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Autore: Kaimy_11    05/09/2014    2 recensioni
Si può scoprire come una guerra possa unire, invece che dividere.
In un mondo tanto attento alle regole, alle leggi, una trasgressione può diventare bella e importante quanto un fiore nel deserto.
Forse amare significa trasgredire, forse per un capofazione degli Intrepidi proteggere qualcuno per lui importante potrebbe essere un rischio troppo grande.
Ma come rinunciare ad una persona capace di essere forte e testarda quanto lui, ma che al tempo stesso sa come dare pace al suo cuore tormentato?
Sarà davvero il fuoco che scioglie il ghiaccio, o il ghiaccio a spegnere il fuoco?
In guerra e in amore tutto è permesso...
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The reason '
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5. Tutti crollano

 

 

 

 

Strinse la mano attorno alla borsa del ghiaccio e la posizionò meglio sulla testa dolorante. -Ricordami cosa mi sono persa!-

-Il tuo combattimento con Edward!- Rispose Sasha, in piedi accanto a lei.

Aria provò a sollevare lo sguardo verso l’amica, ma avvertì un forte dolore alla tempia e dovette cambiare idea. -Fantastico! Ho vinto, vero?-

Sasha si lasciò scivolare per terra, vicino a lei, e raccolse le ginocchia al petto. -Di cosa ti lamenti? Tutti gli altri sono stati massacrati, tu sei svenuta subito e hai evitato di farti male!-

-La mia testa non è d’accordo, si è fatta male eccome!-

-Per forza, con quella botta che ti sei presa! Peter ha detto che magari eri morta…-

-Gli piacerebbe!- Scosse la testa. -Sapevo che contro Edward non potevo vincere, ma avrei voluto lottare un po’ almeno, invece di svenire!-

Sasha le diede un colpetto sulla spalla. -Sarò anche ripetitiva, ma credo sia meglio finire subito al tappeto, piuttosto che perdere lo stesso dopo essersele prese!-

La sacca del ghiaccio che teneva sulla testa le faceva più male che bene, così decise di toglierla. Aria guardò l’istruttore Quattro che parlava con alcuni trasfazione vicino alla lavagna della classifica, poco lontano, c’era Eric.

Il capofazione era più arrabbiato del solito quel giorno, rimaneva in piedi vicino al ring, rigido come una statua e con uno sguardo terrificante. Persino Quattro, che di solito era l’unico capace di tenergli testa, se ne stava a debita distanza.

La ragazza si rimise la sacca del ghiaccio in testa e, con un sospiro, ripensò al suo scontro con Edward o, almeno, a ciò che ricordava.

Quando Quattro aveva annunciato lo scontro tra lei e il primo in classifica, aveva trattenuto il fiato. In tutti gli altri incontri che aveva affrontato c’era sempre stata la possibilità di perdere, ma non aveva mai avuto paura e la speranza e la determinazione l’avevano fatta salire a testa alta. Aveva sempre lottato al massimo delle sue capacità e, fino a quel momento, aveva sempre vinto.

Ma, salire sul ring, sapendo di avere già perso, era tutta un’altra storia.

Da qualsiasi parte analizzasse la faccenda non c’era speranza per lei.

Edward era più forte, più veloce, tecnicamente più preparato e intelligente. Proveniva anche lui dagli Eruditi, Aria aveva avuto modo di parlargli solo raramente, durante qualche lavoro di gruppo a scuola, ma non lo conosceva quasi per niente. Tutto ciò che sapeva di lui era che studiava tecniche di combattimento da anni e che, con molta probabilità, anche lui era sempre stato orientato verso gli Intrepidi.

Salita sul ring aveva sentito le gambe deboli e la testa vuota, privata di ogni pensiero logico e di ogni emozione motivante. Sentiva persino un fastidioso ronzio alle orecchie, quando strinse i pugni lungo i fianchi.

Si chiese se fosse la paura a farle quell’effetto, ma sapeva che non era quello il problema. Non aveva paura di perdere, ma trovarsi lì, senza nessuna strategia e con la schiacciante consapevolezza di essere senza speranze, le toglieva ogni energia. Era sempre stata abituata a calcolare le proprie mosse in base alle qualità dell’avversario, ma non c’era niente che potesse fare in quel momento.

Il suo cervello le mostrava la sconfitta da più punti di vista, qualsiasi mossa lei decidesse di compiere.

Davanti al ring c’erano Quattro e, ovviamente, Eric.

