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Autore: Daleko    28/08/2014    1 recensioni
[Altro]
[Temple Run]
Dov'è che vai?
(Non lo so più...)
Da quanto vai avanti?
(Ore, forse giorni.)
Non sei stanco?
(Sono tanto stanco.)

Titolo modificato, aggiunti dati al testo.
Genere: Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dov'è che vai?
Non lo so più...
Da quanto vai avanti?
Ore, forse giorni.
Non sei stanco?
Sono tanto stanco.
Perché non ti fermi?
Perché non posso...
 

 
Un passo dopo l'altro, i tendini tesi, il dolore sordo. Il terreno cedevole sotto i miei piedi, l'oscurità che mi inghiotte ogni metro di più. Non ho idea di quale ala sia, di dove sia il resto della mia spedizione. Quand'ero bambino amavo Indiana Jones, costringevo mio padre a portarmi al cinema e mi perdevo nella visione di quelle pellicole lontane come un'altra epoca. Da adulto ho finalmente soddisfatto il mio bisogno di esplorare e sono diventato archeologo da campo, alla ricerca di reliquie soprattutto in Perù, dove Cuzco è diventata la mia seconda casa. Sono cinque anni che lavoro qui ed ho trovato, assieme ad altri quattro collaboratori, un tempio dedicato a Supay immediatamente fuori Cuzco. L'eccitazione per la scoperta è stata drenata dai mille ostacoli che abbiamo trovato per entrare, ostacoli alternati a trappole degne del miglior film d'avventura. Non ci siamo lasciati scoraggiare, però, e abbiamo proseguito. «Michael! Michael, John è stato ferito!» urlò improvvisamente una voce; e lì fu l'inizio della fine.

«Sto bene, è solo.. Ugh!» rispose John, interrotto da una fitta di dolore. Il dottore dell'esiguo gruppo di spedizione lo afferrò per i gomiti e lo fece sedere a terra, poggiandogli la schiena contro il muro ricoperto di muffa. Guardavo le gocce di sudore imperlare il viso del mio compagno e d'un tratto mi resi conto di quanto fossimo sotto pressione. «Ha la gamba rotta» borbottò il medico, chinandosi su di lui. «Mi serve.. Mi serve qualcosa per steccarla, datemi qualcosa» continuò senza alzare lo sguardo dalla gamba piegata in modo innaturale. Mi tolsi lo zaino dalle spalle e cominciai a frugare all'interno, richiamato solo dall'urlo di dolore di John. «Ecco qua, è tutto ok» venne rassicurato in modo professionale, mentre Teresa gli porgeva qualcosa. «Prova con questi» gli disse con sguardo preoccupato, mentre io mi voltavo già dall'altro lato. «Dobbiamo continuare...» mormorai pensieroso, guadagnandomi subito le proteste di Teresa. «Non possiamo, lasciare John qui, Michael! Non voglio separarmi né da lui, né da Fred!» esclamò con voce fin troppo lagnosa per una donna adulta. Stavo già per risponderle, quando la voce di John attirò la mia attenzione. «Ehi amico, vai» disse con un sorriso che, a causa del dolore, somigliava tremendamente ad una smorfia. «Non preoccuparti per me, dopotutto l'idea di questa spedizione era tua. Vai Mike, vai e fa' attenzione» mi disse con sguardo sicuro. Nemmeno ascoltai le parole di Fred e Teresa: era lui il mio compagno, era lui che mi incoraggiava a farlo. Era lui, lui e nessun altro.

Da quant'è che vado avanti? Ore, forse giorni. Dopo aver trovato la via d'uscita per l'ultimo cunicolo ho trovato una parete crollata che dava sulla giungla, preceduta da...
«L'idolo di Supay!» esclamai, eccitato dalla scoperta. Il Dio della Morte rappresentato in quella statua d'oro massiccio, elevato dal terreno su di una base di marmo alta circa un metro e sessanta, mi intimoriva. Camminai lentamente in direzione dell'idolo, per poi sfiorarlo sulla sommità. La statua non mostrava alcun segno dell'età, nonostante fossero passati cinquecento anni dalla costruzione del tempio. Rimasi estasiato da quella visione, e senza pensare ad eventuali pericoli alzai l'idolo per portarlo dagli altri.
Non l'avessi mai fatto! Un boato assordante mi stordì, un fumo scarlatto e dolciastro mi tolse fiato e vista per quelli che sembravano interminabili minuti. Mi ritrovai steso al suolo, con l'idolo lontano da me. Mi alzai sulle ginocchia e allungai una mano per riprenderlo, ma era fuori portata; appena mi rimisi in piedi un orribile stridio mi accapponò la pelle: delle bestie mi si avventarono contro, urlanti e con gli occhi iniettati di sangue. Mi scrollai una di quelle cose da dal braccio sinistro e, dolorante, mi gettai all'aperto: la giungla fitta alternata a resti e macerie di una civiltà ormai scomparsa da tempo si stagliavano davanti ai miei occhi, mentre annaspavo nel cercare di liberarmi da quelle che – a giudicare dalle terribili urla che lanciano al cielo – sembrano essere grosse scimmie affamate di carne umana.

Non so da quanto vado avanti, è tutto così confuso. Forse sto sognando? Non riesco più a svegliarmi.
Inciampo, cado, sbatto la testa su una radice e aspetto la fine.
Sento la carne dilaniarsi, fiato caldo sul mio corpo e fuoco nelle membra.
Scuoto la testa, le mie gambe scattano, vedo l'idolo risplendere a terra e la giungla davanti a me.
Quando finirà questo loop infinito?
Dove sei, John?
Non riesco a fermarmi.
Dove siete, ragazzi?
Ho paura di continuare a vivere, non vi sono aquile a divorarmi il fegato ma primati che mi dilaniano la carne.
Dov'è il resto del mondo?
Sono bloccato qui, tra il tempio e la giungla peruviana a fuggire dallo scintillìo di un idolo d'oro.
Voglio morire, voglio morire, voglio morire.
Resterò per sempre un temple runner?



 


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Parole – 822
Caratteri – 4995
Tempo di lettura – 4 minuti
 
   
 
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