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Autore: Pavone    24/08/2014    1 recensioni
Terzo capitolo della saga sui Cavalieri d'Argento di inizio 1900.
I Ladri di Divinità sono ormai pronti ad agire, ma prima di scatenare il conflitto assoluto per sottomettere gli dei di ogni pantheon, libereranno ombre oscure per completare altri piccoli tasselli del loro piano.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei Cavalieri d'Argento'
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Capitolo 1: Le due Adunate

Il vino che sorseggiava non era certamente dei migliori, ma, d’altronde, sull’Isola della Regina Nera cosa mai poteva essere definito “dei migliori”? Niente. Tutti loro, i guerrieri lì riuniti sotto nere insegne, erano ombre, scarti, rifiutati da tutto il resto del mondo e degli ordini guerrieri. Imprigionati su quello scoglio, ma ancora in cerca di quella gloria che la vita non gli aveva mai dato prima, senza mai ottenerla. 
O almeno questo era vero per tutti gli altri, ma non per lui, lui avrebbe raggiunto la vera gloria, sarebbe divenuto il più potente di tutti i guerrieri, quale che fosse la divinità con cui s’erano schierati, e non lo avrebbe fatto solo grazie alla sua forza, che già non era poca, ma mediante furbizia e determinazione in egual misura. Oltre all'aiuto dei suoi unici veri alleati.

“Cicno, sei fra noi? O il vino ti ha già dato alla testa?”, una voce riportò l’uomo con il bicchiere alla realtà della piccola isola, fin troppo affollata, ed ai suoi compagni: cinque figure, anzi, in quel momento sei considerando anche il caucasico energumeno che li squadrava così sicuro di se.
Il guerriero di nome Cicno si alzò in piedi, accarezzandosi l’incolta barba sulle guance e sul mento, mentre squadrava quel singolo elemento che stonava nella loro piccola riunione; “Dunque, hai detto di chiamarti Yuri, di Cerbero Nero, e quale sarebbe la tua storia? Ah sì, sei fuggito dalle terre degli Zar per una serie di piccole scorribande poco gradite, poi il buon Luis ti ha trovato ed addestrato ed ora cerchi di capire con quali, fra noi tuoi pari d’argento nero, sia meglio schierarti?”, lo scrutò una seconda volta alla fine di quella sfilza di domande. Yuri aveva una serie di tatuaggi incisi sulla pelle, erano visibili al di sotto delle pesanti vesti, del tutto fuori luogo in quelle terre così calde, i capelli corti e pallidi, gli occhi gelidi che scrutavano superbi il sestetto.
“Ed unirti a noi ti è sembrata l’idea migliore? Sono d’accordo!”, esclamò un altro dei sei, lo stesso che aveva richiamato per primo l’attenzione di Cicno, aprendo le braccia quasi a voler abbracciare tutti i presenti con quel gesto e mostrando un sorriso divertito, su un viso segnato da più cicatrici, ustioni e tagli di quanto fosse possibile contarne. “Il Sestetto oscuro è di certo il gruppo migliore! Noi siamo il gruppo migliore!”, esclamò ancora l’uomo sfigurato, prima che un’altra di quelle figure si alzasse, una donna, dal fare sicuro quanto Cicno e lo stesso Yuri, esile ma al qual tempo vigorosa, dai capelli rossi con nere striature, oltrepassò impassibile l’ultimo che aveva parlato e si affiancò al guerriero dalla bruna barba incolta, poggiando la testa sulla spalla di lui e poi indicando il russo.
“Vedi, Cerbero Nero, c’è una cosa che però nessuno qui ha ancora detto apertamente e penso che dovrò essere io a sottolinearla per te.”, esordì con voce seria la donna, gli occhi, verdi come gemme, che lo scrutavano, “Seduti lì in fondo, ci sono Yan Luo della Coppa Oscura e Sinai di Perseo Nero.”, indicò due figure sedute una di fianco all’altra, la prima in una lunga tunica nera, aveva capelli del medesimo colore, che quasi si confondevano con l’abito, mentre una maschera bianca con striature rosse per occhi ne celava il volto, difficile dedurre se fosse uomo o donna. 
Al suo fianco, una donna, da ciò che i vestiti di pelle lasciavano trasparire, i capelli corti e verdi ed una maschera, con incisi sopra dei serpenti che ne nascondevano il volto.
“Poi c’è Kurnak, il Corvo Oscuro.”, continuò verso una figura massiccia, intenta a sbranare, letteralmente, un pezzo di carne, il petto, privo di alcun indumento, su cui risaltavano i muscoli, capelli lunghi e neri che ne celavano il volto.
“Hai già potuto notare Duhkra del Pavone Nero ed il mio amato Cicno, Eracle Oscuro, il suo simbolo.”, aggiunse, mentre l’uomo sfigurato sorrideva e lei baciava con intensità il suo barbuto compagno, prima di concludere: “Io, infine, sono Megara dell’Ofiuco Nero. Ultima del Sestetto Oscuro. Con te, Cerbero Nero, non saremmo più sei.”
“Se uccidessi uno di voi, potrei prendere il suo posto e resteremmo sei! Forse stai dimenticando, donna, che sono allievo di uno dei dodici guerrieri d’oro nero!”, ribatté con noncuranza Yuri, ricevendo un’occhiata dai tre che gli avevano parlato, prima che Duhkra scoppiasse in una sonora risata, subito seguito da Megara e Cicno stesso.
Fu proprio quest’ultimo a parlare, “Se non fosse stata dichiarata un’adunata per stasera, russo, avresti avuto di che divertirti, anzi, l’avremmo avuto tutti, ma purtroppo, nessuno nelle file dell’esercito dell’Isola della Regina Nera può essere assente, quindi, avrai salva la vita.”, affermò il guerriero di Eracle Nero, dando due pacche sul petto all’altro.
“Come osi?”, abbaiò quello furente, ma fu un freddo e gelido soffio, a fermare ogni sua azione, qualcosa che interruppe anche le risate di Megara, portandola a girarsi verso un altro di loro che s’era appena alzato dal proprio seggio.
Yuri, dal canto suo, era diventato, notò Cicno, se possibile ancora più pallido, quasi come se la morte stessa lo avesse d’improvviso accarezzato, ma, convenne fra se il guerriero, quello era l’effetto della sola presenza di Yan Luo, quando espandeva il proprio cosmo.
Il russo, nel frattempo, stava indietreggiando, “Bravo cagnolino, vai pure a cuccia, se no, potresti saziare da una coppa tutt’altro che dolce la tua sete di morte.”, ridacchiò Duhkra, prima di riprendere a bere, assieme ai suoi cinque commensali.

