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Autore: KawaiiDemon    28/08/2014    10 recensioni
Julio é un ragazzo di 17 anni, cittadino del mondo, ma rinchiuso in una casa d'accoglienza a Seoul. Scappato da essa, si ritroverà a fare i conti con il mondo reale, popolato da persone delle quali è meglio diffidare. Volente o nolente, finirá con l'unirsi a loro e a scivolare lentamente nel mondo delle gang, della droga e della malavita.
Dal testo:
"Si chiuse la zip della felpa e mise in spalla lo zaino. Si voltó un' ultima volta a guardare ció che si lasciava alle spalle: non solo l'umido e schifoso bagno in cui si trovava, ma la sua schifosa camera, i suoi schifosi coinquilini, l'intero schifoso edificio; il quale non era altro che una delle 1000 case d'accoglienza sparse per tutto il paese."
Genere: Drammatico, Malinconico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Quella notte non era una notte qualsiasi. Quelle era LA notte. Julio aprì la finestra e una vampata di brezza notturna gli fece strabuzzare gli occhi. Strinse questi ultimi fino a farli diventare due fessure per scrutare meglio nel buio: una notte senza stelle. Si sporse un po' di più per cercare la luna ma non trovó neanche quella. Un'altra vampata d'aria lo fece rabbrividire e stringere nelle spalle. Si chiuse la zip della felpa e mise in spalla lo zaino. Si voltó un' ultima volta a guardare ció che si lasciava alle spalle: non solo l'umido e schifoso bagno in cui si trovava, ma la sua schifosa camera, i suoi schifosi coinquilini, l'intero schifoso edificio; il quale non era altro che una delle 1000 case d'accoglienza sparse per tutto il paese. Non ci era mai voluto stare lí. Quel posto lo chiudeva fuori dal mondo, lo escludeva, lo faceva sentire inutile, un recluso. Dopo anni era arrivato alla conclusione che più stava lí e piú ci si identificava: era sporco, ammaccato, malinconico e solo, esattamente come l'edificio che lo ospitava. Ma stare nel mondo lo avrebbe reso come era il mondo: libero, pieno, travolgente, sempre nuovo e affascinante. Guardó fuori dalla finestra dove ormai abituato all'oscurità iniziava a distinguere le sagome delle case. Non poteva tirarsi indietro. E non l'avrebbe fatto. C'era solo un piccolo, frustrante particolare. La finestra del bagno dava su un terrazzo, e la sua camera si trovava al terzo piano. Buttarsi disotto sarebbe stato troppo pericoloso, avrebbe indubbiamente portato una gamba rotta e con una di quelle non si poteva andare troppo lontano. Avrebbe dovuto buttarsi di terrazzo in terrazzo per arrivare in giardino sano e salvo.
`Oppure` propose la sua mente `oppure puoi legare diversi lenzuoli insieme e calarti giù`. Sembrava sensato. Dopotutto, pensó Julio, l'ho visto fare in diversi film. Nella sua mente scorrevano nitide le immagini di carcerati visti alla televisione, mentre evadevano dalle loro celle con quell'ultilissimo stratagemma. Ovviamente non li aveva mai visti da solo: la televisione doveva servire a tutti quelli della casa di accoglienza e se non riuscivi ad accaparrarti i posti migliori dovevi accontentarti di ascoltare solo l'audio. Julio strinse i denti a quel ricordo: mai un momento di privacy aveva avuto, mai da quando era entrato in quel postaccio. Si rincuoró pensando che dove sarebbe andato, dovunque tranne che lí, avrebbe avuto una tv tutta sua, un bagno solo suo, ma soprattutto una camera solo sua. Altro che schifosi coinquilini con cui condividere quelle 4 mura, avrebbe avuto una reggia per sè. Si diresse verso l'armadio, l'aprì e piú silenziosamente che poteva sfiló dagli scaffali 4 lenzuoli. Fatto questo, tornó in bagno e legó i lembi insieme. Squadró con lo sguardo la sua opera e constató che si, poteva funzionare, era abbastanza lunga. Assicuró l'estremità di un lenzuolo al parapetto del terrazzo e impugnata la stoffa cominció a calarsi giù. Mentre cominciava l'operazione speró e pregó in cuor suo che i nodi fossero abbastanza stretti da non sciogliersi sul più bello. Il primo tratto fu difficile, era complicato sorreggersi su quella specie di corda, ma quando si vide piú vicino al terreno si lasció scivolare giù con nonchalance. Dopodichè, si allontanó il piú velocemente possibile nell'ombra.

