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Autore: _Heartland_    29/08/2014    2 recensioni
Sessanta secondi. Se non resti nel cerchio per sessanta secondi, salterai in aria. E’ questa la prima regola degli Hunger Games. I tre figli dei Pezzi Grossi, Percy, Jason, e Nico, però, ne sanno ben poco. Conoscono le basi principali, ma non hanno mai abitato a Panem, che in fondo, è fondata sulle macerie delle loro città. Si trovano catapultati nel futuro, davanti alla Cornucopia, che scintilla sotto i raggi del sole. Venti secondi. Ne restano solo venti, e loro non sanno cosa fare. Ma devono vincere. E’ l’unico modo per sopravvivere! Dieci. Nove. Otto. Sette. Sei. Cinque. Quattro. Tre. Due. Uno. Benvenuti ai settantaseiesimi Hunger Games!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jason Grace, Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7 – Nodi da sciogliere.

{ Percy }

L’espressione di Rachel è ironica. Suppongo che si stia divertendo un mondo. Si sposta dietro Nico, ordinando al ragazzo che poco prima lo teneva fermo di allontanarsi. Resta ferma dietro di lui, accarezzandogli il collo con il pugnale. Il riflesso della lama potrebbe accecarlo, se solo lei ruotasse l’arma nel modo giusto. Spero solo che sia abbastanza stupida da non essere in grado di farlo.
-Devono esserci degli aghi inseguitori in giro.- osserva la ragazza del tre. La cosa buffa è che ricordo perfettamente da dove viene ogni tributo, ma non ricordo nient’altro. Neanche i nomi.
-Perché dovrebbero? – domanda a quel punto Rachel. Il suo tono è insistente ed infastidito. Probabilmente vuole svolgere l’azione nel silenzio più totale. Per lei, il silenzio significa ammirazione. Sono sicuro al cento per cento, ormai, che lei è il capo del gruppo.
La ragazza del tre fa un veloce passo indietro, intimorita. – Beh, ecco… - Si ferma, incespicando sulle parole giuste. Non riesce a sceglierle con cura, probabilmente.
-Allora? – continua la rossa. Sta perdendo la pazienza. Per un attimo credo di vedere del fumo verde levarsi attorno a lei, ma è impossibile. Lei è Rachel e basta. Non è mia amica. La mia amica è Rachel Elizabeth Dare. Sono due persone differenti.
Eppure così simili.
-Non li vedi? Sono praticamente impazziti! – esclama a quel punto la ragazza, rivolgendosi all’altra. Rachel ci squadra un attimo, cercando di cogliere i particolari. I suoi occhi si chiudono in una fessura da cui traspare un solo sentimento: odio puro. Il suo viso assume un’espressione concentrata, ma poi la ragazza scuote la testa.
-Ti sbagli, Adelaide. Essere fuori di testa fa parte della loro natura. – corregge la ragazza, che ho registrato come Adelaide. Certo, ora la ricordo. Non è un granchè come guerriera, ma è bravissima a collegare. A volte fin troppo. – E ora… - continua Rachel. – E’ ora di divertirsi. –
Da un calcio a Nico, facendolo crollare in ginocchio. Lui emette un gemito, ma lei è troppo veloce, e gli punta ancora la lama alla gola. Potrebbe scappare con un viaggio-ombra, ma suppongo sia troppo stanco. Ha bisogno di acqua. Abbiamo bisogno di acqua. Rachel tira un altro calcio a Nico, mentre lui si lascia cadere sulla terra. Non saprei dire se finge, o se è ridotto così male sul serio. Potrebbe sempre essere una strategia. La rossa comincia allora a tempestarlo di calci, e lui continua a sopportare, gridando però di dolore. E’ adesso che me ne rendo conto. Una pozza di sangue si sta facendo largo sotto Nico, all’altezza della gamba. Osservo meglio Rachel, e noto che sulle sue scarpe c’è una punta di metallo, tagliente. Deve averla trovata alla Cornucopia. Sfionda un altro calcio a Nico, mentre lui geme di dolore, e un piccolo pezzo di carne bianca intinta di rosso scarlatto si stacca dalla sua gamba. – Oh, sì. – commenta Rachel. A quel punto non ce la faccio più  a trattenermi.
-Sta ferma! – urlo, dimenandomi, ma il ragazzo   dell’uno, Max, mi tiene fermo.
-E perché mai? – domanda la rossa, tirando un altro calcio a Nico, ancora più forte. Non riesco più a trattenermi. Vedo Nico inerme a terra, Simon che cerca di liberarsi, ma ormai hanno spiaccicato anche lui al suolo, pur di tenerlo fermo. Solo io posso fare qualcosa, solo io posso riversare la situazione dalla mia parte.
Batto un piede per terra con una forza a dir poco sovrumana. Intorno a Rachel si creano tantissimi zampilli d’acqua, che la bagnano completamente. Lei comincia a urlare, infastidita. Ora capisco, ora ricordo. Rachel, la ragazza imbattibile del distretto 1, ha paura di una sola cosa.
L’acqua.
Sento finalmente di avere la situazione sotto mano. Sento una stretta allo stomaco, ma gli zampilli si fanno man mano più grandi. Max allenta la presa su di me, intimorito.
-Ma come hai… -
-Aiuto! – urla Rachel. Sta per morire affogata. – Max, aiuto! – Il ragazzo dell’uno mi lascia all’istante, andando a soccorrere la rossa. Nel frattempo, approfittando della distrazione, Simon tira un pugno sul naso dei ragazzi che lo tenevano fermo, liberandosi.
-Simon, aiutami a portare Nico via da qui! – gli grido, cercando di sovrastare il rumore dell’acqua. Ormai gli zampilli sono alti tre metri, l’acqua è tantissima, tutti rischiano l’affogamento. Perfino Simon e Nico. Per un attimo, ricordo la fattoria di Gerione. Lì non ero riuscito a controllare l’acqua. Temo che succederà di nuovo.
-Simon, veloce! – lo incito, mentre lui si carica un Nico ormai incosciente sulla schiena e comincia a correre verso la direzione da me indicata.
Sento le braccia farsi sempre più pesanti, l’energia abbandonare il mio corpo. All’ultimo secondo, mi piego verso il terreno. Gli zampilli si spengono di colpo. I Favoriti sono spariti, ma li sento ancora tossire, mentre fuggono nella foresta. Vedo un’ultima volta Max che trascina una ragazza con una chioma rossa, mentre mi scocca un’occhiata di puro odio.
Forse l’ho uccisa.

