Anime & Manga > Karneval
Segui la storia  |       
Autore: AsanoLight    23/08/2014    2 recensioni
«Hirato ed io aspettiamo un figlio»
Intercorse un silenzio di tomba. I presenti si scrutarono uno ad uno, cercavano risposte nei vicini di tavolo, e si davano vicendevolmente pizzicotti. Era un sogno; tutti ora se lo auguravano.
Ma quel pancione non poteva essere un cocomero.
Genere: Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«Hirato»

Il comandante inarcò un sopracciglio e ricercò il solare volto del ricercatore, ignorando evidentemente il fatto che non ci fosse nulla di effettivamente sereno o fulgido in quello sguardo truce, tra le borse penzolanti dagli occhi o la bocca piegata in una trista, spenta e stressata curva, come se a portare l’onere della gravidanza fosse stato lui. Hirato non se ne curava tuttavia, quello che avevo al suo fianco –quando era di buon umore, era ‘Akari-san’, il professore del suo passato e il dottore del suo presente.

«Akari-san?», alzò appena la voce, mielosa come quella di una chioccia, mentre si massaggiava il pancione in una maniera che al ricercatore parve alquanto ossessiva –vedendoglielo fare almeno cinquanta volte al minuto. Akari cercò di ignorare lo snervato comportamento del corvino e si guardò irritato alle spalle.

«Che diavolo ci facciamo qui, a Vantnam», bofonchiò irritato e desiderò veramente mettersi un sacchetto sopra la testa per non venire riconosciuto da nessuno, «E perché ci siamo portati dietro questo branco di idioti»

«Oi, oi... Akari-chan. Non mi sembra carino chiamarmi idiota»

«Sta’ zitto, Tsukitachi!», ringhiò liberamente il dottore, «Nessuno ti voleva in primo luogo qui, né te né quei mocciosi della prima nave!»

«Pensi che noi avessimo avuto veramente voglia di venire qui con voi?», Kiichi si portò le braccia dietro alla schiena e si lamentò in un sonoro sbadiglio, la gonna di pezza a tartan le rasentava metà coscia e gli sfarzosi capelli erano raccolti in uno striminzito codino, «Io odio i mocciosi, viventi o in scatola che siano. Figurati se mi interessa andare a zonzo con un uomo che porta in grembo uno o più esserini piagnucoloni incapaci di intendere e di volere!»

«Kiichi! Che parole rudi», Jiki la colse di sorpresa alle spalle con una pacca che gli costò un ceffone di riflesso sulla guancia destra, il primo capitano assistette alla scena con una certa passività, abituato a certi patetici exploit, e quasi non vi prestò neanche attenzione. Si voltò piuttosto verso i due futuri genitori e, piegando le labbra in un sorriso difficilmente interpretabile, prese sottobraccio i compagni di una vita e li strinse a sé.

«Pensare che saremmo arrivati fino a questo punto...», mormorò con una drammatica commozione, aumentando la presa sui due, «Ho sempre sognato il giorno in cui avrei assistito al matrimonio del ragazzo con cui ho condiviso per sei anni la camera di dormitorio! Ma pensare che l’avrei visto mettere un figlio al mondo–»

«Ancora con questa storia?!», urlò Kiichi stizzita, «I bambini li porta la cicogna!»

Jiki la immobilizzò per evitare di divenire una seconda volta sventurato bersaglio dei suoi calci, sferrati con una precisione tale che avrebbero fatto invidia a Jackie-chan.

«I bambini non nascono come dici tu! Dai retta a me che sono erudito!»

«Menzogne!», si dimenò l’azzurra tra le braccia del corvino, ma la resistenza non era sufficiente a restituirle la libertà, «Eva ha detto che sono le cicogne a portarli! Un esercito di cicogne!»

«Beh, Eva si sbaglia! Dovresti ascoltare me, invece, che sono un eccellente giardiniere oltre che un interessante ragazzo!»

«Sono pronta a questionare la tua ultima affermazione»

«Parla, parla, simpaticona. Tutti sanno come nascono i bambini»

«Ah, davvero? E sentiamo, quale sarebbe allora la tesi del sapientone?»

«Semplice!», esclamò soddisfatto Jiki, «I cavoli!»

«I cavoli.»

«I cavoli?!», urlarono quasi all’unisono Akari e Tsukitachi, ora era come se avessero avuto la certezza che aspettavano da secoli.

Erano sotto effetti di sostanze psicotrope? Sì.

Da quanto? Non lo sapevano, ma decisamente da tanto.