***

L’oracolo di Atena aveva ascoltato in silenzio: per primi erano arrivati i guerrieri di ritorno dalla città di Accad, in Mesopotamia; Bao Xe della Musca ed Ascanus di Scorpio avevano raccontato dello svolgersi della lunga battaglia contro gli Ummanu, dello scontro finale con Baal del Trono, il primo dei Ladri di Divinità ad essere rivelato dopo così tanto tempo e poi di come Marduk, il Re di Smeraldo ed i due guerrieri rimasti al suo fianco li avessero aiutati, riparando le loro vestigia e curando le loro ferite.
Abar di Perseo, poi, aveva aggiunto le sue informazioni su come i Ladri di Divinità fossero legati, dalle scoperte ottenute in tanti anni di ricerca, alla mitologica Torre di Babele, anche se, non era riuscito a trovarla, probabilmente perché celata da qualche sigillo, o qualche altro potere di cui, negli anni, quel gruppo segreto di nemici aveva preso possesso. O almeno così ipotizzava l’allievo di Megatos del Toro, con, accanto a se, la sua di allieva, la silenziosa sacerdotessa della Lucertola, per la prima volta, in vita sua, al Grande Tempio di Atene.
Poco dopo arrivarono anche i cavalieri inviati all’Avaiki di Ukupanipo, in Nuova Zelanda: Iulia dell’Altare ed Amara del Triangolo descrissero gli eventi della battaglia nel tempio sotterraneo contro i guerrieri neri d’Africa, guidati da Ogum del Leone, e contro alcuni degli Areoi stessi, traditori dei propri compagni, accennando a come, in effetti, i primi fossero gli stessi che il defunto santo di Cefeo aveva incontrato anni fa nei pressi di quella che sembrava essere la leggendaria grotta Ga-Gorib in Africa.
Alla fine di tutti quei resoconti, il Sommo Oracolo, così come i tre cavalieri d’oro rimasti al Santuario e Degos di Orione, presenti nella sala delle riunioni, era ben consapevole delle battaglie avvenute e dei santi caduti: Menisteo, Husheif, Agesilea, Rumlir e Vincent.
“Cinque cavalieri sono caduti in così breve tempo e molti più nemici ed inattesi alleati, tutti vittime della follia di un piccolo gruppo di uomini che anela a prendere il posto degli dei stessi. E temo che la situazione potrà solo peggiorare, ora che questi Ladri di Divinità si sono rivelati, di certo saranno pronti a compiere la loro mossa.”, affermò con tristezza Sion, una tristezza ben condivisa da tutti i presenti, Degos di Orione per primo, ora sicuro della morte dei suoi due allievi, il cui sguardo vagò verso l’esterno della sala, lì dove i sopravvissuti di quelle due missioni erano radunati.

