5. Tutti crollano
Strinse la mano
attorno alla borsa del ghiaccio e la posizionò meglio sulla testa dolorante. -Ricordami
cosa mi sono persa!-
-Il tuo
combattimento con Edward!- Rispose Sasha, in piedi accanto a lei.
Aria provò a
sollevare lo sguardo verso l’amica, ma avvertì un forte dolore alla tempia e
dovette cambiare idea. -Fantastico! Ho vinto, vero?-
Sasha si lasciò
scivolare per terra, vicino a lei, e raccolse le ginocchia al petto. -Di cosa
ti lamenti? Tutti gli altri sono stati massacrati, tu sei svenuta subito e hai
evitato di farti male!-
-La mia testa non è
d’accordo, si è fatta male eccome!-
-Per forza, con
quella botta che ti sei presa! Peter ha detto che magari eri morta…-
-Gli piacerebbe!-
Scosse la testa. -Sapevo che contro Edward non potevo vincere, ma avrei voluto
lottare un po’ almeno, invece di svenire!-
Sasha le diede un
colpetto sulla spalla. -Sarò anche ripetitiva, ma credo sia meglio finire
subito al tappeto, piuttosto che perdere lo stesso dopo essersele prese!-
La sacca del ghiaccio
che teneva sulla testa le faceva più male che bene, così decise di toglierla.
Aria guardò l’istruttore Quattro che parlava con alcuni trasfazione vicino alla
lavagna della classifica, poco lontano, c’era Eric.
Il capofazione era
più arrabbiato del solito quel giorno, rimaneva in piedi vicino al ring, rigido
come una statua e con uno sguardo terrificante. Persino Quattro, che di solito
era l’unico capace di tenergli testa, se ne stava a debita distanza.
La ragazza si rimise
la sacca del ghiaccio in testa e, con un sospiro, ripensò al suo scontro con
Edward o, almeno, a ciò che ricordava.
Quando Quattro aveva
annunciato lo scontro tra lei e il primo in classifica, aveva trattenuto il
fiato. In tutti gli altri incontri che aveva affrontato c’era sempre stata la
possibilità di perdere, ma non aveva mai avuto paura e la speranza e la
determinazione l’avevano fatta salire a testa alta. Aveva sempre lottato al
massimo delle sue capacità e, fino a quel momento, aveva sempre vinto.
Ma, salire sul ring,
sapendo di avere già perso, era tutta un’altra storia.
Da qualsiasi parte
analizzasse la faccenda non c’era speranza per lei.
Edward era più
forte, più veloce, tecnicamente più preparato e intelligente. Proveniva anche
lui dagli Eruditi, Aria aveva avuto modo di parlargli solo raramente, durante
qualche lavoro di gruppo a scuola, ma non lo conosceva quasi per niente. Tutto
ciò che sapeva di lui era che studiava tecniche di combattimento da anni e che,
con molta probabilità, anche lui era sempre stato orientato verso gli
Intrepidi.
Salita sul ring
aveva sentito le gambe deboli e la testa vuota, privata di ogni pensiero logico
e di ogni emozione motivante. Sentiva persino un fastidioso ronzio alle
orecchie, quando strinse i pugni lungo i fianchi.
Si chiese se fosse
la paura a farle quell’effetto, ma sapeva che non era quello il problema. Non
aveva paura di perdere, ma trovarsi lì, senza nessuna strategia e con la
schiacciante consapevolezza di essere senza speranze, le toglieva ogni energia.
Era sempre stata abituata a calcolare le proprie mosse in base alle qualità
dell’avversario, ma non c’era niente che potesse fare in quel momento.
Il suo cervello le
mostrava la sconfitta da più punti di vista, qualsiasi mossa lei decidesse di
compiere.
Davanti al ring
c’erano Quattro e, ovviamente, Eric.
Il vederlo lì le
fece venire i brividi lungo la schiena, e la cosa la fece innervosire. Non
guardava nessuno dei due sfidanti, ma lei sapeva che non si sarebbe perso un
solo istante di quello scontro.
Si sentì molto
nervosa, dovette deglutire e imporsi la calma. Non doveva pensare e lui, doveva
ignorarlo.
Forse, se fossero
stati in altri tempi, fallire davanti a lui le avrebbe spezzato il cuore, ma
non era più così. Lui non le parlava più, non condividevano più nulla, non sarebbe
andato da lei al poligono a deriderla per essersi fatta battere da Edward.
