Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Inathia Len    23/08/2014    8 recensioni
E se la storia della Bella e la Bestia non fosse come ve l'hanno sempre raccontata? E se i protagonisti fossero altri?
Leggete di John, che sacrificò se stesso per salvare la sorella Harry, ma finì col trovare l'amore.
Leggete di Sherlock, del principe senza cuore che la fata Irene trasformò in una Bestia orrenda e che riuscì a redimersi grazie all'amore.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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And the petal fell...




Solo qualche tempo più tardi si rese conto di essersi addormentato.

Si alzò stropicciandosi gli occhi, la bocca impastata e lo stomaco gorgogliante. Probabilmente aveva saltato la cena, aveva lasciato la Bestia da sola e sapeva ci sarebbero state conseguenze. Ma non gli importava. Era già suo prigioniero per l’eternità, che altro poteva fargli?

Sentì qualcuno bussare alla porta e si svegliò definitivamente, sbadigliando.

-Chi è?- chiese, avvicinandosi piano.

-La signora Hudson!- tubò una voce da fuori. –Pensavo avresti gradito una tazza di the.-

John aprì piano la porta e una teiera e una piccola tazza fecero il loro ingresso saltellando nella stanza. Le luci si accesero da sole e per poco a John non venne un infarto.

-Ma voi siete … e anche lei … non è possibile- balbettò, andando a sbattere contro il grande armadio accanto al letto.

-Ehi, piano giovanotto- esclamò l’armadio.

John lo guardò stralunato.

-Questo … questo è assurdo.-

-Lo so che lo è- commentò sempre l’armadio. –Eppure eccoci qui.-

-Te lo avevo detto che era carino- commentò la tazzina, ammiccando alla teiera.

-Sì, Clara, come dici tu. Ora,- proseguì la signora Hudson, -portagli questo the. E fai piano- comandò, dopo aver dato istruzioni alla zuccheriera.

-Oh, grazie mille- fece John, rassegnandosi a quelle stranezze e sedendosi per terra. D’altra parte, dato che quella sarebbe stata la sua casa da quel giorno in poi e la Bestia non sembrava molto di compagnia, meglio fare amicizia con chi si dimostrava attento alle sue esigenze. Che questi poi fossero una teiera, una tazzina e un armadio, poco importava.

-Guarda che so fare- esclamò Clara, diventando improvvisamente tutta rossa e producendo bolle che agitarono tutto il the.

John si ritrovò a ridere. E si stupì così tanto del fatto che rise di nuovo e ancora.

-Quello che hai fatto è stato davvero coraggioso- disse la signora Hudson con affetto nella voce.

-Sì, già …- commentò John, rigirandosi Clara tra le mani. –Ma ho perso tutto. Mia sorella, i miei sogni …-

-Oh, sono sicura che tutto finirà bene- lo rassicurò la teiera. –Ma sentimi, sto qui a blaterare quando c’è la cena da mettere in tavola! Su Clara, saluta il nostro ospite!-

Cena?

John impallidì, era sicuro di essere riuscito a scamparla …

-Allora, cosa preferisci indossare? Ho praticamente di tutto, qui dentro- esordì l’armadio. –Che ne dici di questo?- chiese, tirando fuori una camicia bianca con pantaloni e panciotto blu notte, con dei ricami d’oro.

-Non ho alcuna intenzione di andare a cena … con quello là- tentò di rifiutare John, riponendo sulla gruccia i magnifici abiti che l’armadio gli porgeva.

-Oh, ma non puoi rifiutare- ribatté scandalizzata lei.

In quel momento la porta alle loro spalle si aprì e una piccola pendola panciuta fece il suo ingresso, schiarendosi la gola come se stesse per annunciare chissà chi. L’armadio ammiccò a John, ma lui si limitò ad alzare gli occhi al cielo.

-La cena, è servita- disse, concludendo con un piccolo inchino.

 

 

 

 

Sherlock si aggirava nervoso per la sala da pranzo. Era praticamente certo che il ragazzo non sarebbe venuto. Anche se glielo aveva ordinato, non sembrava tipo che faceva qualcosa solo perché gli veniva imposto. Anzi, delle due era proprio quello che lo spingeva a fare il contrario.

