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Autore: Be Mine    18/09/2008    6 recensioni
Seconda classificata al contest "Rabbia" indetto sul forum di EFP da Evillinie.
“Sono settimane che non dormo, che sento gli occhi pesanti senza accorgermi della stanchezza che sicuramente il mio corpo percepisce con violenza, perché ogni notte prima di dormire vedevo il tuo viso nella mia testa e cercavo di ignorare una voce fastidiosa che mi diceva che dovevo eliminarti...
Ora odiami pure se vuoi, ma sappi che non potrei mai godere dei piccoli dolori che ti infliggo: non sono quel genere di persona. E’ l’amore che mi fa odiare chi amo, Bella, e io amo te più di chiunque altro.”
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bella deve morire

Seconda classificata al contest di Twilight sulla rabbia indetto sul forum di EFP da Evillinie.

 

Fandom: Twilight.
Tema: Rabbia.
Pairing: Jacob/Bella.
Genere: Romantico, introspettivo.
Warning: One Shot
Rating: verde
.
Introduzione: E’ consigliabile che aggiunga due parole. Il frammento è visto da due prospettive: quella di Bella e successivamente di Jacob, per un totale di cinque “parti” (due per Jacob e tre per Bella) alternati. Lo schema è Bella-Jacob-Bella-Jacob-Bella. Grazie del tempo che dedicherete a questo sclero.

 

 Alle amiche vere, quelle su cui puoi contare anche se involontariamente hai fatto loro una scortesia.

Ho un caratteraccio, mi conosco bene. Eppure mi perdonate sempre!

Grazie, di cuore.

 

Bella deve morire

Ero reduce da una notte senza sonno né sogni

La stanchezza mi offuscava la vista e giurai a me stessa di non trascorrere mai più un’ intera nottata sveglia, promessa che sapevo non avrei mantenuto. Mi sporsi un po’, annusando l’ aria tiepida di giugno. Aspettai più del dovuto, eppure non c’ era ancora traccia di Edward: allora scrutai in lontananza, voltandomi istintivamente alla mia destra. Quella era la strada per La Push ,era la strada che portava a casa di Jake. Il dolore che provavo al suo ricordo era ancora come gettar sale su una ferita lacera, eppure il suo dolce sorriso era il ricordo più bello legato al mio “periodo buio”. Scacciai quel pensiero, abbandonandomi con più scioltezza al presente.

Più di dodici ore lontani e forse ancora chilometri a dividerci.

“Edward” sussurrai impercettibilmente allungando le braccia verso l’esterno della camera, un desiderio, una pretesa, eppure lui non comparve alle mie spalle per godere del mio sussulto: iniziai a pensare a chissà quali catastrofi, ai demoni che ci perseguitavano e cominciai ad andare in palla. Respirai affannosamente, quasi dovessi rubare l’ossigeno: ormai ogni fibra del mio corpo era pervasa da una devastante sensazione di bruciore, come se stessi andando a fuoco. Possibile che l’avessero raggiunto mentre cacciava, nell’unico momento in cui abbassava la guardia? Il cuore batteva i mille orari ed ero rassegnata ad uscire di casa con chissà che scusa per andare a cercarlo. E dopo, che avrei pensato di fare? Quello che poteva minacciare Edward io non potevi impedirlo. Mi sentii terribilmente inutile ed impotente, quando d’un tratto mi sporsi sfacciatamente alla finestra alla ricerca del suo fantasma. Uno scatto improvviso e quella si chiuse ed io mi ritrovai stretta fra le sue braccia fredde e rigide: mi abbracciava con garbo e dolcezza, quella di sempre, ma c’era un qualcosa di sofferto e malinconico che mi costrinse a non abbandonarmici completamente.  Quando lasciò la stretta mi fissò negli occhi con le sue iridi ambrate e tristi come se mi stesse implorando. Biascicò qualcosa d’impercettibile, sentii in quel secondo nel suo sguardo una miriade di sentimenti. Sentimenti umani. Il suo aspetto era perfetto, inumanamente bello come sempre, ma gli abiti erano lerci, umidicci e profumavano di muschio e corteccia d’albero. Pensai morisse dalla voglia di tornare da me, tanto da non pensare neanche a darsi una ripulita prima. Per me era inconcepibile, ma non impossibile. I suoi occhi non incontrarono più i miei, li tenne tanto bassi che avrei potuto pensare stesse piangendo, ma quando sollevò il capo per poggiarlo sulla mia testa mi accorsi che invece erano glaciali, anomali e vuoti: io ero impietrita ed incredula. La spiegazione che attendevo tardava ad arrivare e non riuscivo a pensare cosa avesse potuto provocare questa sua strana reazione.

