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Autore: ferao    19/09/2008    4 recensioni
Perché, talvolta, la crudeltà altro non è che lo specchio amaro di sua sorella sofferenza.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Peter Minus
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Mmm... non so dirvi il perché di questa raccolta. Fatto sta che la mia mente malata adora domandarsi i perchè e i percome dei personaggi a cui viene subitaneamente posta l'etichetta di "cattivi". E in genere la suddetta mente malata giunge alla conclusione che se sono "cattivi" un motivo c'è. Poi arriva la mano che accende il computer e mi fa capire che è meglio scriverlo, il motivo. E così sia...
Sinceramente non ho idea di come sia questa fic, ma se è mal scritta spero me lo farete notare. Se è ben scritta spero me lo farete notare lo stesso, così gonfierete il mio ego e vi regalerò al più presto un nuovo capitolo!!!

Abito da sposa

È bella.
È dolce.
È l’unica che ti abbia mai amato.
E tu la sposerai. Eccome, se lo farai.
Per una volta nella tua vita, sei certo di star facendo la cosa giusta. E senza l’aiuto dei tuoi amici.
Non hai nemmeno detto loro di lei, ma lo farai presto. Pregusti già i complimenti e gli auguri di tutti; il sorriso sornione di Moony, sempre discreto, anche nella gioia; la pacca sulla spalla di Prongs, che da quando è padre si sta dando una regolata e non farà battute cattive o piccanti; e Paddy, che invece non saprà risparmiarsi un “Anche il nostro Peter è diventato grande!”
Eh sì, sei diventato grande. Anche grazie a lei, al suo amore assurdo e ancora inconcepibile per te.
“Sì, perché di tanti ha scelto proprio me, e me solo, e non ci voglio ancora credere per paura che sia solo un sogno”.
E mentre giocherelli con la scatolina che tieni in tasca, ti domandi che viso può avere una donna a cui si chiede di diventare la tua compagna di vita.
Magari ti inginocchierai, ma non è il tuo stile, né il suo. È una ragazza semplice.
Allora farai così: la abbraccerai stretta, e poi le sussurrerai all’orecchio, e allora lei…

…e non sai più dove sei.

L’indirizzo era senza dubbio quello giusto, Peter Pettigrew c’era stato un’infinità di volte.
L’aria, però, era diversa.
Un gelo tremendo gli attraversò le ossa, mentre, senza sapere perché, correva verso la porta della casa di lei.
Aperta.
-C’è nessuno?-
La scarsa luce lunare gettava ombre cupe sulla stanza d’ingresso.
-Ehi?-
Peter accese la luce. E pensò subito che non avrebbe dovuto farlo.
Il padre della ragazza era a terra, rannicchiato, come uno stracci appallottolato e gettato via; la madre era appoggiata ad una sedia, come in un ultimo tentativo di tenersi in piedi.
Entrambi senza vita. Però Peter non si accorse di questo.
L’unica cosa che vedeva era l’assenza di lei.
E l’unico suo pensiero era il nome di lei, ripetuto all’infinito.
“Esther… Esther… Esther…”

Dopo aver passato la notte a cercarla in giro, tra le strade e fra i loro amici comuni, Peter dovette arrendersi all’evidenza che era stata presa. Da loro.
-Ce ne hai messo, di tempo, per capirlo-.
Se fosse stato Sirius, avrebbe ringhiato al suono di quella voce. Invece era solo Peter, il topo, e squittì voltandosi.
-Snivellus-.
-Wormtail. Sempre lento nei ragionamenti, come a scuola. Strano che tu non sia corso dai tuoi amici a chiedere aiuto-.
Peter sussultò. Snape aveva ragione. Era la prima volta che non si confidava con Remus, Sirius e James.
-Che cavolo vuoi?-
-Tu, piuttosto. Non vuoi rivedere la tua adorata filobabbana?-
Per una volta, Severus Snape si sentì superiore a quel patetico essere.

