6. Evidente
Stava seriamente
iniziando ad odiare i bersagli.
In particolar modo
odiava i cerchi che avevano stampati sul petto e, anche se quello che si
trovava davanti era decisamente più grande, era comunque impossibile da
colpire.
Ognuno aveva i suoi
punti deboli e i suoi punti di forza, e lei aveva appena trovato il suo tallone
d’Achille.
Aveva provato più
volte a correggere il proprio tiro, aveva provato a lanciare con più forza, con
meno forza. Aveva provato a studiarne la traiettoria, e mantenere rigido il
braccio per evitare di colpire la parte passa del bersaglio, ma niente.
Con qui maledetti
coltelli non c’era verso di ottenere un risultato.
Stava iniziando ad
odiarli, anzi no, li odiava già.
Quattro aveva
spiegato agli iniziati diverse tecniche di lancio, e lei aveva ascoltato con
attenzione, ma senza guadagnarci nulla. Allora aveva chiesto aiuto alla sua
mente da Erudita, ma l’intelligenza non era riuscita a farle centrare il
bersaglio.
Sospirando e
imprecando mentalmente, seguì il resto dei suoi compagni vicino ai pennelli con
i bersagli per raccogliere i coltelli ma, mentre gli altri li staccavano via
dal centro, lei dovette raccoglierne la maggior parte da terra.
Quando si rimisero
in linea per lanciare, Aria fu interrotta.
-Ti ho già detto che
non puoi essere brava in tutto, vero?-
Sasha, alla sua
destra, lanciò un coltello e lo conficcò vicino al centro del bersaglio. Il
nome della sua amica soggiornava pericolosamente nella parte bassa della
classifica, e i suoi combattimenti erano uno peggio dell’altro, ma
evidentemente c’era qualcosa in cui era brava che le avrebbe permesso di
risollevare il suo punteggio.
Al contrario di Aria
che, se fino a quel momento si era sempre distinta, con i coltelli stava
facendo una pessima figura.
Scossa la testa e
lanciò un altro coltello, colpendo il bersaglio ma senza avvicinarsi al centro.
-Sai cervellona,-
disse il ragazzo alla sua sinistra. -Forse dovevi restare tra i tuoi amici
geni, è evidente che sei brava solo a picchiare la gente.-
Aria si lasciò
scappare una mezza risata, scosse la testa. Si era chiesta come mai proprio
Peter si fosse messo al suo fianco, e adesso ne capiva il motivo.
-Credo che tu debba
stare attento, è veramente una che picchia la gente, proprio una cattiva
persona!-
Al sentire quella
voce, Aria nascoste un’altra risata, sta volta allegra, poi indietreggiò per
vedere oltre la schiena di Peter e scorgere il ragazzo accanto a lui. Era un
altro iniziato trasfazione, veniva dagli Eruditi come lei e si conoscevano
bene. Aveva folti capelli scuri e un naso decisamente importante.
-Grazie della
fiducia, Will!- Rispose.
Will rise.
-Certo, sono a
conoscenza della sua fama da ragazzaccia, se la prendeva con tutti!- Disse
Peter, spuntando fuori le parole. -Non hai mandato in infermeria un altro
Erudito, a scuola, solo per averti guardato storto? Oltre ad aver aggredito me,
naturalmente!-
Aria preferì non
ricordare il burrascoso incontro tra lei e Peter, avvenuto prima del loro
cambio di fazione.
Lanciò un altro
coltello. -Dimmi Peter, mammina e papino Candidi non ti hanno insegnato a
tenere la bocca chiusa? Ah già, non l’hanno fatto!-
Will colse
l’allusione ai Candidi e nascose una risata, mentre Sasha continuava a lanciare
coltelli.
-Sai com’è…- Iniziò
Peter, soppesando un coltello sulla propria mano. -Almeno i miei genitori mi
volevano bene!- Poi lanciò il coltello e centrò il centro del bersaglio.