“Non ti biasimerò se mi odierai adesso.”

Non riuscivo a cogliere il senso delle sue parole, aveva perso il senno forse? Riprese a sfiorarmi il viso con le mani.

Se dopo non mi vorrai più sparirò dalla tua vita. Forse tra qualche anno non ti ricorderai nemmeno più di me.

Un gemito mi si strozzò in gola, gli occhi mi si gonfiarono. Era un addio quello che mi stava tenendo nascosto?

“Vuoi abbandonarmi di nuovo?” riuscii a pronunciare sillabando e singhiozzando le parole. Scrollò le spalle con fare naturale.

“Non se tu non vorrai.

“Edward cos’è successo? Alice, Emmet…”

Scrollò il capo.

“Stanno bene. Stiamo bene.”

Non c’era dispiacere nel suo comportamento, ma dolore. Il mio dolore.

“Jake…” sussurrai a malapena. L’intuizione che mi aveva attraversata sembrò trovare accertamento nella sua stretta decisa.

Cercai di divincolarmi, ma non ci riuscii: era troppo forte per me, per chiunque…anche per Jake?

Trasalii e ripresi coscienza di me stessa e delle mie azioni: i pugni battevano contro il suo petto duro e le nocche erano già in parte sbucciate.

“Non mentirmi, non mentirmi Edward” ripetevo.

“Lui dov’è? Dov’è?”

I miei occhi erano talmente rossi che neanche avevano più voglia di piangere, come io anima e corpo, non ne avevo più di vivere. Soppesavo tutte le mie sventure e tra tutte non ne vedevo una peggiore di questa: lui, immobile come un statua di marmo, cercò di avvicinarmisi ma gli e lo impedii. Non m’interessava che lui fosse lì né che forse soffriva come me: cosa importava del mondo se Jake non c’era più?!

 

 

*§*§*§*

 

Vivevo di illusioni e me ne compiacevo: l’amore mi aveva reso totalmente folle.

L’unico pensiero accettabile era oramai il suo, più un concetto che un’idealizzazione: Bella.

Correvo, sfrecciavo evitando gli alberi e le rocce spigolose, tenendo le mascelle serrate ed evitando quel pensiero pericolosamente eccitante. Sentivo nella testa pensieri che - pensavo- fossero finalmente soltanto miei: niente segreti, niente barriere mentali da ergere e nulla da spiegare a nessuno, soprattutto ora che i miei intenti non erano dei più nobili. Ora lì, nel buio della foresta, ero io la cosa più pericolosa… Non sarebbe sempre stato così, purché la buona sorte mi avesse accompagnato. Ansimavo già a metà strada più per la febbricitazione che per la stanchezza, non osando fermarmi nemmeno se necessario: i miei occhi da lupo vedevano meglio e più lontano, in tal modo mi avrebbero permesso in qualsiasi momento di percepire la presenza del nemico. Se fosse stato solo, ne ero certo, avrei avuto buone speranze di vittoria, conquistata sebbene a caro prezzo.

-Hai paura?- mi sussurrò il Lupo nella mia testa.

Non gli prestai attenzione e continuai la mai frenetica fuga.

- Non ignorarmi, sai che è inutile!-

La sua voce irritante era sottile e suadente, vellutata, totalmente inadatta a quel corpo.

-Lo sai che ti troveranno.-

Non è detto, non è detto. Mi ripetevo come per convincermene io stesso.

