mano destra, mentre nella sinistra teneva strettamente e saldamente un grande sacco bianco che a prima vista pareva molto, molto pesante.
<< Io… Sono Brick >> rispose, e l’altra continuò a guardarlo, per poi fare qualche passo, raggiungerlo e allungare verso di lui il braccio destro. Aprì la mano in attesa che lui l’afferrasse.
<< Io sono Jasmine >> disse poi. La stretta di lei era forte, quasi troppo per una ragazza, mentre quella di Brick era forse anche troppo debole. << Ti ho già visto da qualche parte… >> disse, e prima che potesse voltarsi verso Dakota per chiederle spiegazioni, il giovane disse: << Facevo parte di Total Drama come Dakota, abbiamo partecipato alla stessa edizione. >>
<< Oh, ecco, ora mi ricordo! Il soldato effeminato! >>
<< Non sono effemminato >> replicò lui contrariato, e lei scoppiò a ridere, con una risata cristallina e coinvolgente, che invogliava chiunque l’ascoltasse a ridere con lei.
<< E va bene. Anche io >> disse poi quando si allontanò verso il tavolo, << ho partecipato a Total Drama, come Scarlett, la rossa pazza che è corsa via prima e che vuole ammazzare gente a caso. Appena dopo la fine della stagione è scoppiato il delirio e ci siamo ritrovate, una volta cacciate dall’isola di Pahkitew, in un caos. Io non ho idea di dove sia il mio ragazzo. >>
<< Quasi >> disse Dakota, e Jasmine sbuffò.
<< Sì, va bene, quasi ragazzo, ma a me piaceva lui e a lui piacevo io. Lui diceva che prima o poi sarebbe scoppiata un’apocalisse zombie e nessuno gli credeva… Ma quegli scheletri le persone se le mangiavano… >> Le ultime parole sciamarono nel nulla, mentre la voce di Jasmine si spegneva. << Beh, ad ogni modo… Scarlett ha tentato di ammazzarci tutti la stessa puntata in cui è stata eliminata >> rise piano, << ed a me come ovvio non stava molto simpatica. Ma quando mi sono ritrovata in quel caos, sola, e con Ella alle calcagna… Beh, quando l’ho trovata quasi in fin di vita non ho potuto che aiutarla. E poi, ci siamo imbattute in Dakota >> sorrise, indicandola con il coltello che ora teneva in mano. << All’inizio abbiamo rischiato di ucciderci tutte a vicenda, volevamo la sua casa, ma poi ci siamo conosciute meglio e siamo diventate amiche. Abbiamo un nemico comune. >>
<< Chi? >>
<< Il Governatore >> rispose la voce impassibile di Scarlett. Si presentò loro comparendo dal nulla, e li guardò con occhi e volto privi di qualsiasi emozione, piatti. Tutti, non appena ebbe aperto bocca si voltarono a guardarla.
Indossava una tuta color grigio antracite che le stava aderente al corpo snello e la slanciava ancor di più. Alla vita indossava, sopra la tuta, dei pantaloncini neri che le sembravano dipinti addosso, mentre un top aderente anch’esso nero le circondava il petto. Lo scollo a cuore le donava molto. Ai piedi portava degli scarponcini neri molto carini e alla vita aveva una cintura a cui erano appesi piccoli sacchettini di juta e un lungo fodero di cuoio dal quale spuntava l’elsa intarsiata di una spada. A tracolla aveva una borsa marroncina dalla quale quando si muoveva provenivano suoni del cozzare di metallo, come se fosse stata piena di coltelli e armi varie. I capelli color rosso sangue ora quasi del tutto asciutti e lucenti le ricadevano in dolci volute sulle spalle minute.
<< Ehi, ma quelli sono i miei scarponcini! >> urlò Jasmine, e Scarlett per tutta risposta si voltò e si diresse alla porta d’entrata del rifugio. << Ehi, dove vai?! >>
<< Ad ammazzare qualcuno, ho voglia di un po’ di sangue >> rispose l’altra, scomparendo nel buio e chiudendo dietro di sé la porta.
<< Quella… Non è normale >> disse Brick.
<< Ma dai? >> replicò Jasmine, << Dubito lo sia mai stata, sinceramente. E poi, da quando Max… >> Le parole le morirono in gola.
<< Max? >>
<< Era uno dei partecipanti alla loro edizione di Total Drama. All’inizio lei lo sopportava, poi un giorno è completamente impazzita per colpa sua e ha rivelato la sua vera personalità. >> Dakota fece una pausa e fu Jasmine a continuare: << Poi un giorno, quando io, lei ed Ella stavamo scappando, ci imbattemmo in Max ed un ragazzo che non conoscevamo. L’altro morì, e noi quattro fuggimmo. Per qualche tempo restammo insieme e lei imparò a sopportare Max, anzi, cominciò a provare qualcosa per lui, ora che tutto era diverso. Poi un giorno, sapemmo della milizia, e da lì tutto cominciò ad andare a catafascio. Max fu preso, noi andammo a liberarlo, perdendo Ella durante il tragitto, ma quando l’abbiamo trovato… pareva gli avessero fatto il lavaggio del cervello. Non ha voluto saperne di venire con noi e siamo dovute scappare per non farci prendere. Non ci fidavamo della milizia, avevamo sentito strane voci. >>
<< Quando sono tornate indietro, non sono andate a cercare Ella >> intervenne Dakota.
<< Perché Scarlett era troppo giù. Ma presto imparò a trasformare il dolore in rabbia, odio e ferocia, ed ora… Beh, non consiglio a nessuno di trovarsi in battaglia con lei. Nel tempo in cui schioccheresti le dita >> si interruppe per dare un esempio e schioccarle, << avresti già perso un braccio e mezza gamba. >>
Brick deglutì a fatica e strabuzzò gli occhi.
<< Già >> disse la ragazza alta voltandosi verso la porta, imitata dagli altri due, per poi fare una pausa e sospirare. << Scarlett è furiosa, si sente tradita, e molto, molto sola. >>
Mentre l’australiana pronunciava quelle parole, intanto, all’entrata della grotta, Scarlett alzava gli occhi verso il cielo, nella luce morente di quel giorno. Ormai tutto le sembrava uguale, ogni ora era un’agonia nel dover stare lontana dal ragazzo che avrebbe tanto voluto avere lì davanti. Lontana da lui immaginava di vederlo, di stingerlo vicino a sé e guardarlo negli occhi mentre la vita di lui scivolava lentamente via. << Quel traditore… >> sussurrò al tramonto, per poi mettere un piede oltre la soglia ed estrarre la lunga spada con cui avrebbe mietuto le sue vittime, immaginando, al posto dei loro volti, quello di Max.
  
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