-Perché non è ancora arrivato?- ringhiò, sfogando la sua ansia sui servitori. –Ho dato ordine a Mycroft di dirgli di scendere. Perché ci mette così tanto?-

-Cerchi di essere paziente, padrone- lo rassicurò la signora Hudson. –Il ragazzo ha perso la sorella e il padre nella stessa giornata. È parecchio da digerire.-

-Padrone- intervenne Lestrade, -ha pensato che lui potrebbe essere quello che spezzerà la maledizione?-

-Certo che ci ho pensato- rispose spazientito Sherlock, continuando ad andare su e giù per la stanza.

-Oh, ma allora siamo a cavallo. Lui si innamora di lei, lei si innamora di lui e … puff!- esclamò Lestrade, spegnendosi le mani. –L’incantesimo non c’è più. Lei potrebbe essere di nuovo umano entro mezzanotte!-

-Non essere sciocco, Gregory- lo rimproverò la signora Hudson. –Queste cose necessitano tempo!-

-Ma la rosa ha già cominciato a perdere i suoi petali- si allarmò Lestrade.

-E credi che per me sia semplice?- borbottò Sherlock. –Lui è bell … umano, un ragazzo. E io sono un mostro orrendo!-

-Be’, intanto può fare qualcosa per migliorarsi.-

-E cosa?- chiese Sherlock, seguendo con gli occhi la signora Hudson che atterrava sul tavolo davanti a lui.

-Stia dritto! Bene, così. E poi la smetta di essere così burbero.-

-Esatto, sorrida- lo incoraggio Lestrade. –Su, mi faccia un bel sorriso.-

Sherlock tentò, ma il risultato era a metà tra un qualcosa di spaventoso, orrendo e ridicolo.

-E non lo spaventi, lo lasci parlare.-

-Ma non sia timido, dica qualcosa anche lei.-

-Sono sicura che lo conquisterà con il suo charme regale.-

-E intelligenza- convenne Lestrade.

-Gli faccia qualche complimento …-

-… ma sia sincero e obiettivo.-

Sherlock ormai, sommerso da consigli, si teneva la testa con entrambe le mani.

-Ma, soprattutto- conclusero entrambi in coro, -controlli il suo caratteraccio!-

La porta si socchiuse quando i due finirono le loro raccomandazioni dell’ultimo minuto.

-Eccolo- trillò la signora Hudson.

Ma sull’uscio comparve solo Mycroft, in palese imbarazzo.

-Be’, dov’è lui?- ringhiò Sherlock.

-Lui?- gli fece eco la pendola. –Oh, ma certo, il ragazzo. Ovvio, ovvio. Ecco, come dire … il nostro ospite è … si trova in una situazione … mi ha detto di riferirle … lui non verrà- concluse, guardando per terra.

Sherlock sgranò gli occhi, poi serrò le labbra, facendo stridere le zanne.

-CHE COSA?- tuonò, balzando fuori dalla sala da pranzo e correndo per i corridoi, i tre servitori al seguito.

-Vostra Grazia …- tentò la signora Hudson.

-Vostra Altezza …- provò Lestrade.

-Vostra Magnificenza …- si azzardò Mycroft, ma nulla poteva placare l’ira di Sherlock.

Corse a perdifiato fino alla stanza di John e bussò talmente forte che ai tre servitori sembrò quasi che la porta potesse cedere da un momento all’altro.

-Pensavo di avervi detto di scendere per cena!-

-Non ho fame- fu la replica dall’interno, secca.

Sherlock gonfiò il petto per la rabbia, assottigliando gli occhi. La signora Hudson, Mycroft e Lestrade si presero la testa tra le mani. Sarebbe stato più difficile e complicato del previsto.

-Esci subito fuori o … o … o … o butterò giù la porta!-

-Padrone, potrei sbagliarmi- cominciò Lestrade, -ma non credo che questo sia il modo migliore per, non dico farlo capitolare, ma almeno avere la sua amicizia.-

-La prego … provi ad essere un gentiluomo- gli fece eco Mycroft.

-Lo sta rendendo piuttosto difficile- replicò stizzito Sherlock, lanciando un’occhiata astiosa alla porta.

-Provi di nuovo. E questa volta, con gentilezza- lo incoraggiò la signora Hudson.

-Scenderesti per cena?- borbottò di nuovo Sherlock, e questa volta sembrava davvero una richiesta. Non troppo entusiasta, ma era decisamente meglio di un ordine e di una minaccia a buttare giù la porta.

-NO!- fu comunque la risposta.