Se la veggente avesse colto i segni del mio piano prima che lo mettessi in atto sarei sicuramente morto. Ma lei non poteva vedermi. Dovevo solo sperare che fosse troppo distratta per prestare attenzione al futuro di Bella. Lasciai che il corpo si abbandonasse al vuoto sotto di me: ricaddi perfettamente in piedi sulle mie gambe e la voce scomparve per un po’. Sarebbe stato da stupidi non aspettarsi la comparsa di qualcuno di loro dall’oscurità della foresta, soprattutto ora che non ero più nel nostro territorio. Vidi distintamente scintillare nel buio i suoi occhi stranamente cupi ancor prima che ne potessi percepire l’odore: era quello che tra i Cullen sembrava più giovane ed inesperto, coi capelli biondi e spettinati. Jasper, così lo chiamava Bella. Non sembrò essere molto quieto, ma volle che percepissi la sua posizione prima di muoversi. Passò qualche minuto prima che aprisse bocca.

“Sappiamo. Alice ha “visto” tutto.” si limitò a dire.

Mi distesi: mi sentivo…sollevato? Non ne ero sicuro, ma esercitava un qualche potere sulla mia psiche ed anche il Lupo sembrò accorgersene: la sua indole repressa sembrò occupare meno spazio nella mia testa.

Sapevano? Cosa? E come ne erano venuti a conoscenza? Da quando in qua potevano vedere le nostre mosse? Non si avvicinò. Mi fece intendere che non l’avrebbe fatto se non fosse stato strettamente necessario.

“Sei solo?”

Annuii , imprecando a bassa voce.

 I suoi occhi si sgranarono e divenne stranamente accigliato: non mi credeva? Poco importava.

“Non ti lasceremo avvicinare a lei, perciò torna indietro. Ti consiglio di tenerti lontano dal confine: io non ho niente contro di te, ma mio fratello non ragiona molto lucidamente quando si tratta di Bella.

 Cessò di parlare e si frappose tra me e la mia meta. Poi, fu un attimo: mentre pensavo a come attaccarlo mi ritrovai nel corpo del Lupo.

 Non feci in tempo a sfiorarlo nemmeno, che qualcosa mi si avventò contro con una forza feroce e mi gettò contro l’albero che avevo alle spalle stringendomi per il collo. Le forze mi abbandonavano  sempre più mentre guardavo dritto negli occhi pieni di rabbia del mio assalitore: digrignava i denti bianchi mostrando il suo ghigno mostruoso. Se quello era l’Edward che Bella amava, allora la fine che volevo riservarle sarebbe stata molto più dignitosa di una vita - seppur lunga- al suo fianco. Mi lasciò andare prima che potessi esalare l’ultimo respiro e mi guardò ancora con quello sguardo irato e colmo di disprezzo. Possibile che intendesse lasciarmi vivere con la consapevolezza di quello che avrei potuto fare altrimenti? Non l’invidiavo: a modo mio avevo avuto la parte di Bella che mi spettava, quella migliore. Eppure non ero riuscito a farmi amare: questo più di tutto mi faceva rabbia. Era l’unica cosa che desideravo  e l’unica che non avrei mai avuto, tutto per un amore insensato e suicida. Fu quella, la rabbia, ad accrescere il feeling tra le mie due anime: l’uomo e la bestia, accomunati dal desiderio di averla e dal risentimento che provavano nei suoi confronti. Avrei proprio voluto farle del male da dentro come lei stava facendo con me: ma presto tutto sarebbe finito.  La rabbia della bestia avrebbe ucciso il leone e quella dell’uomo avrebbe ucciso l’agnello. Reagii all’ossigeno  che ricominciava ad entrare in circolo scuotendo il capo, poi assunsi una posa alquanto minacciosa. O almeno ci provai.

Aveva un’espressione nauseata: nella mia testa vedeva milioni di volte la stessa scena omicida, il pensiero che più volte e con sempre più forza si era insediato nella mia mente come il più sensato. Liberatorio. Giusto. Mi attaccò ancora in uno scatto d’ira: l’altro non si mosse di un centimetro ed io caddi supino. Il corpo lottò contro il colpo accusato: constatai un paio di costole rotte e un  braccio forse. Presto il mio corpo mutò ancora aspetto e persi conoscenza: probabilmente pensarono fossi morto. Lo sentii bisbigliare impercettibilmente ed il mio corpo cedette all’incoscienza e al sonno dal quale -pensavo- non mi sarei mai più risvegliato.