-***-

Continuiamo a correre, benchè sappiamo benissimo che i Favoriti sono fuggiti dall’altra parte. Sento i miei muscoli indolenziti, ma mi sforzo di andare avanti. Potremmo crollare tutti da un momento all’altro per quanto siamo esausti. Cerco quindi di concentrarmi su qualcos’altro. Immagino il mare, una grande distesa d’acqua limpida e cristallina di un blu intenso. Le onde si infrangono sugli scogli con forza, il vento mi sferza nelle orecchie. Sento il rumore del mare e l’odore della salsedine, nient’altro. Ogni tanto scorgo un pezzo di foresta, ma ormai sono rintanato nel mio mondo. Avanzo ancora, distinguendo a malapena Simon con Nico.
Nico. Il mio amico è ferito. Dobbiamo fare qualcosa per aiutarlo. Vedo rivoli di sangue uscire dalla sua ferita, percorrere il tratto della sua gamba e ricadere sul terreno. Comincio ad essere di nuovo nella foresta. Grandi macchie di un rosso scarlatto e denso sono un po’ ovunque. Sono scivolose, e quasi rischio di cadere quando metto il piede su una. Siamo in una pessima situazione.
Finalmente sento il gorgogliare dell’acqua. No, non è il mare. Stavolta è il fiume. Accelero, superando Simon. L’acqua è come una calamita per me. Mi inginocchio sul bordo, bagnandomi la faccia con l’acqua. Sì, desidero di essere bagnato. Bevo quanto più posso. Sono tremendamente felice. Sento l’adrenalina scorrere di nuovo nelle mie vene, e mi butto direttamente nell’acqua con un unico, grande tuffo. La corrente è forte, ma non mi può portare via. La corrente è sotto il mio dominio, ora. Gli strateghi possono fare quello che vogliono, non riusciranno a sovrastarmi.
Simon appoggia delicatamente Nico vicino al bordo, quindi si accovaccia un attimo per bagnarsi la fronte e bere.  Devo dire che mi ero sbagliato su quel bestione. Ha una calma e una dolcezza innata, quando non deve storcere i colli ai conigli.
Forse non è poi tanto perfido come credevo.
-Tranquillo, puoi buttarti. – dico, leggendo una nota di malinconia nei suoi occhi. Ha caldo, vuole rinfrescarsi, ma sa che la corrente potrebbe portare via persino lui. – La corrente non ti porterà via. Non porta via neanche me! –
Rassicurato, si tuffa anche lui. Io nuoto verso Nico, che è adagiato sul bordo, e con un po’ di acqua gli medico la ferita. Mano a mano questa comincia a rimarginarsi, e il figlio di Ade apre gli occhi di botto.
-Maledizione, Jackson! Mi fai male! –
-Scusa. – mormoro. Prendo poi dalla mia tasca Vortice, e la osservo. Avevo legato abilmente con uno spago un pezzo di ambrosia alla penna, per portarmelo dietro. Anche se gli strateghi mi avrebbero confiscato la penna, quella sarebbe poi tornata nella mia tasca, ambrosia inclusa. – Ecco, tieni. – dico, offrendogli il pezzo che ho ormai staccato. Lui lo mangia, e il suo respiro comincia a rallentare. Si rilassa, poggiandosi a terra. Io continuo a medicargli la ferita. Simon si avvicina, offrendomi delle bende.
-Come fai? E cos’è la cosa che gli hai dato da mangiare? –
-Una medicina. – taglio corto. Non voglio che sappia che siamo semidei. – L’ho presa alla Cornucopia. –
-Non c’è mai stata nelle altre edizioni… - osserva lui.
-L’hanno creata quest’anno, ecco perché. – interviene Nico. E’ un ottimo bugiardo.
-E perché non ne hai tenuto un pezzo? Potrebbe servirci. –
Capisco cosa vuole dire. “E se mi ferisco io come mi curate?” .
-Tranquillo, Percy ha sempre l’acqua. – dice Nico, cambiando argomento.
-Giusto. Come fai a controllare l’acqua? – mi chiede Simon.
-E’… una lunga storia. – comincio io, mentre finisco di bendare la ferita di Nico. – Ma, vedi, l’importante è che io abbia questo potere. –
-Sì. – conferma Simon, con voce profonda. E’ difficile da capire, quindi credo che gli sarà più semplice accettare questo piuttosto che chiedere altre informazioni. – E lui? – domanda poi, rivolgendosi a Nico, mentre quest’ultimo si alza. Il figlio di Ade beve dell’acqua, poi si siede. – Ha anche lui dei poteri? –
-Sì. – risponde Nico, anticipandomi. – Ma… fidati, non li vuoi conoscere. –

