“Songs
and Fairy Tales”
“Accendi il tuo MP3, mettilo in
modalità casuale e fai partire tutte le canzoni che ci
sono”.
“Scrivi
qualcosa che si ispiri a questa
canzone, anche rischiando di rendere i personaggi OOC”.
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I
see trouble on the way
I
see earthquakes and lightnin’
I
see bad times today”
[Bad Moon Rising
– Mourning Ritual]
Non
aveva idea di dove si trovasse, né tantomeno
perché l’anfora si fosse riaperta,
liberandola.
Nei
primi minuti la sua mente annaspò nella confusione.
Capì di essere ben lontana
da Arendelle. Ben lontana da sua sorella.
Anna!
Già,
Anna. Kristoff. Il matrimonio.
Elsa
vide che il cielo sopra di lei era scuro, punteggiato di stelle. La
luna piena
pareva osservarla. Ma era un cielo stranamente pesante. Alieno. Come se
non
appartenesse affatto al suo mondo.
I
ricordi si sovrapposero. Si ingarbugliarono. La sua testa si
schiarì in un
lampo.
Tremotino...
Un’ondata
di rabbia l’assalì, facendole perdere il controllo
e due fasci di ghiaccio
esplosero dalle sue dita, congelando il tronco di un albero.
Dove
sei, Tremotino? Dov’è mia
sorella? Cos’è questo luogo?
Che
cos’hai fatto?
Era
sola. Elsa era sola e non poté fare altro che cominciare a
camminare. Camminare
per dirigersi da qualche parte. Prima o poi avrebbe compreso in che
razza di
posto fosse capitata.
Ti
troverò, Tremotino. Ovunque tu
sia, ti troverò.
Aveva
freddo, Elsa.
Aveva
freddo dentro.
***
[Rising Sun, Pirate
Fantasy Music - BrunuhVille]
Vi
fu un tonfo sordo quando la Jolly Roger e la nave mercantile entrarono
in
collisione.
Il
silenzio che aveva invaso il ponte della nave pirata si ruppe,
riempiendosi
delle urla di uomini agguerriti, che avevano iniziato a lanciare i
grappini per
agganciare il veliero. Lame di spade e sciabole fecero la loro
comparsa,
scintillando sotto i raggi del sole.
-
Forza con quelle assi! – gridò Uncino, scendendo
la scaletta che conduceva sul
ponte, dopo aver mollato il timone al nostromo.
Assi
di legno con dei ganci alle estremità facilitarono
l’attraversamento. Dagli
alberi nei quali erano state ammainate le vele alcuni pirati si
lanciarono
gridando sull’altra nave, con i coltelli stretti tra i denti.
Seguirono
imprecazioni, cozzare di lame, lamenti di dolore. Gli uomini di Uncino
erano
certamente più bravi con le armi dei marinai del vascello,
che presto si
arresero.
Uncino
incalzò il capitano del mercantile, puntandogli la spada
contro il ventre. –
Suvvia, non fate quella faccia! Siamo qui per darvi una mano. Vi
alleggeriamo del
carico, così navigherete meglio. Siete fortunato che non
abbia ordinato di dar
fuoco a questa bagnarola.
Dalle
sue spalle arrivò un suono cupo e carnoso, seguito dal tonfo
sordo di qualcosa
che cadeva. Uncino si girò e vide Milah che sfilava la lama
insanguinata della
sciabola dal corpo di un uomo, che aveva cercato di assalirlo alle
spalle e che
stringeva ancora una piccola ascia.
-
Mi sembrava di averti consigliato di rimanere a bordo della Jolly Roger
– disse
Uncino, sorridendo alla sua donna.
-
Consigliato, appunto. Non era un
buon
consiglio, tesoro. –
rispose Milah. –
Davvero pretendevi che mi perdessi tutto il divertimento?
Uncino
lasciò il capitano nelle mani dei suoi uomini e strinse
Milah in un abbraccio.
Poi la baciò.
***
[Black Wolf’s Inn;
Medieval Music – Derek Fiechter]
La
locanda pullulava di gente già ubriaca, che ridacchiava e
parlava a voce alta,
facendo un gran chiasso. In un angolo, un uomo ancora sobrio suonava,
spandendo
nell’aria le note di un allegro motivetto da taverna.
Il
Cacciatore sedeva in un angolo, in disparte, assorto. A lui non
interessavano
le chiacchiere degli esseri umani.
Però
la locanda aveva un buon nome: Black
Wolf’s Inn. Ed era calda.
La
porta si aprì di colpo, andando a sbattere contro il muro a
causa del forte
vento invernale. Il Cacciatore avvertì subito
l’odore pungente del freddo e
della foresta, ma anche un altro odore...
Odore
di lupo. Odore di lupo mischiato a un odore umano.
Un
licantropo.
