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Autore: Stilistire    27/08/2014    3 recensioni
Dopo un sabato sera di sballo, Arianna Villa si risveglia ubriaca e non ricorda più nulla della serata precedente. E' sudata, accaldata e seminuda sul suo letto. Questo significa solo una cosa: SESSO. Ma con chi?
"...- Quindi tu ti sei approfittato di me quando ero in uno stato di convalescenza! Non ci posso credere!- sbotto arrabbiata dandogli un pugno sul torace - peccato non aver mai fatto boxe - che afferra con la sua mano potente, al contrario della mia. - Villa non ti conviene giocare con il fuoco - ."
-Tratto dal capitolo 1
Una storia tutta da gustare!
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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“Avere paura di chi odi è sbagliato, 
quelli da cui ti devi sempre guardare sono quelli che 
consideri amici, quelli, quelli ti pugnalano alle spalle quando
 meno te lo aspetti.”


Capitolo 10
Se la vita é un film, io sono i titoli di coda.

- Come ti vestirai per la festa di compleanno di Rebecca? - Miriam aveva deciso che non ero abbastanza incasinata per non andare ad una festa, di una ragazza che a malapena conoscevo e con cui avrò scambiato massimo 10 parole in vita mia. 
- Mmhh quale festa? - dissi facendo la finta tonta con la testa fra le nuvole. In realtà non lo ricordavo per davvero. 
- Mi prendi per il culo Hanna? - era leggermente su di giri. Mi chiamava Hanna solo quando aveva un tono di rimprovero e ce l'aveva con me. Ahia!
- La festa di Rebecca del quinto. Sabato sera. La festa più importante dell'anno. La festa con le persone più fighe, probabilmente. Come fai a non ricordartene? Te ne avrò parlato minimo cinque volte!  CI SARANNO QUELLI DEL QUINTO! - ed ora immaginatevi i cuoricini su i suoi occhi. 

A me delle feste non era mai importato un granché. Ogni festa era considerata un modo di riempirsi d'alcool e trovare una o più persone con cui limonare l'intera serata. Era sempre una chiara occasione di riempirsi di guai. 
E io di guai ne avevo fin troppi.

- Miriam mi dispiace...ma non credo di venire.- In quel preciso momento incontrai proprio davanti a me gli occhi di Davide. I suoi erano occhi indifferenti e cambiarono subito direzione. Occhi di chi guarda come se fossero chiusi, come se fossero fantasmi. Occhi di chi non ti considera. E lì mi fregai.
-  È successo qualcosa con quello lì è? - mi chiede girandosi verso di lui, ma lui era già scomparso tra la folla.

I miei occhi si alzano verso il cielo, come mi succede tante volte quando penso a Lui. Sono giorni che mi ripeto che la mia è solo attrazione, o al massimo un cotta. Ma non mi convinco nemmeno da sola. 
Io provo qualcosa di più grosso di una semplice cotta. Quasi mi sembra un insulto chiamarlo solo così.

- Dopo che Emanuele mi ha chiesto di uscire l'altro giorno in palestra, mi ha fatto una scenata della madonna.- 
- Era contrario a farti uscire con quello lì? -
- Mi ha detto che non potremmo mai essere amici, Emanuele mi spoglia con gli occhi. Secondo lui. - 
- In effetti non ha tutti i torti..quello vuole uscire con te solo per usarti..poi Emanuele non regge minimamente il confronto con Davide..io nemmeno lo considererei. - Miriam espose la sua tesi come fosse così convinta di quello che diceva che gli avrei firmato un contratto. Era sempre stata una gran convincitrice lei. 

- Allora non è così diverso da Davide se vuole solo usarmi. Ti ricordo che lui mi ha portata a letto mentre ero ubriaca. Poi io ho accettato l'invito solo perché Davide non mi aveva nemmeno guardato.-
- Ari..gli uomini sono così. Quando hanno paura di non poter più controllare quello che provano, e non mi riferisco solo al gingillo di sotto, vogliono scappare, anche se non se ne vanno. - mi venne da sorridere. Sorrisi perché aveva usato la parola 'gingillo' perfettamente in una frase, e non era una cosa da poco. Sorrisi perché riusciva sempre a capirmi lei. Sorrisi perché potevo passare mille sciagure, ma lei continuava ad esserci. 

Lei mi ha fatto capire che non serve un legame di sangue per essere sorelle.

- Sai che c'è? Andiamo a quella maledetta festa sabato sera! - presi l'iniziativa e vidi gli occhi di Miriam magicamente illuminarsi. 
Mi strattonò per l'intero tragitto corridoio-classe per quanto era felice. Io il sabato sera preferivo una pizza e un bel film, magari da vedere accoccolati sul divano con il mio fidanzato.
Peccato che il dettaglio fondamentale - o alquanto importante - del fidanzato, mancava sempre.