-***-

Dopo esserci rinvigoriti, abbiamo deciso che per oggi ci riposeremo. Dobbiamo parlare un po’ di ieri, delle provviste che abbiamo, del nostro piano. Dobbiamo schiarirci parecchio le idee.
Il sole si appresta ormai a tramontare. Il cielo è tinto dalle dolci sfumature dell’arancione e del rosa, che si mischiano fra loro in un’armonia che solo loro riescono a decifrare.
Data la notte che sta per calare, ci siamo divisi i lavori. Io sto preparando la cena. Abbiamo messo insieme tutte le provviste che abbiamo, ovvero un po’ di carne cruda, una busta di gallette e del pane. Inoltre, qui intorno abbiamo trovato un sacco di piante e radici commestibili. Nico è riuscito a riconoscerle. Insomma, non è il figlio di Demetra, ma essendo suo padre il possessore del sottosuolo, riesce a capire se una pianta è commestibile o meno. Poi, ovviamente, c’è Simon. Proviene dal Distretto 11, quindi è lui a darci l’okay e constatare se la pianta è veramente ingeribile.
Nico non voleva appostarsi vicino al fiume, ma leggermente più lontano. Diceva che molti tributi si dirigono qui, ma io gli ho fatto notare che quel fiume è la mia arma. Posso usufruirne quando voglio, creare una barriera. Chiunque si avvicinerebbe non riuscirebbe a passare.
Simon sta montando le tende e i sacchi a pelo. E’ velocissimo, per cui gli chiedo anche di aiutarmi a spartire il pane.
Nico, invece, si occupa delle armi e delle scorte. Mentre Simon cucina la carne di coniglio, io mi avvicino a Nico.
-Allora? Cosa abbiamo? –
Lui alza lo sguardo su di me. I suoi occhi sono scuri, come al solito, ma da quando è entrato nell’Arena sono velati di tristezza. Sì, insomma, lo sono sempre, ma… di solito riesce a nasconderla. Al campo era distaccato e basta. Qui, invece, è depresso. Non riesce a nasconderlo. So che ha sognato Bianca. Gli incubi lo perseguitano più di quanto fanno abitualmente.
-… Allora, le scorte di Simon le abbiamo già controllate. Per quanto riguarda me, ho un semplice cestino da pic-nic. –
-E come mai hai preso un cestino da pic-nic alla Cornucopia? – chiedo, aggrottando le sopracciglia.
-Perché era nel mio raggio di fuga, Jackson. Lo sai benissimo. Qui, qualunque cosa è utile. –
Annuisco. Ha ragione. Io che dovrei dire? Ho una piuma, una mappa e della cioccolata. Non sono tanto più utili di un dolce cestino e una tovaglia da pic-nic.
-E cosa c’è nel cesto? – domando, cercando di cambiare argomento.
Nico fa una smorfia di disgusto. – Niente di apparentemente utile, escludendo una cosa. –
-Apparentemente. – ripeto.
-Sì. – conferma. A quel punto tira fuori il cesto, mettendolo fra me e lui. – C’è una tovaglia da pic-nic, un paio di occhiali e una corda. Indovina qual è l’oggetto utile. -
Ripeto tutto nella mia mente. Occhiali. Tovaglia. Corda. Occhiali. Tovaglia. Corda. Occhiali… occhiali.
-Aspetta un attimo. – dico, mentre prendo il mio zaino verde e lo apro.
-Tu cosa hai trovato di interessante? – mi chiede il figlio di Ade, curioso.
