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Autore: Sapientona    28/08/2014    11 recensioni
“Che ci fai per terra?”
“Mi ci hanno spinto.”
“Su, ti aiuto a rialzarti.”
“Ce la faccio.”
“Non fare il prezioso, rischi di morire dissanguato. Ti porto in infermeria.”
Quello fu il primo straccio di conversazione tra Percy Jackson e Nico di Angelo, in un corridoio affollato della Goode.
[Percy/Nico]
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Ade pensava di aver troncato qualsiasi contatto con Poseidone anni addietro, ma evidentemente si sbagliava. La prima volta che sentì nominare Percy Jackson sperò ardentemente che suo figlio non sviluppasse alcun sentimento diverso dall’amicizia, ma ovviamente in quel momento non aveva tenuto conto di essere il padre di Nico di Angelo. Quel ragazzo sembrava essere una calamita per i guai e Poseidone lo è sicuramente, potete scommetterci tutto ciò che volete. Si rigirò per la sesta volta nel giro di pochi minuti nel letto, perso nel mare di pensieri in cui rischiava di affogare. Desiderò non aver mai conosciuto Percy Jackson, questo gli avrebbe risparmiato un bel po’ di guai ed avrebbe potuto vietare a Nico di vederlo senza farsi scrupoli, ma dopo aver conosciuto quel ragazzo dall’aria sempre pronta ad aiutare il prossimo, non aveva potuto fare a meno di sentire un moto di rabbia mista ad un senso di protezione. Erano due emozioni completamente diverse, e se la prima verso Poseidone era stata assecondata con la promessa di spaccargli la faccia, la seconda fu più restio ad accettarla completamente. Era quindi consapevole che ci sarebbe voluto un po’ di tempo prima che provasse qualcosa di vicino all’affetto per il ragazzo di suo figlio, ma almeno pronunciare il suo nome non produceva conati di vomito ed Ade lo considerava un grande passo avanti per la sua persona. Non era una persona rancorosa, si disse – bugia, canticchiò una vocina nella sua testa –, ma non poteva fare a meno di notare quanto quel sedicenne somigliasse al farabutto del padre. Si alzò dal letto con un sbuffo, attento a non svegliare Maria che dormiva al suo fianco. La guardò e non poté che considerarsi fortunato nell’aver trovato una donna forte come lei, che gli stava accanto nonostante i suoi tremila difetti – bloccò il flusso dei suoi pensieri e si chiese quando fosse diventato così fastidiosamente romantico.
Si chiuse dentro il bagno ed osservò l’uomo riflesso sulla superficie dello specchio. Un uomo forte e deciso, che aveva combattuto centinaia di guerre e ne aveva vinte altrettante. Non si era lasciato abbattere mai da niente e nessuno, tranne che proprio dall’uomo che inquietava il suo sonno, quel maledetto Jackson. Erano stati amici da sempre, dal primo giorno della scuola media, ma la pugnalata alle spalle che gli arrecò al liceo fu abbastanza da dividerli per sempre; era risaputo che Poseidone fosse un don Giovanni, ma Ade non lo aveva mai giudicato per quello che faceva. A volte esponeva il suo disappunto, ma l’amico non sembrava badarci molto, perciò lasciava semplicemente perdere. Per il resto, andavano d’accordo e scherzavano tra loro su qualsiasi argomento, sebbene le battute ciniche di Ade non fossero sempre ben accolte così come le freddure di Poseidone, ma tutti e due si lasciavano scivolare quelle piccolezze per il bene della loro amicizia. E tutto filò liscio, finché una ragazza non sbaragliò il loro programma di andare al college insieme e rimanere migliori amici per il resto della vita, bevendo birra davanti ad una partita di football il sabato sera. Ade ricordava ancora il suo nome – Persefone. Come avrebbe potuto dimenticare il suo primo amore? E senza che se ne potesse rendere conto, i ricordi lo inghiottirono.