«Voi avete letto troppi cioè», una snervata voce esordì e non ci volle molto al ricercatore per ricondurla al comandante della seconda nave, scuro nella faccia, i denti digrignati ed entrambe le mani sul pancione.

«Hirato... stai bene?»

Akari gli posò una mano sulla spalla e cercò di leggere la preoccupazione insolitamente visibile oltre le lenti degli occhiali del corvino ma prima che potesse fare qualunque altra mossa o raccogliere fiato a sufficienza per parlare, Hirato si era già liberato con ferocia della presa mutando spaventosamente l’umore; facendo sbiancare i due compari per quella reazione così inaspettata.

“Penso sia in modalità sbalzi d’umore”, bisbigliò senza pudore Tsukitachi, noncurante che le parole pronunciate si erano imbucate in meno di un secondo nelle orecchie dal diretto interessato, e ora perfino Akari lo accusava mutamente di essere un idiota patentato.

«Io non ho sbalzi d’umore», grugnì Hirato, «E voi siete due completi deficienti, se non riuscite nemmeno a comprendere i miei sentimenti!»

«I... I tuoi ‘cosa’, scusa?», balbettò Akari, e fu certo che anche Jiki, che ora pagava duramente le conseguenze di aver intrappolato Kiichi, si fosse domandato la stessa cosa. Il più grande strinse la camicia del dottore e lo guardò con occhi di pietà, diamine se non aveva la pelle d’oca il povero ricercatore, a vedere quella persona che era e non era Hirato.

«I miei sentimenti, Akari-san!», urlò disperato, e si gettò a terra abbracciandogli le ginocchia, «Io sono solo una povera donna incinta e voi, uomini!, anziché cercare di fare qualcosa per aiutarmi ad affrontare nella piena serenità questa fase della mia vita, mi parlate alle spalle! Ingrati! Non avete nessun rispetto per una donna in stato interessante!»

Akari lo guardò aberrato, cercare di trovare le parole esatte per rispondergli o rincuorarlo (o rincuorarla, data la situazione?) era pressoché impossibile, soprattutto dato quel discorso, che non aveva né capo né coda.

«Diavolo, è grave la faccenda!», Tsukitachi gli si avvicinò tremolante all’orecchio e ostentò un sorriso quando incrociò le lacrime di coccodrillo del corvino, ancora ai piedi del ricercatore, «Prima blatera qualcosa di schifosamente femminista sui sentimenti, poi ha gli sbalzi di umore tipici di una donna in gravidanza e poi si immedesima a tal punto da non trovare altra scusa per avercela con noi se non per il fatto che siamo uomini! Sì è dimenticato di essere un uomo, Akari-chan! E’ una donna!»

«Che facciamo?», Kiichi si avvicinò al gruppo dei più grandi senza prestare troppa attenzione, cosa che non aveva fatto neppure precedentemente, e trascinò per il colletto un Jiki viola dai pugni, «Perché Hirato-san sta abbracciando le ginocchia di Akari-sensei?»

Gli occhi del corvino brillarono di compassione e con grande fatica si rialzò, prese il viso della ragazzina tra le mani, e le baciò la fronte: «Lei è un angelo. Lei si è preoccupata per me. Non come voi uomini, che pensate ai vostri affari, e ve ne fregate di tutto il resto»

«Fino a qualche giorno fa anche tu eri un uomo», Akari lasciò scivolare le mani nelle tasche, la situazione stava degenerando e poteva ringraziare che la scenata non fosse avvenuta in mezzo ad una delle vie principali di Vantnam, o Circus si sarebbe giocato l’intera credibilità dopo l’uscita di Jiki sui cavoli e le parole del comandante, «E oserei dire che l’uomo che fino a tre secondi fa mi abbracciava le ginocchia se ne stava via mesi interi a combattere chissà dove e tornava alla torre di ricerca per un solo giorno, una sola notte d’amore, per poi ripartirsene chissà dove. E poi saresti tu, l’incompresa?»

«Ecco quello che facevate quando la porta del tuo studio era chiusa...», convenne pensieroso Tsukitachi, Jiki lo seguì a ruota con il poco fiato a disposizione, tra bernoccoli e lividi, «Esperimenti... visite di routine... e suppongo... anche qualche controllino alla prostata»

«Tra moglie e marito non mettere il dito», ribatté deciso il rosso.

«Non voglio pensare... a dove possa essere finito quel dito prima di–»

«Jiki, per favore», Akari si coprì la vista con un palmo, cielo, non voleva dirlo, ma doveva fargliela pagare in qualche maniera ad Hirato, che pure sembrava non fregarsene di quella discussione, né del fatto che la loro relazione non fosse più così segreta, e chissà che non lo fosse mai stata.