È arrivato sabato. Col pensiero volevo allontanare l'idea, eppure sono già le sei e devo ancora iniziare a lavarmi. Sono stata a correre con Miriam. È una cosa che odiamo entrambe - correre - ma eppure se siamo insieme ci piace farlo, al parco con le paperelle che starnazzano e i vecchietti che stanno sempre a ciarlare. 

Dopo un intensa chiacchierata aggiuntiva al telefono con Miriam per le ultime conferme, e un rilassante bagno me ne vado in camera per vestirmi. Apro le ante dell'armadio e contemporaneamente - neanche a farlo apposta - si apre anche la porta della mia camera. 
Mia madre.

- Finalmente fai l'adolescente che va alle feste e cerca un abito sexy per far cadere ai suoi piedi i ragazzi più belli! - mi dice mia madre compiaciuta di ciò che sta vedendo. Eppure io non sono per niente così.
- È solo una festa mamma. E non sto cercando un abito sexy, sto solo cercando qualcosa da mettere.- rispondo io con voce tranquilla, anche se quando parla così mi fa sempre innervosire.
- Mi fa piacere lo stesso tesoro! Finalmente esci e fai vedere al mondo la bellissima persona che sei, e non solo esteticamente.- dice abbracciandomi forte. 
Mia madre è fatta così. Ti provoca, ti sfida, poi è sempre la prima ad abbracciarti e lasciare perdere la tua battuta. Mia madre è sempre la prima ad incoraggiarmi, e a quest'età tutti dovrebbero avere una persona del genere. Una persona che crede in te e ti fa sentire bella anche solo per un minuto, quando prima non ti ci sentivi nemmeno per quei 60 secondi. 
Se la perfezione non esiste, allora mia madre è la cosa più vicina alla perfezione che ci possa essere. La mamma é sempre la mamma.


Io e Miriam arriviamo a quella festa. Miriam saluta Rebecca con un entusiasmo tale fosse un'amica di vecchia data, mentre io mi limito a fargli gli auguri e a complimentarmi della sua bellissima - quanto enorme - casa. Posiamo il regalo che le abbiamo comprato insieme con il bigliettino dei nostri nomi scritti sopra. 
Ci sediamo nella penisola del divano insieme al resto della nostra classe.
Ricevo molti complimenti dalle mia amiche, ma anche dai miei compagni. Cercano di sbirciare nella scollatura e lo noto, ma la mia mano che si tocca costantemente - e nervosamente - la collana gli sta rendendo la cosa difficile.

Davide non c'è. O per meglio dire non è fra noi. 
Lui c'é ma sta con un'altra. Sta con una che non ha dei comunissimi capelli castani come i miei, ma li ha biondi scuro; non indossa un abito fin sopra il ginocchio ma ne indossa uno sopra la coscia. Sta con un'altra che non me non c'entra niente con me e che non sono IO. 

Allora mi arrabbio. Mi arrabbio di brutto, ma ancora una volta lo faccio nel modo sbagliato. Invece di dargli uno schiaffo e sputtanarlo per bene come fa lui ogni volta che non mi considera, mi ritrovo con tutta la mia rabbia dentro. 
E le guance iniziano ad inumidirsi di lacrime che scorrono lente, come il dolore che mi pervade nel vedere quella scena. Un dolore lento che ti entra nelle ossa. Un dolore che fa più male di quello fisico. Ti corrode, ti invade, ti spezza.   
E mi incazzo anche con me stessa, perché per un attimo lo avevo anche capito. "Forse ho sbagliato ad accettare quell'invito" mi ero ripetuta dal tragitto scuola-casa e fino ad oggi. "Forse Davide ha ragione, quello mi spoglia con gli occhi e lui per una volta mi vuole difendere perché ci tiene."
E pensare queste cose in un momento di debolezza e di rabbia, fa ancora più male. Avere davanti agli occhi la prova vivente che non ti saresti dovuta fidare.

"Perchè le persone se ne vanno e poi resti solo tu."

Quei pochi secondi in cui sono stata a fissare quella scena, sembravano essere diventati anni. Avrei voluto scappare a casa, ma casa mia era lontana minimo un quarto d'ora di macchina. Miriam era in chissà quale angolo a flirtare con un bel ragazzo e dopo essere stata chiusa in bagno per mezz'ora dovevo pur uscire. Avevo asciugato lacrime che continuavano a trapassare i miei occhi e vedevo dal riflesso dello specchio i miei occhi arrossati che non volevano ritornare al loro colorito normale. In quei momenti, in tutta me stessa c'erano segni di una vera e propria battaglia. Segni di una battaglia che non hai potuto combattere, ma hai perso soltanto.

Presi coraggio e attraversai l'intero salone, fino a sedermi su un vecchio divano - vecchio solo perchè era vintage - ad aspettare che Miriam mi trovasse e mi riportasse a casa. 
Anche Miriam sembrava essersi dimenticata di me. Avrei voluto chiedere al primo che passava se indossassi il mantello dell'invisibilità.

