Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: refugeinbooks    27/08/2014    0 recensioni
E' strano come le persone, spesso, assomiglino ai fiori.
Ci sono le Rose.
Poi ci sono i Nontiscordardime.
A me piacciono i Girasoli.
Infine, ecco le Margherite. Ed io, Emma, credo di essere una Margherita.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic





La professoressa di italiano era davvero un tipo strano; ogni mese ci assegnava un tema da svolgere a casa su un argomento in particolare: quello di Febbraio chiedeva "Cos'è l'amore?". Avevo già letto alcuni compiti delle mie amiche, ma non ero d'accordo con loro: amare non equivale semplicemente ad avere il cuore che batte più velocemente. Amore è sinonimo di paura e, contemporaneamente, di tranquillità e sicurezza. Quando amiamo qualcuno abbiamo paura, paura di ferirlo, ma ci sentiamo anche protetti nelle sue braccia. Ricordo che, quando ero piccola, i miei genitori tornavano da lavoro, io correvo loro incontro e, nonostante fossero stanchissimi, mi prendevano in braccio, facendomi girare: ero il loro aeroplanino. Questo era l'amore, per me.
Riflettevo su queste parole mentre camminavo sul marciapiede coperto quasi completamente di neve. Faceva freddo, quel freddo che passa oltre giacconi e sciarpe, per insinuarsi nelle ossa e sembra che non voglia mai più andarsene. Cercavo miseramente di scaldarmi le mani alitandovi sopra, ma non mi importava, alla fine. Pensavo solo ad Andrea e sapevo che, dopo poco, lui mi avrebbe tenuta al caldo e al sicuro nel suo abbraccio. Questi ultimi erano come la cioccolata calda in inverno, mi scaldavano dentro.
Quando arrivai alla nostra panchina, dove ci incontravamo quasi ogni giorno, lui era già lì ad aspettarmi. Arrivava sempre qualche minuto prima, sosteneva di non volersi perdere nemmeno un secondo con me; era uno dei tanti motivi per cui l'amavo: tralasciava l'orgoglio e si mostrava per ciò che era davvero. Appena mi vide, mi sorrise, mi baciò sulle labbra e mi appoggiò una mano sul fianco: ogni volta, quel contatto fisico mi procurava un brivido lungo la schiena e dentro di me nasceva un nuovo tipo di fame. Volevo stringerlo ancora di più, appoggiarmi a lui e baciarlo con più foga e passione, staccandomi solo per riprendere fiato. «Ciao» esordì, strizzandomi l'occhio. Ed io gli feci l'occhiolino a mia volta: era il nostro gioco, una cosa esclusivamente tra noi due e, in un piccolo gesto come quello, si racchiudeva la semplicità e l'amore che mandava avanti il nostro rapporto. Lo fissai per qualche secondo: era di una bellezza particolare. I neri riccioli gli ricadevano sulle orecchie e gli incorniciavano dolcemente il volto, facendolo sembrare un angelo con i capelli scuri. E poi c'erano gli occhi: quegli occhioni verdi che si posavano spesso su di me e mi osservavano con amore. In quegli occhi, non vedevo solo il mio riflesso, c'era molto altro; c'era la sua bontà, la dolcezza, la lealtà, i suoi sogni e i suoi desideri. In quegli occhi c'era semplicemente lui, per questo mi piacevano tanto.