«E così... in fondo in fondo, lo sai cos’è che ha causato il danno», Tsukitachi si grattò compiaciuto il mento, e il ricercatore l’avrebbe voluto uccidere per quell’insinuazione, che poteva essere certo giusta ma totalmente fuori luogo se fatta in mezzo ad una strada, davanti alle orecchie di due minorenni che credevano ancora che i bambini nascessero sotto cavoli mutanti o li portasse la cicogna o– addirittura entrambi.

«Non è così», l’imbarazzo si impadronì delle sue gote, paonazzo com’era, poteva comodamente venire scambiato per un pomodoro con il camice da dottore, «Non lo sappiamo davvero come sia successo. Quello che mi interessa più d’ogni altra cosa è sapere perché lui si comporti come una donnicciola abbandonata dal resto del mondo»

«Akari Dezart! E’ questo il modo in cui ti rivolgi ad una donna incinta?»

«...e ci risiamo con questa storia della donna...», mormorò alzando gli occhi al cielo, Tsukitachi rise inarrestabile e Kiichi, le cui guance erano ancora in balia delle paffute mani del comandante, non riuscì a trattenere un brivido di disgusto.

«Hirato-san... credo ci sia una netta differenza tra me e lei... Non credo sia una donn-»

«Toccalo»

«Eh?»

Kiichi strabuzzò gli occhi e così fecero anche gli altri.

«Hirato smettila di scherzare e fatti serio», ordinò perentorio Akari, anche se avrebbe gradito aggiungere un “se mai lo sei stato in vita tua”, ma il comandante aveva già preso la mano della ragazzina e l’aveva posata sul suo pancione nonostante i suoi rifiuti infantili, manco l’avessero portata a morire alla gogna.

«Lo senti?», domandò con occhi sognanti, e Kiichi già si domandava perché quella situazione le fosse capitata in sorte e centinaia, miriadi di quesiti senza risposta sul perché avesse permesso che Eva la scaricasse con quel branco di idioti, con un ricercatore esaurito, un uomo incinto e un ubriacone che era sobrio un giorno sì e trenta no. Ritrasse di sua sponte la mano, avvampata nel visino di serpe: «Mai più! Non ci tengo a toccare la cosa! Vade retro!».

«...che... reazione», in un rantolo Jiki, che ancora cercava di riprendere i sensi, provò a rialzarsi e spiccicare qualche parola, «...sei... una tsundere... Kiichi».

Le ultime parole del capitolo per il povero Jiki, prima che venisse nuovamente preso a mazzate.

I più grandi si guardarono perplessi, l’unico a sembrare completamente estraniato dalla situazione pareva Hirato, che molto probabilmente lo era stato sin dal principio.

«Che facciamo?», si pronunciò per primo Tsukitachi, in un ebete sorrisino, e Akari sentì più vicino e intenso che mai il desiderio di menarlo come fosse stato Jiki per Kiichi. Gli portò le mani al collo e quasi l’avrebbe strozzato, se non l’avesse frenato il buonsenso e la consapevolezza che il motto ‘morto un papa se ne fa un altro’ non poteva venire applicato ai comandanti delle navi di Circus, perché quell’idiota era veramente necessario per gli scontri –e lui stesso era costretto ad ammetterlo assai malvolentieri.

«Che diavolo sarebbe a dire ‘che facciamo’?! Sei stato tu il primo ad insistere per venire qui!, te e quella rincitrullita di Eva! E adesso mi domandi anche ‘che facciamo’?! Potevo starmene al laboratorio a fare ricerche per scoprire l’origine di questa situazione!, potevo lavorare e pulire la gabbietta di Hearty! Potevo fare una miriade di cose oggi pomeriggio, se tu non mi avessi trascinato qui!, te e quel corteo di idioti che ti porti sempre dietro come cani a passeggio! E ora te ne esci con questo?!»

No, inutile questionare, inutile arrabbiarsi.

Ci doveva essere un motivo al perché ogni volta che lasciava la torre di ricerca ed usciva assieme a loro, finivano sempre per impantanarsi in situazione al confine della normalità, così ridicole che poteva a stento definirsi reali.

Guardò ancora una volta il pancione di Hirato.

Dannazione, quella creatura era anche sua. Il solo pensarci gli dava il ribrezzo e al contempo le vertigini.

 

Dove?”

Come?”