Aria assottigliò lo
sguardo e strinse in mano la lama. Oltre la spalla di Peter, Will la guardò
allarmato.
La ragazza decise di
non muoversi, la voce nella sua testa le diceva di ignorarlo, di andare avanti.
Prese un profondo
respiro e si preparò per colpire il bersaglio. -Sai com’è Peter, non tutti i
genitori sono felici di avere un figlio stronzo come te!-
Mentre lanciava, la
ragazza lo vide sogghignare.
-Il tuo paparino
cervellone non doveva essere tanto contento di avere una figlia come te, una
che non si comportava per benino come gli altri cervelloni. È per questo che
sei andata via? Perché non ti volevano più?-
Ceca d’ira, scagliò
il coltello contro il bersaglio, facendolo finire a terra con un tonfo. In fine
si voltò con impeto verso Peter, con il bugno serrato.
Will, che sapeva
come sarebbe andata a finire, trattenne Peter per una spalla e si sporse verso
di lei. -No, lascia perdere, è solo Peter!-
Peter non sembrava
per niente spaventato, guardò con sufficienza la mano di Will sulla propria
spalla per poi tornare a sostenere lo sguardo della ragazza davanti a lui.
Aria non si mosse,
era ancora faccia a faccia con una delle persone che detestava di più. Era rigida come una statua, ad un palmo da lui,
incenerendosi a vicenda con lo sguardo.
Oltre Peter e Will
riuscì a vedere Quattro ed Eric, capendo dal modo in cui li osservavano che avevano
notato quello che stava succedendo. Quattro stava anche per avvicinarsi, forse
per dividerli oppure per rimproverarli, ma Eric lo aveva afferrato per un
braccio e trattenuto.
Forse voleva che
risolvessero il loro diverbio alla maniera degli Intrepidi, ovvero da soli e
con la forza, oppure voleva semplicemente godersi la scena.
Will la guardò
preoccupato, tratteneva ancora Peter ma era pronto e, se fosse stato
necessario, li avrebbe divisi.
-Non dargli ascolto!-
Le consigliò l’amico, mettendo la mano liberà anche sulla sua spalla.
Lui la conosceva
bene, e Aria sapeva che avrebbe dovuto ringraziarlo.
Eppure non vedeva
altro che il volto arrogante di Peter e non riusciva a mandare via la furia che
la stava soffocando. Strinse i pugni e prese un respiro profondo.
-Vedi Peter,- disse
con voce piatta, guardandolo negli occhi. -Se anche un idiota come te se n’è
accorto, vorrà dire che era piuttosto evidente!-
Rimase ancora
davanti a lui, furibonda, eppure svuotata.
Peter sollevò un
sopracciglio mentre Will toglieva le mani dalle loro spalle. Sasha mise via il
coltello che aveva in mano, e le si avvicinò di un passo dopo aver sentito ciò
che aveva detto.
-Per oggi
l’allenamento è finito!- annunciò Quattro.
Solo allora Aria si
allontanò da Peter, rifiutandosi di vedere che espressione aveva. Si avviò a
grandi passi verso l’uscita, superando i suoi compagni. Passò anche davanti a
Eric, ma non si guardarono neppure.
Dietro di lei, Sasha
correva per tenerle il passo.
-Ne vuoi palare?-
Aria era seduta
sulla sua branda, nel dormitorio. Avendo finito tutti gli allenamenti della
giornata, tutti i giovani iniziati si stavano godendo il loro momento di riposo
prima della cena. Molti si davano i turni per fare la doccia, quasi tutti erano
già andati a farsi un giro, e in pochi rimettevano a posto le loro cose sotto
ai proprio letti, rimanendo comunque distanti.
Aveva addossato il
cuscino alla parete e vi si era appoggiata con la schiena, mentre con i piedi
puntellava il materasso, tenendo le ginocchia piegate vicino al petto.
Sasha era seduta nel
letto vicino, rivolta verso di lei.