-Quando sarai di fronte a lui, ti inginocchierai e non lo guarderai mai fisso negli occhi. Ti rivolgerai a lui chiamandolo “Mio Signore”…-
Le parole colavano come fango dalle labbra di Severus, che le pronunciava con disgusto come se fossero fango per davvero, ma già Peter non lo ascoltava più. Stava cercando di capire il significato di tutta quella messinscena.
“Perché? Perché Esther?”
Come se gli avesse letto nel pensiero, Severus gli rispose: -Lord Voldemort ha sempre un perché. Presto lo scoprirai anche tu-.
-Tu! Tu sai perché sta succedendo tutto questo, vero?- chiese Peter, disperato.
Il gelido sguardo di Severus lo trapassò. –No, e non me ne curo-.
Mentre parlavano, Snape aveva condotto Peter nello scantinato di una casa in rovina e seminascosta. Quando vi entrarono, pronunciò delle parole in una lingua che Peter non aveva mai sentito prima. Ad un tratto vide le pareti ruotare sempre più velocemente, finché non si fermarono. Ma la stanza era cambiata. Le pareti erano di un color rosso acceso, illuminate debolmente da candelabri di varie dimensioni e adorne di tendaggi neri. Un camino acceso, nella parete opposta a dove si trovavano Peter e Severus, stagliava su di loro l’ombra di una poltrona su cui era seduto Lord Voldemort, con gli occhi chiusi come se dormisse.
Severus si schiarì piano la voce. –Mio Signore…-
-Grazie, Severus. Hai fatto un ottimo lavoro. Va’ pure ora-. Sebbene Voldemort avesse sempre gli occhi chiusi, Severus si inchinò profondamente, e lasciò la stanza da una porta che Peter non aveva notato.
-Così tu sei Peter Pettigrew, giusto? Aspettavo di vederti-.
Forse fu il tono di voce calmo e tranquillo, forse fu la punta di scherno nelle parole di Lord Voldemort; sta di fatto che Peter si sentì più coraggioso che in tutta la sua vita, e gli rispose gridando minaccioso. –Poche storie; dov’è Esther?-
-Pazienza, mio giovane amico-. Alzatosi in piedi, Voldemort superava Peter di tutta la testa. –Prendi esempio da me. Aspetto da almeno un anno di trovarti, eppure non ti sto urlando in faccia-.
Peter tacque, spiazzato. Una parte del suo cervello, salvatasi dall’inondazione di panico, stava ridendo della scena, in cui sembrava che Voldemort stesse giocando al gatto col topo. “Il topo. Già…”
-Comunque, per rispondere alla tua domanda- Voldemort si incamminò lentamente verso un tendaggio più ampio degli altri –la tua amica è qui, con noi. Dubito però che si possa disturbare-.
Al suo passaggio, il tendaggio si scansò senza rumore.
Peter gettò un alto grido.

La giovane donna era come sospesa nell’aria attorno a sé. I capelli dorati fluttuavano attorno al viso pallido – pallido come quello di un cadavere.
Indosso aveva un vestito bianco, che sembrava dovesse a tutti i costi sottolineare quel pallore.
Senza sapere esattamente cosa stesse facendo, Peter si gettò verso di lei. Fu respinto da qualcosa che gli mozzò il fiato e lo fece rotolare lontano, come un pugno.
-Campi di forza- sogghignò Voldemort, con aria compiaciuta. –A Severus piace molto dilettarsi in questi giochetti da cervelloni…-
-Che…-
-Guardala, Peter Pettigrew.- La lunga mano di quello che era Tom Riddle lo costrinse a rialzarsi e a tornare di fronte alla ragazza, che – ora l’uomo se ne accorse- era in una specie di coma. –Guardala, Peter Pettigrew, e dimmi se non è la più meravigliosa creatura che tu abbia mai visto. La fronte alta, le labbra soffici… e coraggiosa, anche. L’hanno dovuta schiantare in quattro, per tenerla a bada-. Altro sogghigno.
Peter stava lacrimando. “Fa’ che sia un incubo, per favore, fa’ che sia solo uno stupido incubo…”
-Vedi quello che indossa?- seguitò Voldemort impietoso. -È un abito da sposa. Nel mio villaggio c’era una tradizione: le ragazze giovani come lei potevano indossare l’abito da sposa solo in due occasioni. Una era per il loro matrimonio, ovviamente… ma se le poverine decedevano prima di quella data, erano vestite da spose per il loro funerale.-
“È un incubo, Peter, è solo un incubo, non può essere vero, non deve…
-Allora, mio piccolo amico! Faremo un matrimonio o un funerale?-
La risata orrenda, orrenda, di Voldemort fece capire a Peter che nemmeno i sogni possono essere tremendi come la realtà.