Notai che aveva un braccio dietro la schiena. «Cos'hai lì?» gli domandai, con un sorrisetto malizioso. Andrea sorrise a sua volta e tirò fuori la mano, dove teneva un mazzolino di margherite; rimasi piuttosto stupita, poiché un anno prima gli avevo confessato quanto mi piacessero le margherite e lui non se l'era dimenticato. Le presi, sfiorandogli delicatamente la mano, e lo ringraziai con un altro bacio. Dio, quanto lo amavo. «Ti va di sederti?» mi chiese timidamente ed io mi sedetti accanto a lui sulla nostra panchina, continuando ad annusare le margherite. Quello delle margherite è un profumo che da' assuefazione: nonostante fossi in inverno, riuscivo a sentire la primavera e tutto ciò che essa porta con sé (speranze, nuovi inizi, giornate fuori, nuove possibilità) avvicinarsi sempre di più. Andrea mi prese la mano ed io stavo già riflettendo su cosa avrei potuto dire per ringraziarlo ancora; poi furono pronunciate quelle parole, in un sussurro quasi impercettibile, ed una parte del mio mondo, che avevo ritenuto stabile e indistruttibile fino a poco prima, iniziò a cadere a pezzi. La corazza che mi ero costruita, grazie all'amore delle persone che mi circondavano, si stava sgretolando. Io non risposi; non c'erano parole per rispondere, non c'erano frasi fatte da dire, non c'era niente che potessi fare per fermare ciò che stava accadendo. «Forse non dovremmo più vederci» ripetette lui, non sapendo se lo avessi sentito o meno, e trattenendo il fiato, aspettando una mia reazione. Ancora una volta, io non riuscivo a reagire, sentivo solo che c'era qualcosa di sbagliato in tutto, forse persino in noi due. «Perché?» riuscii ad articolare, dopo diversi secondi. «Be', Emma, lo sai, succede...» Non era dispiaciuto, sembrava piuttosto imbarazzato, come se volesse porre fine al più presto alla conversazione, temendo però la mia reazione. Era solo disinteressato, il che mi ferì profondamente. Non gli importava niente dei miei sentimenti. «No, non lo so. Cos'è che succede? Spiegami» chiesi cercando di restare impassibile, ma sentii la mia voce tremare e mi maledissi mentalmente. Quelle parole non avevano senso per me, capivo solo che stava cercando di lasciarmi. Iniziai a vedere tutto coperto da un velo, quasi sfocato e cercai disperatamente di trattenere le lacrime. Mi aveva già portato via con la massima tranquillità una parte della corazza indistruttibile che mi circondava e mi impediva di essere ferita, non volevo dargli anche la soddisfazione di vedermi star male. Anche se avrei dovuto saperlo che sarebbe finita così: amare significa anche mettere completamente in gioco i propri sentimenti e mostrare la propria fragilità. E, se e quando tutto finisce, l'amore si trasforma in buio, dal quale è difficile uscire. Amare è luce e la fine dell'amore è oscurità.
«Intendevo che a volte si incontrano nuove persone e sì, insomma...» si giustificò, ma io lo interruppi: «C'è un'altra ragazza?». Andrea non rispose, abbassò semplicemente la testa come un cucciolo ferito, come se fossi io a ferire lui. «C'è un'altra ragazza?» ripetei, alzando leggermente la voce. Lui annuii quasi impercettibilmente e inventò migliaia di scuse. Ma io non lo ascoltavo. Sentivo solo il mio corpo, che avrebbe voluto gridare il più forte possibile. Non poteva tradirmi, lasciarmi e pretendere che io capissi, perché io non capivo. Avevo paura, ma era una paura puramente egoistica: avevo paura per me stessa. Quella paura è completamente diversa da quella che associo all'amore: non temevo di ferirlo, anzi, tutto quello che volevo era farlo soffrire come avevo sofferto io. Una delle persone che amavo di più, che era un punto di riferimento per me, mi aveva appena abbandonata, lasciandomi dentro un senso di vuoto. Mi alzai e cercai di andarmene, impassibile. Ma lui mi fermò, afferrandomi per la manica della giacca. «Lasciami» sussurrai a denti stretti e gli scoccai un'occhiata piena di tutto l'odio che stavo trattenendo. Mi lasciò andare immediatamente, sconcertato dalla mia fermezza: solitamente ero tranquilla, ma in quel momento lo odiavo come non avevo mai odiato nessun altro. «Avevi detto di amarmi» lo accusai. Andrea scosse la testa: «Tu non capisci». «Oh, io capisco