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Autore: Inathia Len    29/08/2014    6 recensioni
E se la storia della Bella e la Bestia non fosse come ve l'hanno sempre raccontata? E se i protagonisti fossero altri?
Leggete di John, che sacrificò se stesso per salvare la sorella Harry, ma finì col trovare l'amore.
Leggete di Sherlock, del principe senza cuore che la fata Irene trasformò in una Bestia orrenda e che riuscì a redimersi grazie all'amore.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Moriarty se ne stava seduto alla locanda del villaggio nella sua poltrona preferita, quella ricoperta dalle pelli degli animali che lui stesso aveva cacciato, a pochi passi dal fuoco. La testa tra le mani, era di spalle rispetto a tutta la sala. John Watson aveva rifiutato di nuovo la sua Mary e tutti al paese ora ridevano di lui.

Affondò nella pelliccia, sospirando.

-Su, Jim, non è andata così male- provò a tirarlo su di morale Moran, sedendosi su uno sgabellino accanto a lui.

-Non è andata così male?- lo scimmiottò Moriarty, rivolgendogli un’occhiata di fuoco e facendo poi vagare lo sguardo fino alla figlioccia, che chiacchierava tranquillamente con altre ragazze, dal lato opposto della locanda. –Guardala, Seb. Perché John Watson non la vuole sposare?-

Mary aveva portato da bere alle sue amiche e ora ridevano tutte quante. Non appena vide che il padrino la stava guardando, lo salutò con un sorriso aperto.

-Forse non è innamorato- provò Sebastian.

-E cosa c’entra l’amore in tutto questo?- ribatté Jim, sollevando un sopracciglio.

-Oh, l’amore c’entra sempre- mormorò Moran.

-Che hai detto?- chiese Jim, che non aveva sentito nulla di quello che il segretario aveva detto, perso come sempre nei suoi pensieri. –Forse dovrei lasciar perdere- concluse alla fine, allungandosi nella poltrona.

-Non saresti il Jim Moriarty che conosco io, se lasciassi perdere.-

-E quale sarebbe “il Jim Moriarty che conosci tu”?- lo citò Jim, facendosi più vicino.

Moran arrossì violentemente, ma non si ritrasse.

-Tu sei il migliore. Il meglio che questo villaggio abbia. Non ti lasci abbattere da niente, raggiungi sempre i tuoi obiettivi e sei un capo nato. Qui tutti ti devono dei favori, sei l’uomo più influente del paese e anche il più intelligente.-

-E tu come fai ad essere così sicuro di tutto ciò?-

-Perché io ti a… ti ho osservato per anni- si corresse in extremis Moran. Non sapeva se Jim ricambiasse quello che lui cominciava a provare, da come reagiva stizzito alle malelingue si poteva dire di no, ma Sebastian non demordeva. Lo aveva amato in silenzio per tutti quegli anni, avrebbe continuato, sempre.

-Quindi cosa dovrei fare, secondo te?- chiese Jim, scrutandosi attentamente le unghie, ma riuscendo allo stesso tempo a far sentire Sebastian osservato.

-Quello che fai sempre. Devi avere un piano.-

-Ah!- lo derise Jim, -Seb, i piani non piovono mica dal cielo!-

Come a volerlo contraddire immediatamente, la porta della locanda si spalancò e una trafelata Harry Watson venne spinta dentro dalla bufera di neve che si stava scatenando fuori.

-Aiuto! Vi prego qualcuno mi aiuti!- cominciò a gridare, ma nel frastuono nessuno fece caso a lei.

Anzi, una delle cameriere le chiese anche di spostarsi perché intralciava il passaggio.

-Oh, vi scongiuro, dovete aiutarmi!-

-Seb, vai un po’ a vedere che cosa blatera la pazza …- borbottò Jim, agitandosi svogliatamente la mano. –Il suo gridare mi disturba troppo.-

Moran annuì e Jim lo vide in lontananza discutere animatamente con quell’alcolizzata della sorella di John Watson. Seb sembrava intontito dalla quantità di informazioni che stava ricevendo e Harriet continuava ad agitare le mani ed a interrompersi, scossa da una forte tosse e dai singhiozzi.

Quando non ne poté più di quello spettacolino deprimente, Jim fece cenno a Sebastian di portarla da lui. Dopo tutto, si stava annoiando, e la sorella di Watson poteva rivelarsi utile, a suo modo.

-… ve lo giuro, non me lo sto inventando!- continuava a dire lei, aggrappata alla manica di Moran. –Vi scongiuro, dovete credermi!-

Sebastian la guardò disgustato e poi piantò i suoi occhi di ghiaccio su Jim. Della serie “questa è pazza, mandala via, ti prego”.

