Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: IrethTulcakelume    26/08/2014    2 recensioni
Secondo voi sarebbe stato possibile che Harry avesse accettato la mano di Draco?
Beh, secondo me sì.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
PICCOLA PREMESSA: Ho mischiato la versione del libro e quella del film, perché mi piaceva tantissimo il fatto che Harry e Draco si conoscessero già prima di vedersi ad Hogwarts, giusto per farli rimuginare un po’ prima della “scena decisiva”; la scena del film sullo scalone… mi è sempre piaciuta tantissimo, quindi ho inserito questa a discapito di quella sul treno. Harry è parecchio OOC, molto più intollerante di quello vero… ma mi serviva per far andare la storia. Non sono per niente sicura che sia venuta bene, per cui… per le ultime cose ci vediamo alla fine!
 
UNA STRETTA DI MANO

- Forza Draco, non c’è tempo di passare dall’Emporio delle Scope, dobbiamo andare da Madama McClan per la divisa scolastica! – disse con fermezza Narcissa Malfoy, prendendo dolcemente la mano sinistra di suo figlio che, come al solito, camminando per la via principale di Diagon Alley, era rimasto dieci minuti buoni con il naso spiaccicato contro la vetrina dell’Emporio. Quanto avrebbe voluto una scopa nuova! Era appena uscito l’ultimo modello della Nimbus, e Draco, in un modo o nell’altro, l’avrebbe ottenuta.
- Va bene, mamma, arrivo subito. – sbuffò un po’ abbattuto. Si incamminarono verso la sartoria, e appena arrivati li accolse una strega tarchiata, sorridente e vestita color malva. Guardandolo, però, il suo sorriso si attenuò lievemente: sapeva chi aveva davanti. Si ricordava ancora quei capelli biondo platino e quegli occhi argentati.
- Siete qui per comprare la divisa scolastica per Hogwarts, vero, signora Malfoy? – disse con fare quasi servile la donna.
- Ovviamente, signora McClan. – rispose Narcissa indifferente.
- Allora, se vuole seguirmi, signorino…
A quelle parole, la donna bionda sorrise compiaciuta: adorava il rispetto e la riverenza con la quale veniva trattata la famiglia Malfoy. Draco lasciò la mano della madre, che gli disse con voce calma: - Io vado a vedere le bacchette da Olivander… tu fai il bravo, eh?
- Certo. – disse il bambino, ed esibì la sua migliore faccia da angioletto, facendo quel sorriso che gli faceva venire le fossette sulle guance. Sapeva bene che la madre si sarebbe letteralmente sciolta vedendolo. Seguì Madama McClan nel retrobottega, adibito alla prova delle divise. Proprio quando aveva finito di prendere le misure, sentì il campanello della porta trillare. Chiamò la sua assistente, consegnandole le misure del biondino.
La signora, però, non era stata l’unica ad accorgersi dell’arrivo di un altro cliente. Anche il piccolo Malfoy, infatti, aveva sentito il suono del campanellino, e la sua attenzione era stata subito catturata da un paio di occhi verdi, malcelati dietro le lenti di grandi occhiali rotondi, pieni di nervosismo e curiosità. Subito dopo, si accorse della zazzera di capelli neri sulla sua testa. Quel particolare lo fece sorridere: i suoi genitori – in particolare suo padre – gli avevano sempre insegnato a curarsi e ad essere impeccabile ed elegante. Non sapeva perché, ma quel visetto così… ingenuo, forse, lo aveva sin da subito incuriosito. Aveva un qualcosa di particolare, qualcosa che lui non aveva mai avuto – che non aveva mai potuto avere: quella curiosità genuina, la possibilità di mostrare le proprie emozioni. Lui, educato all’autocontrollo più ferreo dall’esigente Lucius Malfoy, non poteva – non doveva – mai mostrare troppo interesse per qualcosa. Eppure, quei capelli corvini e quegli occhi espressivi avevano fatto breccia nella sua corazza. Accortosi di quello che gli stava succedendo, si ricompose, e attese l’arrivo del ragazzino, determinato a conoscerlo meglio.
- Ciao – disse, appena il bambino si fu seduto di fianco a lui. – Anche tu a Hogwarts?
- Sì. – gli rispose semplicemente. Lui non aveva mai il permesso di parlare tanto con uno sconosciuto, o almeno, non in compagnia dei suoi genitori. Eppure, il senso di colpa che in genere lo assaliva quando disubbidiva non arrivò ad attanagliargli lo stomaco. Perché, in un certo senso, sentiva di conoscere già quel bambino di fianco a lui.