 

 

*§*§*§*

 

Incredula, a pezzi, troppo shockata per potermi concedere di guardarlo di sbieco ed ammonirlo, con le lacrime che rigavano i miei zigomi. Mi sentivo persa, svuotata da dentro, privata dell’ossigeno e percepivo un bruciore acuto pizzicare i polmoni fino ad infiammarli. Tra di noi un silenzio vuoto e colmo d’assenza: lo vedevo lì davanti a me e non riuscivo a non odiarlo. Detestavo il mondo, me stessa e in fine lui che mi aveva tolto una delle poche persone al mondo che amassi davvero. Cercò di spiegarmi cos’era accaduto, sebbene non intendessi capire le sue ragioni.

 Voleva ucciderti, voleva ucciderti, ripeteva mentre mi avvinghiavo alla sua camicia stropicciandola.

Ero però totalmente assente: l’unica reazione che ne scaturiva era l’ira repressa nel mio cuore.

Aveva perso il controllo? Si era infuriato e aveva ceduto anche lui alla rabbia?

Strano che loro che definivano se stessi mostri riuscissero a provarne più di quanta io, semplice essere umano soggetta ad istinti e passioni, ne avessi mai sperimentata in me stessa. Tacqui ancora attendendo che cominciasse il suo racconto. Avevo paura, troppa per dominarmi: di me, di lui, della verità che incombeva. Vedevo nella mia mente -reduce da scontri all’ultimo sangue tra mostri leggendari- corpi lacerati, immagini sbiadite di movimenti impercettibili. Solo che questa volta c’era il corpo di Jake straziato e ridotto a brandelli: vivida l’immagine mi sconvolse al punto tale da provocarmi la nausea. Per la prima volta fui disgustata da una natura tanto feroce.

Era sul punto di tornare a casa, quando percepì qualcosa nei pensieri di Alice che lo turbò profondamente, qualcosa che lo aveva indotto a tornare indietro per recarsi nella radura dove -aveva visto- Jasper si era recato per contrastare il nemico che stava venendo ad uccidermi. Quando Edward aveva trovato Jacob alle prese con Jasper, quello stava per attaccarlo. Invaso dalla rabbia, con un solo colpo lo aveva ucciso. Immaginai la ferocia inondare occhi capaci solo di amare e mi parve lo spettacolo più orribile di sempre. Trovai il coraggio per riprendere a sfiorarlo, ma non era lui che carezzavo bensì il freddo corpo senza vita di Jake, cercando di provare qualcosa: il mio cuore era vuoto. Il prezzo della felicità? Mi chiesi e provai disgusto per me stessa.

Ora come ora mi rimanevano due scelte: continuare a piangermi addosso, rinnegare l’amore per cui avevo tanto lottato, le braccia che mi avevano stretto, le labbra che mi avevano baciata e passare la mia breve vita a farmi rodere dal risentimento nei suoi confronti e nei miei stessi, oppure dimenticare chi fosse stato mai Jacob Black, i suoi sorrisi ampi e luminosi, il suo dolce profumo e le mani tanto grandi da poter tener stretto il mio cuore in un pugno, continuando a vivere per l’eternità. Rabbrividii ad entrambe le alternative: avrei preferito morire per mano di Jake piuttosto che scegliere.

 

*§*§*§*

 

Quando mi risvegliai capii che anche l’Inferno mi aveva rigettato. Sentii il loro fetore lontano e ricordai e ricordai le ultime battute che avevo udito mentre ero incosciente.

“No! Non è saggio portarlo via di qui!”diceva uno.

“Potrebbe essere ancora vivo.” rispose l’altro.

“No, non lo è Edward! Non respira più, guardalo! E se non andiamo via presto arriveranno i soccorsi: davvero pensi fosse solo? Andiamo!”

Andarono via per davvero, lasciando lì il mio corpo come fosse la carcassa di una bestia: fosse stato uno di loro al mio posto sicuramente avrei fatto lo stesso. Magari pensavano che dopo poco qualcuno mi avrebbe trovato, quindi pensato a loro:se l’erano sicuramente squagliata.