Aria non la guardò,
diede un piccolo colpo con la nuca al muro dietro di sé. -Non siamo tra i Pacifici,
non si deve per forza fare una discussione per risolvere ogni cosa, e qui le
persone non sono sempre felici!- disse sgarbatamente.
Poi si voltò a
guardare l’amica, vedendola abbassare la testa.
Scosse il capo. -Scusa.-
-Tranquilla!- Le rispose
Sasha.
Aria abbassò lo
sguardo sulle proprie mani, intrecciate sulle gambe. Avrebbe dovuto odiare
Peter, avrebbe dovuto picchiarlo per le sue insinuazioni, ma come prendersela
con qualcuno che dice la verità?
Non era da lei farla
passare liscia a chi la provocava e, dare soddisfazione a Peter, era l’ultima
cosa che voleva. Forse era vero che crescendo si migliorava, o forse, non aveva
trovato le forze per reagire.
Forse avrebbe dovuto
essere triste, ma non ci riusciva, erano anni che si rifiutava di esserlo.
In sostanza non
riusciva a pensare a niente di ciò che un’altra persona al suo posto avrebbe
pensato, l’unica cosa a cui pensava era lui.
Non pensava a Peter,
pensava a Eric e al modo in cui l’aveva ignorata quando aveva lasciato la
palestra. Gli era passata davanti, ma lui aveva fatto finta che non esistesse.
In realtà erano
giorni che la ignorava totalmente, da quando l’aveva baciata al poligono senza
nessuna spiegazione, non le si era più avvicinato nemmeno per sbaglio.
Si passò la lingua
sul labbro inferiore, dove il rigonfiamento causato dal morso del ragazzo stava
via via attenuandosi.
Scosse la testa, non
doveva pensare a lui, non solo non era il momento, ma non era neanche la cosa
giusta da fare. Era stato lui a baciarla e poi ad allontanarla, non doveva
preoccuparsene. Che facesse i conti lui con il suo comportamento, lei si
sarebbe limitata a rispettare la sua decisione e ad ignorarlo a sua volta.
Per quanto
riguardava i suoi sentimenti, era brava a reprimerli. Era abituata a spegnere
tutto.
Avrebbe voluto rifletterci
di più, capire perché il suo cuore batteva forte quando lo vedeva, o perché era
sempre al centro dei suoi pensieri. Avrebbe voluto capire perché lo aveva
baciato senza respingerlo, e perché aveva provato quel turbinio di emozioni e
passioni, ma non era il momento per farlo.
Quando, nei giorni
precedenti, aveva provato a ragionarci, aveva subito scacciato via il pensiero.
Non era una ragazzina alle prese con una cotta, era lì per superare l’iniziazione
ed entrare a far parte degli Intrepidi, non poteva perdere tempo dietro gli
sbalzi d’umore di uno dei capifazione.
Sapeva che non era
solo quello il motivo, ma non voleva convincersi, perché si sarebbe fatta solo
del male. Era inutile ammettere di provare qualcosa per una persona con il
rischio di non essere ricambiata, era molto più facile chiuderla fuori dalla
sua testa, dal suo cuore e dalla sua vita.
Era abituata a non
essere amata.
Con il tempo, per
difendersi, aveva smesso di affezionarsi e di aspettarsi qualcosa dagli altri.
-Quando ero piccola
non ero esattamente una bambina per bene, diciamo che avevo un comportamento un
po’ troppo da Intrepida!-
Sasha sorrise. -In
che senso?-
-Facevo a botte
troppo spesso, mi arrampicavo ovunque e correvo sempre. Crescendo non sono
migliorata. I miei genitori non erano per niente contenti del mio
comportamento, avrebbero voluto che mi comportassi diversamente, che fossi più
a modo. Che fossi come loro.-
Sasha abbassò la
testa e rimase in silenzio. Aria, invece, osservò distrattamente due ragazze
che le passarono davanti per uscire dal dormitorio.
-Anch’io non ero esattamente
come gli altri bambini. Sapevo che non sarei stata per sempre una Pacifica e,
quando il risultato del test ha detto che ero un’ Intrepida, ho capito che
avevo ragione!- Spiegò la bionda, cercando di ravvivare la situazione.