- Mio padre, nel negozio qui accanto, mi sta comprando i libri, e mia madre sta guardando le bacchette, un po’ più avanti. – disse, ostentando una voce annoiata e strascicata. Non poteva lasciarsi andare completamente, forse perché non voleva scoprire subito le carte, forse per abitudine. – Dopo li porterò a vedere le scope da corsa. – in un certo senso confidava ancora nel padre… - Non capisco proprio perché noi del primo anno non possiamo averne di personali. Penso che costringerò mio padre a comprarmene una e la porterò a scuola di nascosto, in un modo o nell’altro. - …appunto.
Si fermò un attimo. Voleva che l’occhi-verdi-mozzafiato di fianco a lui assimilasse tutto quello che gli aveva detto. Sapeva di star parlando tantissimo, ma la sua lingua era stata tenuta a freno per troppo tempo. – E tu ce l’hai, una scopa tua?
- No.
- Non giochi a Quidditch?
- No.
- Io sì. – disse compiaciuto Draco. – Papà dice che sarebbe un delitto se non mi scegliessero per far parte della squadra della mia Casa, e devo dire che non posso che essere d’accordo. – Sì, era decisamente molto compiaciuto. – Tu sai già in quale Casa andrai a stare? – In cuor suo, sperava che rispondesse…
- No. - … va beh, non importa.
- Beh, nessuno lo sa veramente finché non si trova sul posto, non è vero? Ma io so che starò a Serpeverde: tutta la nostra famiglia è stata lì. Pensa, ritrovarsi a Tassorosso! Io credo che me ne andrei, e tu?
- Mmm… - Draco stava per lanciarsi in sproloqui contro tutte le altre Case di Hogwarts, soprattutto contro Grif…
- Ehi! Guarda quello! – disse indicando con un cenno del capo la vetrina principale.
- Quello è Hagrid. – disse il bambino. Nel pronunciare quel nome gli s’illuminarono gli occhi. Oh, come avrebbe voluto essere lui a far illuminare così quegli occhi…
Basta, Draco, datti un contegno. Pensò il biondino. Cosa ti salta in testa? Neanche lo conosci… “E allora? Chissenefrega se non lo conosco…” E va bene, ma per lo meno togliti dalla faccia quell’espressione idiota, prima che lui se ne accorga. “Mmm… è vero, hai ragione.”
Terminato il piccolo dialogo con se stesso, Draco si ricompose – ma cosa gli faceva quel ragazzino? – e disse sospettoso. – Oh, l’ho sentito nominare. Cos’è? Un inserviente, vero?
- È il guardiacaccia! – gli rispose accalorandosi il moretto, facendo guizzare le lenti degli occhiali.
- Sì, proprio così, ho sentito dire che è una specie di selvaggio… vive in una capanna nel comprensorio della scuola. Ogni tanto si ubriaca, cerca di fare delle magie e finisce con l’appiccare il fuoco al suo letto.
- Secondo me, è fantastico. – gli rispose gelido.
- Davvero?  - disse Draco sogghignando. No, non era proprio capace di resistere allo stuzzicare le persone che gli stavano attorno… maledetta abitudine, non voleva trattare male quel bambino. Cercò di rimediare con un po’ di sana curiosità: - Ma perché sei con lui? Dove sono i tuoi genitori?
- Sono morti. – rispose, cercando di troncare sul nascere la conversazione.
Contegno Draco, contegno. Non puoi abbracciarlo qui e ora… Calma, non ti alzare, non abbracciarlo… Bene, respira a fondo, espressione indifferente… Ottimo. – Oh, scusa. Ma erano come noi?
- Erano una strega e un mago, se è questo che intendi. – Sembrava irrigidirsi sempre di più.
Bene, Draco, questo è il momento perfetto per usare il tuo miglior tono strascicato e dirgli quello che pensi. Fiero delle tue opinioni, mi raccomando! – Io non penso che dovrebbero permettere agli ‘altri’ di frequentare, non trovi? – Da quando sei indeciso quando fai domande retoriche mentre parli? “Oh, ma sta’ zitto, una buona volta!” – Loro non sono come noi, non sono cresciuti alla nostra maniera. Pensa che alcuni, quando hanno ricevuto la lettera, non avevano mai sentito parlare di Hogwarts. Secondo me, dovrebbe limitare la frequenza alle più antiche famiglie di maghi. A proposito, come fai di cognome?
Ma prima che il bambino avesse avuto il tempo di rispondergli, Madama McClan lo chiamò, per dirgli che aveva finito e che poteva andare. Proprio mentre si stava allontanando verso la porta, Draco ebbe il tempo di dire un’ultima cosa. – Bene, penso che ci rivedremo a Hogwarts.
E non vedeva l’ora… Oh già, non era mai stato tanto impaziente.
 