 

«Ehilà! Ma tu guarda se quelli che vedo là in fondo non sono i bambini della prima nave!»

 

Perché?!”

 

Akari si voltò, le pesanti borse sotto agli occhi che vantava facevano quasi concorrenza alle rughe malconce di Palnedo, che con tutti quei milioni che possedeva, ricavati dagli studi che conducevano i suoi scagnozzi sui Varugas, non aveva eppure manco uno spicciolo da sperperare per uno straccio di lifting fatto come si deve. Ah– ma che si lamentava a fare... Palnedo non aveva figli. Aveva una nipote, e non si era mai riuscito a figurare da dove fosse eppure sbucata fuori, certamente con una tale considerazione non voleva certo saltare all’affrettata conclusione che l’esistenza di Elishka fosse meramente dovuta a un buco nero nella trama del manga.

Ma non riusciva neppure a figurarsi da dove sarebbe sbucato fuori suo figlio, o sua figlia, o qualunque altro individuo avesse ‘partorito’ Hirato, quindi non poté far altro che convincersi che non sarebbe stata un’idea così cattiva affidare la nascita della creatura al ‘normale’ decorso degli eventi.

Cavoli, cicogne, cesari o magie, non gli importava.

Per una volta, poteva pure fregarsene.

Tanto non toccava a lui metterla al mondo.

Si portò una mano tra i capelli raccogliendo quei pochi che gli impicciavano la vista, e avrebbe veramente preferito avessero continuato a farlo, perché ora che il misterioso figuro gli si era avvicinato, aveva come l’impressione di essere divenuto la balia a tempo fisso non di quattro bensì di cinque idioti. O forse sei, dato che Hirato contava per due.

«Tokitatsu...», Akari gli andò incontro a mezza strada, distaccandosi dal gruppo, «tu non dovresti essere nel tuo ufficio... al ministero della difesa?».

Tokitatsu dissimulò interesse per le parole del ricercatore e cercò di sbirciare e vedere cosa ci fosse oltre le spalle del dottore. «Potrei dire lo stesso di te », cercava di sporgersi e scorgere ciò che Akari, nel pieno della sua altezza, cercava inevitabilmente di impedirgli di vedere, anche a costo di rimetterci la faccia lui stesso, «D’altronde, anch’io pensavo che i bambini si trovassero a bordo delle rispettive navi, ad adempire i loro doveri, invece di bighellonare in giro con i più grandi»

Non parliamo di bambini, ti prego”, avrebbe gradito controbattere il ricercatore, che ora si sbilanciava a destra e ora a sinistra con troppo impegno, per impedirgli la vista del pancione di Hirato.

Tokitatsu corrucciò amorevolmente la fronte.

«Ehm... Akari-san... perché non mi lasci passare?»

«Cosa ti da’ l’impressione che io non voglia lasciarti passare?»

«Il fatto che mi ti pari davanti ogni volta che cerco di fare un passo?»

«Sciocchezze», ribatté con debole convinzione il rosa.

Tokitatsu, stizzito e oramai entrato nell’irreversibile modalità ‘fratellone eccessivamente possessivo’, sfruttò il potere dell’amore fraterno (?) per superare Akari e si fiondò sul corvino, unico oggetto del suo interesse, cogliendolo di sorpresa alle spalle.

«Hirato!! Fratellino! Quanto tempo!», ignorò volutamente la presenza dei più piccoli della nave; quando era con Hirato, esisteva solo lui e nessuno sembrava aver mai sollevato obiezioni a proposito –molto probabilmente perché tutti ne erano pienamente coscienti.

«Ohoh... senti che pancia che hai messo su! Dannazione, lo sapevo che non dovevo mandarti quei rotoli di liquirizia... Comunque, se me lo dicevi che ti facevano ingrassare, non te li avrei comperati!»

«Tokitatsu... non mi toccare», era truce il tono di Hirato, un piglio che il castano ignorò deliberatamente facendo accapponare la pelle di Tsukitachi.

Non sa il pericolo a cui va incontro”, pensò il rosso con una certa consapevolezza, “Sta toccando la pancia di un uomo incinto che si crede una donna... e lo sta facendo contro il suo volere. Sta per consumarsi un fratricidio. Anzi– un mezzo fratricidio, dato il loro legame”

«Come siamo acidi questa mattina, fratellino! “Non mi toccare”, manco fossi una-»

Deglutì pesantemente il castano quando realizzò che quella che aveva toccato era una pancia troppo grande per appartenere ad una persona in sovrappeso.