“Amico, è bellissima” sospirò sognante Ade, guardando una ragazza dall’altra parte del cortile. Poseidone alzò un sopracciglio, seguendo il suo sguardo mantenendone uno inespressivo. Scrollò le spalle, fingendosi quindi indifferente alla bellezza di quella ragazza. Domandò quasi con noncuranza “Come si chiama?”
“Persefone. Non credi che il suo nome sia melodioso?”
“Eccome” asserì l’amico.
Se Ade fosse stato un po’ più adulto e soprattutto meno innamorato, si sarebbe accorto  che l’amico stesse tramando qualcosa. Al tempo, comunque, di Angelo era un uomo romantico e perdutamente innamorato di Persefone, perciò si lanciò nel corteggiamento, conquistando il cuore della ragazza dalla bellezza eterea – e la notizia si sparse presto tra tutti gli studenti. Ade allora fu al centro di tutte le conversazioni per alcuni giorni, che si tramutarono in settimane e poi mesi. Poseidone era sempre stato al centro dell’attenzione, il protagonista, l’eroe di ogni situazione. Perciò non poté che sentirsi minacciato da Ade, del quale fino a quel momento nessuno parlava a scuola. Fu soltanto dopo sei mesi di relazione che questa si interruppe nel modo più brusco che possa esistere – la morte. Persefone morì per overdose ad un party, nel bagno di quella maledettissima discoteca. Le ultime parole che Ade sentì da lei furono le più strazianti della sua vita, in una chiamata dal cellulare “Tesoro?”
“Che succede?” domandò senza perder tempo il ragazzo, notando il tono strozzato della sua fidanzata.
“Non preoccuparti, tesoro. Credo di aver capito – Poseidone. Nel drink…” poi non riuscì più a parlare. Il resto è un susseguirsi di ricordi imprecisi, immagini sfocate e tanto dolore. Quando fu diagnosticata la causa della morte, Ade rimise i pezzi del puzzle a posto. Lui non poteva uscire, Poseidone invitava i fidanzati ad una festa. “Vieni almeno tu, Persefone, ti divertirai. Terrò io un occhio su di lei.”  Era tutto così maledettamente ovvio…ed i suoi dubbi furono confermati quando decise di affrontare quell’assassino.
“Non volevo ucciderla” utilizzò quella scusante “volevo solo che si sballasse abbastanza da poterla scopare.”
“Sei un mentecatto!” urlò Ade prendendosi la testa fra le mani “che cazzo pensavi di fare? Capisci che è morta, che non tornerà più?!”
“Io non volevo arrivare a questo punto!” esclamò sull’orlo di una crisi l’altro ragazzo, sentendo il peso della morte sulle sue spalle “non volevo, porca miseria!”
“Quindi per ‘scoparti’ la mia ragazza, l’ hai uccisa! Non la passerai liscia!”
“Che cosa vuoi andare a raccontare? Hai le prove della chiamata, e allora? In mia discolpa potrò dire che era in stato confusionale, e che vaneggiava. Non hai nessuna prova concreta, Ade.”
Fu forse la freddezza nella sua voce, o forse l’impellente voglia di ammazzare quello che aveva considerato il suo migliore amico e la paura di finire dentro, che Ade gli voltò le spalle senza proferire parola e se ne andò. Il processo sarebbe stato vinto poi da Poseidone – “Non abbiamo prove concrete, mi dispiace” lo congedò il giudice – e da quel momento Ade di Angelo non sarebbe mai più stato la stessa persona.