***
 
Harry si stava avviando verso l’uscita, quando udì la voce strascicata del biondino con cui aveva parlato fino a pochi secondi prima. – Bene, penso che ci rivedremo a Hogwarts.
Ebbe appena il tempo di lanciare un’occhiatina risentita, quasi come a chiedergli scusa per il modo in cui se ne stava andando. Certo, quel ragazzo non era esattamente un concentrato di simpatia, e forse parlava un po’ troppo, ma aveva un non so che di… Sì, Harry, si chiama bellezza. Cavolo, non poteva fare altro che darsi ragione. Quei capelli biondo platino pettinati accuratamente, gli occhi grigio-argento, che s’illuminavano quando parlava di quello che gli piaceva.
Se c’era qualcosa di certo, era che non solo il biondino nel retrobottega di Madama McClan era impaziente di andare ad Hogwarts, e non solo per cominciare le lezioni.
 
***

Finalmente era arrivato il grande giorno. – Allora, Draco, sei pronto per andare ad Hogwarts? – gli disse orgoglioso Lucius.
- Certamente, padre! – rispose eccitato il bambino. Se solo avesse saputo perché era così felice di salire sull’Espresso…
Il binario 9 e ¾ era stracolmo di gente, ma Draco era interessato solo ad una persona. Si alzava di continuo sulle punte e volgeva il capo a destra e a sinistra, non appena vedeva che il padre era distratto, nella perenne ricerca di una testa corvina. Chissà dove sarà… pensò.
- Forza, vai dai tuoi amici. – disse Lucius indicandogli due ragazzini che già conosceva: Tiger e Goyle. Diciamo che poteva considerarli alla stregua di elfi domestici.
- Subito, padre. – rispose impassibile. In quel momento voleva ben altra compagnia. Sempre in cerca di un paio di occhiali rotondi, di diresse insieme ai due sul treno. Mentre cercavano una carrozza vuota in cui sedersi, i tre passarono davanti ad una quasi vuota. C’erano solo… Finalmente l’ho trovato!... Oh. E un ragazzo. Dai capelli rossi. Pieno di lentiggini. Con gli abiti usati. No… non può già avermi rimpiazzato! “Draco, non ti ha rimpiazzato, neanche vi conoscete…” E smettila! Dici sempre le stesse cose… e poi, insomma, tutti, ma non un Weasley!
Proprio mentre stava intrattenendo quest’interessante conversazione con se stesso e decideva se fare irruzione nella carrozza, colse un frammento di conversazione…
- A proposito, io Ron, Ron Weasley. – disse il rosso. Come immaginavo.
- Io sono Harry, Harry Potter. – Ah. Beh, questo cambia tutto.
Ron stava strabuzzando gli occhi. Anche Draco avrebbe voluto farlo, ma il suo autocontrollo impeccabile gli impose un’espressione di muta indifferenza.
- Forza, che avete da guardare? Muovetevi idioti! – disse, più a se stesso che ai suoi compagni. Doveva riordinare le idee.
Insieme a Tiger e Goyle, che lo seguivano come cagnolini, si sedettero in una carrozza vuota. Presto furono raggiunti da altri tre bambini: dissero di chiamarsi Theodore, Blaise e Pansy. Non che gliene importasse più di tanto. Per tutto il viaggio rimase zitto, rispondendo a monosillabi e solo quando era strettamente necessario. Non riusciva a smettere di pensare a lui… a Harry Potter.
Insomma, cercando di mettere un po’ d’ordine della sua testa: lui, Draco Malfoy, figlio di un Mangiamorte, vale a dire figlio di un servitore di Lord Voldemort, si era… interessato ad Harry Potter, i cui genitori erano stati uccisi dal “capo” di suo padre. Naturalmente, non era obbligatorio che Potter lo venisse a sapere, ma nella mente di Draco questo costituiva un ostacolo. Ostacolo? Draco Malfoy ottiene sempre quello che vuole, Signore Oscuro o meno!
 