Ci riuscì, perché
Aria si voltò verso di lei con un sorriso malinconico. -Come hanno reagito i
tuoi genitori? Voglio dire, sono Pacifici!-
Sasha rise. -Gli è
venuto un colpo! Se mi vedessero sparare, o se vedessero come ci fanno
combattere, avrebbero di sicuro un infarto! Credo che non accetteranno mai del
tutto la mia scelta, ma sanno che ho fatto ciò che era giusto per me.- La
guardò e tornò seria per un attimo. -E poi so che mi vogliono bene.-
Aria tornò a
guardare le proprie mani, la mente sgombra da ogni pensiero, mentre lottava
contro la morsa che le attanagliava lo stomaco.
-Hai fratelli o
sorelle?- le chiese Sasha.
Aria spalancò gli
occhi e sussultò. Se fino a quel momento era riuscita a non pensare a niente e
a non provare quasi nulla, con quella domanda il cuore le andò in gola e serrò
i pugni.
-Una sorella.-
ammise fra i denti, cercando di regolare il respiro.
-Ho fatto una brutta
domanda?- Indagò Sasha, vedendo la sua reazione.
La osservò dubbiosa.
Aria scosse il capo,
serrò maggiormente i pugni e si concesse una piccola risata assolutamente priva
di gioia. -No, è fantastico avere una sorella, soprattutto se è la tua gemella.
O meglio, la tua copia migliore!-
-Ariana Grey!-
La folla si spegne
come se qualcuno abbia fatto scattare un interruttore immaginario.
Le due persone
sedute accanto a lei, un uomo e una donna, sembrano imprigionarla, ma non
riusciranno a impedirle di scappare.
Si alza in uno
scatto deciso, forse troppo, come a volersi liberare dalle catene invisibili
con cui i suoi genitori la tengono legata. Supera la donna al suo fianco e poi
l’altra ragazza seduta vicino, si avvia verso il centro della sala senza alcuna
paura.
Chiunque la guarda
potrà solo vedere una ragazza a modo che avanza con eleganza, come una vera
Erudita, come le è stato insegnato. Potranno vedere i suoi capelli neri
accuratamente raccolti davanti e sciolti dietro, come vuole la cultura della
sua fazione, poiché lo sguardo deve essere libero e gli occhi bene in mostra.
Ma dentro, sente
tutta la furia e il desiderio di raggiungere le coppe il prima possibile.
Arrivata a
destinazione le viene offerto un coltello e lei lo prende subito e, con un
gesto deciso e violento, si incide il palmo della mano. Ma nessuno dietro di
lei avrà notato la sua foga.
Senza alcun
ripensamento stende la mano sui carboni ardenti, e gioisce al rumore del suo
sangue che vi sfrigola sopra.
La folla si
riaccende all’ennesimo scatto dell’interruttore.
Sussulti, lamenti ed
esclamazioni stupide e quasi indignate l’accompagnano mentre raggiunge la
macchia di colore nero che rappresentano gli Intrepidi. Ignora tutto e tutti,
presto non la guarderanno più, e si siede nel posto libero vicino ad un altro
ragazzo trasfazione.
Dai posti vicino a
quello dove era precedentemente seduta, tre persone, un uomo, una donna e una
ragazza, non si scompongono minimamente. Non la guardano, non prestano
attenzione ai cori di indignazione attorno a loro, si limitano a guardare avanti
come statue di sale.
Ariana non li sta
guardando, ma sa che è così.
Sa che non la cercheranno
più.
Allora fa come loro,
mantiene il corpo rigido e lo sguardo dritto davanti a sé.
-Amber Grey!-
Quando la folla tace
nuovamente, una ragazza si stacca dal resto della sua famiglia e raggiunge il
centro della sala.
Ariana non segue i
suoi movimenti, continua a guardare il punto davanti a lei che si è prefissata
e lascia che siano gli altri ad osservare la ragazza che si avvicina alle
coppe.