Jim scosse la testa e nascose una risatina.

-Signorina Watson, qual buon vento- disse, invece, facendola accomodare sulla sua poltrona e lasciando basito Sebastian.

-Oh, signor Moriarty, almeno lei, mi ascolti!-

-Sono tutto orecchi- sorrise mellifluo Jim, sedendosi su uno dei braccioli, Moran alle sue spalle come un’ombra. –Mi racconti tutto. Dal principio.-

-Si tratta di mio fratello, è in pericolo. Io glielo avevo detto di non farlo, ma lui si è offerto lo stesso … e ora deve stare là … per sempre …-

Jim aveva alzato gli occhi al cielo a metà del discorso di Harry, mentre Seb, dietro di lui, rideva sotto i baffi, prendendo in giro la ragazza, facendo finta di bere da una bottiglia invisibile. Jim gli diede una gomitata nelle costole, ma poi si ritrovò a ridere a sua volta.

-Falla finita- sillabò, le lacrime agli occhi.

Moran si strinse nelle spalle.

-Vuoi che la sbatta fuori?- gli sussurrò all’orecchio, procurandogli un brivido di piacere.

Jim annuì, sempre sorridendogli.

Sebastian stava per sollevare Harry di peso quando lei disse qualcosa che li fece scoppiare a ridere così tanto da dimenticarsi di tutto il resto.

-John è nel castello, con la Bestia. In un castello nel bosco, con oggetti parlanti. E la Bestia è terribile, con le corna e i peli…-

Jim si prese la testa tra le mani e si allontanò verso il camino, mentre Seb era accanto a lui, una mano premuta forte sulla bocca per cercare di trattenersi.

-Bene, signorina Watson…- cominciò Jim, che si dovette subito interrompere perché Sebastian era di nuovo scoppiato a ridergli in faccia, mandando all’aria tutti i suoi buoni propositi di non ridere in faccia alla poveretta. Che aveva evidentemente bevuto troppo e dormito poco.

-La accompagno alla porta- si propose Moran, scambiando un’ultima risatina con Jim. –Venga, venga con me.-

-Non mi credete, è così, non è vero?- pianse sconsolata Harry, lasciandosi trascinare inerte da Sebastian. –Ma vi giuro che non ho bevuto, che non mi sono inventata nulla! Non sono pazza!- gridò alla fine, atterrando nella neve, la porta che sbatteva alle sue spalle.

Moran tornò al caminetto, dove Jim aveva smesso di ridere, ma il sorriso non aveva abbandonato le sue labbra.

-Conosco quello sguardo- commentò Sebastian. –Hai un piano.-

Jim annuì, accarezzandosi il mento.

-Hai sentito cosa ha detto alla fine …-

-Quella cosa della bestia? Dai, Jim, non puoi davvero credere …-

-Io non ho detto che le credo, ma qui l’hanno sentita tutti gridare e urlare cose assurde. Abbastanza da farla passare per pazza- aggiunse, contento di vedere che Seb aveva già capito dove quel discorso sarebbe andato a parare. –Se a questo aggiungiamo la sua reputazione e le sue ultime parole. “io non sono pazza!”, cosa otteniamo?-

-Un biglietto di sola andata per il manicomio- concluse per lui Seb. –Ma John Watson non lo permetterà mai. Dovunque si sia cacciato, verrà a sapere che la sorella sta per essere rinchiusa e farà di tutto per evitarlo …-

-Esattamente, Seb. Di tutto.-

 

 

 

 

John aveva provato a dormire, ma non c’era stato verso. Un po’ per il pisolino di poco prima, un po’ perché lo stomaco non lo lasciava in pace, un po’ perché continuava a ripensare alla lite di poco prima con la Bestia.

Di certo, non erano partiti con il piede giusto.

L’armadio aveva provato a rassicurarlo, ma lui gli aveva detto, molto carinamente, di farsi i fatti suoi.

Fu quando sentì un orologio in lontananza battere l’una di notte che si azzardò a mettere il naso fuori dalla porta. Se non poteva scappare, almeno avrebbe cercato di raggiungere la cucina. La teiera, quella che si era presentata come Signora Hudson, aveva l’aria simpatica ed era certo che non gli avrebbe negato un tozzo di pane e dell’acqua.

Il corridoio sembrava tranquillo. Aveva sentito la Bestia ordinare a uno dei servitori di rimanere di guardia, ma non lo si vedeva da nessuna parte. Solo, dei gemiti e dei fruscii da dietro una tenda. Incuriosito, sollevò il tessuto e vide il candelabro abbracciare stretto quella che aveva tutta l’aria di essere una scopina, che rideva deliziata.