***

- A proposito, io sono Ron, Ron Weasley.
- Io sono Harry, Harry Potter.
Pronunciando queste parole, Harry rischiò di far prendere un infarto a Ron, che strabuzzò gli occhi.
- Allora, allora hai davvero, voglio dire… la… la… cicatrice? – disse il rosso, enfatizzando un po’ troppo per i gusti di Harry la parola “cicatrice”. Si impose un sorriso cordiale, rispondendo: - Oh, sì…
Proprio mentre stava parlando, gli sembrò di vedere dei capelli biondi scomparire rapidamente. Gli era sembrato anche di sentire la sua voce…
Va bene, Harry, se proprio vuoi continuare ad essere ossessionato da questo biondino-occhi-d’argento, aspetta almeno di arrivare ad Hogwarts. Non dovrebbe essere così faticoso passare tutto il viaggio con questo Ron Weasley, no?
Beh, su questo, Harry si sbagliava di grosso. Per tutto il tragitto sul treno, Ron non fece altro che parlare, e parlare, e parlare… Almeno avesse la sua voce… “Smettila!” Ma come faccio a smettere di pensare a lui? Che diamine…
Continuò a lambiccarsi il cervello e sopportò Ron con la sua miglior serie di espressioni stupite e tutti gli “Ah” e “Mm” adatti al contesto. Durante il tragitto, entrò nella loro carrozza una ragazzina con i capelli più incasinati che avesse mai visto. Disse di chiamarsi Hermione Granger… dopo aver fatto il suo trionfale e saccente show a lui e al suo compagno di viaggio, si alzò dal sedile e uscì dalla carrozza tutta impettita. Harry quasi non fece caso a quell’apparizione non proprio desiderata, e attese con impazienza l’arrivo ad Hogwarts, sperando di poter vedere ancora il biondino a cui ancora non sapeva dare un nome.
 
