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Autore: Sheep01    25/08/2014    2 recensioni
“Ehi tu…” un’eco nel candido nulla in cui stava affogando. “Dico a te… ragazzina…”
Fu il rumore del proprio cuore pulsante a riportarla alla ragione. Alla pseudo lucidità.
La bocca ancora impastata, le membra gelide, tremanti. Quando sentì il lieve tocco dello sconosciuto su di sé, scattò in lei qualcosa di antico, furibondo, letale. [...]
La lama affondò in qualcosa di… rigido. I suoi occhi misero a fuoco un bauletto. Nero. E poi, rialzando il tiro, a scrutare un paio di occhi grigio azzurro.
“Woah, ma che razza di ringraziamento sarebbe, questo?”
[Clintasha pre-SHIELD, pre-Avengers]
Genere: Azione, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 10

 

I think I've got a feeling I've lost inside
I think I'm gonna take me away and hide
I'm thinking of things that I just can't abide

(Roll With It – Oasis)

 

Natalia aveva appena fatto il suo quinto centro consecutivo.

Il fatto che Billy avesse allestito un mini poligono di tiro, proprio nello scantinato del locale, gli faceva supporre che non avesse smesso un solo istante, anche solo a livello mentale, di darsi alla sua attività… preferita.

“Dove hai detto di averla trovata?” stava indagando il ragazzone, all’apparenza piuttosto impressionato dalle capacità di tiro della giovane. Entrambi avevano alzato la testa dalle mappe che stavano studiando su un grosso tavolo da lavoro sul fondo dello stanzone.

“In un vicolo.”

“Dimmi quale vicolo… magari hanno cominciato una produzione industriale di fenomeni…”

Clint era rimasto lui stesso piuttosto impressionato dalla prestazione. Non che dopo la… famosa cosa delle cosce non fosse già persuaso delle sue capacità, ma che fosse anche una tiratrice provetta... Che volesse minare a quella che era la sua personalissima peculiarità?

Natalia aveva rimesso la sicura e, voltandosi nella loro direzione, levandosi le cuffie di protezione, aveva allungato la pistola a Billy.

“Dovesti ricalibrarla.” Gli disse solo, una ruga di disappunto fra le sopracciglia, “tende a deviare il proiettile a sinistra.”

Billy si rigirò la pistola fra le mani come se fosse stato in grado di constatarne il danno solo guardandola.

“Bè, grazie. Vedrò di farla sistemare.” Prese appunto mentale e Clint sbirciò Natalia con rinnovato interesse.

“È che sono anni che non la uso. E affitto questo posto a chi ha voglia di farsi due tiri… ma più di quello… Mi fa piacere averla riaperta per qualcuno che se ne intende.” Sorrise.

Natalia scoccò a Clint uno sguardo ambiguo prima di mettersi a sedere su una cassa di birre vuota a scrutare quello che stavano facendo.

“Quindi ora che facciamo?” domandò, come se dopo essersi sgranchita, non vedesse l’ora di entrare in azione.

Clint stronfiò qualcosa, mandando all’aria una matita.

“Stiamo ancora cercando di capire la quantità spropositata di sistemi di sicurezza che ha la casa di Malibù. di quel cavolo di Tony Stark.” E come, all’occorrenza, aggirarli.

Natalia si rimise in piedi, raggiungendoli al tavolo.

“Posso darci un’occhiata?”

Sapeva che quella richiesta sarebbe arrivata prima o dopo. Natalia doveva essersi trattenuta abbastanza, quasi fosse stata ben più che consapevole che facendolo avrebbe minato al loro orgoglio. Come se avesse loro regalato, se non altro, il tempo di venirne a capo da soli… peccato che nonostante la magnanima concessione, non avevano cavato un ragno dal buco.

Che figura di merda.

Billy aveva loro procurato piantine e tutto il resto da un tizio che conosceva un altro tizio che ai suoi tempi aveva aiutato a mettere in piedi il progetto, se non altro architettonico, di quella strabiliante catapecchia miliardaria.

Clint si chiese se non fossero un po’ troppi i tizi che erano a conoscenza del fatto che qualcuno voleva sapere come muoversi in quella villa. Questo accorciava di parecchio i tempi d’azione.