-Questo. – dico, prendendo il contenitore per l’acqua, e buttandolo nella sua direzione. Sento il momento in cui lo prende al volo.
-Carino, potremmo usarlo. Poi? –
-Questa. – continuo l’elenco, tirando fuori la carne essiccata e dandogliela.
-Ah, ah. Interessante. E’ pieno di provviste, quello zaino. – commenta, curioso, alzandosi ed avvicinandosi a me.
Il sacco a pelo, ovviamente, non c’è, dato che è già nella tenda. Prendo quindi i calzini, passandoglieli. – Sono puliti. – osserva. – E caldi. Li possiamo utilizzare per riscaldare le mani, quando la temperatura scende sotto zero. –
Annuisco. – Ottima idea. – Prendo poi fuori il coltello, consegnandolo a Nico, che lo prende dall’elsa.
-Perfetto. – dice, soddisfatto. – Un’altra arma. Siamo a quota cinque. –
-Già. – annuisco, mentre prendo gli occhiali e glieli faccio vedere. – Guarda, sono simili ai tuoi. – Lui fa segno di sì con la testa. – Anche quelli non funzionano? –
Nico ride. –La cosa è diversa, Percy. Questi ti permettono di vedere di notte. –
-… Wow. – riesco solo a dire. Allora sono dannatamente utili.
-Hai qualcos’altro? – mi chiede, prima che io possa rimurginare ancora su quanto sia stupido.
-Questa. – continuo, prendendo la barretta di cioccolato. Lui storce il naso.
-Non ci vedo niente di grandioso. – commenta.
-Potrei dire la stessa cosa. -  dico, mentre gli faccio vedere una corda.
 – Oh, ne hai anche tu una. Perfetto. – dice, incitandomi a continuare.
Continuo a frugare, portando alla luce il sacchetto di cuoio.
-Utile. – commenta Nico. – Aspetta un attimo qui. – mi avverte. Sparisce nelle fronde senza darmi una spiegazione precisa, e torna poco dopo con qualcosa in mano. La apre, e sul palmo c’è una quindicina di graziose bacche blu scuro, come la notte. Sono invitanti. Cerco di prenderne una. – Spuntino. E blu per giunta! – esclamo, mentre ne prendo in mano una. Dev’essere davvero succosa. Avvicino la mano alla bocca. Ho già la bacca fra le labbra.
-Jackson! – mi ammonisce Nico, dandomi uno schiaffo in piena faccia. Sputo la bacca, portandomi la mano sulla guancia che ora è rosso fuoco.
-Ma sei impazzito?! – chiedo io, furioso. Come diamine gli è venuto in mente?!
-Ehi, ragazzi, tutto a posto? – domanda Simon, intervenendo con il suo solito tono autoritario.
-Chiedilo a lui.- bofonchio.
Si sta già girando verso Nico, quando il suo sguardo ricade sulle bacche. La sua espressione è puro terrore. – Lasciali subito. – ordina a Nico.
Ma è pazzo? - Abbiamo da mangiare! – esclamo, mettendomi fra Nico e lui. – Non le può buttare! –
Simon ne prende in mano una. Si avvicina quindi pericolosamente a me, guardandomi negli occhi con sguardo severo. – Questo, mio caro. – dice, mettendo la bacca fra me e lui. – E’ un morso della notte. Uccide all’istante, nel momento in cui lo si mette in bocca. Non ti da neanche il tempo di ingoiare. – Mi strappa a quel punto il sacchetto di cuoio dalle mani, consegnandolo a Nico, che butta tutti i morsi dentro, assicurando poi il contenitore con un laccetto.
-Ah. – dico, colpito.
Evidentemente qui tutto è programmato per ucciderci.

