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Autore: Evilcassy    23/08/2014    0 recensioni
Non potrebbero essere più diverse di così, Darcy Lewis e Maria Hill.
L'una i caffè li porta, l'altra li beve con fredda noncuranza.
Si suol dire che gli opposti si attraggano, ed in fondo pare essere vero.
[DarcHill fanfic!]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Agente Maria Hill, Darcy Lewis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Coffee Story

 

 

 

2 – Caffé Espresso Frappuccino

 


Frappuccino® roast coffee blended with milk and ice, topped with our new Espresso whipped cream and new Italian Roast Coffee Drizzle.

 

 

Davanti all'armadio aperto, Darcy cede e si lascia infine cadere in ginocchio.

Oh generica divinità in ascolto, puoi tu indicarmi quale vestito mettere al primo appuntamento?

Un primo appuntamento con una donna, per la precisione.

Nessuna risposta, nessun segno divino.

Maledette divinità omofobe.

C'è pur sempre Google.

Scommetto che non ci si debba vestire neppure esageratamente eleganti, altrimenti che vantaggi ci sarebbero ad uscire con una donna anziché con un uomo?

Dopo il risultato di circa una ventina di completini di pelle, borchie e frustini, decide di tentare l'arte della Divinazione.

Occhi chiusi, dito indice sinistro puntato in avanti, perno sul piede destro e piroetta: quando sbircia attraverso le palpebre semichiuse, il dito indica la tenda della camera.

“Ah, al diavolo. Metto lo smanicato blu: è l'unico che mi contiene le tette.”

 

 

Le recensioni definivano Keens eccellente: caro, carissimo, ma il cibo valeva sino all'ultimo centesimo.

Davanti alla vetrata del ristorante, Darcy si scopre a domandarsi chi paga il conto, ad un appuntamento omosessuale.

Chi ha invitato?

Chi porta i pantaloni – oh guarda, un gruppo di scozzesi! E loro come fanno?

Chi ha i tacchi più alti?

Chi ha il portafoglio più gonfio? - Speriamo, perché una cena qui dentro è praticamente metà del mio stipendio.

Hey! Scusa il ritardo, ho dovuto parcheggiare a un paio di isolati.”

Se fosse stato un appuntamento, te ne saresti accorta.

Oh santi numi, questo sì che è un appuntamento.

I capelli di Maria sono liberi dal solito chignon severo e gli ricadono lisci e morbidi sulle spalle, gli occhi appena sottolineati da un ombretto nero sfumato, un giubbotto di pelle e attillatissimi pantaloni neri su un paio di scarpe dal tacco vertiginoso.

In confronto Darcy, con il suo smanicato blu elettrico e gli stivaletti neri, assomiglia ad un T.A.R.D.I.S..

“Tutto bene?”

“Ah... beh, sì, è che non... non ti avevo mai visto con i capelli sciolti. Forse.”

“Sì, li preferisco legati, sono più pratici e professionali. Ma sono appena uscita dal parrucchiere perciò...”

È andata dal parrucchiere prima di un appuntamento. Da quanto tempo Darcy non va dal parrucchiere? Inteso uno vero, di quelli con la licenza, non Selvig con una forbice in una mano e una squadra da un'altra. A malapena si era aggiustata le sopracciglia con la pinzetta...

Cazzo, sono un disastro. Che ci faccio qui con lei? Anzi, che ci fa lei con me?!

“L'occasione lo richiedeva. Entriamo?”

 

 

“Non ci sono mai stata in questo posto.” Naso all'insù, Darcy snobba lo studio del menù in favore della parata di pipe con cui è tappezzato il soffitto.

“All'ingresso ci sono quelle di personaggi famosi. Theodore Roosvelt, Babe Ruth...”

“Masticava un sacco di tabacco, ma non sapevo fumasse anche la pipa. Non nel film che ho visto, ecco.”

“Potremmo chiederlo a Steve, probabilmente l'avrà conosciuto dal vivo!”

“Non saprei, il Capitano tifava per i Dodgers, erano la squadra di Brooklyn dell'epoca. Me l'ha detto lui, per il suo compleanno gli avevo preso un cappellino degli Yankees perché beh, sai, essere carini con Captain America è decisamente molto patriottico e lui si è messo a ridere, mi ha ringraziato, poi mi ha spiegato dei Dodgers e degli Yankees. Non ci ho capito granché, non me ne intendo di Baseball.”