-Che cosa volete da me…- Usò il filo di voce rimastagli per formulare quella domanda.
-Lo sai, cosa voglio. Voglio che mi sia riconosciuto il potere che mi spetta di diritto, sui maghi e sulle streghe. Voglio che ogni creatura magica si prostri ai miei piedi. Voglio che i Muggle siano sterminati e ridotti a tornare ad essere i vermi che non hanno cessato di essere. Voglio James e Lily Potter, e voglio il loro figlio-.
-No!- L’urlo di orrore sorse spontaneo da Peter.
-Ovviamente, messa così sarebbe difficile da accettare. Mettiamola in un altro modo. Tu mi consegni i Potter, e consenti a me di diventare il mago più potente della terra. Io ti ricompenserò sopra ad ogni altro, avrai la gloria di servire per sempre me, il Signore di tutto il mondo magico e non… e soprattutto, la tua adorata Esther rimarrà in vita-.
Finalmente Peter capì il senso di quella macabra messinscena. James e Lily per Esther. Il piccolo Harry, con cui aveva giocato il giorno prima, per Esther. James, l’amico di sempre. Lily, la tenera Lily. Harry. E poi, quanti altri?
Avrebbe potuto dire di no, rifiutarsi e morire insieme alla sua donna, salvando centinaia, migliaia forse di vite innocenti.
Ma in realtà, non sapeva cosa fare.
“Se solo mi potessi parlare, Esther… Se mi dicessi cosa fare… Lo sai, io sbaglio sempre, non posso essere solo…”
La ragazza rimaneva muta, priva di sensi.
Nel lungo, penoso istante che precedette la vendita della sua anima al diavolo, Peter non ricordò i lunghi pomeriggi con i Malandrini a Hogwarts, né le notti di luna a correre con Remus. Non ricordò le ripetizioni di Lily né il sorriso sdentato di Harry, né James né Sirius. Ricordò solo l’anello che ancora teneva in tasca, e una promessa di vita insieme, nel bene o nel male che fosse.
Si inginocchiò sul duro pavimento di pietra, chinando il capo.
-Sono vostro, mio Signore-.
Voldemort annuì, come se assistesse ad un copione già provato e ben interpretato di cui conosceva a memoria le battute.
-Chi è il Custode?-
-Sono io, mio Signore-.
-Dove sono nascosti i Potter?-
-A Godric’s Hollow, mio Signore-.
-Sai che se questa non è la verità, sia tu che questa donna subirete una sorte peggiore della morte?-
Peter deglutì. -È la verità, mio Signore-.
-Eccellente. Hai scelto bene, Peter Pettigrew. Severus, vieni qui-.
Dalla stessa porta da cui era uscito, Snape rientrò, sul viso la stessa espressione imperscrutabile.
-Si, mio Signore?-
-Raduna i Mangiamorte, stasera siamo in missione. Voglio quanta più copertura possibile-. Si voltò verso Esther. –E di’ a Dolohov che la sua sposa è pronta ad unirsi a lui-.
A quelle parole Peter scattò. –Ma avevate detto…-
-…che ci sarebbe stato un funerale o un matrimonio! Chi ha detto che tu saresti stato lo sposo?-
Prima ancora che Peter potesse sprofondare nella disperazione, Voldemort stesso lo gettò in un baratro ancora più cupo. –Adesso sei mio per sempre- gli sussurrò vicinissimo all’orecchio. –Chi si vende come te può rimanere solo dalla parte di chi lo ha comprato. E comunque consolati, la tua Esther è pur sempre viva, e perlomeno la vedrai felice accanto ad un uomo migliore di te…-

Cammini nella notte. L’aria è fredda.
Bambini vestiti da fantasmini corrono felici in questo ennesimo Halloween.
Si celebra il ritorno dei morti sulla terra, e si scongiura con le risate la loro possibile malvagità.
Ma state attenti, bambini, perché un uomo morto cammina davvero sulla terra. Non è ancora malvagio, ma lo sarà, oh se lo sarà. Quando vedrà la sua donna da lontano, reclusa nelle sontuose prigioni di Antonin Dolohov, quando vedrà il puro disprezzo nei suoi occhi per una morte che non aveva voluto darle e che l’avrebbe salvata da quella vita, quando la vedrà penzolare dalla finestra con lo stesso vestito che indossava quella sera – come una maledizione – Peter Pettigrew diventerà malvagio. E ancora più attaccato alla sua squallida vita. Come un topo.

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Fiuuu... grazie per essere arrivati fin qui! Ammiro il vostro coraggio e il vostro stomaco.........
già che son qui, do un avviso ai lettori che mi seguono da più tempo:ho da poco aperto un account comune con la mia amica Grizabella (che per problemi tecnici non può ancora pubblicare le sue storie qui...);abbiamo già pubblicato una storia a quattro mani, e presto ne metterò online un'altra... se vi interessa, andate nelle pagine autori e cercate "Grizabella e Ferao". Grazie a chi avrà la pazienza di leggerci!!!

Ferao

   
 
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