La notte era troppo buia, il dolore troppo lacerante: non sentivo più le braccia e mi doleva il petto. Avrei dormito, così forse al mio risveglio sarei stato meglio se ci fossi stato ancora. Ma non avevo voglia di reagire e mi abbandonai ai miei pensieri.

Non ricordavo che ragionamento mi avesse indotta a pensare che Bella dovesse morire.

Troppo amore ti ucciderà ogni volta.

Forse era vero: l’amavo troppo, troppo per lasciarla in mani d’altri, in mani SUE. Gelosia, odio, rancore verso entrambi e la loro felicità, quella di cui sarei stata privata per sempre: Bella doveva morire, lui doveva soffrire ed io ottenere giustizia.

Non l’avrei privata, ma liberata dall’inferno che l’attendeva.

Il lupo si compiaceva ed io morivo dentro.

Svenni, finalmente, stremato dal dolore.

 

 

*§*§*§*

 

Ero ancora disgustata dal sapore delle lacrime in bocca e dalla secchezza della gola. Per un secondo mi ero distratta, perdendomi nella riflessione sul tempo e su quanto fosse relativo per chi poteva vivere in eterno: tutto era successo in cinque minuti, ma ne erano serviti almeno quindici per spiegarmi tutto.

“Portami da lui.” dissi imperiosa. Mi guardò ostile e capii che era un no.

“Non lo ripeterò!” urlai isterica.

“Bella, se fossero arrivati gli altri?”

Non volli ascoltare ragioni e alla fine si convinse a portarmi nel posto in cui avevano letteralmente abbandonato il corpo di Jacob.

Di cosa avevo più paura, di morire o di ciò che di lì a poco avrei visto?

Fui sorpresa di non allontanarmi troppo: una radura interrompeva il fitto bosco a metà strada fra il confine con i Quileute e il centro abitato. Chiesi a Edward in tono freddo di farmi scendere un po’ prima: avevo bisogno di camminare e in particolar modo di prepararmi, di piangere un po’ e di star sola. Lo vidi scomparire nell’ombra dei sempreverdi, ma sapevo che non sarebbe andato più lontano del necessario: probabilmente non c’era odore ostile lì intorno, oltre a quello del sangue che Jake aveva perso nello scontro.

Fu lì che lo trovai, supino, riverso col viso verso di me: aveva un che di dignitoso nell’espressione e mi sembrò molto più bello dell’ultima volta che l’avevo visto. Non avevo più lacrime, i singhiozzi mi impedivano di parlare e le mani mi tremavano. Quando mi inginocchiai e sfiorai il suo viso constatai che era ancora notevolmente caldo: lo sentii sussultare.

Forse mi ero immaginata tutto. No, sicuramente era così.

Tutto scaturito da un mio desiderio del tutto fuori luogo: un ultimo addio, uno soltanto prima che…

E forse una domanda, improbabile per quanto giusta: perché? Perché mi odiava e perché proprio adesso? La mia anima allora sarebbe stata più o meno in pace, torturata dal senso di colpa. Non lui, ma io l’avevo ucciso: le mani che avevano cinto i miei fianchi si erano strette attorno alla sua gola , privandolo di se stesso e gli occhi che mi avevano guardato amorevolmente lo avevano visto in fin di vita. Dannata per l’eternità: ancora una volta provai per me stessa qualcosa incontrollabile, mi ripromisi di smettere una buona volta di compiacermi del troppo amore che il mondo mi riservava e di iniziare a guardare obbiettivamente alla mia vita. Davvero, lo avevo amato.

La differenza era che ora ero pronta ad amare prima il mostro e poi l’uomo, mentre prima non ero mai stata in grado di amare il lupo.

Per questo lui mi odiava, per questo il Lupo era arrabbiato con me.

Doveva succedere tutto questo perché lo capissi?!

Adesso? Sarei dovuta andar via? Il pensiero di abbandonarlo mi squarciò ancor più la ferita che lacerava il petto. Sfiorai il su profilo, affondando le unghie nella sua guancia: era colpa sua, solo per lui che il mio mondo era caduto in pezzi.

Eppure non potevo fare a meno di…amarlo. 

Strinsi più forte e percepii un gemito strozzato. Forse era la mia fantasia, poi vidi gli occhi di Jake aprirsi e fissare dritti nei miei con un’intensità indistinta.