I
licantropi non erano parte della natura. Così come non erano
parte del genere
umano. Vivevano... separati da entrambi i mondi.
Alzò
la testa e dapprima vide solo una figura alta e femminile nascosta da
una
mantella rossa. La fissò a lungo, fino a quando la ragazza,
sentendosi
osservata, non abbassò il cappuccio, svelando un volto
giovane e teso, capelli
lunghi e scuri, occhi grandi che ricambiarono il suo sguardo,
perplessi.
Il
Cacciatore non disse niente, non si alzò. Nemmeno si mosse.
Seguitò a scrutare
la sconosciuta che portava addosso l’odore dei lupi. Sembrava
triste,
spaventata, in fuga da qualcosa.
E
lei seguitò a guardare il Cacciatore.
Uno
degli ubriachi sbatté con violenza il suo bicchiere sul
tavolo perché l’oste
gli portasse dell’altro vino.
Il
Cacciatore sobbalzò. La ragazza con la mantella rossa
distolse lo sguardo.
***
“Things
we lost to the flames
Things
we’ll never see again
All
that we’ve amassed
Sits
before us, shattered into ash”
[Things we lost
in the fire, Bastille]
Il
fuoco crepitava intorno a lei.
Regina,
intrappolata, guardava la figura in piedi sulla soglia, che la
chiamava.
-
Daniel! – gridò, allungando le braccia.
Lui
mosse la bocca, ma Regina non capì le sue parole.
Camminò verso il ragazzo per
raggiungerlo. Il fuoco sembrò ritrarsi, salvo poi pararsi di
fronte a lei,
sbarrandole la strada e minacciandola.
Daniel
ormai era quasi scomparso. Vedeva ancora la sua sagoma, il profilo del
suo
corpo, i capelli scuri... Ma stava svanendo. Tutto stava crollando
intorno a
Regina. Tutto. Tutto bruciava.
-
Daniel! Non andartene! Io sono... Sono persa senza di te –
Piangeva, adesso,
mentre il suo primo amore spariva dietro ad un muro rovente.
...Poi
si svegliò di soprassalto nel suo letto. Respirava a fatica
e aveva ciocche
scure che le pendevano sul viso, disordinatamente. Le guance erano
bagnate di
lacrime.
Nessun
incendio. La sua stanza era ancora lì. Era vuota.
Daniel
non c’era più. Daniel non ci sarebbe
più stato. Né lui, né
l’amore. Nemmeno il
suo cuore. Niente.
Nel
camino, il fuoco era spento. Restavano solo le ceneri.
***
“I
don’t ever want to let you down
I
don’t ever want to leave this town
‘Cause
after all
This
city never sleeps at night”
[It’s time, Imagine Dragons]
La
città che non dormiva mai, come dicevano tutti.
Però
le piaceva. Le piaceva la sua casa, il suo lavoro, la sua vita.
Se
non fosse per i sogni...
Già.
I sogni. Alcuni notti faceva degli strani sogni e, al mattino,
ricordava solo
certi particolari. Frammenti, niente di più. Un cartello
stradale che indicava
il nome di una cittadina. Ma il nome era sfocato.
Che
posto è?
L’immagine
di una lei ancora diciottenne, stremata dopo il parto, che si rivolgeva
al
medico del carcere e...
“Non
posso essere una madre”
(Io
sono una madre)
E
il volto di una donna. Un volto circondato da capelli neri. Un volto
che non
riusciva ad inquadrare bene. Occhi scuri che sembravano fissarla.
Poi
una strana nube viola che avvolgeva tutto.
Niente
di tutto ciò le era familiare. Niente di tutto
ciò aveva senso. E tuttavia,
quando si svegliava al mattino, per un po’ si portava dietro
una sensazione che
non avrebbe mai saputo spiegare. La sensazione che qualcosa le stesse
sfuggendo.
Sono
soltanto sogni.
Si
allontanò dalla finestra, tirando la tenda e tagliando fuori
i grattacieli
della Grande Mela, che sembravano ammiccare, colpiti dalle innumerevoli
luci
colorate.
Soltanto
sogni.
Si
recò nella stanza di suo figlio. Si avvicinò al
letto, silenziosamente,
osservandolo dormire. Si chinò e gli diede un bacio delicato
sulla fronte.
***
“There’s
something happening here
There’s
something here that I just can’t explain
I
know I’m where I belong
Deep
down inside I’m no longer lost”
[I won’t let
you
go, Snow Patrol]
-
Bae... Continuo a pensare che sia davvero un nome strano –
disse Wendy, una
sera. Lo nascondeva già da alcuni giorni e gli portava
sempre da mangiare. Lui
ancora non si spiegava cos’avesse di speciale un povero
ladruncolo per
guadagnarsi le gentilezze di quella ragazzina bionda.
-
Però ha un bel suono. Mi piace – aggiunse.