Con lacrime di rabbia e colpevolezza emise un ringhio frustrato, aggrappandosi al lavandino con tutta la sua forza. Non doveva crollare, non poteva. Sentì una mano posarsi sulla sua spalla e si ritrovò il volto di Maria a pochi centimetri dal suo.
“Se solo non l’avessi lasciata andare a quella festa, quella maledetta sera…” sussurrò, la voce rotta. La moglie capì subito di cosa si trattasse. Contrariamente a quanto possiate pensare, Maria non era gelosa di Persefone: capiva che Ade si sentiva colpevole, e sapeva che suo marito la amava molto più della sua prima ragazza. Avevano avuto una discussione, la prima volta che i ricordi avevano colto di sorpresa l’uomo, e lui aveva volatilizzato ogni dubbio con delle parole troppo dolci per essere pronunciate proprio da lui, pensò Maria, ma poi dovette ricredersi quando si diede un pizzicotto e si disse che si, era tutto vero.
“Non è colpa tua” affermò con decisione, prendendogli le mani tra le sue “quello lì avrebbe trovato un modo per farla franca comunque, lo sai anche tu. Non pensare a Persefone come un’anima in pena, pensala felice per te che hai una famiglia che ti ama, capito? Piuttosto che arrabbiarti con te stesso, utilizzeremo quest’energia per escogitare un piano domattina. Su, a dormire” sorrise asciugando la lacrima solitaria che era sfuggita al marito, scoccandogli un bacio casto ed invitandolo a riposare.
“Sai” esordì il marito, mentre si coricava “non so se sentirmi una brutta persona per quello che sto per dire, ma se per incontrarti dovessi rivivere per forza tutto questo…lo rifarei anche cento volte.”
Poté quasi sentire Maria sorridere, poi questa lo abbracciò “Non ti abbandonerò mai, amore mio” suggellò quella promessa con un bacio sulla guancia, puntellandosi su un gomito.
***
 
“Buongiorno.”
Nico fu svegliato da una voce profonda e roca, un brivido gli percorse la schiena nel percepire il respiro caldo del suo ragazzo sulla pelle. Il braccio sinistro di Percy lo stringeva delicatamente e questi ne approfittò per attirare a sé Nico, facendo scontrare schiena e petto. Un bacio dolce gli venne posato sulla guancia ed il quattordicenne trattenne a stento un sospiro sognante da ragazzina undicenne.
“Buongiorno” si voltò verso Percy con un sorriso quasi timido ed un rossore appena accennato alle guance, segno che non era abituato a svegliarsi in compagnia di qualcuno. Notò che il sedicenne non indossava alcuna maglietta e ne percorse con un tantino di avidità – solo un tantino – ogni centimetro con lo sguardo, quasi volesse mangiarselo con gli occhi.
“Se non la finisci di morderti il labbro in quel modo non risponderò delle mie azioni” ridacchiò Percy, facendosi ancora più vicino “e la carta del povero infortunato con me non varrà.”
Nico arrossì ancora di più e gli lanciò un’occhiataccia, spingendolo via ed alzandosi impettito, per poi ricrollare sul letto per il movimento improvviso; oh, quasi dimenticava di essere stato pestato a sangue da quello che sarebbe dovuto essere suo suocero. Sentì la mano di Percy posarsi sulla sua spalla, ma prima che questo potesse offrirgli il suo aiuto lo informò che poteva benissimo farcela da solo. Sebbene con passo malfermo, si diresse verso l’armadio e si aggrappò all’anta dissimulando (male) nonchalance, scegliendo quello che avrebbe dovuto indossare.
“Sai che rimarrai a casa, vero? Ti proibisco categoricamente di andare a scuola” la voce severa di Percy lo stizzì ancora di più, non era mica un bambino che andava controllato a vista e lui non era suo padre. Aprì la bocca per protestare, ma fu interrotto dalla voce di suo padre (che non aveva minimamente sentito entrare).
“Il ragazzo ha ragione, Nico, non andrai da nessuna parte” cancellò anche il sorrisetto vittorioso di Percy in pochi secondi “e neanche tu, Jackson. Non pensare che ti lasci gironzolare per NY da solo quando quel mentecatto di tuo padre va in giro picchiando a sangue ragazzini perché sono omosessuali. Spero di non averti offeso, se l’ho fatto fa lo stesso” scrollò le spalle e riprese fiato dopo il lungo discorsetto. Percy era fin troppo scioccato al pensiero che non si sarebbe mosso di casa per chissà quanto tempo, mentre Nico esclamò indignato “Papà! È pur sempre suo padre!”
Ade roteò gli occhi e fu preceduto dal sedicenne “Nah, ha ragione. Mio padre è un coglione e vorrei poterlo uccidere, ma ho ancora molto da fare e vedere con te.”
Nico arrossì ed Ade mise su una maschera di impenetrabile indifferenza, scrutando invece l’espressione disgustosamente ingenua del fidanzato di suo figlio, cercando di decidere se il doppio senso fosse voluto o meno; giunse poi alla conclusione che no, in quel momento Perseus era troppo preso dal pensiero di uccidere suo padre per pensare a certe cose. E non era di certo il periodo migliore per parlare di sesso e protezioni, perciò si schiarì la gola ed annunciò che la colazione era pronta, per poi uscire silenzioso com’era entrato.
Nico si voltò di nuovo verso l’armadio e Percy gli ricordò che stavano scendendo a fare colazione con la sua famiglia, non doveva vestirsi per una cena di gala. Il più piccolo roteò gli occhi “Sono in boxer e senza maglietta, pensi che vada in giro per casa così di solito?”
Percy lo sorprese abbracciandolo da dietro, sussurrandogli “A me andrebbe bene.”
L’aria si fece improvvisamente più calda e Nico non lo allontanò quando gli posò un bacio sul collo, facendolo rabbrividire. Unì le loro bocche in un bacio dolce, poi lo spinse via in modo stranamente delicato, per i suoi standard  “La colazione è pronta e sono infortunato davvero, purtroppo” storse la bocca lanciando un’occhiata fugace ai lividi che gli ricoprivano il corpo “perciò muoviamoci.”