“Neppure io a dire il vero, preferisco l'hockey.”

Oddio, sorride. E parla tranquillamente.

Niente armi in mano, niente linguaggio militare: Maria Hill oltre ad essere capace di tirarsi perfettamente a lucido per un appuntamento, è anche in grado di sostenere una conversazione informale, accennando ai propri interessi personali.

Perché ha anche interessi personali. Incredibile a dirsi.

Darcy inizia a sentirsi un pochino a suo agio, quasi si dimentica di assomigliare ad un T.A.R.D.I.S.

Fanno l'ordinazione ed il cameriere torna subito dopo con una bottiglia di vino.

Oddio, quant'è che costa?

Meglio non pensarci.

Dicevamo?

“E che squadra tifi?”

“Gli Hawks. Chicago BlackHawks.”

“Sei di Chicago?”

“Già.”

“E-”

C'è stato un rombo in lontananza, se Maria non avesse aggrottato le sopracciglia e voltato lo sguardo verso la vetrina, quasi non se ne sarebbe accorta.

Poi lo stridore di una brusca frenata in strada.

Il forte clangore di lamiere.

Un boato poco lontano seguito immediatamente da uno vicino.

Vicinissimo.

 

“A TERRA!” Il mondo si capovolge e si illumina della luce aranciata di una fiammata., brillante nel riflesso dei frammenti della vetrina che esplode. Darcy chiude gli occhi istintivamente, vagamente consapevole di essere stata strattonata per un braccio e trascinata sotto il tavolo. Sente il respiro affannoso di Maria sopra di sé, il suo corpo a farle scudo, il ciondolo della collana che ha al collo batterle contro il naso. Quando osa riaprire gli occhi può vedere una porzione del linoleum riempito di schegge di vetro e legno e l'orlo della tovaglia. Prova a sollevarlo, ma Maria lo riabbassa decisa con una manata: tra le dita stringe il cellulare: “QUI HILL! ATTACCO IN CORSO! RICHIESTA INTERVENTO ZONA TRENTASEIESIMA - ANGOLO SESTA STRADA!”

Fa per strisciare fuori dal tavolo ma Darcy la trattiene: “Cosa sta succedendo?”

“Esplosione.”

“Fuga di gas?”

“Non è la modalità di una fuga di gas. Forza! Dobbiamo uscire di qui.”

“Ma se mi rannicchio qui sotto non do fastidio a nessuno, giuro!”

Maria non sente ragioni: la trascina fuori per le gambe e la solleva per le ascelle per rimetterla in piedi. Un paio di schiaffetti per farla riprendere e poi la prende sottobraccio per guidarla verso la porta, dietro agli altri avventori che, in preda al panico o ciondolanti come zombie per lo stordimento, cercano di guadagnare l'uscita. L'odore di fumo e la polvere inondano le narici di Darcy e le bruciano gli occhi.

Tossisce violentemente, cerca di guardarsi attorno attraverso la cortina di lacrime pungenti: riesce ad intravedere i tavoli rovesciati e le sedie, ma i contorni dei corpi a terra li distingue appena, non riesce a capire se siano feriti o meno: “Forse dovremmo aiutarli.”

“Non possiamo fermarci.” È perentoria risposta di Maria, mentre la aiuta a superare un pezzo di parete di cartongesso crollato: “Vieni, vieni.”

La strada, fuori, è invasa dai detriti e da carcasse d'auto in fiamme. La gente si riversa dai palazzi, corre e grida indicando il cielo o direzioni diverse, in preda all'isteria.

Ma con tutte le strade di New York, con tutti i dannatissimi ristoranti costosi e con tutte quante le donne impegnate in appuntamenti, proprio a noi deve capitare QUESTO?

“Ma perché mi ritrovo sempre coinvolta in queste cose...?”

“Credimi, stavo pensando la stessa cosa.” Maria aveva spostato un palo della luce che si era abbattuto su una motocicletta, per poi sollevarla e cavalcarla. Strappa i cavi quasi con i denti per creare contatto e la mette in moto: “Sali.”

“Ma non è nostra.”

“Ma ti sembra il problema più grande, ora?”

“Senza casco?”