Tuttavia, nonostante
quella consapevolezza, avrebbe voluto che lui non ci fosse, ad assistere e a
vederla incassare un pugno dopo l’altro.
Voleva solo non
doverlo guardare quando tutto sarebbe finito, e lei si sarebbe ritrovata
agonizzante e magari sanguinante.
Abbassò la testa e
trattenne a stento la rabbia. Si accorse di odiarlo, di detestare il modo in
cui fingeva che non esistesse dopo averla baciata senza preavviso.
Decise di usare
quell’emozione per lanciarsi contro il suo avversario, avrebbe perso era vero,
ma non aveva paura del dolore e, magari, Eric l’avrebbe insultata a dovere per
aver perso.
E un insulto era
meglio di niente.
Quando colpì Edward
al viso immaginò di colpire Eric dopo il loro bacio, perché era quello che
avrebbe dovuto fare, invece che lasciarsi trasportare dalle emozioni.
La risposta le
arrivò subito e in maniera decisamente dolorosa, come la verità. Edward la colpì
al viso a suo volta, ferendola, come a volerle ricordare il suo errore. Quando
un pugno le arrivò dritto alla stomaco, annebbiandole la vista e togliendole
l’aria dai polmoni, la ragazza venne assalita dall’umiliazione. Ma non derivava
dallo scontro, ma dalla consapevolezza di essersi fatta manipolare da Eric e
dalle proprie emozioni.
Sentiva la
sconcertante vergogna di essere passata da esca a vittima.
Edward si lanciò
verso di lei, se la caricò in spalla prendendola dalle gambe e, dopo aver preso
il giusto slancio, la scaraventò a terra con forza. La ragazza cadde sulla schiena a peso morto e,
quando la sua testa colpì con un rumore sordo il ring, tutto si spense.
Aria si ritrovò con
la sua borsa del ghiaccio premuta sulla parte dolorante della testa, a guardare
in lontananza Eric che era ancora posizionato davanti al ring. L’idea di
essersi afflosciata al suolo come una bambola di pezza proprio davanti a lui,
le fece perdere un battito cardiaco.
-Cos’ è successo
dopo che sono svenuta?- chiese a Sasha, per distrarsi.
-Edward è stato
gentile,- rispose sbrigativa la bionda, inseguendo i ricordi. -Si è subito
avvicinato a te per accertarsi delle tue condizioni. Poi Quattro è salito sul
ring, e insieme anno cercato di rianimarti. Hanno dovuto prenderti a schiaffi,
sai?-
-Meraviglioso!-
-Alla fine ti sei
svegliata, così siamo arrivati io e Will e ti abbiamo aiutata e rialzarti in
piedi e a scendere dal ring. Will era della tua stessa fazione?-
Aria fece un cenno
sbrigativo con la testa.
L’idea di essere
scesa dal ring sulle proprie gambe le dava conforto, peccato che non se lo
ricordasse minimamente.
Ricordava di aver
sbattuto la testa, e poi di essersi ritrovata seduta per terra vicino a Sasha
con una sacca del ghiaccio in testa, senza sapere cosa c’era stato in mezzo.
-E quella chi è?-
chiese Sasha, facendo voltare Aria verso l’ingresso della palestra.
La ragazza appena
arrivata era alta e magra, con ricci capelli rossi che le solleticavano il
mento. Era la stessa che si era avvicinata ad Eric in mensa.
Non ebbe nemmeno il
tempo di pensare a lui che lo vide muoversi e spostarsi verso la porta.
-A quanto pare
qualcuno è riuscito a schiodare Eric, è tutto il tempo che se ne sta lì fermo.
Credo fosse piuttosto arrabbiato per qualcosa, ha avuto anche una piccola
discussione con Quattro, ma non ho idea di cosa si siano detti.- affermò Sasha,
seguendo insieme a lei il capofazione che si avvicinava alla ragazza appena
arrivata.
Insieme lo videro
dirle qualcosa in maniera brusca, poi videro la ragazza dai capelli rossi
scuotere la testa e cercare di fargli una carezza sul viso. Eric si era
scostato bruscamente e le aveva fatto chiaramente segno di andarsene. Ma lei
rimaneva e continuava a guardarlo con dolcezza.
-Che sia una sua
fiamma? Eric fa paura, ce lo vedi con una ragazza?- Iniziò Sasha, senza
smettere di guardare i due davanti l’ingresso. -O forse è una sua vecchia
fiamma, perché non sembrano più tanto intimi…-
Aria non disse
nulla, ma quando vide la rossa poggiare delicatamente una mano sul braccio di
Eric, riuscendo a calmarlo e a fargli fare più cenni a testa bassa mentre lei
gli parlava piano, pensò che tra di loro ci fosse eccome una certa intimità.