-***-

Siamo dentro le nostre tende, mangiando in silenzio. Abbiamo deciso di non accendere di nuovo il fuoco, sarebbe troppo rischioso.
-Allora abbiamo un sacco di provviste. – osserva Simon, trangugiando un ultimo pezzo di carne.
-Sì. – conferma Nico. – Alcune più utili, altre meno. –
-E il piano? – domanda, bevendo un po’ di acqua.
-Dobbiamo trovare Jason. – dico io. – Un altro alleato. Anche un nostro amico. –
Simon ci squadra, non molto sicuro.
-E’ un ottimo guerriero, ed è terribilmente leale e fedele. Non devi preoccuparti. – lo rassicura Nico.
Il gigante allora annuisce. – Chi fa il primo turno di guardia? –
-Io. – mi offro.
-No, vado io. – ribatte Nico.
-Non dire sciocchezze. – ribadisco. – Sei stato ferito. Non puoi. –
-Vado io, allora. – decide Simon, e prima che uno dei due possa dire qualcosa, è già fuori.

-***-

Apro gli occhi.
Non sono nell’Arena. Mi trovo all’interno di un appartamento molto grazioso, che ha un tocco di familiarità. Le pareti sono bianche, tempestate di quadri riguardanti il mare. Il pavimento è in parquet. I mobili sono in legno, oppure blu. Tutto qui è blu. Mi affaccio alla finestra, scostando delle tendine di un azzurro tenue, e riesco a distinguere New York.
E’ a questo punto che una donna dai capelli neri, lisci e fluenti, si avvicina a me. Chiude la finestra con un movimento veloce, e poi si gira, senza degnarmi della più minima attenzione. Non mi ha forse visto?
Sento una porta aprirsi, e osservo entrare un uomo. E’ alto, ha i capelli neri e ricci e la carnagione scura. Porta delle bermuda blu, e in mano ha un tridente.
-Papà…- mi lascio sfuggire. Faccio correre lo sguardo da lui alla donna. E’ abbastanza giovane. Ma chi è?