Lei alza gli occhi al cielo: “Sono quasi certa che non finiremo in prigione per questo. Non stasera. MUOVITI!”

 

 

Culo per aria sul sellino della moto – casomai qualcuno non fosse così preso dal panico da voler ammirare anche le sue mutande rosa – e braccia strette convulsamente attorno al busto di Maria, Darcy tiene gli occhi chiusi e si sforza di non badare a quello che arriva alle sue orecchie sopra al rombo del motore.

Non al rumore di mura che crollano, non alle imprecazioni di Maria, non alle sterzate improvvise e ai salti che rischiavano di farle perdere l'equilibrio.

Sto solo facendo un giro in moto con quella spericolata della mia ragazza stunt.

Sto solo facendo un giro in moto con quella spericolata della mia ragazza stunt.

Non c'è nulla di pericoloso, lei sa come guidare una cazzo di moto non nostra.

E non ci faremo male, nonostante non abbiamo il casco.

Il Karma mi sta punendo per vestire un vestito T.A.R.D.I.S. Style fuori da un comic-con o per aver scaricato illegalmente The Walking Dead?

 

VROOOMMMM!

Maria non si ferma davanti alla Stark Tower: ci si lancia dentro con la moto sfondando una vetrata e inchiodando in mezzo alla Hall.

Anche a motore spento, Darcy non si azzarda ad allentare la presa.

“Puoi... puoi scendere ora.”

“È tutto finito?”

“Il giro sì. Andiamo, non possiamo starcene qui.”

 

 

Nell'Avengers Equipment Room Maria si sbarazza dei vestiti eleganti con una semplicità disarmante per Darcy, senza smettere per un secondo il contatto via radio con i Vendicatori in azione.

Nel tempo che lei ci impiega per togliersi quei pantaloni attillati io capisco a malapena da che parte sono girati i miei piedi.

Con la tuta d'ordinanza addosso e gli anfibi ai piedi raccatta un paio di pistole ed un lanciarazzi e solo dopo si ricorda della sua presenza in quella stanza.

“E tu che ci fai qui?”

Non c'è più traccia della donna che le sorrideva dietro ad un menù e che la faceva sentire a suo agio parlando tranquillamente del più e del meno.

Spiazzata dal tono brusco, Darcy trova difficile replicare diversamente da un piccato: “È da mezz'ora che mi dici di seguirti” a cui Maria replica con un sospiro esasperato.

“Ascolta, come vedi è in corso una crisi quindi perciò devo lavorare e tu, in quanto civile, devi seguire il piano di sicurezza e dirigerti verso il rifugio sotterraneo della Tower. Capito? Pepper e Jane saranno di sicuro già la sotto.”

“Capito. E dove si trova?”

“Se è un rifugio sotterraneo dove vuoi che si trovi, sul terrazzo?”

“Ma io non...”

J.A.R.V.I.S., per favore, indica alla signorina Lewis la strada!”

Certamente, Agente Hill.”

“E non mi accompagni? Mi lasci andare giù da sola?”

Darcy, là fuori c'è un casino bello grosso ed io-”

“Ho capito, ho capito!” Darcy sbotta e lancia la borsetta – a cui si era nervosamente aggrappata durante il viaggio in moto - contro un armadietto – sbam! - ed usce nel corridoio.

Mi spiace ricordarle, Signorina Lewis, che in caso di emergenze come queste non è possibile l'utilizzo dell'ascensore per motivi di sicurezza.

Darcy urla dall'esasperazione.

 

 

Nel Bunker, la prima ad andarle incontro è Jane. Le salta letteralmente al collo mollando a terra il cellulare con cui tentava di mettersi in contatto.

“Dove eri finita!” Le domanda prendendole il viso tra le mani tremanti, studiandola per assicurarsi che stia bene: “Abbiamo provato a telefonarti ma le linee non prendevano e non sapevo dove...”

“Tranquilla, sono salva e più o meno sana.”

“E finita nell'occhio del ciclone, vedo” Pepper si avvicina e le passa le mani tra i capelli impolverati e le spazza via dalle spalle alcune schegge di vetro.

Hey, che son quei tacchi?” domanda Jane.

“Ero ad un appuntamento.”

“Oh e...”

“Non. Chiedere. Altro. Che si fa da queste parti? Qualcuno ha da mangiare? Scusate se lo chiedo, ma il cameriere non ha fatto in tempo a servirci la cena.”