Natalia scrutava i progetti con una serietà tale che per un attimo Clint si trovò a pensare che ben presto sarebbe uscita con un piano di quelli inattaccabili. Un attimo dopo si trovò piantati addosso i suoi occhi verdi.

“Quell’uomo è un genio.” Constatò lei suscitando persino l’approvazione di Billy che a furia di annuire a quel modo, gli si sarebbe svitata la testa dal collo.
“Genio… parola grossa.” Aveva dovuto ribadire Clint, giusto per ridimensionare tutta quella solennità.

“È un sistema molto complesso. Innovativo, moderno, non sono nemmeno sicura che esista qualcuno, a parte lui, che sappia gestire materiale del genere.”

“Solo perché non te ne ricordi, non significa che non esista.” Puntualizzò Clint che ci teneva particolarmente a far valere la sua tesi… sulla minimizzazione del genio in questione.

“In ogni caso penso di poterci arrivare… con un po’ di logica.” Lo zittì con una certa qual aria di stizzita superiorità che non faticò a riconoscerle. Doveva aver toccato un tasto dolente. Peccato che non volesse offendere lei direttamente. Si diede mentalmente del coglione, prima di invitarla tacitamente a continuare.

“Datemi un paio d’ore.” La vide recuperare block-notes e matita, e poi, rivolgendosi a Billy, “e magari un tè?”

“Un tè?”

“Mh mh”, annuì sempre quella sola volta, “è un problema?”

“No, per niente. E tè… sia.” Dichiarò Billy, prima di sgomitare Clint, “Tè?” mimò con le labbra, con aria del tutto disgustata.

Come lo capiva…

 

*

 

Erano decisamente passate più di un paio d’ore da quando Natalia aveva messo mano a quei progetti.

Tanto più che probabilmente Stark poteva aver cambiato le carte in tavola almeno un centinaio di volte, dalla costruzione della villa.

La cosa positiva era stato riuscire ad individuare, quantomeno, dove erano situati tutti i sistemi di sicurezza, dopo un attento esame della struttura. E infine quelli che probabilmente a loro più interessavano: il sotterraneo che presumibilmente l’uomo usava come personalissimo laboratorio.

Si era concessa ben più di un tè nel processo. L’appetito era tornato feroce verso l’ora di cena, ma non si era fermata. Non era nemmeno del tutto sicura di cosa Billy si fosse preoccupato di prepararle, o di cosa avesse inconsapevolmente ingerito.

Sapeva solo che non poteva fermarsi, almeno non fino a quanto non fosse arrivata a capo di qualcosa.

La sua concentrazione spinta ai massimi livelli, gli ingranaggi che avevano preso a muoversi in modo frenetico, febbrile.
Quando ebbe concluso si sentì esausta come dopo una lunga sessione di allenamento. La testa le pulsava dolorosamente, ma non di quel dolore che ormai aveva imparato a riconoscere che preannunciava una qualsivoglia crisi.

Era una stanchezza di quelle che accompagnavano una certa soddisfazione, di quelle che suggeriscono che sei riuscito a concludere qualcosa di buono, qualcosa che, ne era sicura, non provava da tanto, troppo tempo.

Aveva raccolto gli enormi fogli dei progetti, arrotolandoli uno sull’altro e finalmente si era rimessa in piedi, pronta a portare le sue soluzioni ai due complici a delinquere.

Quando aveva rialzato la testa sul poligono, aveva individuato almeno tre frecce conficcate nel centro del bersaglio.

Clint?

E quando diavolo aveva peso ad allenarsi? Possibile non se fosse accorta?

 

Tornò al locale e si rese conto che Billy era troppo preso con la clientela per poterle dare veramente retta. Lo aveva salutato con un cenno del capo, senza intralciarlo.

“Dov’è Clint?” gli domandò solo, mentre lui barcollava fra la distribuzione di un Margarita e un cocktail dal nauseabondo odore di ananas.

“Di sopra.”

“In camera?”

“No, di sopra… sul tetto.”

Sul tetto.

Natalia era rimasta ferma al centro del locale a fissare Billy che elargiva sorrisi calorosi a tutti, a chiedersi come mai una risposta del genere sembrasse non turbare nessuno tranne lei.

