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Autore: Tomoko_chan    26/08/2014    8 recensioni
E’ qualcosa di sconfinato e incredibilmente potente ciò che mi serra il fiato ad ogni passo, ad ogni azione sbagliata; finalmente so cosa mi attanaglia, ne prendo coscienza quando intravedo in lontananza la figura di quella bella casa bianca e curata e al contempo così terribilmente tetra e triste, dove un tempo il mio migliore amico e la sua futura sposa vivevano insieme felici, mentre adesso rimane solo lei: il mio è senso di colpa, è la Coscienza che mi spreme e mi schiaccia ad ogni passo falso.
E’ qualcosa di sconfinato e incredibilmente potente ciò che mi serra il fiato ad ogni passo, e non ha limiti.

Partecipante al contest "Le stagioni del cuore" indetto dalle Giudici LadyUchiha23, manga e sasuk8.
[Angst][Yin e Yang][Afterhours][NaruHina][Erotico][Songfic]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Pacchetto: Blu (Nostalgia/tristezza)
Canzone: La vedova bianca – Afterhours

 La Vedova Bianca.
                         
                                     ~Rialzarsi 

E’ questa, la mia pelle? Sono qu.este le mie mani?
Non so più darmi una risposta; ho la sensazione di non essermi mai conosciuto fino in fondo, di non aver mai saputo chi sono realmente, e adesso non mi riconosco. Sono queste le mie braccia? Questi i miei capelli? Questi pozzi azzurri mi sono mai appartenuti? E’ sempre stato questo il colore della mia epidermide?
Questo dilemma mi assale ancora una volta, all’ingresso di casa, proprio quando sto per uscire. Il grande specchio posto sulla parente sembra diventare imponente in confronto a me, che continuo a sentirmi più piccolo rispetto al resto dell’umanità – un verme, ecco cosa sono, non merito neanche di strisciare su questa terra. Osservo il mio riflesso, analizzo la mia pelle bronzea, i folti e incontrollabili capelli biondi, squadro il mio volto, scruto dentro i miei occhi cerulei – ed è lì che mi perdo, che non trovo me stesso, non riconosco il ragazzo esuberante e carismatico, né l’artista, né l’uomo deciso e istintivo. Non trovo nulla di ciò che ero un tempo nel mio riflesso; il malessere cresce ed io mi sento sempre più smarrito e confuso, come se dovessi imparare a camminare e non sapessi da dove cominciare. E’ qualcosa di profondo, intimo, segreto, che non riesco a capire.
 
 
 
C’è qualcosa dentro di me
 
 
Indosso la giacca di pelle ed esco sapendo che qualcosa, dentro di me, si è spostato, scheggiato o forse addirittura spezzato – mi sento un giocattolo rotto, una bambola senza testa, un corpo vuoto. Eppure c’è qualcosa, dentro di me, che ha confuso tutti gli equilibri, come una malattia infettiva che degenera in fretta, qualcosa di deleterio, corrotto e corrosivo, autodistruttivo, terribilmente sbagliato.
 
 
Che è sbagliato
 
 
E’ qualcosa di sconfinato e incredibilmente potente ciò che mi serra il fiato ad ogni passo, ad ogni azione sbagliata; finalmente so cosa mi attanaglia, ne prendo coscienza quando intravedo in lontananza la figura di quella bella casa bianca e curata e al contempo così terribilmente tetra e triste, dove un tempo il mio migliore amico e la sua futura sposa vivevano insieme felici, mentre adesso rimane solo lei: il mio è senso di colpa, è la Coscienza che mi spreme e mi schiaccia ad ogni passo falso.
E’ qualcosa di sconfinato e incredibilmente potente ciò che mi serra il fiato ad ogni passo, e non ha limiti.
 