Vivo.

Il mio Jake…era vivo!

Quando si mosse notai una gran quantità di lividi e tagli sul petto, le gambe ed il bracco sinistro doveva essersi rotto.

Tsk.” fece una volta alzatosi in piedi. Io restai carponi sul manto erboso, le mani immerse nella pozza dove poco prima lui era in parte immerso.

Tsk. Si sono presi la briga di rivestirmi.

Alzai gli occhi verso l’alto e mi sembrò ancora più alto di come lo ricordavo. Si accorse subito dopo della mia presenza.

Bells” sibilò. Gli occhi intensi nei miei.

Fu un gesto istintivo: mi gettai fra le sue braccia ancora incredula e scoppiai nuovamente a piangere; affondai il mio viso nel suo petto e sentii il braccio destro avvolgermi. Ebbi un fremito.

“Non dovresti essere qui.

Scossi la testa:non volevo parole a disturbarci, eppure una domanda mi martellava la mente. Davvero le braccia che ora così calde e protettive mi avvolgevano sarebbero state pronte a pugnalarmi alle spalle? Interruppi il nostro abbraccio e gli posi la fatidica domanda.

Perché mi odi?”

Sospirò, prese coraggio e prese a parlare.

“No...non temere. Non ti odio: l’odio non è nel mio stile.

Se solo dovessi identificarmi con qualche sentimento, adesso forse preferirei la rabbia. Di quella che ti consuma, rende inutile e folle: ma no, non posso cedere ora. Non sai come io mi senta in questo momento, non puoi minimamente immaginare una sofferenza pari alla mia.

Non sei in grado di amare come me, ma nessuno lo è.”

Cercai d’interromperlo, di dirgli che anch’io l’amavo, ma con una mano mi ammutolì.

“Shhhhh, adesso sta in silenzio e non m’interrompere: nessuno ci disturberà, credimi, e nessuno ascolterà quello che ci diremo. disse guardandosi intorno e cercando approvazione nel buio della foresta.

“Sono settimane che non dormo, che sento gli occhi pesanti senza accorgermi della stanchezza che sicuramente il mio corpo percepisce con violenza, perché ogni notte prima di dormire vedevo il tuo viso nella mia testa e cercavo di ignorare una voce fastidiosa che mi diceva che dovevo eliminarti. Quel pensiero non poteva essere scaturito dalla mia mente, non poteva né doveva: per quanto tempo mi sono sentito un invasato e per quanto tempo ho fatto finta di nulla, ma come un jingle lei continuava a ripeterlo. Cancellala, deve sparire, non la vuoi davvero, non ti merita.

 Erano le sue parole ossessive, ripetitive, ad un certo punto persino ovvie!

Bells, ero venuto qui con la ferma decisione di ucciderti. Non credermi se ti risulta impossibile, ma io ho corso  sotto la pioggia fin qui per farti fuori prima che il sole sorgesse e qualcuno potesse vederti: cosa stessi pensando, non lo so…in primo luogo a come eludere i Vampiri, disfarmi del cadavere, a Charlie, ai miei compagni – come avrei potuto giustificare le mie azioni?! – e la voce era presente, era eccitata, in fibrillazione…

Si faceva sempre più spasmodica e io più cercavo di reprimerla: in fondo aveva già vinto, non potevo darle anche la chance di prendere il controllo su di me.

Ma se adesso tremo standoti vicino e non la senti - nemmeno lui può ascoltarla! – allora forse sono guarito, forse lei intendeva solo condurmi a te.

Ed eccomi, senza alcun motivo valido con cui spiegare il perché io voglia ucciderti.

Forse non lo voglio, forse quello che voglio è diverso, è di più…Voglio dirti addio prima che lei, la sua voce -quella del Lupo- possa davvero convincermi che questo sia l’unico modo per arrivare ad un punto fermo.

Non sono abbastanza forte da resistere per sempre ai miei demoni, Bella.