-
In realtà, il nome vero è Baelfire. Ma mi
chiamano tutti Bae.
-
È molto corto. Bae, intendo. Ma anche Baelfire.
-
Anche il tuo nome è strano, comunque. Ed è
parecchio lungo.
-
Wendy Moira Angela Darling... sì, è vero
– Lei sorrise, gli si sedette accanto
e gli posò un bacio sulla guancia. Poi gli mise qualcosa nel
palmo della mano.
-
Cos’è questo?
-
Non sai cos’è un bacio?
-
Certo che lo so. Intendevo... questo – Sollevò
l’oggetto che le aveva dato.
-
È un ditale, Bae – Wendy sembrava divertita.
– Ed è il mio bacio.
Baelfire
non era sicuro di capire, ma immaginava che ora dovesse
restituirglielo. Quindi
si sporse in avanti e le diede un lieve bacio sull’angolo
delle labbra,
facendole cadere in mano un bottone di corno che aveva con
sé.
Wendy
arrossì un po’. – Grazie. Lo
infilerò nella catenina che porto al collo.
Lo
fece e quel semplice gesto lo rese stranamente felice.
***
“I’ll
be here waiting, hoping, praying
That
this light will guide you home...
When
you’re feeling lost I’ll leave my love
Hidden
in the sun, for when darkness comes”
[When the
darkness comes, Colbie Caillat]
Anna
aveva aspettato.
Anna
aveva davvero sperato che il giorno del suo matrimonio fosse il
più bello della
sua vita.
Aveva
immaginato una vita perfetta accanto a Kristoff, dopo tutto
ciò che era
accaduto. Accanto a Kristoff e a sua sorella.
Ma
Elsa era sparita. Era scomparsa nel nulla e lei non si spiegava dove
fosse
finita, né tantomeno perché. L’aveva
cercata, ma della regina di Arendelle non
era rimasta traccia.
Era
sicura che non fosse andata via di sua spontanea volontà.
No. Non poteva
crederlo. Quello che avevano passato era già abbastanza ed
Elsa non l’avrebbe
mai e poi mai lasciata ancora. La scorsa volta c’erano di
mezzo i suoi poteri,
il fatto che non potesse controllarsi, il fatto che temesse di farle
del male.
Ma ora... Era tutto diverso.
Senza
Elsa la sua vita non avrebbe potuto essere bella, anche se amava
Kristoff.
Aveva bisogno di sua sorella perché fosse completa.
C’era
delle notti in cui Elsa le appariva in qualche sogno distorto e oscuro.
E
allora le parlava.
“Anna,
devi andare avanti. Non hai
scelta”.
“Non
posso. Torna a casa, Elsa. Ti
prego. Dove sei? Dove sei andata? Chi ti ha portato via da
me?”.
Non
c’era risposta a quelle domande. Anna si svegliava di
soprassalto e c’era solo
l’abbraccio di Kristoff a consolarla.
***
“Where
did I go wrong, I lost a friend
Somewhere
along in the bitterness
And
I would stayed up with you all night
Had
I know how to save a life”
[How to save a
life, The Fray]
La
fata aveva vagato a lungo prima di giungere sull’Isola Che
Non C’è.
Trilli
si aggirava per quel groviglio di vegetazione, portandosi dietro la sua
rabbia,
il suo risentimento. Portandosi dietro il suo dolore per aver perso le
ali, per
essere stata umiliata e ferita, quando il suo unico desiderio era
aiutare una
persona a ritrovare la felicità.
“Io
non credo più in te”, le
aveva detto Turchina.
Nessuno
credeva più in lei. Nemmeno Regina ci aveva creduto.
Pensava
di aver trovato un’amica, tra l’altro, non solo una
giovane donna in
difficoltà, che soffriva perché il suo vero amore
era morto. Una giovane donna
sola. Sperduta.
L’amica
in questione l’aveva chiamata “tarma” e
l’aveva cacciata in malo modo.
Trilli
sferrò un calcio ad una massa di cespugli. –
Maledizione a te, Regina. È tutta
colpa tua!
Il
suo viso sfiorò delle spine. Quelle
spine.
Le spine che grondavano veleno.
Sognombra.
Si
ritrasse di scatto, inciampò e cadde. Per un pelo non si era
ferita. Sarebbe
stata la sua fine.
Si
prese il capo tra le mani, chiudendo gli occhi per non vedere
l’oscurità
dell’Isola. L’oscurità che la circondava
e che sembrava intenzionata a
ghermirla.
Perché,
Regina? Perché non mi hai
dato retta? Io avevo rischiato tutto per te. Dovevi solo entrare in
quella
taverna...
Dovevi
soltanto crederci.
***
“Oh,
well I don’t mind, if you don’t mind
‘Cause
I don’t shine if you don’t shine
Before
you go, can you read my mind?”