Tuttavia, la conosce
così bene che non ha bisogno di vederla per sapere cosa farà. Sa che ha i
capelli di un biondo lucente raccolti totalmente in una coda di cavallo,
lasciando in mostra la nuca elegante.
Sa che prenderà il
coltello con grazia, che si muoverà in maniera sinuosa e che, anche quando si
inciderà la mano, lo farà nella maniera più opportuna.
Sa che il suo sangue
cadrà nella coppa con l’acqua.
Un coro di applausi
si leva dalle file in azzurro.
Decide di continuare
a non guardare altro che il punto che ha davanti, scegliendo di non voltarsi
verso la ragazza bionda nemmeno quando questa risale verso il posto in cui
sedeva precedentemente.
E, poco dopo, è
tutto finito.
I nomi degli altri
ragazzi sono stati chiamati senza che lei se ne accorgesse, e la cerimonia della
Scelta è finita senza che guardasse altro che il punto davanti al proprio viso.
Gli Intrepidi escono
per primi e le prime file davanti a lei si alzano rumorosamente, ma decide di
aspettare seduta e alzarsi solo quando sarà il suo momento.
Poi si volta, non riuscendo
a resistere a quell’impulso.
Si dice che i
gemelli si sentano sempre, ovunque si
trovano. Sanno cosa prova l’altro, sono empatici, ma la sua famiglia le aveva
sempre insegnato che quelle voci erano totalmente illogiche.
Eppure, voltandosi, sapeva
per certo che avrebbe incrociato lo sguardo di sua sorella. Anche lei la stava
già guardando, così, quando Ariana si voltò, le parve di vedere la sua immagine
riflessa nello specchio.
Vide il suo stesso
naso, ma più raffinato. Vide le sue stesse labbra, ma non erano rosse e gonfie,
ma rosee e sottili. Inoltre non erano corrucciate in una smorfia, ma
deliziosamente arricciate in un sorrisino.
Peccato che il
sorriso non raggiungesse neanche lontanamente i suoi occhi, dal taglio più
allungato rispetto ai propri, e di un celeste ghiacciato invece che blu
profondo.
Soltanto sua sorella
era capace di fare quell’espressione, di mostrare quel sorriso insolente e di
assottigliare lo sguardo in quel modo, come se stesse leggendo ogni suo più profondo
segreto e lo trovasse del tutto inappropriato.
Con il mento
sollevato esprimeva superiorità, e con le labbra arricciate in quel modo
manifestava tutto il suo disprezzo.
Le ricordava la sua
inferiorità.
Sentendo qualcosa
esploderle dentro e andare in mille pezzi, Ariana si alzò, le mani tremanti, e
seguì il resto del gruppo di Intrepidi che si alzavano. Si sentiva vuota,
debole, impaurita.
Poi, quando la folla
iniziò a correre e a scavalcare malamente le sedie, si sentì libera.
Libera e felice.
Scese verso l’uscita
della sala ma, prima di andare del tutto, si voltò un’ ultima volta verso sua
sorella. Sua madre, accanto a lei, le stringeva la mano e le diceva qualcosa
con dolcezza. Suo padre, oltre la donna, si sporgeva per darle colpetti
incoraggianti sulla spalla, dicendo anche lui qualcosa di sicuramente positivo.
Ma Amber non
guardava loro.
La ragazza bionda
continuava a guardarla con lo stesso sguardo, seguendola in mezzo alla folla
degli Intrepidi.
Sta volta Ariana non
si lasciò scoraggiare, se avesse letto i suoi pensieri vi avrebbe trovato solo determinazione. Sorresse lo sguardo con
espressione dura, decisa, senza timore, mentre la folla in nero avanzava.
Vide sue sorella
arricciare ancora di più le labbra e corrugare la fronte, delusa, disgustata.
Poi la vide scuotere la testa e abbassare il capo.