Sherlock si voltò verso i tre, indicando la porta, come a voler dire che era John quello in torto e non lui.

-Di nuovo. Soave e gentile- lo spronò Mycroft.

-Mi farebbe molto piacere se ti unissi a me per cena- ritentò, questa volta mettendoci anche una specie di inchino. Peccato che la colonna sonora del tutto fu il suo ringhio sordo e che il tono fosse leggermente sarcastico e sprezzante.

-Per favore- completò Mycroft, guadagnandosi un’occhiataccia.

-Per favore- aggiunse Sherlock, alzando gli occhi al cielo.

-NO, grazie- fu comunque la risposta di John e Sherlock perse definitivamente la pazienza.

-Non puoi rimanere lì dentro per sempre- sbottò.

-Oh, sì che posso- replicò John dall’interno.

-Bene, allora. Restaci- concluse, ruggendo le ultime sillabe. –Se non cena con me, allora non cenerà affatto- ordinò ai domestici.

Poi scomparve, balzando via, facendo tremare il pavimento e i muri con la sua rabbia.

-Non è andata molto bene, vero?- disse la signora Hudson. –Oh cielo, questi due testoni. Ci vorrà più del previsto-

-Lestrade, hai sentito gli ordini del padrone. Stai di guardia alla porta e avvertimi del più minimo movimento- decise Mycroft.

-Puoi contare su di me, mio capitano- annuì Lestrade, facendo il saluto militare.

-Quanto a noi- continuò Mycroft, -tanto vale che torniamo di sotto e cominciamo a pulire …-

 

 

 

Sherlock entrò come una furia nella sua ala del castello. Tutto lì parlava, anzi gridava la disperazione che lo aveva colto dopo la trasformazione, la rabbia che aveva scatenato contro qualsiasi cosa si trovasse davanti.

C’erano arazzi con segni delle sue unghie, mezzi staccati dalle pareti. Tavolini e divanetti ribaltati, sfoderati, fatti a pezzi e lasciati a marcire. Tende che sembravano fantasmi, pallide e polverose contro le vetrate.

-Ho provato a essere gentile, ma non funziona!- gridò, sfogandosi.

Arrivò all’unico tavolo che la sua furia aveva lasciato intatto, quello sul quale, in una teca, stava sospesa la rosa che aveva rovinato la sua vita. Era ancora perfetta come il primo giorno, quasi quegli anni non fossero mai esistititi, ma aveva cominciato a perdere qualche petalo, segno che il suo ventunesimo compleanno si stava avvicinando.

Afferrò con rabbia lo specchio magico.

-Mostrami il ragazzo- ordinò e la superficie si increspò per un attimo, facendogli vedere John, seduto sul letto in camera sua, che a braccia incrociate discuteva con l’armadio.

-Non è così male, una volta che ti ci abitui- stava dicendo il guardaroba -Perché non dai un’opportunità e provi a conoscerlo?-

-Io non voglio conoscerlo!- la interruppe John. –Io non voglio averci niente a che fare!-

Sherlock chiuse gli occhi, ferito da quelle parole, anche se sapeva di meritarsele.

-Mi sto solo illudendo …- mormorò, - ai suoi occhi resterò sempre un mostro, non importa quanto mi sforzi.-

E, in quel momento, cadde un altro petalo.










Inathia's nook:

ed eccomi anche questa settimana :) capitolo piuttosto lungo e intenso, lo ammetto, ma non volevo dividerlo in due. ho fatto bene?
come già detto, prendo sempre molto spunto dal cartone animato, ma alcune scene dsono davvero impossibili da replicare. Vedi la canzone che viene cantata in cucina quando Belle scende per cena e viene accolta dai domestici. Ho provato a renderla al meglio e spero di esserci riuscita.
Per quanto riguarda il resto, non ho molto da dire, se non sul finale. Sherlock non è già innamorato, ovvio, sarebbe assurdo e improbabile. Per adesso, diciamo solo che ammira molto John e trova i suoi comportamenti spiazzanti. Non si lascia intimorire, ha il coraggio di dirgli di no e di farsi valere... E quindi si è reso conto che deve cambiare, per meritarlo. Ma sa anche che non sarà facile, perchè spesso la prima impressione è quella che conta...
e servirà qualcosa di veramente grosso per avvicinarli :)
un bacione e (spero) alla prossima settimana <3

  
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