 
E non ha limiti
 
 
Busso alla porta come sempre, allo stesso orario, perché so bene che il campanello è rotto e passerà ancora molto tempo prima che venga aggiustato. Dopo poco, in mezzo a quel silenzio assordante, sento dei passi lenti avvicinarsi e dopo poco lei appare sulla soglia, gli occhi perfettamente truccati, la bianca palle quasi cadaverica, jeans e maglietta sformati, come sempre, e due grandi e spesse linee scure chiamate occhiaie a rimarcare la profonda stanchezza e depressione. Mi fa entrare, mi offre da bere con gesti abituali, si siede accanto a me sul divano e mi chiede della mia giornata. Le parlo, con parole lente e dispersive, troppo concentrato a osservarla per riuscire a formulare un discorso serio e coinciso; non posso fare a meno di pensare che soltanto un mese prima la donna che mi sta davanti possedeva due occhi candidi e ridenti, un sorriso leggero e soave di cui non ho più notizie, cura per se stessa e per gli abiti che portava, e un dolce e delicato profumo di buono. Quel profumo, dalla delicata fragranza di cocco e lavanda, è ancora nell’aria, ma ormai è sbiadito, è perso fra i suoi capelli color notte, come il ricordo di quella donna speciale che era stata rimpiazzata da una distrutta dal dolore, severa, più fredda – come lo era lui – sola e, soprattutto, con gli occhi più spenti del mondo. C’è qualcosa, dentro quella donna, che riesco a capire perfettamente – né riconosco l’aroma e il sapore.
Intorno a Hinata Hyuuga aleggia l’odore amaro e pungente della tristezza.
 
 
E c’è qualcosa dentro di te
 
 
Potrei anche giustificare la presenza di quel qualcosa dentro di lei; sarebbe del tutto normale essere tristi e nostalgici quando un pezzo di te se ne va insieme alla persona che amavi; affrontare una morte, di qualsiasi tipo sia, è sempre e comunque doloroso, ma quando è proprio l’unica persona di cui non riesci a fare a meno ad abbandonarti, l’unica per cui moriresti tu stessa, allora non si può nemmeno definire dolore quello che provi: non ha un nome, è orrendo, pauroso e insopportabile, ti logora da dentro e non hai modo per contrastarlo. Ma in Hinata c’è qualcosa di sbagliato, ed è lei stessa a confermarmelo, quando si protende verso di me a cercare famelica e bisognosa le mie labbra, come fossero acqua da gettare su quell’incendio che divampa nel suo corpo e che la consuma, la consuma dall’interno, finché di lei non rimarrà che cenere. E’ sbagliato.
 
 
Che è sbagliato
 
 
E so bene cosa prova, posso parlare di tutte queste emozioni perché mi appartengono: sono tangibili, le posso toccare con mano, assumono forme, hanno volti, occhi che mi fissavano inquietanti e mi sottraggono la mia voglia di vivere minuto dopo minuto. So cosa prova Hinata, so perché è cambiata, la ragione è la stessa della mia, la Morte anche, il defunto pure: c’è qualcosa di sbagliato che ci deteriora, e ci rende simili.
 
 
E ci rende simili
 
 
Mi bacia, con una foga che non ci si aspetterebbe mai da una persona come lei. Hinata era dolce, genuina, timida e remissiva, elegante, soave e leggera, come una dea. Era una persona onesta, sensibile e altruista – adesso è irriconoscibile, come lo sono io. Dai racconti del mio migliore amico, era lui quello focoso della coppia, mentre adesso, Hinata, la bella e dolce Hinata, è aggressiva, violenta e passionale. Hinata mi bacia, sento il sapore ferroso del sangue in bocca, mi morde, mi esplora, entra dentro la mia anima con una facilità che mi disarma. Le mie mani si muovono in modo automatico, una la avvolge, l’altra si perde fra i suoi capelli d’ebano e la sospinge verso di me. Ogni mia cellula si protende e si ampia verso di lei, sensibile ai suoi tocchi, alle sue mani fredde che vanno dappertutto, a quei fili di notte che mi sfiorano il collo, al suo corpo che si spinge sul mio. Rabbrividisco, ardo e fremo per lei e non so come sia possibile. So solo che è sbagliato, perché le labbra di questa vedova bianca non mi appartengono, sono sue ed è un illecito desiderarle per me. E’ un bacio sporco, sbagliato, malato, profanato dalla depressione e dalla nostalgia eppure, mentre la sua lingua calda mi divora, non riesco a pensare ad altro che a lei, a lei, lei, tanto che le insicurezze scivolano via da me, si allontanano, così come il senso di colpa e il dolore; lei è capace di cancellare tutti i miei incubi.
 
 
E un bacio sporco sa
Spogliarmi il cuore dagli incubi
 
 
E’ un bacio forte, il suo, è aggressivo e doloroso, ma non mi fa pensare più a niente: quelle labbra mi raccontano storie di uomini e donne, di baci rubati, segreti o appassionati, di amore libero e sfrenato – su quelle labbra affiora la verità tenuta segreta per secoli: la chiave per la felicità è la disobbedienza in sé a quello che non c’è*.
 