Wolfgang dei Cani Venatici osservò quella confusa combriccola di cavalieri suoi pari: non erano seduti tutti assieme, bensì in piccoli gruppi, alcuni più vicini ad altri, chi per conoscere cos’aveva vissuto un amico o un compagno, chi per pura curiosità.
Il primo discepolo di Munklar, dal canto suo, stava ascoltando le parole di Ludwig del Centauro, compagno d’addestramenti nella Foresta Nera, che stava raccontando a Leif di Cetus come l’altro allievo dell’Acquario, Rumlir della Corona Boreale, fosse caduto in battaglia, durante lo scontro con il sovrano d’Africa.
“Ha combattuto per Atena e la Giustizia, ciò per cui il nostro maestro ci aveva addestrato… ha fatto il suo dovere fino all’estremo sacrificio.”, si disse il cavaliere della Balena, “Un pensiero non di certo allegro, ma vero.”, ammise Ludwig con lo sguardo basso, prima che fosse Wolfgang stesso a poggiargli una mano sulla spalla, “Lasciamolo un po’ solo, tu intanto devi farti vedere, ho notato che zoppichi, sai?”, propose cordialmente il maggiore dei discepoli del Sagittario, ricevendo un cenno d’assenso dall’altro.
I due si avvicinarono a Zong Wu dell’Auriga che, poco lontano, stava curando le ferite di Juno di Cerbero, il quale stringeva i denti, guardando a ciò che restava delle sue tre sfere chiodate.
“Non sono solo i vostri corpi che avrebbero bisogno di serie cure, cavalieri, ma anche le armature.”, osservò, avvicinandosi a loro, anche Crux di Damocle.
“Non abbiamo avuto la vostra stessa fortuna di riposare un intero giorno ed ottenere aiuto da parte di quelli che erano stati poco prima i nostri nemici, con annessa riparazione delle vestigia da parte loro.”, lo ammonì triste Juno, “Poi non credo che Toru dello Squalo Bianco, o qualcun altro degli Areoi sopravvissuti potesse riparare le nostre vestigia.”, aggiunse Ludwig.
“Hai ragione: abbiamo avuto molto più tempo di voi per riposare, cavaliere del Centauro, quindi è meglio che ora anche voi riprendiate le forze, perché se abbiamo fermato il piano dei Ladri di Divinità ad Accad e voi avete avuto ragione della schiera di guerrieri africani di cui si servivano in Polinesia, gli restano solo due possibilità: mostrarsi ed attaccarci frontalmente, o tornare a nascondersi ed attendere ancora per compiere i loro piani.”, suggerì il discepolo del Vecchio Maestro dei Cinque Picchi, invitando Ludwig a sedersi, per poter curare la sua gamba.
“Spero più per la seconda possibilità.”, suggerì Wolfgang, poggiandosi ad una colonna poco distante, “Non ti facevo un codardo, cavaliere.”, lo schernì Damocle, “Non è codardia la mia, Crux, bensì consapevolezza: una bestia feroce che attacca in preda alla disperazione, agirà sempre nel modo più letale possibile, incurante dei rischi per se stesso, mentre un animale che si nasconde, per recuperare le forze, dà tempo anche ai cacciatori di riposare e, da quel che vedo, loro ne hanno davvero bisogno.”, replicò il tedesco, guardando prima a Juno e Ludwig e poi agli altri due cavalieri seduti in punti diversi lì intorno.
“Sì, abbiamo tutti subito delle brutte ferite da cui vorremmo recuperare.”, confermò tristemente il santo di Cerbero, guardando verso la sacerdotessa di Canis Maior, seduta da sola, poco lontano, con in mano i resti della maschera di sua sorella Agesilea.
“Tutti quanti, in ambo le battaglie abbiamo avuto di quelle ferite.”, concordò Damocle, volgendosi verso Leif, “Vero, i compagni caduti sono un peso non da poco da sopportare.”, aggiunse Ludwig, ripensando anch’egli a Rumlir e Vincent.