 
A tavola tutti erano silenziosi. Bianca mangiava lanciando di tanto in tanto delle occhiate al fratello minore, così come faceva la madre alternandole a lui e a Percy, mentre Ade teneva la testa china sul piatto.
“Vorrei chiedere scusa a tutti” esordì il sedicenne, facendo puntare lo sguardo quattro persone su di sé “mi sento un po’ responsabile per quello che ha fatto mio padre e–”
“Non dire sciocchezze” fecero Bianca e Maria allo stesso tempo, scoccandosi poi un’occhiata stranita che in un’altra situazione avrebbe fatto ridacchiare Nico. Quelle due erano fin troppo simili. 
“Percy, non è colpa tua” fece Nico prendendogli timidamente la mano sotto al tavolo e sorridendogli.
“Hanno ragione” fece Ade, e Maria gli rivolse un’occhiata compiaciuta: era un bene che non confondesse Percy con Poseidone, erano talmente diversi…
“Tuo padre è un folle, su questo ci siamo tutti, no?” continuò poi e la moglie rivolse uno sguardo allarmato al sedicenne temendo che si sentisse ferito, mentre con uno sguardo deciso puntò gli occhi in quelli di Ade ed annuì, incitandolo a continuare “ed io non starò qui ad elencarti i motivi che avrei per spaccargli la testa in questo preciso istante, perché non è questo ciò che voglio. Insomma, sì, mi piacerebbe ma…ci sono altre questioni in sospeso che vanno affrontate.”
“Ovvero?” domandò il ragazzo con ovvia curiosità, seguito poi dalle mute domande che gli ponevano i due figli con gli occhi puntati su di lui.
Sospirando guardò Maria che pareva un po’ contrariata, ma allo stesso tempo rassegnata, poi si rivolse ai tre ragazzini “Siete sicuri di volerlo sapere?”

Finalmente sono tornata col nuovo capitolo:)
In molti vi siete domandati su dei possibili precedenti tra Ade e Poseidone ed ecco a voi la triste storia di Persefone. Mi è dispiaciuto un pochettino farla morire così, devo ammetterlo (e mi è dispiaciuto anche mettere Poseidone in cattiva luce, ma ehi! È la storia e le cose stanno così), ma era necessario per il corso degli eventi. Si entra perciò nel vivo della storia e le cose incominciano a farsi interessanti – almeno credo! xD – quindi non vedo l’ora di cominciare a movimentare di più la situazione. Presto vedremo anche Sally in azione, si renderà conto della persona che ha accanto…in un modo o nell’altro. *risata malefica*
In questo capitolo abbiamo avuto un po’ di Ade/Persefone (angst, sorry not sorry), un bel po’ di Ade/Maria (li amo così tanto *°*) e poi un pizzico di Percy/Nico non guasta mai! Per concludere in bellezza una delle frasi ad effetto di Ade. Amo quell’uomo. O quel dio. Fa lo stesso!


 
  
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