Che fosse una fiamma
attuale o passata, poco importava, perché iniziava a dare un volto al motivo
per la quale Eric le si era allontanato.
Non c’era un vero
motivo per allontanarla.
O meglio, il motivo
c’era, ma non era abbastanza forte da tenerlo lontano a lungo.
Stava iniziando a
cedere, e se ne rendeva sempre più conto, ma non poteva permetterselo. Non
riusciva a smettere di guardarla, la voleva, voleva sentirla sulla propria
pelle, voleva parlarle.
Ma non poteva.
Non erano servite le
distrazioni, non era servito a niente tornare fra le braccia di una sua ex
piuttosto attraente per qualche notte, se poi la mattina tornava in palestra e
vederla gli mandava in tilt il cervello. Non riusciva a togliersela dalla
tasta, non riusciva a smettere di desiderarla nemmeno mentre era nel letto di
un’altra a sfogare i suoi istinti più profondi.
Immaginava le sue
labbra, voleva assaporarle ancora, era come una droga ma lui era forte e non
avrebbe ceduto.
Perché non poteva
cedere.
Quella piccola
iniziata non era come le altre, non poteva prendersela, toglierle i vestiti di
dosso e farla sua. Con una come lei bisognava avvicinarsi in punta di piedi,
attirarla e poi intrappolarla ma senza tirare troppo la corda, o sarebbe
scappata.
Con lei non poteva
abbandonarsi su un letto caldo per una notte, e tornare ad essere lo stesso di
sempre il giorno dopo. Non era adatto ai legami, non poteva costringersi a
rispettare una sola persona. Aveva troppi impegni e doveri, e troppe notti
davanti per divertirsi a cui non era pronto a rinunciare.
E poi c’era il
motivo principale.
Un capofazione non
può legarsi sentimentalmente ad un’iniziata, andava contro ogni regola. C’erano
i favoreggiamenti, la perdita dell’imparzialità, e la possibilità che la
persona in questione non superasse l’iniziazione e finisse fra gli Esclusi.
Aria non sarebbe mai
finita tra gli Esclusi, era troppo forte, ma se così fosse stato avrebbe
sprecato solo tempo. Se gli altri capifazione avessero notato il suo interesse
lo avrebbero subito ripreso, e magari sarebbero anche intervenuti. Forse
avrebbe agito su di lei, forse su di lui. Forse gli avrebbero solo fatto un
richiamo verbale, un avvertimento.
Oppure gli avrebbero
riservato di peggio.
Certo, poteva fare
tutto di nascosto e non perdere mai di vista le regole rimanendo imparziale.
Non avrebbe mai falsato i risultati in classifica, non le avrebbe mai concesso
aiuti aumentandole il punteggio o abbassandolo ad altri, anche perché non ci
sarebbe riuscito con Quattro sempre a controllarlo.
Sapeva che, per
nessuno al mondo, avrebbe compromesso la propria posizione all’interno della fazione
e che, se anche fosse stato possibile, non l’avrebbe aiutata.
Lei poi non lo
avrebbe mai voluto, era troppo determinata ed orgogliosa per accettare, e lui
era fiero di lei proprio per la sua forza. Se avesse avuto bisogno di
favoritismi per farcela, tanto valeva mandarla via subito.
Quindi, forse, un
modo per sfuggire alle regole c’era. Bastava agire di nascosto e non
favoreggiare nessuno.
Ma c’era altro.
Alla fine
dell’iniziazione tutti gli Intrepidi sarebbero scesi in guerra, e quello non
era certo il momento adatto per concedersi una distrazione o per preoccuparsi
per qualcuno.
Non c’era spazio per
i legami, doveva solo eseguire gli ordini, sapendo che sarebbero sopravvissuti
solo i più forti.
Si chiese perché mai
non facesse l’unica cosa giusta da fare, facendo ciò che avrebbe fatto in
qualsiasi altra circostanza, invece di arrovellarsi il cervello in quella
maniera. Bastava solo assecondare i suoi istinti, se non riusciva a togliersela
dalla testa e la desiderava così tanto, perché non sfogare ogni suo desiderio
con lei, e poi liberarsene al momento più opportuno? Si era già preso le sue
labbra per placare il desiderio, perché non prendersi tutto il resto?