Seduta poco lontano, Cassandra di Canis Maior non sentì i passi delle due figure che le si avvicinarono, fu la mano sulla spalla a farla trasalire: voltandosi, lo sguardo celato dalla maschera trovò quello, altrettanto nascosto, di Dorida della Sagitta.
“Mi dispiace per Agesilea, era una coraggiosa sacerdotessa di Atena.”, furono le prime parole della guerriera spagnola, che, subito dopo, presentò colei che le camminava accanto, “Questi è Gwen di Corvus, mia compagnia nella battaglia vissuta ad Accad.”, disse, mentre l’altra chinava leggermente il capo in segno di saluto.
“Corvus? L’altra allieva del Santo d’Oro di Cancer?”, chiese Cassandra, con tono quasi assente, “Sì, esatto.”, confermò l’inglese guerriera, “Compagna d’addestramenti di quello sciocco di un musico.”, continuò la sacerdotessa di Canis Maior, “Ehi!”, sbottò Dorida a quelle parole, ma un semplice e cordiale gesto di Gwen fermò le due da un possibile litigio.
“Sei riuscita ad ottenere però la fiducia della Sacerdotessa della Sagitta, ben più di quanto il tuo compagno sotto gli insegnamenti di Cancer ha saputo fare con alcuno di noi.”, constatò l’altra, stringendo ancora fra le dita i resti della maschera della sorella, “Forse nemmeno tu ora lo piangeresti, se fosse stato lui a cadere, anziché Agesilea, o un altro di noi.”, sussurrò triste, chinandosi fino a poggiare i resti fra le mani sulla sua stessa maschera.
Dorida accarezzò ancora una volta la spalla dell’altra sacerdotessa come lei addestratasi ad Atene, “Mi dispiace molto.”, ebbe appena la forza di sussurrarle, mentre Gwen si allontanava riflettendo su quelle parole: in effetti aveva visto il dolore nel volto di Leif, una volta saputo della morte del suo compagno d’addestramenti, lo stesso che aveva adombrato lo sguardo del cavaliere armato di sfere chiodate, alla notizia di Husheif, niente a confronto della profonda sofferenza che aveva quasi piegato in due il santo di Orione, rimasto al Santuario, nel sapere che entrambi i suoi discepoli erano periti. 
Avrebbe lei sofferto altrettanto per il compagno d’addestramenti? Sapeva già la risposta, ma, egualmente, s’era avvicinata al musico.
“Vattene, stupida, non ho alcun interesse a parlare con te!”, ringhiò Gustave della Lyra nel vederla avvicinarsi, prima d’iniziare a pizzicare, con noncuranza, le corde del suo strumento musicale, “Ma…”, riuscì appena a dire l’altra, che già il francese aggiungeva, “L’unica cosa che m’interessa è che il Sommo Sacerdote mi dia il benestare per tornare dal mio maestro! Remais!”, sottolineò, enfatizzando sull’aggettivo possessivo.
“Anche tu sei ferito…”, balbettò incerta Gwen, scoprendosi ancora intimorita dal proprio compagno d’addestramenti, “dovresti andare a farti curare da Zong Wu, come gli altri cavalieri.”, suggerì.
“Farmi curare da Zong Wu?”, ripeté con tono canzonatorio l’altro, “Chi sarebbe? Quel insulso asiatico che sta fasciando la gamba di Centauro? Proprio non lo ritengo all’altezza di prendersi cura di me! Di certo sarà un incapace tuo pari sopravvissuto per fortuna alla vostra missione!”, lamentò disgustato, sia dall’oggetto delle sue parole, sia dall’interlocutrice, il musico francese.
Fu troppo per la sacerdotessa del Corvo: “Non puoi parlare così di chi non conosci! Devo la vita a Zong Wu, abbiamo combattuto fianco a fianco contro uno di nostri nemici!”, lo ammonì la guerriera, “Immagino che fra incapaci vi capiate!”, ruggì di rimando l’altro, alzandosi in piedi, “E, soprattutto: non permetterti più di parlarmi in quel modo! Hai forse dimenticato come ti ho dimostrato la mia superiorità ai tempi dell’addestramento?”, ringhiò il santo della Lyra espandendo minaccioso il proprio cosmo.
“Cavaliere!”, urlò intromettendosi Wolfgang dei Cani Venatici, “Qui siamo tutti compagni, come puoi minacciare così una di noi? Addirittura al tuo fianco come discepola del medesimo santo d’Oro?”, lo ammonì, mentre già Dorida si portava al fianco di Gwen ed anche gli altri si volgevano ad osservare la scena.
Gustave li guardò tutti: i tre che come lui erano tornati dalla Polinesia erano lì, Ludwig al fianco del tedesco che gli aveva urlato contro, Juno poco distante con la sacerdotessa guerriera seduta, immobile.
E poi c’erano quelli che erano tornati con Gwen: la guerriera dai capelli rossi, pronta a darle manforte, quello sconosciuto che aveva urlato contro di lui con gli altri due europei ai lati ed il cinese, quel Zong Wu che avrebbe dovuto curarlo, postosi fra la sacerdotessa del Corvo e lui stesso, come a volerla difendere.
“Mi siete tutti troppo inferiori perché io debba anche solo curarmi delle vostre parole. Statemi lontani finché questo Sommo Sacerdote non dirà finalmente che posso tornare dal mio maestro. Sarà meglio per tutti voi.”, sentenziò, sputando per terra ed allontanandosi dal gruppo che s’era raccolto attorno a lui.