Il vederlo lì le fece venire i brividi lungo la schiena, e la cosa la fece innervosire. Non guardava nessuno dei due sfidanti, ma lei sapeva che non si sarebbe perso un solo istante di quello scontro.

Si sentì molto nervosa, dovette deglutire e imporsi la calma. Non doveva pensare e lui, doveva ignorarlo.

Forse, se fossero stati in altri tempi, fallire davanti a lui le avrebbe spezzato il cuore, ma non era più così. Lui non le parlava più, non condividevano più nulla, non sarebbe andato da lei al poligono a deriderla per essersi fatta battere da Edward.

Tuttavia, nonostante quella consapevolezza, avrebbe voluto che lui non ci fosse, ad assistere e a vederla incassare un pugno dopo l’altro.

Voleva solo non doverlo guardare quando tutto sarebbe finito, e lei si sarebbe ritrovata agonizzante e magari sanguinante.

Abbassò la testa e trattenne a stento la rabbia. Si accorse di odiarlo, di detestare il modo in cui fingeva che non esistesse dopo averla baciata senza preavviso.

Decise di usare quell’emozione per lanciarsi contro il suo avversario, avrebbe perso era vero, ma non aveva paura del dolore e, magari, Eric l’avrebbe insultata a dovere per aver perso.

E un insulto era meglio di niente.

Quando colpì Edward al viso immaginò di colpire Eric dopo il loro bacio, perché era quello che avrebbe dovuto fare, invece che lasciarsi trasportare dalle emozioni.

La risposta le arrivò subito e in maniera decisamente dolorosa, come la verità. Edward la colpì al viso a suo volta, ferendola, come a volerle ricordare il suo errore. Quando un pugno le arrivò dritto alla stomaco, annebbiandole la vista e togliendole l’aria dai polmoni, la ragazza venne assalita dall’umiliazione. Ma non derivava dallo scontro, ma dalla consapevolezza di essersi fatta manipolare da Eric e dalle proprie emozioni.  

Sentiva la sconcertante vergogna di essere passata da esca a vittima.

Edward si lanciò verso di lei, se la caricò in spalla prendendola dalle gambe e, dopo aver preso il giusto slancio, la scaraventò a terra con forza.  La ragazza cadde sulla schiena a peso morto e, quando la sua testa colpì con un rumore sordo il ring, tutto si spense.

Aria si ritrovò con la sua borsa del ghiaccio premuta sulla parte dolorante della testa, a guardare in lontananza Eric che era ancora posizionato davanti al ring. L’idea di essersi afflosciata al suolo come una bambola di pezza proprio davanti a lui, le fece perdere un battito cardiaco.

-Cos’ è successo dopo che sono svenuta?- chiese a Sasha, per distrarsi.

-Edward è stato gentile,- rispose sbrigativa la bionda, inseguendo i ricordi. -Si è subito avvicinato a te per accertarsi delle tue condizioni. Poi Quattro è salito sul ring, e insieme anno cercato di rianimarti. Hanno dovuto prenderti a schiaffi, sai?-

-Meraviglioso!-

-Alla fine ti sei svegliata, così siamo arrivati io e Will e ti abbiamo aiutata e rialzarti in piedi e a scendere dal ring. Will era della tua stessa fazione?-

Aria fece un cenno sbrigativo con la testa.

L’idea di essere scesa dal ring sulle proprie gambe le dava conforto, peccato che non se lo ricordasse minimamente.

Ricordava di aver sbattuto la testa, e poi di essersi ritrovata seduta per terra vicino a Sasha con una sacca del ghiaccio in testa, senza sapere cosa c’era stato in mezzo.

-E quella chi è?- chiese Sasha, facendo voltare Aria verso l’ingresso della palestra.

La ragazza appena arrivata era alta e magra, con ricci capelli rossi che le solleticavano il mento. Era la stessa che si era avvicinata ad Eric in mensa.

Non ebbe nemmeno il tempo di pensare a lui che lo vide muoversi e spostarsi verso la porta.

-A quanto pare qualcuno è riuscito a schiodare Eric, è tutto il tempo che se ne sta lì fermo. Credo fosse piuttosto arrabbiato per qualcosa, ha avuto anche una piccola discussione con Quattro, ma non ho idea di cosa si siano detti.- affermò Sasha, seguendo insieme a lei il capofazione che si avvicinava alla ragazza appena arrivata.