-Oh, scusate, non volevo interrompere- esclamò imbarazzato John, facendosi indietro.

-Ma si figuri- si schermì il candelabro, -la signorina Hooper e io … avevamo un discorso da finire … Ma che sbadato, non mi sono nemmeno presentato. Gregory Lestrade e lei è …-

-Molly Hooper. Ero una cameriera, prima di … questo- disse la scopina, imbarazzata.

-Molto piacere. Io sono John Watson, anche se nessuno si è ancora preso la briga di chiederlo- disse a sua volta John. –Ora, potreste per favore indicarmi la cucina?-

Camminarono tutti e tre insieme, scendendo sempre più in basso nei livelli del castello, con Lestrade che parlava del più e del meno e Molly che ogni tanto infilava qualche parola qua e là, ma nulla di più. Doveva essere stata una ragazza timida, azzardò John, ma ancora non aveva capito cosa fosse successo al castello e ai suoi abitanti. Erano evidentemente vittime di una qualche maledizione e forse l’Ala Ovest centrava qualcosa. E probabilmente anche il caratteraccio del suo carceriere.

Arrivarono davanti a una porta di legno, dalla quale arrivavano varie voci, tra le quali John riconobbe quella della signora Hudson.

-Forza Clara, a dormire nella credenza insieme ai tuoi fratelli e sorelle!-

-Ma io non ho- cominciò lei, sbadigliando, -sonno.-

-Oh, sì che ce l’hai. Notte notte.-

-Tutto questo lavoro e per cosa?- sentì borbottare una voce dal forte accento tedesco, probabilmente il cuoco. –Tutto questo ben di Dio sprecato! Sprecato!-

-Fai silenzio- lo rimproverò la signora Hudson, -è stata una giornata lunga per tutti quanti.-

-Be’, se chiedi a me, il ragazzo ne stava facendo solo una questione di principio- disse una quarta voce, che John aveva già sentito fuori dalla sua porta. –Il padrone ha chiesto addirittura “per favore”.-

-Oh, ma se il padrone non tiene a bada il suo caratteraccio, non spezzerà mai l’inc …-

-Che meraviglia!- esclamò la voce di poco prima, girandosi verso la porta che John e gli altri due avevano aperto, -guarda chi si vede!- disse la pendola. –Incantato di fare la sua conoscenza, prima non ne abbiamo avuto modo. Io sono Mycroft, il capo maggiordomo di questo castello. Ah. E vedo che Lestrade già lo conosce.-

-John Watson- si presentò lui, stringendo la piccola manina che Mycroft gli porgeva.

-E tu che ci facevi con Molly?- chiese stizzito la pendola, mentre Greg arrossiva, per quanto possano arrossire i candelabri.

-Fatti miei, Mycroft. O devi ricordarti che sei stato tu a lasciarmi lassù? Molly è stata solo gentile a venirmi a fare compagnia- replicò piccato Lestrade, incrociando i piccoli bracci e storcendo la bocca.

John dovette trattenere a stento una risata.

-Se ti sentivi così solo, avresti potuto …-

-Cosa, chiamare te?- lo provò Greg, mentre adesso era il turno di Mycroft di sbuffare. –Non pensavo saresti venuto.-

-Certo che sarei venuto!-

-Ragazzi, ragazzi!- intervenne la signora Hudson. –Le baruffe sentimentali dopo. Occupiamoci di John adesso.-

I due si scambiarono un’ultima occhiata poi sembrarono seppellire l’ascia di guerra.

-C’è qualcosa che possiamo fare per rendere il tuo stare qui più confortevole?- chiese Mycroft, cerimonioso.

-Avrei un po’ fame …- ammise lui, battendo dei colpetti sulla pancia, mentre la signora Hudson gli strizzava l’occhio.

-Davvero? Avete sentito? Ha fame!- esclamò, mentre piatti, bicchieri e posate si mettevano tutti sull’attenti.

-Ricordati cosa ha detto il padrone- sussurrò la pendola, lanciando un’occhiataccia alla teiera, che aveva già dato ordine alle stoviglie e al cuoco.

-Non lascerò questo povero ragazzo a morire di fame!- lo zittì la signora Hudson.

-E va bene. Dategli un tozzo di pane e un bicchiere d’acqua e rimandatelo in camera sua. Ne ho avuto abbastanza di questa baggian …-

Ma Lestrade gli mise un braccio sulla bocca, impedendogli di continuare.