***

Erano riuniti tutti lì, tutta la feccia dell’Isola della Regina Nera in un unico ampio altopiano, quaranta, fra uomini e donne rinnegati, in uno spazio così ristretto che se una voragine si fosse aperta e li avesse inghiottiti tutti, pochissima gente al mondo ne sarebbe stata dispiaciuta.
O almeno così la pensava Cicno, guardando tutte quelle facce e quelle scure vestigia, mentre camminava fra loro.
Avere Yan Luo e Kurnak ad aprire la strada era un ottimo modo per avanzare fra le schiere di nere armature, con Megara alla propria destra e Duhkra a sinistra; Sinai a chiudere il Sestetto Oscuro.
E mentre passavano fra i loro simili, Cicno sorrideva a Megara e rideva dei commenti del Pavone Oscuro, commenti su quanto avere anche dei soldatini vestiti di bronzo nero avrebbe aiutato: tanti piccoli e sacrificabili pedoni nella corsa verso la gloria ed il potere di tutti loro, per poi indicare i diversi gruppi di guerrieri d’argento oscuro.
“Guarda, quel gigantesco idiota di Luxa ed i suoi compari… si fanno chiamare le Cinque Bestie Nere! Li chiamerei più animali da circo, ma ad ognuno i propri gusti, non credi?”, rise fra se l’uomo dal volto deturpato di quel gruppetto, avanzando, prima di indicare quattro guerriere nere che stavano discutendo fra loro, “Ehi, lì ci sono Amaltea, Umba e le loro due amichette… abbandonerei il nostro sestetto per loro, almeno così anche quel tipo, Cerbero Oscuro, sarebbe contento.”, rise ancora divertito Duhkra.
“La Sorellanza Nera è un gruppo per sole donne, idiota!”, lo ammonì Megara con un tono decisamente annoiato, “Perché devo sempre ripeterti le stesse cose?”, chiese ancora, “Allora potresti entrare tu fra loro e raccontarmi come si vive lì in mezzo, o potrebbe farlo Sinai.”, suggerì l’altro.
Un sorriso divertito si dipinse sul volto di Cicno, che avanzava in silenzio fra i due litiganti, superbo e sicuro di se, mentre guardava chiunque altro finisse ad incrociare il suo sguardo, finché non si fermò, quando s’erano ormai bloccati i due che aprivano la sua strada.
Bastò una mano di Eracle Oscuro sulla spalla di Corvo Nero perché il cavaliere stesso si facesse da parte, lasciandogli modo di avanzare ed osservare i quattro che li bloccavano, gli unici che non li avrebbero fatti andare oltre: Bussola, Carena, Vela e Poppa, i più potenti, secondo le idee comuni, fra i guerrieri d’argento oscuro. Un’idea che Cicno avrebbe tanto voluto saggiare, peccato che il vociare comune catturò la sua attenzione, come quella dei compagni che lo seguivano e dei quattro che lo fermavano: i cavalieri d’oro nero erano arrivati.