Trovare il tetto della palazzina non fu poi così difficile: una rampa di scale, una porticina tenuta malamente insieme da una catenaccia arrugginita ed era fuori.

Il vago cigolio della porta non sembrò che il verso di un gabbiano in cerca di cibo.

Individuò Clint rapidamente. La sua sagoma si stagliava nettamente contro il cielo notturno, accanto al parapetto. La gambe presumibilmente penzoloni dalla parte opposta, nel vuoto.

Serrò le mani sui progetti su cui tanto aveva lavorato, tormentata fra l’impazienza di dimostrargli che aveva finalmente un piano e l’incertezza nel non volerlo disturbare.
Sembrava, per la prima volta, che Clint avesse spontaneamente cercato un angolo solitario dove passare del tempo senza la sua… ingombrante presenza.

Ingombrante. Adesso si sentiva ingombrante?

Ingombrante e ricolma di un senso di colpa che non era più tanto sicura di saper gestire. Si rispose da sola.

Perché non era stata sincera con lui. Perché lo aveva prima ricattato, poi ingannato e adesso stava solo cercando il modo meno doloroso per poterlo sfruttare un’ultima volta e arrivare al bandolo della matassa.

Perché ciò che aveva parzialmente scoperto dai suoi test clinici e la sua cartella medica avevano scatenato in lei l’urgenza di finire alla svelta quella assurda ricerca. Perché sapeva di non avere più troppo tempo a disposizione.

Perché sapeva che, presto o tardi, sarebbero venuti a riprendersela… perché Natalia Romanova – così aveva capito di chiamarsi, per intero – non apparteneva a se stessa, ma a qualcun altro.

Un oggettino prezioso che era stato rilasciato, a cui stavano solo dando il tempo di cavarsela da sola… prima di decidere che non ne era in grado?

E lei doveva, seguendo un folle istinto, essere in grado di cavarsela da sola, prima che qualcosa di orribile – la sensazione era opprimente tanto quanto i suoi incubi – le si scatenasse addosso. A lei… e a Clint.

E, a lui, non poteva permettere che accadesse niente di male.

Niente che lo precipitasse in quell’orrore di cui lei stessa sembrava essere pregna.

 

Si rese conto di essere osservata solo quando concluse tutta quella sequenza preoccupante di considerazioni mentali.

Clint si era accorto di lei.

“Volevi tendermi un agguato?” aveva esordito con la solita, malcelata leggerezza.

Natalia non fece altro che osservarlo un'ultima volta, per rimettere insieme le idee.

“E tu volevi suicidarti?”

Clint ci mise un po’ a rielaborare una risposta, ma doveva aver deciso che una risata avrebbe sciolto abbondantemente il dilemma.
“Che cavolo fai lì impalata? Vieni qui. Devi vedere una cosa veramente forte.”

Veramente forte. Il facile entusiasmo di Clint non le suggeriva niente di troppo fenomenale. In ogni caso, il suggerimento le diede una scusa per avvicinarsi.

“Che stai guardando?” gli chiese, allungando lo sguardo oltre il parapetto. La città tutta si dispiegava luminosa intorno a loro.

“Il mare. Io dico che è più efficace, visto da questa prospettiva.”

La macchia nera, oleosa, nella quale si riflettevano le luci della baia, aveva un che di inquietante.

“Perché non puoi vederci i bambini che ci fanno pipì dentro?” indagò, chinandosi in avanti, posando i gomiti, ancora affatto pronta a seguire il suo esempio e a mettere i piedi nel vuoto.

Non era certa di poter sopportare una disquisizione più o meno filosofico-poetica. Non da un tipo come Clint almeno e non con il mal di testa che si ritrovava.

“Buon punto”, lo sentì rispondere, meditabondo, “ma pensavo più al fatto che sembra un enorme buco nero…” fece per interromperlo con un’altra stupidaggine, onde evitare il trasporto sentimentale di quella considerazione, ma lui fu più rapido, “e ci vedrei scorrere alla grande i titoli di testa di Star Wars… nella linea di orizzonte.”

Natalia scoppiò a ridere. Ma ridere veramente.