-Oh, smettila! Non è un prigioniero. È un ospite!-

E subito la cucina si riempì di mille luci e colori, quasi per magia. Gli ingredienti si buttavano quasi da soli nei pentoloni e il cuoco, quello che parlava con accento tedesco, stava ai fornelli felice e contento come una pasqua.

Lestrade gli illustrava tutto ciò che avrebbe potuto ordinare, mentre la signora Hudson metteva in fila forchette e coltelli e Molly spolverava la tavola. Piatti coperti saltarono su carrelli e corsero fino a John, che si era seduto a una tavola immensa. La sedia gli legò al collo il tovagliolo e le pietanze sfilarono davanti a lui, dandogli appena il tempo di coglierne l’odore e il sapore con una forchettata o una cucchiaiata. Evidentemente erano così contenti di ricevere finalmente qualcuno che stavano mostrando tutto il loro repertorio.

Una volta che i piatti gli sfilavano davanti, andavano a impilarsi con assurde coreografie in fondo alla stanza e John non poté fare altro che applaudire, sorridendo estasiato, quando i cucchiai si tuffarono come tante ballerine nella zuppa.

Ma la cosa più divertente era Mycroft che, ossessionato dal dover fare silenzio per non far accorgere la Bestia del fatto che John fosse sceso in cucina e fosse stato accolto a braccia aperte, zigzagava come impazzito tra bicchieri, pinte e scodelle, un dito minaccioso appoggiato sulle labbra di legno, un cipiglio arrabbiato sul viso.

Il finale della coreografia furono le bottiglie di spumante che si stapparono una dopo l’altra, come in una parata, piatti e vassoi tutt’intorno, tovaglioli che ballavano con le posate e Lestrade che fece fare il casquè a Molly, Mycroft arrabbiato nero in un angolo.

-Bravi, è stato fantastico!- esclamò John alla fine.

-Oh be’, grazie, grazie- si schernì Mycroft, dopo aver rifilato un’occhiataccia a Lestrade e Molly. –Ma si è fatto tardi, vada a letto, adesso.-

-Non potrei mai andare a letto adesso. Ci sono troppe cose che voglio vedere, fare … non ero mai stato in un castello incantato, prima!-

-Incantato? Chi le ha detto che il castello è incantato?- risero la pendola e il candelabro, guardandosi come straniti. –Scommetto che sei stato tu, Gregory.-

-Assolutamente no! È tutta colpa tua!- ribatté il diretto interessato e ingaggiarono una lotta senza esclusione di colpi sotto lo sguardo divertito di John.

-Guardate che l’ho capito da solo- disse alla fine, ridendo. –Ora vorrei dare un’occhiata in giro- esclamò, per niente stanco nonostante l’ora tarda. Era eccitato e non vedeva l’ora di scoprire che altri luoghi magici si nascondevano dietro quelle mura.

-In giro? Da solo?- sgranò gli occhi Mycroft. –Non possiamo lasciarlo andare a curiosare tutto solo. Potrebbe andare dove non deve! Come ad esempio nell’ Ala Ovest!- aggiunse Mycroft, quando Lestrade sembrava non capire.

-Allora perché non mi accompagnate? Sono sicuro che voi due, e soprattutto lei, Mycroft, conoscete il castello meglio delle vostre tasche …-

I due si scambiarono un’occhiata, ma ci misero meno di un secondo a capire di essere stati messi nel sacco.



















Inathia's nook
saaaaalve! intanto, permettetemi di farmi un piccolo applauso per essere riuscita a pubblicare. Voi non sapete i salti mortali che ho fatto per ottenere qualche minuto di connessione! E poi, fate un applauso anche a voi stesse, perchè nello scorso capitolo abbiamo superato il record di recensioni: 6! Ragazze, io vi amo, punto e basta.
Passando al capitolo, forse avrei dovuto intitolarlo "Shipwar". Abbiamo davvero davvero di tutto: MorMor, Lestrolly e Mystrade. A voi quale è piaciuta di più? Io sinceramente, in diversa misura, le shippo tutte ;)
Per quanto riguarda il resto.... cerco sempre di restare fedele sia alla serie che al cartone, ma questo capitolo è stato davvero difficile. Praticamente, vedevo un pezzettino del cartone e poi trascrivevo... la parte della canzone è stata terribile, spero vi sia piaciuta :)
e spero anche se sarete altrettante a recensire, perchè mi fa un sacco piacere leggere i vostri pareri.
Un bacione e alla settimana prossima (quando sarò a casa mia e non avrò problemi di connessione. Gioia).

  
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