Il primo a farsi strada, oltrepassando il sestetto ed anche gli altri quattro, inconfondibile con le nere ali dell’armatura che si spandevano dietro di lui, allontanando quasi chiunque volesse avvicinarglisi, il volto segnato da un’ustione sulla guancia destra, fin sull’occhio, era Luis del Sagittario; dietro di lui, silenziosi come belve pronte ad assalire ed uccidere chiunque gli si avvicinasse troppo, il Leone e lo Scorpione Oscuri.
Pochi secondi ed anche gli altri cavalieri d’oro nero si radunarono, quelli più misteriosi, il cui passato era sconosciuto a molti di loro e che, per settimane e settimane, scomparivano dalla vista di qualsiasi altro prigioniero oscuro.
Del cavaliere della Vergine Nera, Cicno aveva sentito parlare da Duhkra, suo allievo, meno parlava Yan Luo del suo di maestro, Libra Oscura, che, con tutti gli altri, era per l’intero sestetto un vero e proprio mistero. Su tutti, il più misterioso era lui, l'uomo silenzioso per definizione, con il volto celato da una maschera priva di lineamenti: Giano dei Gemelli Neri.
“Cavalieri neri qui riuniti, il momento è giunto!”, esclamò Luis, richiamando Eracle Oscuro dai suoi pensieri, “Abbiamo finalmente avuto ciò che ci serviva, un modo per tutti noi per abbandonare questa prigione maledetta, quest’isola in cui la maschera dei guardiani e la loro progenie ci tiene rinchiusi solo perché vogliamo vivere secondo le nostre regole! Ora, però, grazie agli alleati di Giano, potremo restituire ai nostri carcerieri ciò che loro hanno fatto noi! Li lasceremo qui, mentre noi andremo via, liberi di agire e di distruggere! In cambio, ci chiedono di colpire per primi dei bersagli di loro interesse, assieme ad uno mio, personalissimo.”, spiegò deciso l’uomo ustionato.
“Toro Nero, Virgo, Scorpione e Capricorno guideranno Tolue di Poppa Oscura  ed altri dodici di voi al Santuario di Atena, per distruggerlo!”, affermò, ricevendo urla di gioia da molti dei presenti.
“Gemelli Neri, prenderà uno di voi con se ed andrà in Francia, dove pare si trovi uno dei loro santi d’oro; mentre Cancer Oscuro attaccherà l’Isola della Regina Andromeda, con Omega della Carena al suo seguito, Libra Oscuro, assieme ad uno di voi, colpirà il luogo in Cina dove, pare, si nasconda la sua dorata controparte ed altrettanto farà l’Acquario Nero nel Nord dell’Europa, con uno di voi a seguirlo.”, aggiunse ancora ricevendo una nuova ovazione.
“Infine, io, assieme ad Ariete Nero, il Leone di mia fiducia, Pesci Oscuri, Syrin della Bussola Oscura ed il fedele Akab della Vela Nera guideremo il resto di voi per invadere l’Isola consacrata ad Eolo, nel Mar Mediterraneo, così da avere la mia vendetta!”, concluse il guerriero oscuro.
Fu allora che gli altri undici dalle vestigia d’oro sporco si fecero avanti e, Libra Oscuro per primo, alzarono tutti il pugno sinistro chiuso verso il cielo, “Alla Guerra!”, urlarono assieme, scomparendo poco dopo dallo spiazzo dell’Isola Prigione.