eccome. Capisco che non ti sopporto e mi dispiace di non essermene accorta prima.» Sentii le lacrime, che non riuscivo più a trattenere, scendermi lungo le guance; mi accorsi di avere ancora in mano il mazzo di margherite e glielo lancia contro. Avrei voluto fossero rose con le spine. «Non voglio i tuoi fiori schifosi!!» e osservai le margherite cadere su di lui e poi appoggiarsi a terra. Anche io mi sentivo come loro, impotente, scagliata contro qualcosa più grande di me e contro la mia volontà. Lui cercò di abbracciarmi, ma non capii perché: teneva ancora a me o gli facevo semplicemente pena? Però non mi importava, tutto ciò che volevo era allontanarmi il più possibile da lui. « Non toccarmi, non voglio più nemmeno te». Mi allontanai, prima camminando e poi correndo, ma questa volta non mi volta indietro a salutarlo con la mano o per fargli l'occhiolino. Mi fermai solo quando i polmoni iniziarono a bruciarmi e mi appoggiai, stremata, alla balaustra che dava sul fiume. Andrea non mi era corso dietro. Ero sollevata, perché non avrei potuto affrontarlo un'altra volta, ma ero anche estremamente delusa: davvero mi aveva lasciata andare così facilmente? Per qualche minuto, incapace di formulare pensieri sensati, mi limitai a fissare il mio respiro che si trasformava in nuolette bianche di vapore e finsi di fumare una sigaretta. Quel piccolo gesto mi riportò alla mente molti ricordi, ricordi dimenticati, ricordi di quando ero bambina. In molti di essi c'era Andrea: naturale, visto che eravamo cresciuti insieme. Ricordo quando eravamo all'asilo e, incrociando i mignolini, ci eravamo promessi di essere migliori amici per sempre. Ma le le promesse vengono infrante ed esse, a loro volta, infrangono le persone. Sentii che le mie mani, appoggiate alla ringhiera, stavano gelando. Le ritrassi bruscamente e decisi di tornare a casa. Mi incamminai, con la mente assente, e mi ritrovai nuovamente alla nostra panchina. Come ero arrivata lì? Ero stata io a camminare? "Certo che sì, stupida, chi vuoi che ti ci abbia portato?" pensai esasperata, zittendo i miei pensieri. Ritrovarsi in quel luogo era come essere tradita ancora, ancora e ancora. All'infinito. E ogni volta la mia mente registrava piccoli movimenti impazienti, sospiri e sbuffi da parte di Andrea, che prima non avevo notato o a cui non avevo dato importanza. Se fossi stata più attenta al linguaggio del corpo, forse mi sarei accorta di qualcosa; ma ormai era tardi. Feci per andarmene, quando notai le margherite che erano ancora a terra. Sorrisi, un sorriso nostalgico e malinconico. "Nostalgico di cosa? Un ragazzo che mi ha fatta soffrire? Non dovrei provare nemmeno un pizzico di nostalgia" riflettei, arrabbiandomi. Raccolsi un fiore e lo annusai. Profumava di Andrea. Profumava di libertà, di promesse non mantenute e di tristezza. Probabilmente la margherita era stata calpestata diversi volte, perché i petali erano scuri e sottili, ma nessuno si era ancora staccato.
E' strano come le persone, spesso, assomiglino ai fiori. Ci sono quelle che riescono a farsi notare e, inevitabilmente, piacciono a tutti, come le Rose. Poi ci sono le persone timide, che preferiscono passare inosservate: i Nontiscordardime. A me piacciono i Girasoli: solari e altruisti, pronti a sacrificarsi per gli altri. Infine, ci sono coloro che si mostrano apparentemente fragili, ma che, nella loro semplicità, nascondono una grande forza: le Margherite. Ed io credo di essere proprio una Margherita. Ne vado fiera, perché penso di saper affrontare le difficoltà.
Strinsi il fiore che avevo raccolto al petto e decisi di portarlo a casa con me. Forse mi avrebbe dato il coraggio, il coraggio che mi serviva per diventare una persona migliore. La mia vita con Andrea poteva anche essere finita, ma in ogni fine c'è sempre un nuovo inizio.




Ciao a tutti! Questa è la prima storia che scrivo e spero che il risultato sia accettabile, almeno come prima volta. Ci terrei tantissimo che qualcuno la recensisse, dicendomi cosa ne pensa e se/quando ho sbagliato, correggendomi ed aiutandomi a migliorare. Per me è davvero importante! Grazie a tutti, spero di non avervi annoiato :)
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: refugeinbooks