Per un attimo aveva pensato al sopraggiungere di una conversazione piuttosto scomoda. Ma il fatto che avesse potuto dubitare proprio di Clint…

“Che ridi? Non ti sembra?” aveva parlato sopra lo scoppio della sua risata. “Immagina: Tanto tempo fa…”

“… in una galassia lontana, lontana…”

Clint le diresse uno sguardo stupefatto, prima di allungarle una mano aperta a palmo.

Natalia ricordò vagamente di dovergliela, per qualche arcano rito, schiaffeggiare.

Lo schiocco fu solenne e vagamente liberatorio.

“L’allieva che supera il maestro… mi sento così orgoglioso in questo momento.” Dichiarò lui soddisfatto, con esagerata enfasi, prima di occhieggiare, finalmente, i progetti di casa Stark.

“Sei riuscita ad arrivare a capo di qualcosa?”

Natalia si issò allora sul parapetto, con un balzo che per poco non gli fece prendere un colpo. Si era sbilanciata in avanti, tenendosi in bilico solo sulla braccia, prima di ricadere seduta le gambe penzoloni come lui.

“Ti avevo detto che ci sarei riuscita.”

“Non farlo mai più…” lo sentì gridacchiare isterico, la mano sul petto a sottolineare il suo sconcerto.

“Che cosa?”

“Questo. E se fossi caduta di sotto?”

“Mi avresti afferrata?”

“Magari no.”

“Magari avresti fatto bene.”

Clint si zittì e le lanciò uno sguardo criptico.

“Quindi… abbiamo un piano?” decise di glissare e lei gliene fu grata. Anche perché non era sicura, con il peso di un pomeriggio di studi, di riuscire a sostenere un'ulteriore menzogna.

“Abbiamo un piano”, confermò, “vuoi parlarne ora?”

“Potremo risparmiarcelo per domani mattina? Mi pare che siamo entrambi... piuttosto stanchi.”

Natalia si limitò ad annuire.

Il tempo di discutere i piani, capire i movimenti del giovane Stark… e… la cosa avrebbe iniziato il suo corso verso la conclusione. Non c'era motivo di correre, non quella sera, almeno.

“Magari dovremmo festeggiare.” Propose improvvisamente Clint.

“Non si dovrebbe festeggiare dopo? Quando tutto si è concluso?” aveva anche perso la memoria, ma certe cose erano ovvie anche per lei.

“Io festeggio sempre prima.”

“Perché?”

“Nel caso andasse male… almeno non avremmo comunque perso l’occasione, no?”

Il ragionamento, per una volta, le sembrò filare. Dunque le parve un giochetto al quale le sarebbe piaciuto giocare.

“E in che modo festeggi di solito?” indagò non del tutto certa che fosse una buona idea chiederglielo.

E Clint si passò una mano fra i capelli, come sempre faceva quando c’era qualcosa che lo metteva a disagio.

 

*

 

La ragazzina aveva sempre quella caratteristica tutta sua di metterlo a disagio anche quando non aveva la più pallida idea di cosa avesse scatenato.

La risposta a quella domanda era multipla, c’erano tante varianti… e la più ovvia non la poteva certo andare a raccontare a una minorenne.

Demente lui e a quando gli era venuto in mente di parlare di festeggiamenti.

Ma che cazzo ne poteva sapere che la faccenda gli si sarebbe rivoltata contro? E poi era vero che festeggiava sempre… prima.

Gli arrivò un’ispirazione divina fra un vaffanculo e un porca merda.

“Diciamo che ci sono diversi modi di festeggiare, mh?” gli sembrò di tergiversare e poi si voltò verso di lei, “vediamo: nomina la prima cosa che ti viene in mente vorresti fare, sapendo che magari poi non ne avrai più l’occasione, se tutto dovesse andare storto.”

“Mi sembra… contorto.”

Contorto? Nel suo cervello funzionava alla grande.

“Un po’, magari”, le concesse con una punta di paternalismo. “Ma una cosa… ti verrà pur in mente, no?”

“Fammi un esempio.”

“Ahm…” sembrava essersi incastrato nella sua stessa domanda, “non lo so. Tipo mangiare una pizza?”

Gran trovata, quella della pizza.

“Quindi una delle cose che desideri ardentemente fare prima di finire male… è mangiare una pizza.”