 
Un bacio sporco sa
Come un miliardo di uomini
 
 
Me la spingo addosso, ricerco ancora il suo profumo unico e lo trovo lì, dietro l’orecchio, alla radice dei capelli; mi sveste velocemente, si spoglia e mi si preme addosso, baciandomi ancora – ricerca in me quel calore che una volta le apparteneva e il mio sangue bolle sotto le mie vene, vittima di un fuoco impetuoso che arde solo per lei. So perfettamente cosa significa: vuol dire che sta lentamente perdendo la vita e che ha bisogno di me per ricordarsi che sapore ha questa parola sulle labbra – lei non ci crede più, pensa che per lei sia finita senza di lui, è diventata cinica, mentre una piccola parte di me sopravvive ancora alla crudezza della nostra realtà, è speranzosa, crede in una vita nuova, e lei ci si aggrappa con tutte le sue forze. E allora io la invito a cercare quella piccola porzione del mio cuore che ancora batte, forse illudendosi, dentro di me: me la spingo ancora più vicino, rabbrividisco per la sua pelle fredda contro la mia, l’eccitazione sale su per la colonna vertebrale e il piacere raggiunge i miei sensi mentre ascolto il suo cuore battere veloce, a riprova che forse c’è ancora qualcosa in lei di salvabile. Tento, con carezze lente, di calmarla e quasi ci riesco; sento le sue spalle rilassarsi e le sue mani si abbandonano sul mio petto – è finalmente in mio potere. La mia mano scende sulla sua schiena e sento distintamente che si sta affidando a me.
 
 
Vieni a fare un giro dentro di me
O questo fuoco si consumerà da sé
E se una vita finisce qua
Quest’altra vita presto comincerà
 
 
Le sposto i capelli con un gesto della mano e assaggio la carne del suo collo con dolcezza, per poi scendere con baci lenti verso il petto. Solo dopo mi rendo conto di aver sbagliato, quando ormai ho preso a lambire il suo seno vorace e voglioso, dimenticandomi di tutto e dello scopo che mi aveva pervaso il cuore fino a poco prima: si agita, il piacere la invade, sospira e torna violenta. Si alza, mi attira a sé avvicinandomi il viso al suo e mentre mi bacia con passione raggiungiamo la camera da letto. Basta la sua mano affusolata lievemente premuta sul mio petto per lasciarmi abbandonare sul letto, obbediente al suo volere. Lentamente sale su di me, lambendo ogni parte della mia pelle, che adesso arde più di prima. Gioca con me, mi prende in giro, sono completamente in balia delle sue mani e della sua bocca, non mi rendo neanche conto che mi ha fatto appoggiare alla testiera del letto a baldacchino finché non la sento stringermi forte e graffiarmi la schiena quando si lascia scivolare lungo la mia erezione, trattenendo un urlo, facendomi gemere. Le sue mani sono su di me ed io non capisco più niente, lei va sempre più veloce e io mi perdo in quell’abisso di piacere, che mi fa dimenticare tutto, in cui solo lei è capace di portarmi. Ogni colpo è un pezzo d’anima che vola via ed io divento succube del suo desiderio, perché lei non mi ama.
 
 
Nel tuo letto la novità
È fare a pezzi l’anima
 
 
Lei non mi ama e fa sesso con me, ma io, quando la sfioro, sto facendo l’amore. E’ possibile? Mi lascio illudere dalle sue mani, dalla sua bocca che mi parla senza dire niente, dal suo cuore che su di me si schiude facilmente, perché né posseggo la chiave. Anche adesso mi illudo, io non possiedo niente e lei non è mia, anche se lo vorrei, ormai da settimane, perché lei è diventata il mio aguzzino ed io ho magicamente la sindrome di Stoccolma. La amo, la adoro, la venero, perché lei è il mezzo per capirmi, perché capisco lei; giacché la malattia che ci corrode è la stessa, poiché abbiamo quel qualcosa di sbagliato che ci rende simili. M’illudo, ogni sera vado da lei alla stessa ora, mi lascio cullare da questa utopistica visione. Persevero, insisto, costruisco l’ennesimo castello in aria senza alcuna fondamenta, curo le foglie: saranno forti se riesco a ignorare che gli alberi son morti*. Maledico il mio modo vigliacco di restare sperando che ci sia… qualcosa che non c’è*.
 
 
Ma la violenza della stabilità
E’ un modo di morire a metà
 
 
Mi bacia ancora con quel bacio sporco che elimina tutti i miei demoni interiori e so che ha lo stesso effetto su di lei, perché c’è qualcosa dentro di noi che è sbagliato e ci rende simili. Per questo, la amo.  E se la perdessi… i demoni riaffiorerebbero più forti di prima.
 