Insieme lo videro dirle qualcosa in maniera brusca, poi videro la ragazza dai capelli rossi scuotere la testa e cercare di fargli una carezza sul viso. Eric si era scostato bruscamente e le aveva fatto chiaramente segno di andarsene. Ma lei rimaneva e continuava a guardarlo con dolcezza.

-Che sia una sua fiamma? Eric fa paura, ce lo vedi con una ragazza?- Iniziò Sasha, senza smettere di guardare i due davanti l’ingresso. -O forse è una sua vecchia fiamma, perché non sembrano più tanto intimi…-

Aria non disse nulla, ma quando vide la rossa poggiare delicatamente una mano sul braccio di Eric, riuscendo a calmarlo e a fargli fare più cenni a testa bassa mentre lei gli parlava piano, pensò che tra di loro ci fosse eccome una certa intimità.

Che fosse una fiamma attuale o passata, poco importava, perché iniziava a dare un volto al motivo per la quale Eric le si era allontanato.  

 

Non c’era un vero motivo per allontanarla.

O meglio, il motivo c’era, ma non era abbastanza forte da tenerlo lontano a lungo.

Stava iniziando a cedere, e se ne rendeva sempre più conto, ma non poteva permetterselo. Non riusciva a smettere di guardarla, la voleva, voleva sentirla sulla propria pelle, voleva parlarle.

Ma non poteva.

Non erano servite le distrazioni, non era servito a niente tornare fra le braccia di una sua ex piuttosto attraente per qualche notte, se poi la mattina tornava in palestra e vederla gli mandava in tilt il cervello. Non riusciva a togliersela dalla tasta, non riusciva a smettere di desiderarla nemmeno mentre era nel letto di un’altra a sfogare i suoi istinti più profondi.

Immaginava le sue labbra, voleva assaporarle ancora, era come una droga ma lui era forte e non avrebbe ceduto.

Perché non poteva cedere.

Quella piccola iniziata non era come le altre, non poteva prendersela, toglierle i vestiti di dosso e farla sua. Con una come lei bisognava avvicinarsi in punta di piedi, attirarla e poi intrappolarla ma senza tirare troppo la corda, o sarebbe scappata.

Con lei non poteva abbandonarsi su un letto caldo per una notte, e tornare ad essere lo stesso di sempre il giorno dopo. Non era adatto ai legami, non poteva costringersi a rispettare una sola persona. Aveva troppi impegni e doveri, e troppe notti davanti per divertirsi a cui non era pronto a rinunciare.

E poi c’era il motivo principale.

Un capofazione non può legarsi sentimentalmente ad un’iniziata, andava contro ogni regola. C’erano i favoreggiamenti, la perdita dell’imparzialità, e la possibilità che la persona in questione non superasse l’iniziazione e finisse fra gli Esclusi.

Aria non sarebbe mai finita tra gli Esclusi, era troppo forte, ma se così fosse stato avrebbe sprecato solo tempo. Se gli altri capifazione avessero notato il suo interesse lo avrebbero subito ripreso, e magari sarebbero anche intervenuti. Forse avrebbe agito su di lei, forse su di lui. Forse gli avrebbero solo fatto un richiamo verbale, un avvertimento.

Oppure gli avrebbero riservato di peggio.

Certo, poteva fare tutto di nascosto e non perdere mai di vista le regole rimanendo imparziale. Non avrebbe mai falsato i risultati in classifica, non le avrebbe mai concesso aiuti aumentandole il punteggio o abbassandolo ad altri, anche perché non ci sarebbe riuscito con Quattro sempre a controllarlo.

Sapeva che, per nessuno al mondo, avrebbe compromesso la propria posizione all’interno della fazione e che, se anche fosse stato possibile, non l’avrebbe aiutata.

Lei poi non lo avrebbe mai voluto, era troppo determinata ed orgogliosa per accettare, e lui era fiero di lei proprio per la sua forza. Se avesse avuto bisogno di favoritismi per farcela, tanto valeva mandarla via subito.

Quindi, forse, un modo per sfuggire alle regole c’era. Bastava agire di nascosto e non favoreggiare nessuno.

Ma c’era altro.

Alla fine dell’iniziazione tutti gli Intrepidi sarebbero scesi in guerra, e quello non era certo il momento adatto per concedersi una distrazione o per preoccuparsi per qualcuno.

Non c’era spazio per i legami, doveva solo eseguire gli ordini, sapendo che sarebbero sopravvissuti solo i più forti.