“Era un esempio! Perché cazzo devi sempre essere così fiscale?”

“Non lo sono. Chiedevo solamente. Hai mai mangiato una pizza per festeggiare prima di un colpo?”

Clint scosse la testa, frustrato.

“No. Ma non è questo il punto.”

“Lo è. Fammi un esempio concreto, affinché io possa avere un riscontro reale.”

“Ah? Come diavolo ti salta in mente di parlare?”

Natalia lo fissò con aria di rimprovero misto a spazientita aspettativa. E di regola era un atteggiamento che non riusciva ad ignorare. O sopportare.

“Oh, che cazzo ne so? Ubriacarmi?”

“Ti ubriachi prima di un lavoro importante?”

“No.” Stronfiò, mentre Natalia continuava a fissarlo con quegli occhi indagatori… e accusatori.

“Clint, continui a non…”

“Sesso.” La interruppe bruscamente.

“Come?”

Adesso lo costringeva persino a ripeterlo? Era una sadica, ecco cosa!

“Sesso. A volte festeggio con quello. Scarico la tensione. Fiù, via tutto. Sesso. Ecco come festeggio.”

Lo aveva detto, e si sentiva anche liberato di un certo qual peso. Il tabù di parlarne con una ragazzina. Grazie al cielo non era ancora stato maledetto dalla nascita di un figlio. Immaginare di dovergli spiegare il procedimento api e…

“Quindi dovremmo fare sesso?”

… fiori. Ah?

“NO!” inorridì, mentre il panico gli serpeggiava lungo la schiena, lo stomaco, i testicoli…

Si era persino ritratto da quella inquietante presenza dai capelli rossi che tutto sapeva e tutto indagava.

“Hai detto che è così che festeggi.”

“Ma quando sono solo!”

“Quindi fai sesso… da solo?”

“NO!”

“E allora di cosa stiamo parlando?”

“Stiamo parlando di...” si interruppe, scalciando un piede nel vuoto, “volevi un esempio concreto e ti ho fatto un esempio! Ora sei tu che devi dirmi come vorresti festeggiare.”

Natalia parve fissarlo come se quell'esempio non fosse esattamente ciò che si era attesa.

Il silenzio divenne inquietante quando rimase zitta per più di cinque minuti consecutivi.

“Possiamo anche andare a mangiare una pizza... sai?” le suggerì alla fine.

“Possiamo anche restare qui a parlare?” le chiese lei all'improvviso, interrompendo quell'imbarazzante pausa.

Parlare. Parlare non era esattamente la prima idea che gli saltava in testa se pensava a dei festeggiamenti.

“Immagino che... si possa fare.” si trovò a rispondere prima di avere la possibilità di indagare ulteriormente. Se quello era veramente ciò che avrebbe preferito fare, nell'ipotesi di non poterlo più fare in futuro...

Improvvisamente la realtà di quella considerazione gli si palesò di fronte agli occhi più nitidamente dei titoli di testa di Star Wars. In sequenza più o meno simile... a dissolversi nello spazio siderale.

 

Natalia desiderava passare del tempo a conoscerlo, piuttosto che mangiarsi una pizza.

 

E no... insomma, sapeva che era più di quello, ma cercò di non perseverare con quel pensiero per non finire con i titoli di testa di Star Wars a sciogliersi nello spazio siderale.

 

*

 

Le ci era voluta meno di mezz'ora per ritrovare la strada per la spiaggia.

Aveva chiacchierato con Clint per almeno due ore, appollaiati su quel tetto – come a lui sembrava piacere tanto – a raccontarsi stupidaggini senza senso. Nessuna rivelazione trascendentale, nessun patetico racconto di vita vissuta. Il mal di testa le si era dissolto come neve al sole.
Forse era vero che ridere faceva bene al cuore... e alla testa.

Aveva raccolto abbastanza vibrazioni positive per dirsi soddisfatta dei festeggiamenti così come Clint li intendeva. E doveva essere sincera: le era piaciuto.