Aveva bisogno solo
di uno sfogo, nessuno lo avrebbe scoperto e la faccenda si sarebbe chiusa
ancora prima di iniziare.
Niente sarebbe
andato storto.
Non era come le
altre, non sarebbe più tornata nel suo letto se avesse sbagliato con lei. Il
che poteva anche essere un vantaggio che gli avrebbe permesso di disfarsene non
appena avesse finito.
Scosse il capo e
serrò un pugno, non ne era in grado.
Gli piaceva vederla
sorridere, condividere del tempo con lei al poligono, adorava il modo in cui lo
guardava, sempre a testa alta. Voleva
sempre dimostrarsi all’altezza, migliorarsi, e lui ne era fiero. Come poteva
mettere fine a quel legame, tradendola senza alcun rispetto?
Semplice, non
poteva.
Per questo doveva
troncare sul nascere ogni desiderio, ogni legame, allontanandola prima che
fosse tardi.
Era riuscito a non
provare nulla quando l’aveva vista salire sul ring contro Edward, faceva parte
dell’essere Intrepidi prendere qualche pugno, lo scontro l’avrebbe solo resa
più forte.
Quando l’aveva vista
svenire subito, però, anziché provare disgusto per la sua debolezza, si era
riscoperto sollevato per non aver dovuto assistere al suo massacro.
Ma non era da lui,
non poteva permettersi di ragionare in quel modo.
Non avrebbe mai
capito cosa avesse fatto quella ragazzina per ridurlo in quel modo, per
renderlo schiavo come nessun’altra donna aveva mai saputo fare. Aveva
erroneamente creduto che fosse stata lei a cadere nella sua trappola, e invece
era l’esatto contrario.
Lui, Eric, era
caduto vittima di un’iniziata di nome Aria.
Era molto bella, con
le sue labbra gonfie e i suoi occhi blu, era forte e riusciva a tenergli testa
senza perdere la sua dolcezza, ma come aveva fatto a fargli quell’effetto?
Il giorno dopo
averla baciata era rimasto soddisfatto nel vedere il rigonfiamento violaceo sul
suo labbro inferiore, causato dal suo morso, e si era chiesto se sarebbe
realmente stato capace di starle lontano.
Alla fine c’era
riuscito, ma con grande fatica e dovendo ripetersi ogni giorni i motivi per cui
aveva preso quella decisione.
Non c’era una vera
spiegazione per quell’attrazione, lo aveva colpito e basta, come un fulmine a
ciel sereno.
Prima o poi, tutti
crollano e cadono vittima di un sentimento sconosciuto che li attira e li
inganna, intrappolandoli in una prigione da cui non riescono a fuggire perché
non vogliono fuggire.
Eppure lui era
riuscito a compiere lo sforzo e a scappare, e non doveva voltarsi indietro.
Quando, invece, si
voltò indietro tornando alla realtà dei fatti, vide le file di ragazzini
seguirlo su per lo strapiombo, per gli stretti canali che salivano a spirale
dando sul Pozzo senza tuttavia nessuna rete di protezione. Erano talmente in tanti che dovevano camminare
in file di massimo tre persone per tenersi lontani dal bordo, riuscendo così a
non cadere.
Quattro era l’ultimo
della fila, insieme stavano conducendo gli iniziati al palazzo di vetro sopra
il Pozzo, per mostrare loro il centro di controllo. Era infastidito da quella
faccenda e da quella noiosa attività che lo costringeva ad entrare in contatto
con la sua tentazione. Poteva pensarci Quattro da solo, d'altronde lui lavorava
proprio lì quando non faceva l’istruttore.
Si voltò nuovamente
guardando avanti a sé, era lui il capo fila e, prima arrivavano a destinazione,
prima sarebbero tornati indietro.
Dall’alto vide
scendere un gruppetto di tre bambini di circa otto anni, figli di Intrepidi
incoscienti che non tenevano al guinzaglio i loro marmocchi. I ragazzini
correvano senza riguardo, scatenati come una mandria inferocita. Era abitudine
dei figli degli Intrepidi inseguirsi e giocare al Pozzo, salendo a volte per i
sentieri rigidi che portavano ai vari settori della residenza della fazione,
senza tenere conto del pericolo che correvano. Fin troppo spesso in molti
cadevano giù nel Pozzo finendo, nel migliore dei casi, con un braccio rotto.
-Ehi!- Li ammonì
deciso, quando dovette scostarsi per lasciarli passare.