Si chiese perché mai non facesse l’unica cosa giusta da fare, facendo ciò che avrebbe fatto in qualsiasi altra circostanza, invece di arrovellarsi il cervello in quella maniera. Bastava solo assecondare i suoi istinti, se non riusciva a togliersela dalla testa e la desiderava così tanto, perché non sfogare ogni suo desiderio con lei, e poi liberarsene al momento più opportuno? Si era già preso le sue labbra per placare il desiderio, perché non prendersi tutto il resto?

Aveva bisogno solo di uno sfogo, nessuno lo avrebbe scoperto e la faccenda si sarebbe chiusa ancora prima di iniziare.

Niente sarebbe andato storto.

Non era come le altre, non sarebbe più tornata nel suo letto se avesse sbagliato con lei. Il che poteva anche essere un vantaggio che gli avrebbe permesso di disfarsene non appena avesse finito.

Scosse il capo e serrò un pugno, non ne era in grado.

Gli piaceva vederla sorridere, condividere del tempo con lei al poligono, adorava il modo in cui lo guardava, sempre a testa alta.  Voleva sempre dimostrarsi all’altezza, migliorarsi, e lui ne era fiero. Come poteva mettere fine a quel legame, tradendola senza alcun rispetto?

Semplice, non poteva.

Per questo doveva troncare sul nascere ogni desiderio, ogni legame, allontanandola prima che fosse tardi.

Era riuscito a non provare nulla quando l’aveva vista salire sul ring contro Edward, faceva parte dell’essere Intrepidi prendere qualche pugno, lo scontro l’avrebbe solo resa più forte.

Quando l’aveva vista svenire subito, però, anziché provare disgusto per la sua debolezza, si era riscoperto sollevato per non aver dovuto assistere al suo massacro.

Ma non era da lui, non poteva permettersi di ragionare in quel modo.

Non avrebbe mai capito cosa avesse fatto quella ragazzina per ridurlo in quel modo, per renderlo schiavo come nessun’altra donna aveva mai saputo fare. Aveva erroneamente creduto che fosse stata lei a cadere nella sua trappola, e invece era l’esatto contrario.

Lui, Eric, era caduto vittima di un’iniziata di nome Aria.

Era molto bella, con le sue labbra gonfie e i suoi occhi blu, era forte e riusciva a tenergli testa senza perdere la sua dolcezza, ma come aveva fatto a fargli quell’effetto?

Il giorno dopo averla baciata era rimasto soddisfatto nel vedere il rigonfiamento violaceo sul suo labbro inferiore, causato dal suo morso, e si era chiesto se sarebbe realmente stato capace di starle lontano.

Alla fine c’era riuscito, ma con grande fatica e dovendo ripetersi ogni giorni i motivi per cui aveva preso quella decisione.

Non c’era una vera spiegazione per quell’attrazione, lo aveva colpito e basta, come un fulmine a ciel sereno.

Prima o poi, tutti crollano e cadono vittima di un sentimento sconosciuto che li attira e li inganna, intrappolandoli in una prigione da cui non riescono a fuggire perché non vogliono fuggire.

Eppure lui era riuscito a compiere lo sforzo e a scappare, e non doveva voltarsi indietro.

Quando, invece, si voltò indietro tornando alla realtà dei fatti, vide le file di ragazzini seguirlo su per lo strapiombo, per gli stretti canali che salivano a spirale dando sul Pozzo senza tuttavia nessuna rete di protezione.  Erano talmente in tanti che dovevano camminare in file di massimo tre persone per tenersi lontani dal bordo, riuscendo così a non cadere.

Quattro era l’ultimo della fila, insieme stavano conducendo gli iniziati al palazzo di vetro sopra il Pozzo, per mostrare loro il centro di controllo. Era infastidito da quella faccenda e da quella noiosa attività che lo costringeva ad entrare in contatto con la sua tentazione. Poteva pensarci Quattro da solo, d'altronde lui lavorava proprio lì quando non faceva l’istruttore.

Si voltò nuovamente guardando avanti a sé, era lui il capo fila e, prima arrivavano a destinazione, prima sarebbero tornati indietro.

Dall’alto vide scendere un gruppetto di tre bambini di circa otto anni, figli di Intrepidi incoscienti che non tenevano al guinzaglio i loro marmocchi. I ragazzini correvano senza riguardo, scatenati come una mandria inferocita. Era abitudine dei figli degli Intrepidi inseguirsi e giocare al Pozzo, salendo a volte per i sentieri rigidi che portavano ai vari settori della residenza della fazione, senza tenere conto del pericolo che correvano. Fin troppo spesso in molti cadevano giù nel Pozzo finendo, nel migliore dei casi, con un braccio rotto.