***

L’esplodere di un elevato, incredibilmente elevato, numero di cosmi avversi, seppur lontani, diretti in ogni direzione, catturò l’attenzione di tutti i santi d’argento riuniti nell’Arena di Atene.
“I Ladri di Divinità si stanno muovendo?”, domandò stupito Ludwig, voltando la testa verso l’aere circostante, “Ma… ma quanti sono?”, chiese intimorito Juno, “Dieci, no, di più, molti di più.”, osservò attento Zong Wu, “I loro cosmi, però, sono per la maggior parte pari, se non inferiori ai nostri.”, commentò divertito Damocle.
“Hai ragione, Cavaliere della Croce del Sud, ed infatti non dei nostri nemici recenti si tratta, ma di una minaccia che da tempo i seguaci della Giustizia non dovevano affrontare: le Ombre sono scappate dalla loro prigionia, sembra.”, osservò allora una voce, quella del Sommo Sacerdote.
“Una coincidenza molto sospetta.”, suggerì Ascanus, “Tanto più che alcuni di quei guerrieri si stanno dirigendo nei luoghi dove si trovano i cavalieri d’oro che non hanno risposto alla chiamata.”, osservò ancora Amara, percependo le traiettorie di molti di quei cosmi.
“Le Ombre sono quindi in combutta con i Ladri di Divinità? Eppure non ne hanno fatto uso finora, preferendo il Nero Esercito d’Africa a questo.”, commentò preoccupata Iulia, “Una saggia strategia, usare un vasto esercito e tenerne un altro in attesa, pronto per attaccare quando il primo fosse stato distrutto.”, giudicò impassibile Munklar del Sagittario.
“Maestro, Sommo Sacerdote, cavalieri d’oro, chi sono queste Ombre?”, chiese allora Wolfgang, avvicinatosi assieme agli altri suoi pari.
“I Cavalieri Neri sono dei guerrieri rinnegati, alcuni sono stati allievi di santi di Atena, altri erano legati a differenti divinità, altri ancora non erano legati a nessuna divinità, semplicemente possedevano un elevato controllo del cosmo, matutti questi individui, nel corso delle ere, hanno sempre avuto qualcosa in comune: erano troppo pericolosi per essere rinchiusi nelle comuni prigioni e poco devoti a qualsiasi credo per legarsi e servire fedelmente qual si volesse divinità. 
Fu per questo, per il pericolo che la loro presenza era per il genere umano, che fu scelto un luogo in cui imprigionarli, l’Isola della Regina Nera, un’isola, si dice, consacrata alla dea dell’Ingiustizia, Ate, ma che non ha mai avuto un proprio seguito di guerrieri, un’Isola in cui una stirpe di guardiani fu posta a sorvegliare tutti quei criminali con un antico talismano consacrato alla Giustizia ed ad Atena per ghermirli ed intrappolarli.”, rispose prontamente il Sommo Sacerdote, “Nei secoli ci sono state fughe, piccoli gruppi, alcuni persino quando io stesso ero un cavaliere come voi, ma mai in così alto numero. Percepisco ben quaranta cosmi, appartenenti ad altrettanti guerrieri neri invadere il mondo ed ognuno di loro porta un’armatura le cui sembianze, per quanto oscure, sono l’esatta controparte di quelle in nostro possesso.
Dovremo muovere loro battaglia, anche se è ciò che i Ladri di Divinità, di certo, s’aspettano, per sfiancarci ancora di più.”, ammise con tristezza l’Oracolo della Giustizia.
“Cavalieri, vi dividerete in gruppi ed andrete in supporto dei compagni, che sono stati attaccati.”, affermò ancora, prima che l’esplosione di un cosmo, fra i presenti, non lo interrompesse.
“Non ho voglia di star qui a sentirti blaterare, vecchio, il mio maestro ha bisogno di me!”, ruggì Gustave della Lyra, abbandonando per primo il Santuario, senza attendere oltre.
Per alcuni secondi, quel gesto sconsiderato ed irrispettoso lasciò di stucco i presenti, poi fu il Sommo Sacerdote stesso a parlare, “Il santo della Lira ha scelto di andare in supporto del suo maestro, qualcun altro fra voi vuole fare altrettanto?”, chiese Sion.
A quella domanda, ci fu il silenzio: Gwen rifletteva, incerta su come rifiutare, non volendo combattere al fianco del musico, poi, una voce le evitò ulteriori dubbi: “Andrò io, anche i Cinque Picchi sono sotto attacco! Il mio maestro è un uomo saggio, ma è lì solo con l’altra sua allieva”, esclamò Zong Wu dell’Auriga, rivolgendo un inchino rispettoso al Sommo Oracolo della dea.
“Bene, anche se dubito che il mio vecchio amico abbia bisogno di un così urgente supporto, ma vai pure ai Cinque Picchi, Auriga. Cetus, tu vuoi andare in supporto al tuo maestro ed all’altro suo allievo?”, chiese ancora l’Oracolo verso il cavaliere della Balena, “Sì, la prego.”, confermò Leif.
“Vai dunque, giovane allievo dell’Acquario.”, aggiunse, prima che un altro dei cavalieri si facesse avanti, Juno: “Sommo Oracolo, la prego, alcuni di quei cosmi sono diretti all’Isola di Andromeda, dove l’ultima degli allievi di Cefeo si trova, mi faccia andare ad aiutarla.”, chiese il mal ridotto santo di Cerbero, ma, prima ancora che il passato cavaliere dell’Ariete potesse parlare, fu Abar di Perseo a farsi avanti, “Lasci andare me e la mia allieva con lui, Gran Sacerdote, proteggeremo gli ultimi discepoli del mio mai dimenticato amico Edward.”, suggerì, ricevendo un cenno d’assenso da parte dell’altro.
“Musca, Orione e Triangolo, discepoli del Sagittario, voi organizzerete le difese dei cavalieri d’argento qui ad Atene, mentre Sagitta, Corvus, Crux, Canis Maior, guidati da Iulia, spetterà a voi di soccorrere i guerrieri di Eolo che, a quanto sembra, sono anch’essi bersagli delle Ombre Oscure.”, concluse l’Oracolo, ricevendo un inchino da parte del trio di sacerdotesse guerriero.