 

 

Ad allarme rientrato, Darcy trova Maria davanti alla porta del suo alloggio. In tuta, anfibi, capelli per aria e con un livido sulla guancia a corredare il look da spaccaculi. L'espressione però assomigliava tantissimo a quella che aveva trovato al di là del tavolo di Keens.

“Ti devo delle scuse.” Le porge la borsetta. “Sono stata un po' brusca con te prima.”

“Diciamo potevi avvertirmi del tuo bipolarismo da supereroina.”

Maria allarga le braccia: “Beh, non potevo farne a meno. Hai saputo che c'era là fuori?”

“Sì, capisco. È solo che... non ero preparata. All'appuntamento esplosivo, a te che un minuto prima mi parli di hockey e poi non ne puoi più di avermi tra le palle, a dover correre di sotto da sola senza sapere che cavolo stesse succedendo. E poi era la mia prima volta in moto e non me la sono neppure goduta.”

“Comprendo.” Maria sospira: “È per questo che non esco mai con delle civili. Pensavo di poter fare un'eccezione, visto che ora sono fuori dal mondo dello S.H.I.E.L.D. ma-”

“Non ho detto che non potrei abituarmi” la interrompe: “Ho solo detto che non ero preparata. E se tu non fossi stata così iena nei miei confronti beh, sarebbe stato d'aiuto.”

“Non è come abituarsi a – che ne so – un tic nervoso, non è semplice e per te temo che sarà-”

“Impossibile? Se permetti” Darcy si erige sui tacchi con tutta la fierezza che le sei vesciche ai piedi le permettono: “Ero una studentessa di scienze politiche, ed ora sono l'assistente di un'astrofisica. E ci capisco anchequalcosa! Mi sono abituata a semidei fighissimi che cascano dal cielo e con famigliari permalosi. Sono diventata un'esperta in anomalie spazio-temporali, so anche crearne una, basta che mi dai i giusti strumenti e un'invasione aliena in corso. E poi mi sono abituata a portare otto tazze di caffè per volta. Non deridermi! Vuoi che continui l'elenco? Ci impiegherò il resto della notte ma ne varrà la pena.”

“No, no. Va bene così.”

“Meno male, perché non mi veniva in mente altro di sensato. Quindi, tornando a dove siamo state interrotte: è troppo tardi per il nostro appuntamento, immagino. Keens a quest'ora è chiuso, probabilmente lo sarà per un po'... E forse è troppo presto per un caffè?”

Con un passo ad azzerare la distanza, la mano di Maria si alza a sfiorarle una guancia sporca. E le labbra seguirono subito ad accarezzare le sue: “Vai a letto e dormi” sussurra.

Le ginocchia di Darcy si sciolgono a diventare gelatina pura: “Da sola?”

“Non credo che tu non abbia almeno un paio di orsacchiotti a farti compagnia” Maria ha quasi accennato a sorridere – Miracolo: “Facciamo che ne parliamo domani, a mente fredda, d'accordo?”

“Da Starbucks alle otto?”

“Ehm... quello qui sotto non credo che riaprirà proprio domattina. Sai, Barton, le sue frecce...”

“Capisco. Beh, Manhattan pullula di caffè. Vuoi che non ne sia scampato neppure uno?”

“Per un blando calcolo delle probabilità...”

“D'accordo, allora” Darcy da un'occhiata all'orologio da polso “sono già le sei del mattino. Starbucks apre a quest'ora.”

Maria, che si era allontanata lungo il corridoio di qualche passo, si volta verso di lei con uno dei suoi mezzi, splendidi sorrisi: una piega enigmatica, una piega flirtante: “Il tempo di una doccia, allora. Se ti va.”

 

 

 

 

 

E siamo al secondo capitolo!

Giusto un paio di info: 1) Keens

 e 2) Il tifo di Maria per i Chicago BlackHawks e quello del Cap per i Dodgers provengono da questa raccolta della serie di The Seventh, da cui è nato anche il pairing DarcHill, completamente indipendente da questa fic.

Per altro, il mio solito ask.

Grazie per i commenti e per il seguito! Alla prossima!

EC

 

PS: Nel capitolo precedente dimenticavo di indicare RENT nella citazione di Darcy 'Would You Light My Candle', scusate!

 

 

 

   
 
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