-Ehi!- Li ammonì deciso, quando dovette scostarsi per lasciarli passare.

Ma i tre bambini non si lasciarono per nulla intimorire dal suo tono, e continuarono a correre zigzagando tra le file di iniziati che dovettero aprirsi per lasciarli passare.

-Arrivo prima io!- gridò uno dei bambini, inseguendo gli altri.

Alcuni dei sedicenni ridacchiarono, altri imprecarono mentre si spostavano, rischiando di cadere nello strapiombo. Altri ancora si schiacciarono contro la parete lasciando che i più piccoli si rincorressero al bordo del precipizio, ma ovunque decidessero di andare le tre pesti avevano seminato scompiglio.

E poi Eric vide le due ragazze in fondo alla fila, una bionda e l’altra mora, spostarsi verso la parete per fare passare il primo del trio delle pesti. Risero con lui quando le superò di corsa, raggiungendo e oltrepassando anche Quattro. Poi vide quello che, a suo avviso, era il gesto più fottutamente abnegante che avesse mai visto nel momento meno opportuno. Vide la ragazza dai capelli neri divedersi dalla bionda e aprirsi per fare passare gli altri due bambini, mettendosi lei vicina al bordo non protetto.

Uno dei due bambini passò in mezzo alle due ragazze senza problemi, inseguendo il compagno più avanti, ma il terzo passò sgomitando con troppo impeto e allargandosi verso il bordo.

Inevitabilmente colpì la ragazza mora con una spallata allo stomaco, facendole perdere l’equilibrio e barcollare all’indietro. Colta alla sprovvista, la ragazza mise il piede in fallo oltre il bordo del sentiero, scivolò e cadde di schiena verso il Pozzo con un urlo.

Eric spalancò gli occhi e il cuore gli salì in gola, seguì la caduta della giovane dai capelli corvini sapendo benissimo di chi si trattasse. Era Aria, la sua piccola Intrepida testarda era caduta dal sentiero e sarebbe atterrata dopo un volo di almeno sette metri. Colse il movimento della bionda sua amica e degli altri iniziati che si sporsero per guardare la caduta, e poi non registrò altro.

Scollegò il cervello e seguì l’istinto, lasciandosi scivolare oltre il limite del sentiero. Atterrò in una sporgenza della roccia pochi metri più sotto, dopo di che scese aggrappandosi con mani e piedi agli appigli rocciosi e raggiunse il suolo in pochi minuti.

Una volta a terra si voltò verso la ragazza e, quando la vide faticosamente far forza sulle proprie braccia per sollevarsi, tornò dolorosamente cosciente.

Si accorse della presenza degli altri Intrepidi, tutti lontani dal punto in cui era caduta Aria ma pur sempre in grado di vedere la scena. Si era precipitato giù dal precipizio senza pensarci, e tutti lo avevano visto. Non era un atteggiamento tipico del più giovane dei capifazione, noto per la sua freddezza e per la sua totale assenza di sensibilità, soprattutto verso gli iniziati.

Persino Quattro, che lo rimproverava sempre quando non si degnava di dare una mano con i ragazzini che finivano al tappeto dopo uno scontro particolarmente cruento, non era ancora arrivato. Aveva anche lui scelto di scendere lungo la parete rocciosa, poiché seguire il sentiero avrebbe rappresentato un giro troppo lungo, ma non aveva ancora messo i piedi per terra.

Non poteva dare quella dimostrazione di sé, se a cadere fosse stata un’ altra persona non si sarebbe neppure preoccupato di sporgersi per vedere chi era. E invece, per lei, si era praticamente lanciato giù sfruttando tutta la sua forza e la sua abilità per un atterraggio rapido e perfetto.

Ma la forza non era una giustificazione sufficiente per il suo gesto tanto repentino, doveva rimediare.

Mantenendo gli occhi fissi sul corpo fragile, ancora a terra che si muoveva al ritmo di un respiro decisamente alterato, ritrovò la propria calma e assunse un’ espressione gelida quando Quattro atterrò accanto a lui con un tonfo.

-No!- ordinò all’istruttore, stendendo un braccio davanti al suo petto per impedirgli di avanzare, dopo averlo visto lanciarsi verso la ragazza.