-Sally. – la chiama lui, sorridendo.  Lei si gira, andandogli incontro ed abbracciandolo.
 E’ mia madre. Come ho fatto a non rendermene conto? Osservo la scena. Non so perché, ma tutti i colori sembrano più accesi, più vivaci. I bordi di ogni cosa sono scossi da tremolii, e sono sfocati.
Sono in un ricordo, probabilmente ambientato prima della mia nascita.
-Sally, ascoltami. Dobbiamo dirglielo. –
 Dire cosa? A chi? Non riesco a capire più nulla. Mi avvicino, cercando spiegazioni, anche se so che non me le daranno.
-Non ne ha paura, non se ne preoccupa. Non la vede. –
-Ovvio che non la vede. – conferma mio padre. – E’ azzurra. Per lui tutte le sfumature del blu non presentano un pericolo, così, anche se la dovesse notare, non se ne preoccuperebbe minimamente. –
Mia madre si appoggia al divano, gli occhi da cui trabocca solo preoccupazione. – Dobbiamo fare qualcosa. –
-E’ lontano, troppo lontano per essere avvisato. –
-Sei un dio! – esclama mia madre di rimando. Io, però, continuo a non capire di cosa stiano parlando.
-Non c’entra, Sally. – la avverte mio padre, scuotendo la testa. Le mette una mano dietro la schiena, facendola poi sedere sul divano insieme a lui. – Vedi, solo la persona più vicina a lui può aiutarlo. Una volta saremmo potuti essere noi. Avremmo potuto salvarlo, se avesse avuto otto anni. –
Mia madre pare restare un attimo in trance, poi scorgo sul suo viso la solita espressione di quando ragiona.
-La sua ragazza. Il suo migliore amico. –
-Sì, sì. – conferma mio padre. – Ma non solo loro. –
-Che intendi? -
-… Anche il suo peggior nemico. Gli è vicino. Molto vicino.–