Ma i tre bambini non
si lasciarono per nulla intimorire dal suo tono, e continuarono a correre
zigzagando tra le file di iniziati che dovettero aprirsi per lasciarli passare.
-Arrivo prima io!-
gridò uno dei bambini, inseguendo gli altri.
Alcuni dei sedicenni
ridacchiarono, altri imprecarono mentre si spostavano, rischiando di cadere
nello strapiombo. Altri ancora si schiacciarono contro la parete lasciando che
i più piccoli si rincorressero al bordo del precipizio, ma ovunque decidessero
di andare le tre pesti avevano seminato scompiglio.
E poi Eric vide le
due ragazze in fondo alla fila, una bionda e l’altra mora, spostarsi verso la
parete per fare passare il primo del trio delle pesti. Risero con lui quando le
superò di corsa, raggiungendo e oltrepassando anche Quattro. Poi vide quello
che, a suo avviso, era il gesto più fottutamente abnegante che avesse mai visto
nel momento meno opportuno. Vide la ragazza dai capelli neri divedersi dalla
bionda e aprirsi per fare passare gli altri due bambini, mettendosi lei vicina
al bordo non protetto.
Uno dei due bambini
passò in mezzo alle due ragazze senza problemi, inseguendo il compagno più
avanti, ma il terzo passò sgomitando con troppo impeto e allargandosi verso il
bordo.
Inevitabilmente
colpì la ragazza mora con una spallata allo stomaco, facendole perdere
l’equilibrio e barcollare all’indietro. Colta alla sprovvista, la ragazza mise
il piede in fallo oltre il bordo del sentiero, scivolò e cadde di schiena verso
il Pozzo con un urlo.
Eric spalancò gli
occhi e il cuore gli salì in gola, seguì la caduta della giovane dai capelli
corvini sapendo benissimo di chi si trattasse. Era Aria, la sua piccola
Intrepida testarda era caduta dal sentiero e sarebbe atterrata dopo un volo di
almeno sette metri. Colse il movimento della bionda sua amica e degli altri
iniziati che si sporsero per guardare la caduta, e poi non registrò altro.
Scollegò il cervello
e seguì l’istinto, lasciandosi scivolare oltre il limite del sentiero. Atterrò
in una sporgenza della roccia pochi metri più sotto, dopo di che scese
aggrappandosi con mani e piedi agli appigli rocciosi e raggiunse il suolo in
pochi minuti.
Una volta a terra si
voltò verso la ragazza e, quando la vide faticosamente far forza sulle proprie
braccia per sollevarsi, tornò dolorosamente cosciente.
Si accorse della
presenza degli altri Intrepidi, tutti lontani dal punto in cui era caduta Aria
ma pur sempre in grado di vedere la scena. Si era precipitato giù dal
precipizio senza pensarci, e tutti lo avevano visto. Non era un atteggiamento
tipico del più giovane dei capifazione, noto per la sua freddezza e per la sua
totale assenza di sensibilità, soprattutto verso gli iniziati.
Persino Quattro, che
lo rimproverava sempre quando non si degnava di dare una mano con i ragazzini
che finivano al tappeto dopo uno scontro particolarmente cruento, non era
ancora arrivato. Aveva anche lui scelto di scendere lungo la parete rocciosa,
poiché seguire il sentiero avrebbe rappresentato un giro troppo lungo, ma non
aveva ancora messo i piedi per terra.
Non poteva dare
quella dimostrazione di sé, se a cadere fosse stata un’ altra persona non si
sarebbe neppure preoccupato di sporgersi per vedere chi era. E invece, per lei,
si era praticamente lanciato giù sfruttando tutta la sua forza e la sua abilità
per un atterraggio rapido e perfetto.
Ma la forza non era una
giustificazione sufficiente per il suo gesto tanto repentino, doveva rimediare.
Mantenendo gli occhi
fissi sul corpo fragile, ancora a terra che si muoveva al ritmo di un respiro
decisamente alterato, ritrovò la propria calma e assunse un’ espressione gelida
quando Quattro atterrò accanto a lui con un tonfo.
-No!- ordinò
all’istruttore, stendendo un braccio davanti al suo petto per impedirgli di
avanzare, dopo averlo visto lanciarsi verso la ragazza.
Quattro si fermò ma
lo guardò, indignato. –Eric, che stai facendo? Avrà di sicuro qualche osso
rotto e potrebbe avere un trauma cranico, va subito portata in infermeria!-
Eric seguì i
movimenti della figura ancora a terra, vedendola fare ancora forza sulle
braccia e muovere le gambe.