Le era piaciuto e al tempo stesso le aveva fatto male. Male al petto, in uno sconquasso che aveva rischiato di farla annegare nel bel mezzo della notte. Perché realizzare che, per sua stessa decisione, ben presto avrebbe perso tutto quanto, le provocò una voragine nel petto, che ebbe la sensazione si sarebbe concretizzata nell'ennesimo malessere. Però la nausea non ce l'aveva... il fatto che non riuscisse a dare un nome a quello che sentiva, dentro, nello stomaco, le diede il suggerimento adatto ad abbandonare momentaneamente l'ospitalità di Billy e a trovare del tempo per stare sola.

Sapeva di aver preso una decisione stupida e altrettanto pericolosa.

Ma la cosa peggiore fu che, per un attimo, un misero azzardato attimo, quasi si augurò che chi la stesse cercando, chiunque la stesse cercando, la trovasse. E mettesse fine per lei, a quella storia. Alle sue paranoie. Che decidesse per lei il destino che si sarebbe meritata.

Poi però pensava a Clint. Pensava a tutto quello che stava facendo per lei. E no, non riusciva più a farlo. O a pensarci senza sentirsi un verme.

Un circolo vizioso di quelli belli grossi. Di quelli che avrebbero finito con l'annientarla.

 

Furono i colori sgargianti di un falò sulla spiaggia ad attirare la sua attenzione: qualcuno si stava divertendo. O per dirla alla Clint: qualcuno stava festeggiando.

Tutti quegli assaggi di normalità... una normalità che, ormai era certa, non le apparteneva affatto.

Fu una voce conosciuta a farla voltare.

“Ma dai, non ci credo. Natasha di New York?”

Gli occhi di lei si posarono sul volto abbronzato del ragazzo a cui aveva restituito la palla solo il giorno prima.

Alan.

“Ehilà...” si limitò a un saluto pacato, celando piuttosto bene la sorpresa.

Questo, per tutta risposta le si avvicinò, affatto inquietato dal suo aspetto un po' malaticcio. Forse doveva pensare, come quello stesso pomeriggio, che fosse solo una pallida newyorchese.

“È bello rivederti così presto... sei qui con quel tuo amico... ?” lo vide allungare il collo, un po' nervoso, come a cercare Clint, evidentemente. Non le era affatto sfuggito il modo in cui lo aveva dardeggiato con gli occhi, solo il giorno prima, per chissà quale motivo.

“No, sono sola.”

“Oh... figo.”

Figo... sembrava piacergli molto quella parola.

Forse era solo un termine con cui si esprimevano i giovani della sua età.

Registrò l'esclamazione come a volerla fare sua, in qualche assurdo modo.

“Magari vuoi unirti a noi? C'è una specie di festa. Un paio di birre... qualcosa da... fumare.”

La guardò in attesa di una risposta che non sapeva come regalargli. E alla fine le sue labbra parlarono prima che il cervello potesse preventivarlo.

“Okay… figo.”

Alan sembrò così estasiato dalla risposta che la prese per mano e la trascinò al falò per presentarla a tutti gli altri.

 

Non seppe dire esattamente quanto avesse bevuto. O fumato. Ma veder quella massa di ragazzini perdere lucidità, sebbene lei non sembrasse affatto sull'orlo del baratro come più della metà di tutti loro, la fece precipitare in una cupa depressione. Perché le diede un'idea piuttosto precisa di ciò a cui non era affatto abituata.

Sembravano divertirsi a rimanere ottenebrati da tutto quell'alcool o dal fumo, ma se c'era una cosa che aveva capito in quelle poche settimane era che non esisteva niente... niente di peggio che rimanere imbrigliati in qualcosa che ti faceva perdere il controllo.

Il controllo era tutto. Il controllo era quella parte di lei che sentiva più familiare.

Il controllo.

Controllare le situazioni.

Saperle gestire e girarle a suo favore.

Adesso sapeva.

Sapeva di cosa poteva essere capace. Ne aveva avute delle brevi rivelazioni il giorno in cui era riuscita in qualche modo a manipolare il povero Clint, ma adesso... adesso forse sarebbe stata in grado di raggiungere il passo successivo.

Con il camionista ciccione era stato facile. Ma lo sarebbe stato altrettanto con una persona che... forse, in qualche modo, a pelle, le piaceva?

Lanciò uno sguardo ad Alan che stava aprendo l'ennesima lattina di birra.