 
E un bacio sporco sa
Spogliarmi il cuore dai demoni
E c’è qualcosa dentro di noi
Che è sbagliato e ci rende simili
 
 
I nostri corpi ormai si muovono all’unisono, in simbiosi, perché io capisco lei e lei capisce me, so cosa vuole, o almeno credo. I nostri respiri affannati mi smuovono le ossa e mi lasciano incapace di muovermi o di respirare. Mi lascia senza energie, mi prosciuga, ruba la mia forza vitale per andare avanti. Mi tira indietro i capelli con forza e mi bacia ancora ed io sento il freddo che mi attraversa, come un milioni di anime. Vengo con un gemito strozzato, insieme a lei, che si aggrappa a me e mi stringe forte, cercando di ritrovare il ritmo naturale del respiro. Ancora una volta, mi lascio illudere da quel gesto, convinto che, forse, lei potrebbe essere mia… che, chissà, una vita ci attende.
 
 
Un bacio sporco sa
Come un milioni di anime
E se una vita finisce qua
Quest’altra vita presto comincerà
 
 
Si scosta e si butta sul letto affianco a me, nuda. Allunga una mano sul comodino senza neanche guardare e afferra un pacchetto di Malboro e un accendino. Lei non fumava, odiava che il suo futuro sposo lo facesse, eppure, quella che ha fra le labbra, è una delle sue sigarette. Appena la accende, l’odore del tabacco e della nicotina invade l’aria, ricordandomi che fa male, che fa ammalare, esattamente come quello che noi continuiamo a fare da settimane. Continuiamo a cercarci, a logorarci, anche se non ci porta da nessuna parte, e ci consumiamo in fretta come quella sigaretta che Hinata fuma avidamente, per poi buttarla via dopo pochi minuti. So che può gettarmi via allo stesso modo, lo so nello stesso istante in cui finalmente incontro i suoi occhi freddi e glaciali, privi di luce. Quando facciamo l’amore, lei non mi guarda, tiene gli occhi chiusi per non trovarsi i miei davanti, troppo diversi da quelli della persona con cui in realtà desidera fare l’amore.
Non mi guarda.
 
 
 
So che puoi
Gettarmi via
 
 
Malgrado ciò so perfettamente quello che desidera, perché lo voglio anch’io: vuole dimenticare, essere felice, vivere. Ma è troppo, troppo presto: la malattia ha bisogno di cure e premure, di tempo per passare, di giorni passati a riposare, di una convalescenza lunga e sicura. Non potremmo mai avere la vita che desideriamo, se non aspettiamo, perché se ci provassimo troppo presto, la nostra febbre potrebbe tornare a farci male.
 
 
Ma ciò che vuoi
Lo voglio anch’io
E’ troppo, troppo presto
E’ male
 
 
« Naruto? »
 
Mi chiami, la tua voce è calda e mentre pronunci il mio nome una ventata che sa di tabacco mi raggiunge, nonostante sia ancora seduto sul letto, distante da te. Ti guardo, i tuoi occhi opachi hanno qualcosa di strano che mi ammalia, mi intrappola e, nonostante ciò, mi distrugge.
 
« Forse ti amo. »
 
Menti, sei una bugiarda: mi prendi in giro perché sai di illudermi e deludermi ogni dannata sera, ti senti in colpa e allora vuoi recuperare in qualche modo, perché hai paura che io non torni più da te e distrugga quel poco di quiete che hai trovato – paura di non potermi più rubare l’energia vitale per vivere. So che quando staremo bene, mi amerai; ci spero con tutto il cuore, almeno. Ma stai anticipando i tempi, è troppo presto, e le tue parole non servono a farmi stare bene, a farmi credere in qualcosa di più: tu ci crederesti mai che sia Primavera, se non vedessi i fiori sbocciare?
 