Prima continuavo a dirmi che stavo commettendo un errore qualunque cosa facessi; mi rendevo conto che dalla tua prospettiva non riuscivi a vedermi, né io riuscivo a rendermi visibile. Immagina di vivere nella rassegnazione, nella totale solitudine…prova a mettere a fuoco come adesso io mi possa sentire, stretto in una morsa che non mi uccide ma neanche mi libera, costretto all’odio e all’amore più forti…Inerte, indifeso, soggiogato da una volontà padrona di istinti che pensavo di non possedere e ai quali mi sono ciecamente abbandonato, nonostante sapessi quanto fosse sbagliato. Perché pensavo stupidamente che tu fossi mia più della mia stessa vita e del corpo in cui ero e sono rilegato! Ora, senza promesse infrante, senza bisogno di mascherare ciò che provo, in qualche modo la mia anima è leggera, sebbene rechi ancora lividi e ferite lacere; così ho forse conquistato qualcosa che è un po’ meno sofferto e un po’ più confortante: la libertà di dirti che ti odio, che per me ormai la tua esistenza non ha più senso e che sarei felice di perderti per sempre.

Ho finalmente ottenuto di cedere all’ira senza timore di ferirti, gridando al mondo di assecondarmi perché per una volta Terra e Sole si sono scambiati i ruoli, imparando a mentire anche a me stesso dicendomi che chi rende infelici gli altri non è in grado di ottenere la felicità per sé. E nonostante le parole escano dalla mia bocca con più facilità, vorrei proprio non essere invasato da quest’euforia oscura per poterti dire quanto soffro della libertà che mi hai donato…”

S’interruppe e iniziò a carezzarmi i capelli con la mano libera.

“Sono abbastanza calmo per riconoscere il sangue che ribolle e arriva veloce al cuore e al cervello, mi offusca la vista e rende questo momento il peggior incubo di sempre: ci siamo io, te e l’ inquietudine, protagonisti di una fiction senza lieto fine dove non ci sono addii, ma semplici e ripetitivi arrivederci.

Ora odiami pure se vuoi, ma sappi che non potrei mai godere dei piccoli dolori che ti infliggo: non sono quel genere di persona. E’ l’amore che mi fa odiare chi amo, Bella,  e io amo te più di chiunque altro.

Anch’io.” Sussurrai quando la mano abbandonò il mio viso.

Nella mia voce strozzata c’era un che di mortificato: capivo che era colpa mia se eravamo tutti infelici, se presto chiunque avesse mai messo piede nella mia vita lo sarebbe stato. Era il mio egoismo, ero io: Jake aveva ragione, il suo rancore era del tutto giustificato.

Io dovevo morire.

Perché mi sentivo in pieno diritto di vivere? Perché mi sentivo amata? Vile fino in fondo, per orgoglio, per paura..di loro, della loro rabbia crescente, perché non avrei mai potuto controllare un sentimento tanto forte e sconosciuto alla mia natura, perché non avrei fatto altro che accrescerla gettando legna sul fuoco.

Adesso probabilmente qualcuno avrebbe continuato ad amarmi, qualcun altro avrebbe iniziato ad odiarmi: era destino forse che a combattere ci si ritrovasse sempre in qualche modo a perdere. Ma io avevo scelto, il mio cuore lo aveva fatto: stringevo forte il mio Jacob, era già una vittoria per entrambi. Probabilmente le lacrime erano servite a smaltire tutta la rabbia, ora mi sentivo davvero libera. Sapevo che occhi indiscreti mi trapassavano, che si erano caricati di tutto il risentimento da cui mi ero allontanata che lì vicino qualcuno soffriva, che dentro moriva a poco a poco.

Sentivo quasi i suoi sussurri.

 «Ora, ora mi fai male. Mi fai male lì, proprio lì. Lo vedi? E' il mio cuore.»

Ma quante volte i miei sussurri erano rimasti inauditi da chiunque, meno che da uno?

Ma ora, ora stavo bene.

Ora ero felice. Eravamo felici.

E questo mi bastava.

 

-Fine-

 

Che dire? Recensite, se volete. E spero che ve ne abbia fatto venire voglia!

Un bacio a tutte e grazie di aver dedicato tempo ai miei soliti scleri!

 

**

I personaggi qui trattati non mi appartengono ma sono proprietà degli aventi diritto. Mi appartiene soltanto questa fanfiction in ogni sua parte.

   
 
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