Ariana non la guardò
più, uscì insieme alla sua nuova fazione e corse come non aveva mai corso in
vita sua.
L’indomani, a
pranzo, Aria sedeva ad un tavolo di fronte a Sasha. Nello stesso tavolo, in
mensa, sedevano anche Will, Christina, Tris e Al, ma se ne stavano in disparte.
Sasha stava
mangiando il suo pezzo di pane, discutendo dell’allenamento di quella mattina,
e Aria l’ascoltava tranquillamente. Era piacevole avere una persona allegra e
tranquilla come lei, e la sua voce era rilassante. La stava guardando
attentamente, ridendo ad ogni sua smorfia e battuta, quando, oltre la sua testa
bionda, lo vide.
Era seduto ad un
tavolo non troppo lontano con altri ragazzi Intrepidi tutti tatuati e ricoperti
di piercing, alcuni sicuramente più grandi di lui.
Vedere Eric le fece
rivoltare lo stomaco, quella mattina non aveva preso parte ai loro allenamenti,
aumentando i giorni in cui non si parlavano. Non la raggiungeva più al poligono
a fine giornata, e non le sorrideva più di nascosto quando faceva qualche
progresso.
Sembrava non la
conoscesse nemmeno.
Però Aria lo aveva
sorpreso in più occasioni a guardarla durante gli allenamenti solo che, quando se
ne accorgeva e ricambiava il suo sguardo, lui voltava immediatamente la testa e
non la degnava più di alcuna considerazione.
Era assurdo che
l’avesse baciata in quel medo per poi allontanarla, e più passava il tempo più
si convinceva che la cosa giusta da fare fosse ignorarlo a sua volta.
Probabilmente Eric
aveva ottenuto ciò che voleva e non era intenzionato a sprecare altro tempo con
lei. Forse sapeva che non poteva esserci altro fra di loro ma, qualsiasi fosse
la sua motivazione, Aria si convinse che avrebbe fatto bene a non rimuginarci
troppo.
Quando guardò ancora
oltre la testa bionda di Sasha, il cuore le mancò di un battito.
Una ragazza magra ed
alta, con ricci capelli rossi che le solleticavano il mento, si era avvicinata
ad Eric e gli aveva sorriso. Gli aveva messo una mano sulla spalla in maniera
confidenziale ed era rimasta in piedi vicinissima, poi gli aveva sussurrato
qualcosa all’orecchio e lui aveva riso.
La testa bionda di
Sasha si mosse, oscurandole il campo visivo, e Aria ne approfittò per abbassare
gli occhi.
Si sentiva il cuore
in gola e lo sentiva battere all’impazzata senza capirne il motivo.
Eric, ancora al suo
posto, continuava a ridere insieme alla ragazza, ma senza tuttavia guardarla. Quando
la rossa provò a fargli passare il braccio dietro la testa, tuttavia, lui si
scostò rifiutando il contatto
Questi erano
dettagli che Aria avrebbe potuto notare, se non
si fosse lasciata stravolgere dalle proprie emozioni.
Mentre continuava ad
osservarli di nascosto, vide la sconosciuta parlare all’orecchio di Eric, era
seducente e civettuola allo stesso tempo. Il capofazione fece un cenno con la
testa ad una sua domanda, poi lei si scostò da lui, non prima di avergli scoccato
un bacio sulla guancia.
Aria strinse la
forchetta che aveva in mano ma, prima di riuscire a guardare altrove, Eric
sollevò la testa verso di lei e i loro sguardi si intrecciarono.
Si voltò subito
dall’altra parte, non voleva che lui capisse che lo stava guardando, ma di
sicuro era troppo tardi.
Aveva visto
nell’espressione di Eric qualcosa, forse rabbia, forse paura, delusione?
Non doveva
importarle, mise giù la forchetta e fece un respiro profondo.
Non le interessava
nulla di Eric, non era niente per lei come lei non era niente per lui.
Cosa poteva
significare un bacio per chi ha un cuore libero e ribelle, infondo?
Continua…