Quattro si fermò ma lo guardò, indignato. –Eric, che stai facendo? Avrà di sicuro qualche osso rotto e potrebbe avere un trauma cranico, va subito portata in infermeria!-

Eric seguì i movimenti della figura ancora a terra, vedendola fare ancora forza sulle braccia e muovere le gambe.

-Non mi pare abbia niente di rotto!-

-Sei impazzito?- gli ringhiò contro Quattro.

Abbassò il braccio, sapendo che non avrebbe fatto un solo passo senza il suo permesso, e spostò il suo sguardo su Aria, scrutandola con apparente indifferenza.

-Ehi!- le urlò contro.

Aria, che era miracolosamente riuscita a sollevarsi sulle braccia, voltò il capo verso di lui.

Trattenendo il fiato e, sforzandosi di non mostrare alcuna espressione, Eric vide la macchia rossa sul suo zigomo destro, gli occhi lucidi e le labbra serrate per il dolore. Sulle braccia era piena di tagli e i capelli erano sporchi di polvere e inumiditi da un sostanza viscida.

Si accorse che era sangue senza capire da dove venisse fuori.

-Alzati e arriva fino a qui sulle tue gambe e, se riesci e raggiungere Quattro da sola, gli permetterò di portarti in infermeria.-

Aria batté le palpebre per metterlo a fuoco, non si scompose, non sembrava neppure che avesse colto le sue parole.

-Eric, se ha battuto la testa ogni movimento che fa potrebbe peggiorare le cose, non può farcela! Lascia che la porti subito dall’infermiera, è già tanto che sia ancora tutta intera!- Gli urlò contro Quattro, afferrandolo da un braccio.

Il capofazione si divincolò dalla presa di Quattro e tornò a guardare con sufficienza la ragazza a terra, sembrava sempre più debole con le braccia che minacciavano di cedere e lo sguardo vacuo.

-Se è una vera Intrepida ce la farà!- urlò, per farsi sentire dagli altri iniziati, dagli Intrepidi poco lontani e soprattutto da lei.

Qualcosa parve scintillare negli occhi bagnati di Aria.

-Mi hai sentito?- urlò ancora verso di lei, senza pietà. -Alzati e raggiungi Quattro da sola, ed io dimenticherò la tua caduta pietosa!-

Non dubitò di lei neppure per un secondo, sapeva che c’è l’avrebbe fatta, e quello era l’unico modo per rendere lei più forte e non mettere sé stesso in cattiva luce. Avrebbe fatto così con un altro iniziato, perciò doveva farlo anche con lei.

Se si fosse fatta realmente male e la convalescenza si fosse rivelata troppo lunga, sarebbe stata eliminata dell’iniziazione. Ma, se riusciva a fare vedere agli Intrepidi che si erano radunati per vedere la scena, che era capace di camminare sulle sue gambe da sola, nessuno avrebbe ritenuto opportuno mandarla fra gli Esclusi, e le avrebbero concesso un’altra possibilità.

Doveva dimostrare la forza di Aria e la propria, per prevenire ogni dubbio.

La ragazza fece ancora forza sulle braccia e si sollevò sulle gambe, barcollando pericolosamente quando si rimise in piedi.

Eric si accorse del sangue che le gocciolava sul collo, e finalmente vide la ferita rossa sulla sua testa, nascosta dai capelli. Vide le sue braccia ferite e sanguinanti, il rossore sul suo zigomo che sembrava ingigantirsi secondo dopo secondo, e il modo in cui sussultava dopo ogni passo.

Faticosamente la vide avanzare, lenta ma decisa, le labbra serrate per lo sforzo e gli occhi pieni di lacrime. La vide trascinarsi faticosamente avanti, prima un piede e poi l’altro, poi un sussulto di dolore. Sapeva che stava soffrendo, ma non la vide né piangere, né gemere, né lamentarsi.

Serrò le labbra insieme a lei e mantenne il suo sguardo atterrito sulla sua figura, mostrando solo la sua rabbia crescente. Non era difficile fingersi furioso, era davvero sconvolto, d'altronde.

Seguì quel corpo tremante e tornò a respirare quando vide Aria arrivare finalmente davanti a Quattro.

Raggiunto il suo obbiettivo, Aria si afflosciò come un guscio vuoto, le pupille sparirono oltre le palpebre superiori e svenne lasciandosi cadere. Quattro le mise prontamente un braccio sotto le ginocchia e uno dietro la schiena, raccogliendola in braccio e portandola di corsa in infermeria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua… 

 

 

   
 
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