Tsukitachi tossi pesantemente e non seppe se gli fosse convenuto ridere o stare zitto -molto probabilmente la seconda scelta si adattava alla situazione come non mai. Akari sopraggiunse con passo lento e si riunì al gruppo ma Tokitatsu non aveva fatto una mossa, se n'era rimasto in piedi, attonito, negli occhi lo sgomento, e a Kiichi parve che avesse perfino smesso di respirare e si fosse fatto di pietra.

«E' morto sul colpo», commentò sardonica senza curarsene troppo, vivo o morto che fosse, non le cambiava di una virgola la vita lo stato di salute di Tokitatsu, «Potresti averlo ucciso te, Tsukitachi»

«Io che c'entro adesso?!»

«Eri stato tu a dire che non vedevi l'ora di parlarne con Tokitatsu!»

«E-Ehi!, io scherzavo!»

«Tsukitachi, tu non hai la cognizione dello scherzo. Racconti balle ogni volta che tiri un respiro e il concetto di ‘essere seri’ è a te sconosciuto quasi quanto quello di ‘sobrietà’ e ‘diligenza’», commentò Akari guardando con occhi di pietà il povero ministro della difesa, che ora giaceva in stato di incoscienza sul suolo di sampietrini di Vantam, accanto a Jiki, anche lui senza sensi, ma per ovvie ragioni riconducibili ad una ragazzina dai capelli cerulei. Gli picchiettò la faccia nel tentativo di farlo rinvenire e frenò Hirato quando lo vide tentare di piegarsi per aiutare il fratello –o per lo meno, si augurava l’avesse fatto per quel sano proposito e non per disegnargli sulla faccia con un pennarello tirato fuori da chissà dove.

 

«Detesto dirlo, ma sarebbe meglio che Tsukitachi si prenda cura di te fintanto che Tokitatsu non si riprende. Vai a fare una camminata da qualche parte qui intorno, ci stanno parecchi parchi e vialetti -cerca di non farti riconoscere, se possibile»

«Mi lasci con Tsukitachi», rimarcò amaramente il comandante, e perfino Kiichi osò echeggiare basita: «Ci sta serio, dottor Akari? Lo vuole mandare in giro con lui?»

«Ho altre possibilità forse?», c'era un leggero velo di riluttanza in quelle parole, «Ho un ministro della difesa senza sensi qui per terra, Jiki è nel suo stesso stato e tu sei una ragazzina incapace di badare a se stessa e altamente ignorante in materia di anatomia. E dovrei lasciare due ‘feriti’ e una minorenne tra le cure di Tsukitachi? E dove lo troviamo un altro come Tokitatsu poi?»

Un altro bastardo come lui... impossibile da trovare.

Inoltre, non voleva certo ammettere che preferiva allontanare Hirato dal gruppo e lasciarlo al comandante della prima nave, per godere almeno di qualche attimo di respiro. Da quando era... successo, il corvino gli era sempre rimasto appresso giorno e notte. Non era più riuscito a chiudere occhio da allora ed era costretto a sorbirsi ininterrottamente le sue lamentele, ventiquattro ore al giorno. Era esattamente come avere a che fare con una donna incinta, e anche se non aveva un pancione di due chili sull’addome, era più che certo che, con il fiato sul collo che gli teneva Hirato, era come se l’avesse avuto. Stava portando avanti una gravidanza a livello emotivo e psicologico e si sentiva perfino più stressato di chi l’onere lo portava in tutti i sensi.

Si sbrigasse a partorire. Già non ne posso più”

Tsukitachi gli sorrise innocente –un terribile presentimento a quella vista gli attraversò la colonna vertebrale; meglio scacciarlo.

«Beh! Allora a dopo, Akari-chan!»

«State nel parco!», ringhiò Akari quando già le loro sagome si facevano più piccole all’orizzonte, «E non fargli fare troppi sforzi!»

Oh beh, almeno non sembrava uno di quei mariti preoccupati per le mogli.

Non lo sembrava, giusto?
 



Hirato incinto ha sbalzi umorali da paura. E a me fa paura quanto OOC possa essere nei panni di uomo incinto.
Ma vabbuon, eravate stati avvertiti ;-D
Promesso!, appena la creatura nasce, Hirato ritorna ad essere il classico teaser patentato di sempre *ne sente la mancanza*
ringrazio chi mi segue sebbene questo sclero demenziale ahahahahahah
un grandissimo grazie!!!!, e un bacio! ;-*
A presto!

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Karneval / Vai alla pagina dell'autore: AsanoLight