Naturalmente, quella cozza di Ron non si staccò da Harry nemmeno un minuto, e gli restò appiccicato anche durante la traversata in barca fino alla scuola. Ma questo qui sa camminare da solo? Arrivò a chiedersi stizzito.
Arrivati all’ingresso della scuola, Hagrid bussò, e si ritrovarono di fronte ad una donna dal viso severo, vestita di verde scuro.
- Ecco gli alunni del primo anno, professoressa McGranitt.
- Grazie, Hagrid. Da qui li conduco io. Seguitemi.
Li fece salire su uno scalone di pietra, che metteva quasi in soggezione i ragazzi appena arrivati. Nessuno riusciva a smettere di guardarsi intorno: chi con stupore, chi con curiosità, chi con menefreghismo… - Miseriaccia, Harry! Questo posto è… è semplicemente… - a quel punto Ron restò con la bocca semi aperta, non riuscendo a trovare le parole per descrivere il castello. Eppure Harry, pur salendo sull’austero scalone di pietra scura, pur guardando a volte spaurito quei ritratti che sembravano ammiccare ad ogni suo passo, riuscì solo a pensare: Finalmente a casa…, anche se, in effetti, per sentirsi davvero a casa, mancava qualcosa. Harry non seppe dare un nome a quel qualcosa finché non si girò a sinistra, vedendo spuntare tra la folla di undicenni una chioma biondo platino. Lo guardò per qualche secondo, quando il suo nuovo-amico-cozza gli tirò il bordo della divisa dicendogli: - Hey, siamo arrivati.
- Sì, sì, certo. – rispose riscuotendosi. Lui e Ron le si fermarono a pochi metri, e subito la McGranitt iniziò a parlare.
- Benvenuti a Hogwarts! Dunque, tra qualche minuto varcherete questa soglia, – disse indicando un portone di legno dietro di lei – e vi unirete ai vostri compagni. Ma prima che prendiate posto, verrete smistati nelle vostre Case. Sono Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. – pronunciando il nome dell’ultima Casa, non poté fare a meno di sbirciare in direzione del biondino, che si era sistemato contro il corrimano dello scalone. – Per il tempo che starete qui, la vostra Casa sarà la vostra famiglia. I trionfi che otterrete le faranno guadagnare punti, e ogni violazione delle regole le farà perdere punti. – disse, marcando particolarmente le ultime due parole. – Alla fine dell’anno, alla Casa con più punti verrà assegnata la Coppa delle Case.
Proprio in quel momento, un ragazzo dallo sguardo semi-allucinato gridò: - Oscar! – correndo verso un rospo, che era praticamente ai piedi della McGranitt. Quest’ultima lo guardò un po’ schifata, ma subito si ricompose. – Mi scusi. – disse in tono sottomesso il mal capitato, e tornò nelle retro vie.
- La Cerimonia dello Smistamento inizierà tra pochissimo. – concluse finalmente la professoressa, sparendo dietro al portone che aveva poco prima indicato ai bambini.
Harry si chiese come fosse possibile suddividere così, in quattro “categorie”, così tanti ragazzi, ognuno con i suoi sentimenti, le sue caratteristiche, le sue incertezze… e si domandò, quasi timoroso di quell’eventualità, come sarebbe stato far parte della “famiglia” del ragazzino biondo che ormai aveva monopolizzato la sua attenzione. Stava per girarsi nuovamente verso di lui, quando sentì un frusciare di vestiti, che proveniva proprio dalla sua sinistra…
 
***
 
Era da quando si erano fermati ad ascoltare la McGranitt che Draco stava sbirciando verso Potter. Il fatto che il ragazzino avesse quel brillio negli occhi che neanche le spesse lenti degli occhiali riuscivano a nascondere, certo non aiutava il biondino a distogliere l’attenzione da lui. Ora basta, Draco, devi smetterla di pensare a lui in questo modo ossessivo… Oh, certo, la mente di Draco stava cercando di dirgli di stare alla larga da Harry Potter. È irraggiungibile, prima o poi saprà chi sono i tuoi genitori e che cosa hanno fatto. “Lo so, lo so maledizione!” Pensò frustrato, ma c’era qualcosa in quel ragazzo, il modo di sorridere ingenuo, quei capelli disordinati, e quegli occhi, che gli dicevano che forse – forse – sarebbe riuscito a farsi accettare, magari ad aprirsi… Draco Malfoy non era mai stato tanto insicuro di se stesso come in quel momento.
Si impose la sua solita espressione sogghignante, e attese pazientemente che la McGranitt terminasse il suo discorso, e appena scomparve dietro al portone di legno, decise di giocarsi il tutto per tutto.
- È vero allora.