[Read my mind, The
Killers]
-
Belle, ti prego – disse Tremotino. – Ho dovuto
farlo. Bae era mio figlio.
-
Oh, sì. E il Signore Oscuro mantiene sempre le sue promesse.
Credevo fossi
superiore a tutto questo – rispose sua moglie. Nei suoi
grandi occhi color oceano
c’erano lacrime. E c’era... non rabbia. No.
C’era tristezza. Dolore. Rassegnazione,
persino. Disincanto.
-
Non potevo parlartene. Non avresti capito.
-
Sei tu quello che non capisce, Tremo. Non hai avuto fiducia in me. Hai
preferito mentire e trattarmi come una stupida.
-
Non volevo affatto trattarti come...
-
Invece sì. Credi davvero che tuo figlio avrebbe voluto
questo?
Tremotino
tacque. Avrebbe voluto spiegarle quello che provava. Avrebbe voluto
spiegarle
cosa sentiva in quel momento e avrebbe anche voluto scusarsi,
perché non
riusciva a pentirsi del suo gesto. Non riusciva a pentirsi di aver
ucciso Zelena.
Ma si pentiva di non essere stato capace di proteggerla. Avrebbe voluto
dirle
questo. Avrebbe voluto che lei leggesse la sua mente e capisse fino in
fondo.
-
Non andare, Belle. Non puoi. Hai visto cosa c’è
là fuori? È molto pericoloso.
Potrebbe farti del male! Se resti vicino a me, almeno sarai al sicuro.
Comprendo che tu sia in collera, ma rimani.
-
So badare a me stessa, Tremo – ribatté Belle. Un
tono che non lasciava spazio a
repliche. Una lacrima rotolò sulla sua guancia. Si
avvicinò a lui e gli sfiorò
il viso. – Hai bisogno di pensare a tutto quello che
è successo. L’oscurità fa
parte di te e ne sono consapevole, ma devi decidere. Devi decidere in
quale
modo vuoi che quell’oscurità influenzi la tua
vita. La nostra vita.
Perché quello che riguarda te... riguarda anche me.
***
“If
I lay here, if I just lay here
Would
you lay with me
And
just forget the world?”
[Chasing Cars, Snow Patrol]
-
È bellissimo, vero? – disse Red, osservando il
cielo stellato, sdraiata sulla
neve fresca.
-
Sì. Molto. E con te lo è ancora di più
– rispose Peter, prendendo la sua mano.
Era sdraiato accanto a lei da qualche minuto. Era riuscito a
convincerla ad
uscire di casa per passare un po’ di tempo insieme.
Red
si sollevò e si sporse per baciarlo. Sapeva di buono, Peter,
come sempre. Giocherellò
con qualche ciocca dei suoi capelli, scostandole il cappuccio rosso
della
mantella.
-
Ora è meglio che vada. Mia nonna potrebbe accorgersi che
sono uscita.
-
No, ancora un attimo...
-
Peter...
Il
ragazzo la baciò di nuovo, con più trasporto. Red
mugolò contro la sua bocca. Infine
sospirò, appoggiando il viso sulla sua spalla.
-
RED! – La voce incollerita di Granny ruppe
l’incanto e la costrinse ad alzarsi
in piedi alla svelta. Scivolò e per poco non cadde.
– Dove sei finita?!
-
Devo andare – ripeté Red.
-
Sì. Direi che dovrei andarmene anch’io se non
voglio che tua nonna usi la sua
balestra contro di me. Non che non mi prenderei volentieri un dardo per
te...
-
Lo faresti?
-
Farei qualsiasi cosa.
-
Ma la freccia... è meglio di no. Non ne sarei felice.
-
RED!! – Granny gridò ancora più forte.
Un gufo appollaiato su un ramo si levò
in volo.
-
Buonanotte – disse Peter.
Prima
di lasciarlo andare, Red gli diede un ultimo bacio sulle labbra.
__________________________
Recentemente,
leggendo una storia qui su Efp, mi è capitato
sott’occhio questo vecchio
gioco/sfida. Ci avevo già provato una volta, ma non ne era
uscito niente di
buono, quindi ho ritentato.
Ecco
il risultato. Dieci flashfic/drabble (un miracolo, per me, dato che di
solito
sono troppo prolissa per le flashfic) basate su dieci canzoni diverse,
alcune
abbastanza adatte al personaggio/situazione, altre, forse, un
po’ meno, ma
capitemi: appena ho sentito il pezzo, ho scritto la prima cosa che mi
è passata
per la testa ascoltando il testo. ^__^
Su
alcuni di questi personaggi non ho mai scritto niente, ma spero siano
IC.
Rising Sun. Pirate Fantasy Music di BrunuhVille Black Wolf’s Inn. Medieval Music di Derek Fiechter.