-***-

Mi sveglio con un balzo quando comincia l’inno di Panem. Mi alzo con calma, massaggiandomi la testa. Che strano sogno che ho fatto. Non ci ho capito niente, a parte il fatto che volevano avvisare qualcuno che era in grave pericolo. Forse me. Non lo so.
Striscio fuori dalla tenda. Nico è già uscito, e sta osservando con Simon il logo di Panem che è alto nel cielo.
-Appena in tempo. – mi avverte il figlio di Ade. – Tra poco faranno vedere i tributi morti. –
-Scusa, amico. – dico io, mentre mi unisco a loro, sedendomi su un tronco, è solo che ho fatto un incubo e… -
I muscoli di Nico si tendono, rigidi. – Che tipo di incubo? –
Simon è più avanti, interessato ai tributi morti. Posso parlare tranquillamente.
-C’erano i miei genitori. Volevano… -
Lui mi blocca con un segno della mano. – Ti hanno detto qualcosa tipo… “ricorda chi sei veramente”?  -
-Uhm… no. Non che io ricordi. – rispondo, sincero. Perché avrebbero mai dovuto dirmi una cosa del genere? – Sembravano voler avvisare qualcuno di un qualcosa di azzurro… non ci si capiva nulla. –
Nico annuisce. – Sì, ecco, vedi, anche a me è successa una cosa di cui non vi ho ancora parlato… -
Non gli presto più attenzione. I miei occhi scattano all’immagine di una ragazza dai capelli  ramati. Sotto, scritto in grande, è segnalato che era del Distretto 3.
-Ma è Adelaide. – dice Simon, ridendo. – Era, scusate. Quella che era con gli altri favoriti. –
-E’ morta nell’attacco di Percy, con l’acqua. – dice Nico. Non è un’ipotesi. Lui può sentire perfettamente tutto.
L’ho uccisa.
Ho ucciso una ragazza.
Non sento più la terra sotto i piedi, non riesco più a respirare. Dalla mia gola esce solo un verso strozzato.
-Bravo, Percy! – si congratula con me Simon, dandomi una pacca su una spalla.
Bravo? E di cosa? Di aver ucciso qualcuno? Sì, certo. Davvero bravo.
I due mi guardano un attimo. Non riesco a pensare, non riesco a dire nulla. So solo una cosa.
L’ho uccisa.
-Ehi, amico… - dice Simon, con voce risentita. – So come ci si sente. Ma devi fare così, se vuoi salvare te, i tuoi amici, e i tuoi parenti, lontani, nel tuo Distretto. Devi. – E poi fa una cosa che non mi sarei mai aspettato. Mi abbraccia, stritolandomi nella sua presa ferrea.
Forse, per essere un bestione, ha un cuore grande. Molto grande.
-Tranquillo, ho capito… - riesco a sussurrare.
-Ehi, ragazzi, non vorrei rovinare tutto… ma… - Nico indica le immagini.
Scorrono ancora varie, segnando Leven, la ragazza del sei, dai capelli biondi e boccolati, e Mark, il ragazzo del Distretto 7.
Ora ricordo i nomi di tutti. So chi è rimasto.
Max e Rachel, del Distretto 1. Per un attimo mi sento rincuorato di non aver ucciso anche lei, ma poi l’immagine della rossa che tortura Nico nella mia mente torna vivida, e allora ho un nuovo obiettivo: ucciderla.
David, unico rimasto del Distretto 3. Jacob e Kaya, del 4.Meaghan, del 5. Travis, del 6. Katie, del 7. Alina, dell’8. Francis e Clare, del 10. Simon, dell’11.
E basta. Non ricordo nessuno del 12. Sempre se c’è qualcuno del 12.
Un’altra idea mi balena in mente. Tutti quelli degli ultimi distretti con noi, contro i Favoriti. Sì. Sarebbe un modo per colmare il vuoto che mi si è formato dopo aver ucciso quella ragazza. Cercare di salvarne altri.
Dobbiamo partire, cercarli tutti. Se saremo fortunati, potremo trovare anche Jason.
I miei pensieri corrono veloci, finchè non  vengono interrotti da un rumore. Un avanzare di passi, tra le foglie. Strascichi, qualcuno che ansima, sospiri.
-Che succede? – fa in tempo a chiedere Nico. Poi l’inno ricomincia, e non riusciamo a sentire più nulla.
L’ultima cosa che vedo sono due ombre che avanzano lente verso noi.

 

{ SPAZIO AUTRICE. }

Eccomi qui con il settimo capitolo della fanfiction!
So che questo capitolo è stato centrato solo su Percy, ma, sapendo che a molti è mancato, ho deciso di farlo solo su lui.
Come avete visto, il capitolo è lungo, e succedono molte cose. Prima l’attacco, la fuga, un attimo per rimettere a posto i pensieri, il controllo degli zaini, il sogno, i tributi morti e poi il finale.
Vi do tempo per analizzare bene tutto.
Cosa pensate siano le ombre? Altri tributi oppure degli ibridi? Una trappola di Capitol City?
Ditemi nelle vostre recensioni tutti i vostri ragionamenti fatti durante il capitolo!
Ho deciso di chiamare il capitolo “Nodi da sciogliere.” Dato che ci sono molte cose che i ragazzi non avevano capito e che qui cominciano a comprendere.

Ora, i ringraziamenti. Ringrazio, come al solito, chi ha messo la storia fra le ricordate e le seguite, e chi, ancora, ha messo me o la fanfiction fra le preferite.
Per quanto riguarda chi ha recensito, ringrazio:
xGhostQueen, che mi segue fin dal primo capitolo.
Greece_Lee: che sembrava aspettare ardentemente questo capitolo!

Un saluto a tutti, alla prossima!
P.S.
Ho in fase di scrittura una nuova ff, riguardante i 52° Hunger Games. Tenetevi pronti, tra poco pubblicherò il primo capitolo!

 

 

 

  
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