-Non mi pare abbia
niente di rotto!-
-Sei impazzito?- gli
ringhiò contro Quattro.
Abbassò il braccio,
sapendo che non avrebbe fatto un solo passo senza il suo permesso, e spostò il
suo sguardo su Aria, scrutandola con apparente indifferenza.
-Ehi!- le urlò
contro.
Aria, che era miracolosamente
riuscita a sollevarsi sulle braccia, voltò il capo verso di lui.
Trattenendo il fiato
e, sforzandosi di non mostrare alcuna espressione, Eric vide la macchia rossa
sul suo zigomo destro, gli occhi lucidi e le labbra serrate per il dolore. Sulle
braccia era piena di tagli e i capelli erano sporchi di polvere e inumiditi da
un sostanza viscida.
Si accorse che era
sangue senza capire da dove venisse fuori.
-Alzati e arriva
fino a qui sulle tue gambe e, se riesci e raggiungere Quattro da sola, gli
permetterò di portarti in infermeria.-
Aria batté le
palpebre per metterlo a fuoco, non si scompose, non sembrava neppure che avesse
colto le sue parole.
-Eric, se ha battuto
la testa ogni movimento che fa potrebbe peggiorare le cose, non può farcela!
Lascia che la porti subito dall’infermiera, è già tanto che sia ancora tutta
intera!- Gli urlò contro Quattro, afferrandolo da un braccio.
Il capofazione si
divincolò dalla presa di Quattro e tornò a guardare con sufficienza la ragazza
a terra, sembrava sempre più debole con le braccia che minacciavano di cedere e
lo sguardo vacuo.
-Se è una vera
Intrepida ce la farà!- urlò, per farsi sentire dagli altri iniziati, dagli
Intrepidi poco lontani e soprattutto da lei.
Qualcosa parve
scintillare negli occhi bagnati di Aria.
-Mi hai sentito?-
urlò ancora verso di lei, senza pietà. -Alzati e raggiungi Quattro da sola, ed
io dimenticherò la tua caduta pietosa!-
Non dubitò di lei
neppure per un secondo, sapeva che c’è l’avrebbe fatta, e quello era l’unico
modo per rendere lei più forte e non mettere sé stesso in cattiva luce. Avrebbe
fatto così con un altro iniziato, perciò doveva farlo anche con lei.
Se si fosse fatta
realmente male e la convalescenza si fosse rivelata troppo lunga, sarebbe stata
eliminata dell’iniziazione. Ma, se riusciva a fare vedere agli Intrepidi che si
erano radunati per vedere la scena, che era capace di camminare sulle sue gambe
da sola, nessuno avrebbe ritenuto opportuno mandarla fra gli Esclusi, e le
avrebbero concesso un’altra possibilità.
Doveva dimostrare la
forza di Aria e la propria, per prevenire ogni dubbio.
La ragazza fece
ancora forza sulle braccia e si sollevò sulle gambe, barcollando
pericolosamente quando si rimise in piedi.
Eric si accorse del
sangue che le gocciolava sul collo, e finalmente vide la ferita rossa sulla sua
testa, nascosta dai capelli. Vide le sue braccia ferite e sanguinanti, il
rossore sul suo zigomo che sembrava ingigantirsi secondo dopo secondo, e il
modo in cui sussultava dopo ogni passo.
Faticosamente la
vide avanzare, lenta ma decisa, le labbra serrate per lo sforzo e gli occhi
pieni di lacrime. La vide trascinarsi faticosamente avanti, prima un piede e
poi l’altro, poi un sussulto di dolore. Sapeva che stava soffrendo, ma non la vide
né piangere, né gemere, né lamentarsi.
Serrò le labbra
insieme a lei e mantenne il suo sguardo atterrito sulla sua figura, mostrando
solo la sua rabbia crescente. Non era difficile fingersi furioso, era davvero
sconvolto, d'altronde.
Seguì quel corpo
tremante e tornò a respirare quando vide Aria arrivare finalmente davanti a
Quattro.
Raggiunto il suo
obbiettivo, Aria si afflosciò come un guscio vuoto, le pupille sparirono oltre
le palpebre superiori e svenne lasciandosi cadere. Quattro le mise prontamente
un braccio sotto le ginocchia e uno dietro la schiena, raccogliendola in
braccio e portandola di corsa in infermeria.
Continua…