Ovviamente sapeva dove dirigersi. Julio non era mai stato uno sprovveduto, neanche da bambino. Prima di mettere in atto qualsiasi cosa, era bravo nell'accertarsi che nulla si mettesse in mezzo a lui e il suo obbiettivo. Camminó veloce dirigendosi verso il centro di Seoul; man mano che si avvicinava vedeva il cambiamento delle vie, come dall'oscurità del suo ghetto tutto diventasse più colorato e luminoso avvicinandosi alle luci dei pannelli pubblicitari. Istintivamente diede uno sguardo al cielo: viola pallido. Tutt'altro che ció che si era lasciato alle spalle. Illuminazione artificiale, pensó, chissà da quanto i cittadini di questa città non vedono piú le stelle. Fu quasi tentato di chiederlo a un passante quando, arrivato in centro, si dovette coprire gli occhi con una mano per proteggersi dall'improvvisa luce fosforescente. Julio attraversó la strada fuori dalle strisce pedonali, e si infiló in un vicolo tra un sushi bar e una videoteca. Era li che stava lei. Abbastanza vicina da arrivare ovunque, abbastanza lontana da passare inosservata. Il vicolo puzzava, sembrava racchiudere in sé un' umidità speciale, che non riusciva a propagarsi oltre quelle due mura. Si avvicinó ad una porta verde pisello illuminata da un lampione poco lontano. Suonó il campanello. Era l'una di notte, si, ma lei ci sarebbe sicuramente stata per lui. Nell'attesa, Julio si voltó per dare uno sguardo piú attento al posto. Erano passati anni da quando era stato lí, ma nulla era veramente cambiato. Perfino il bidone adossato alla parete opposta emanava lo stesso vecchio tanfo. Il rumore di una serratura lo fece voltare per incontrare gli occhi di una pallida signora sesantenne, con indosso una vestaglia malamente allacciata e in mano degli occhiali che non aveva fatto in tempo ad indossare. Julio sorrise, sicuro che non l'arebbe riconosciuto: non solo erano passati alcuni anni, ma la povera signora senza quegli occhiali era miope come una talpa alla luce del sole. 
"Zia Kayako" esordí infine Julio "sono io."
"Julio?" la signora faticó a mettere a fuoco il suo volto all'inizio, ma infilatasi gli occhiali un'espressione di puro stupore misto a gioia si dipinse sul suo volto.
"Entra ragazzo mio, entra!" lo esortó mentre con delle leggere pacche sulla spalla lo spingeva dentro. "Gradiresti una tazza di te'?"
"All'una di notte? Zia Kay, non ti scomodare"
"Massú, ci vuole in una notte fredda come questa. Limone o gelsomino?"
"Gelsomino grazie"
Zia Kay mise sul fuoco il bollitore e ci adagió dentro la bustina."Allora" disse poi avvicinandosi a Julio e mettendosi a sedere a tavola "qual buon vento ti porta?"
"Purtroppo non molto buono, zia"
Kayako non era davvero sua zia. Diciamo, più un amica di vecchia data. Capelli grigi, una volta neri, le incorniciavano il viso, ma oltre a qualche ruga sul collo e sulle mani era una sessantenne perfettamente tonica. Lei aveva salvato lui piú di una volta e viceversa. Questa volta toccava a lei tirarlo fuori da quella situazione.
"Ti sto per dire un segreto" cominciò Julio "ma tu non devi rivelarlo a nessuno, ok? Per nessuna ragione".
"Julio, sai bene cos'è successo l'ultima volta" si acciglió la signora "la maggior parte dei tuoi 'segreti' si rivelano sempre pericolosi"
"Beh, questo non lo è per te. Dunque, da dove comincio.....sono scappato dalla Casa"
Zia Kay sgranó gli occhi "Ti sei ammattito? Ma come hai fatto?"
"Questo non ti riguarda zia. Fattostà che sono fuggito, ed ora ho bisogno di un posto dove stare".
"Assolutamente no, non contare su di me" dichiaró Kayako incrociando le braccia.
"Ma zia, ti prego! Non è pericoloso, ho solo bisogno che tu mi faccia un favore".
Ci furono secondi di silenzio, poi finalmente Kayako rispose "spara".
"Ho bisogno che tu mi faccia passare qui la notte" le propose Julio scandendo le parole "domani mattina ripartiró e non mi vedrai più. Puf, non saró più un problema tuo. Ci stai?"
All'inizio zia Kayako fu riluttante. Era solo una notte, e già Julio ne aveva passate tante lì da lei, ma il sol pensiero di cosa era successo l'ultima volta la spaventava a tal punto da volerlo cacciare. 
"Dai zia" la incitó Julio. Poi catturò nei suoi occhi e nella sua mente il ricordo. "Ti prometto che non succederà come 3 anni fa. Quello non succederá più, ormai sono cambiato". Pronunciate quelle parole scattò anche nella sua testa il rumore delle sirene, di come fosse stato forzato a parlare ancora con la bocca impastata dal sonno e di come anche quella notte le stelle nel cielo non ci fossero. Non l'avrebbe piú tradita. Lei non si meritava quello che aveva fatto. 
Zia sospirò "Ok...lo farò, ma solo perchè mi ricordi tanto il mio caro nipote"
"Questo lo dici tutte le volte" le rispose di rimando Julio sorridendo, facendo sorridere anche lei. In quel momento il bollitore cominció a fischiare e Kayako, alzatasi da tavola, lo tolse dal fuoco e ne versó il contenuto in 2 tazzine di porcellana. Ne diede una a Julio che la afferró prontamente e ne bevve tutto il contenuto in 3 sorsi. "Dovresti andarci piano, ragazzo" lo ammonì zia "quel tè se bevuto tutto in una volta tiene svegli, e la notte bisogna dormire."
"Non ti preoccupare zia Kay, io non mi pongo certi problemi. Se voglio, riesco a dormire fino a mezzogiorno e più."
"Lo dici come se fosse una cosa positiva" lo rimbeccó lei con un sorrisetto leggero.
"Giá...beh, io vado in camera mia"
"Camera Tua? Da quando è tua, signorinello?!"
"Dalla prima volta in cui ci ho dormito zietta cara" disse salendo le scale per il piano superiore "Buonanotte zia Kay"
"Buonanotte Julio" rispose lei dirigendosi verso il lavello. Poi aggiunse sottovoce "Speriamo che almeno stavolta tu ne faccia una giusta"
   
 
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