 
***
 
- È vero allora. – tutti quanti si girarono verso la fonte di quella voce, che Harry aveva già riconosciuto. Non… sorridere… diamine… aspetta di sentire cosa dice. – Quello che dicevano sul treno. – Che cosa dicevano sul treno? “Oh, sta zitto, fammi ascoltare!” – Harry Potter è venuto a Hogwarts.
A quelle parole, tutti i ragazzi presenti cominciarono a borbottare. Tra i sussurri indistinti che si percepivano su e giù per lo scalone, due parole spuntarono fuori prepotenti: Harry Potter. Il diretto interessato lo guardò con stupore: cosa stava facendo? Beh, non gli interessava granché: era già troppo tempo che non ascoltava la sua voce… era come assuefatto.
Nel frattempo, il biondino si era girato completamente verso di lui, e lo puntava esplicitamente con lo sguardo.
- Loro sono Tiger e Goyle. – disse indicando con il capo due ragazzi piuttosto grossi alla sua destra. – E io sono Malfoy, - si avvicinò, si avvicinò pericolosamente al suo viso… - Draco Malfoy. – gli sorrise in modo disarmante… Che bel sorriso che aveva… Stava per dire qualcosa, qualsiasi cosa, anche solo per farlo continuare a parlare, quando il rosso alla sua destra scoppiò a ridere.
Draco lo guardò con aria di sufficienza. – Il mio nome ti fa ridere, eh? – gli soffiò contro. Ma come si può anche solo pensare che qualcosa di suo faccia ridere? “La vuoi smettere di parlare?! Voglio sentire cosa gli risponde.” Anch’io! Non vedo l’ora che finalmente qualcuno lo faccia stare zitto.
- Non c’è bisogno che ti chieda il tuo. – lo guardò dall’alto in basso. – Capelli rossi, una vecchia toga di seconda mano, devi essere un Weasley. – sottolineò malignamente l’ultima parola. Tutto dello sguardo del biondino gridava: Gira al largo da ciò che è mio! A Harry quasi dispiaceva per la cozza, ma ricevere tutte quelle attenzioni da Draco era… semplicemente impagabile. – Scoprirai che alcune famiglie di maghi sono migliori di altre, Potter. – dicendolo scoccò un’occhiataccia a Ron, che ritirò la testa nelle spalle. – Non vorrai fare amicizia con le persone sbagliate. – Stava ancora guardando Ron, sputando veleno dagli occhi. Basta guardare lui! Guarda me, guarda me! Proprio mentre Harry lo stava pensando, Draco finalmente si girò verso di lui, cambiando subito espressione. Conservava ancora quella lieve espressione sogghignante, ma i suoi occhi dicevano tutt’altro: erano dolci, avvolgenti… Gli sembrava impossibile che un ragazzino di undici anni potesse fare quell’effetto con un solo sguardo. – Posso aiutarti io.
Pronunciando quella frase, allungò la mano, come per invitarlo a stringerla.
Harry guardò quella mano, tesa verso di lui. In quella mano poteva esserci tutto, poteva esserci una famiglia a cui appartenere, un futuro di cui fare parte, una grande amicizia… o forse di più. Ma lui non pensava a tutto questo, oh no, pensava solo: Mi sta chiedendo di… aiutarmi. Sì, perché anche se quella frase poteva sembrare di semplice discriminazione verso la famiglia di Ron, in realtà, dietro quelle poche, semplici parole, si celava una richiesta di poterlo conoscere meglio, di poter stare di fianco a lui…
Harry svuotò la mente. Adesso basta pensare. Ora devo decidere. Forse, se avesse negato la sua amicizia a Draco Malfoy, la storia sarebbe andata diversamente. Ma quando avvicinò il suo palmo a quello di Draco, non lo poteva – non lo voleva – sapere. Non gli interessava. Nella sua testa c’era spazio solo per il sorriso raggiante che il biondino gli rivolse, e alla scintilla di felicità che illuminò quegli occhi argentei.
E quando il Cappello Parlante gli chiese se voleva essere smistato in Serpeverde, lui pensò soltanto a loro, a quelle iridi luccicanti, e rispose senza esitazione che sì, voleva restare con Draco, accanto al punto focale della sua attenzione, anche a costo di scottarsi.

 
Eccomi qui! Allora: che dite… accettabile come cosa? Spero di sì. Perdonate i possibili errori grammaticali e… ditemi cosa ne pensate! 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: IrethTulcakelume