Mi voltai di scatto appena sentii la superficie del divano piegarsi sotto un altro peso. 
Era lui.

- Ehi, bella addormentata! - Gabriele mi svegliò da quel dormiverglia, o per meglio dire morta-   
- Hai beccato la più sbagliata per parlare di favole.- dissi facendo una strana faccia, tanto che me ne accorsi da sola, e che se ne accorse anche lui. 
- Hai fatto una faccia fantastica! Non l'avevo mai vista in giro una del genere!- disse senza trattere le risate, tanto da sentirmi quasi presa in giro. 
- Almeno tu non prendermi per il culo, perfavore.- decretai.
- Quindi tu sei un'amica di mia cugina Rebecca..- disse con tono interrogativo, ma sempre con lo scheletro di un sorriso fra le labbra.
- Più o meno - 
- Sei un imbucata! -
- Nooo ma che dici! Diciamo che non ci conosciamo così bene, ma sono stata comunque invitata.- 
- Capisco - chiuse lì il discorso.
Fra noi regnò il silenzio per qualche minuto, e per la prima volta in vita mia, - da brava chiaccherona qual'ero - non riuscivo a spicciare una frase degna di senso. 

- Allora...me lo mostri questo playboy che ti porti a letto?- ammiccò maliziosamente.
Quando si dice avere tempismo!
- Potrei parlarne..oppure mostrarti direttamente il suo cadavere..io opto per la seconda chanche..- sarei dovuta risultare divertita, o quantomeno ironica, eppure la mia voce era solo piena di amarezza.
- Che è successo ancora? -
- Si stava baciando con un'altra. Une bella bionda, 1.80, probabilmente aspirante modella...e mi chiedo come io abbia pensato anche per un solo secondo che il nostro nonera solo sesso. Davvero, mi sento una cretina in questo momento.- e un'altra lacrima, forse una delle ultime ancora non scese, spuntò anche lei alla luce dei miei occhi.
- Cazzo ma che dici!?- Gabriele sbottò, ma non contro di me, contro le mie idee, e poi continuò a parlare. - Non sei tu la cretina, per niente! Quel finocchio lo é a lasciarti da sola. Guardati! Sei magnifica, divertente, ironica, e i tuoi capelli scuri sono bellissimi. E con questo abito mi sembri Megan Fox cazzo! Ti sembra poco? - 

Il primo vero sorriso della serata - e anche il primo da un po' di giorni a quella parte - spuntò in quel momento. 

Sentii l'irrefrenabile bisogno - e attacco - di cingere le mie braccia alla sua schiena ed abbracciarlo. Fu come stare tra le braccia di un padre che non vorrebbe mai del male per sua figlia.


PROV. DAVIDE

Avevo il mio - come minimo - dodicesimo drink in mano in cerca di un bagno. Ero sbronzo ancor prima di entrare in quella casa. Prima d'ora avevo sempre bevuto per il gusto dell'alcool che ti pervade le tonsille, ma dopo aver sentito che Arianna sarebbe uscita con quel coglione di Emanuele avevo iniziato a bere per non ricordarmi più in quale realtà fossi. 
L'idea delle sue mani tra i capelli di un altro ragazzo mentre facevamo l'amore, o essere toccata o sfiorata da altre mani che non erano le mie mi mandava in bestia.

Poi la vidi. Seduta in quel divano tra altre braccia, con un altro ragazzo. Era bellissima e me l'avevo lasciata scappare. Mi cadde il mondo addosso e anche il bicchiere dalle mani, che con uno stridulo rumore si ruppe in mille pezzi, probabilmente come anche un mio organo vitale. 

Il rumore del bicchiere - e non del mio cuore, come avrei preferito - fece staccare dall'abbraccio Arianna e quel tipo.
Ci guardammo negli occhi. Due facce delle stessa medaglia a guardarsi negi occhi. E mi persi in quegli occhi scuri, nella sua figura, in tutta se stessa. Forse mi persi davvero per sempre.

Caddi per terra e da quel momento in poi ho solo ricordi sfumati e frammenti di momenti.



SPAZIO AUTRICE:
Cari/e lettori/ci,
Mi scuso per il ritardo con cui ho pubblicato questo decimo capitolo, ma l'ispirazione non girava molto dalle mie parti finchè non sono riuscita ad imboccare la giusta corsia nello scrivere certi momenti.
Alcuni pezzi risultano macchinosi e noiosi, mi scuso in anticipo. Ma mi farò perdonare nel prossimo capitolo, che forse sarà il mio preferito, perché ho già in mente un ideuccia!
Come sempre lasciate una recensione per farmi sapere se la storia vi soddisfa o vorreste delle modifiche. 
Aspetto il vostro giudizio, a presto :3

 
  
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