Se ci fosse riuscita con lui, forse avrebbe superato l'ultimo ostacolo per potersi liberare definitivamente del senso di colpa che provava nei confronti di Clint.

Di quella sensazione di familiarità che l'avrebbe solo rallentata. E assicurata a un finale oscuro.

Fu istintivo come se fosse abituata a farlo da tempo immemore.

 

Aveva sfilato la lattina di birra dalle mani di Alan e si era avvicinata a lui con una confidenza che non le apparteneva. Il passo ad agganciare i suoi occhi per convincerlo a fare ciò che probabilmente desiderava dal momento in cui l'aveva invitata a quella buffonata di festa, fu fin troppo breve.

Trovò le sue labbra che sapevano di birra e sale. Il suo alito caldo, la sua lingua. Un bacio che per quello che ricordava non aveva mai destinato a nessuno o che, forse, aveva regalato a troppe persone di cui non le importava niente per ricordarsene.

Le mani cercarono i suoi capelli ammorbiditi dall'acqua di mare, gli occhi si chiusero dietro le palpebre e per quell'attimo riuscì a fingere.

Fingere di essere tutto ciò che sentiva di non essere.

Fingere di godersi quella fresca serata di fine luglio.

Fingere di aver deciso finalmente il suo modo di festeggiare.

Fingere di baciare Clint Barton.

 

Adesso sì... che si sentiva abbastanza sporca per poter cancellare dietro quella marea di lordume... tutto il suo senso di colpa.

 

*

 

Clint si raddrizzò sul letto come una molla, quando la porta della camera si aprì.

Aveva individuato la sagoma di Natalia ancora prima di metterla del tutto a fuoco, nella penombra.

Le prime luci dell'alba spuntavano dalle tende della finestra e aveva un gran mal di testa.

“D-dove sei stata?” era ancora mezzo rincoglionito dal sonno ma non ancora così stupido da non essersi accorto della mancanza della ragazza.

Si era alzato almeno un paio di volte per pisciare e il suo letto era sempre stato vuoto.

Aveva deciso di non preoccuparsi troppo per non insultare il tacito patto che sembravano aver stipulato su quello stupidissimo tetto solo la sera prima.

Insomma quel patto che li vedeva ormai complici in qualcosa che avrebbe dovuto concludersi, nel bene e nel male.

Avevano persino “festeggiato” per celebrarlo. E per lui, i festeggiamenti, erano sacri.

Anche senza il sesso. Dopotutto.

La vide trascinarsi al suo letto e slacciarsi le Converse.

“A fare un giro. Non riuscivo a dormire.”

A Clint sembrò un tono di voce troppo simulato. Ma forse era solo perché era stanca lei. O era... stanco lui.

“Potevi svegliarmi...”

“Dovevi riposare. Domani è un gran giorno e tu sei l'eroe della storia, no?”

“Eroe... non direi... proprio.” si grattò la testa confuso dalla piega assurda della conversazione, “se io sono l'eroe tu che cosa sei, allora?”

La domanda era uscita sulla scia di tutte quelle stupidaggini che si erano raccontati sul tetto del palazzo.

“Forse solo il cattivo destinato a morire.”

Clint non seppe dire se fu di nuovo il tono o il fatto che Natalia non lo avesse guardato una sola volta mentre gli parlava, ma sentì qualcosa di perverso aleggiare nell'atmosfera, peggio di una colonna sonora particolarmente tensiva.

“Nat...” aveva pronunciato il suo nome solo una volta, ma lei gli aveva già dato le spalle.

Rimase fermo a osservare la sua schiena a lungo, prima di decidere di rimettersi a dormire... e sperare che quella brutta sensazione allo stomaco si dissolvesse con la luce del giorno.

 

___

 

Note:

Siamo sull’orlo del draaaama. No in realtà non proprio, ma Natalia comincia ad avere delle idee piuttosto precise sul ruolo che vuole avere nella storia. Il furto alla magione Stark si avvicina, ma quella sarà la prova meno difficile che i nostri si troveranno ad affrontare.

Nessun appunto particolare se non i soliti ringraziamenti di rito: alla socia e beta come sempre e a tutti i lettori silenti o meno. Grazie.

Per chi è in vacanza, per chi è tornato, per chi non è mai partito… ci sentiamo alla prossima.

  
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