Fu a quel punto che tutti i cavalieri d’argento si mossero, dirigendosi ognuno verso il luogo dove avrebbe affrontato le sue prossime battaglie, consapevoli di rischiare di non tornare più indietro.
Degos di Orione, poi, corse a radunare i cinque cavalieri di bronzo che si trovavano ad Atene, dando loro specifici ordini su dove dirigersi, egualmente fecero Bao Xe, Wolfgang, Ludwig ed Amara, ascoltando le indicazioni dei quattro cavalieri d’oro che avrebbero, a loro volta, raggiunto le Case dello Zodiaco.

***

In una piccola sala oscura, fra le molteplici grotte che si trovavano al di sotto dell’Isola di Pasqua, una figura avvertiva divertita l’esplodere di tutti quei cosmi: molti uomini stavano per darsi battaglia su un suo piccolo suggerimento, ancora una volta il destino era stato messo in moto, al pari di una trottola impazzita, il cambiamento aveva impedito che gli Homines agissero da soli, senza sfruttare le altre risorse in loro possesso e lui, che veniva chiamato Loki, aveva fatto in modo che ciò accadesse, non per viltà, ma per guadagno e puro piacere nel vedere il mutare degli eventi.
Ora, quietamente, si sarebbe seduto ed avrebbe atteso che gli scontri iniziassero, per poi scuotere ancora dal grande Albero del Mondo e vedere che altri frutti potevano far cambiare lo scorrere degli eventi, in modo caotico.

Intanto, però, c’era da pregustare l’accendersi della pugna.
   
 
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