 
Le tue labbra sono nude
Sai che è solo il tempo
A rivelare la stagione
 
 
Non rispondo, mi fermo a osservare il suo corpo sinuoso, quella pelle candida che le è valso il modo in cui la chiamo nei miei pensieri: vedova bianca. Vorrei farla stare bene, farla vivere, farla respirare; da lungo tempo ormai non sono più me stesso proprio perché ammorbato da questo desiderio e dal dolore della perdita. Mi avvicino a lei, mi stendo al suo fianco, le sfioro una spalla con un bacio, inoltrandomi poi sul suo collo e sul suo viso. La sento respirare piano, attendermi, la sua bocca socchiusa mi aspetta e allora la bacio ancora, con dolcezza, con gesti lenti e amorevoli, esalando il mio ultimo respiro di vita, che le regalo con tutto il cuore. La invito ancora a cercare quel pezzo di cuore speranzoso che mi è rimasto e ad aggrapparvisi con tutte le sue forze: io la attendo, non aspetto altri che lei e mi lascio trasportare dalle stesse emozioni, dagli stessi baci sporchi che scacciano i miei incubi e i miei demoni, alla ricerca di quel qualcosa che è sbagliato e ci rende simili.
Attendo che questi baci diventino candidi.
 
 
 
Vieni a fare un giro dentro di me
O questo fuoco si consumerà da sé
Un bacio sporco sa
Spogliarmi il cuore dagli incubi
Un bacio sporco sa
Come un miliardo di uomini
E anche tu hai qualcosa dentro di te
Che è sbagliato e ci rende simili



 
¤
 
 
 
 

 
Fletti il collo e volgi il viso al cielo, mentre un sole caldo e per niente delicato ti accarezza la pelle. La tua pelle soave si è colorita, non sei più la vedova bianca dei miei sogni, ma una donna diversa, nuova. Il tuo volto è rilassato, il volto più pieno, le occhiaie sono quasi scomparse. Profumi di buono, di casa, di affetto, di cocco e lavanda: distinguo queste fragranze nonostante l’odore palese di salsedine che viene dal mare che stiamo guardando, insieme.
« Naruto? »
 
Mi chiami ancora, sempre allo stesso modo, ma stavolta, nel tuo sguardo bianco, leggo una dolcezza dedicata solo a me. Mi avvicino, estasiato, e ti poso un bacio leggero fra i capelli lasciati in balia del vento.
 
« Ti amo. »
 
E stavolta ci credo, ci credo davvero, le tue labbra non sono più nude, ma vestite di una verità sublime e di un amore da cui traggo vita e ispirazione. La malattia ha fatto il suo corso e ti ha abbandonato per sempre? Non lo so, ma so che stai meglio, grazie alle mie iniezioni quotidiane di vita. C’è qualcosa di nuovo per te, che ricominci a brillare di una luce tutta tua che presto avrà limiti sconfinati, facendo invidia ai più. E c’è qualcosa di nuovo, finalmente, anche per me, che renderà invidiosi tanti altri come lo sono di te.
Ci sei tu.
 
 
 
 
C’è qualcosa di nuovo per te
E’ sbagliato perché non ha limiti
E anche tu hai qualcosa per me
E’ sbagliato ma ci rende simili
 
 
 
 
 


 
 
*cit. “Quello che non c’è” – Afterhours
 
 
Note dell’Autrice:
Questa è una storia cruda e difficile da capire, ne sono ben consapevole. Il futuro marito di Hinata e miglior amico di Naruto è morto – come e chi esso sia è lasciato all’immaginazione dell’autore.
I due, per consolarsi, per riprendere a vivere, fanno affidamento l’uno su l’altro, e fanno abitualmente l’amore. La storia parte da una riflessione su se stesso, perché, essendosi innamorato (e portato a letto) la fragile vedova del suo miglior amico, si sente in colpa nei suoi confronti e ciò lo consuma, perché è qualcosa di sbagliato che non si dovrebbe fare ma che invece, i due, non riescono a evitare. E’ una colpa comune che li rende simili, e da qui la canzone, che calza a pennello.
La storia non doveva essere questa. Doveva essere una long molto più complicata, dove Naruto era morto e Hinata lo rivedeva ovunque, per pazzia o come fantasma, con un Kiba innamorato che tenta di aiutarla finché, alla fine, la vede togliersi la vita per raggiungere il suo amato. Sempre angst, insomma, una storia che ho in mente da tanto e che non riesce proprio a prendere vita.
Questa OS, però, mi piace: da tempo volevo scrivere qualcosa su una canzone degli Afterhours e  me ne avete dato la possibilità. Spero che l’OOC non sia troppo forte, perlopiù perché credo che, in una situazione del genere, dove si perde di vista se stessi, i nostri personaggi non potevano che essere altrimenti.
E beh, c’è il lieto fine!
Vi lascio la mia nuova pagina facebook. A presto!

http://www.facebook.com/tomoko.efp.autrice
   
 
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