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Autore: blackmiranda    29/08/2014    13 recensioni
Cinque mesi dopo la sonora sconfitta, Ade riesce finalmente ad uscire dal fiume infernale in cui Ercole l'ha scaraventato. Purtroppo per lui, i progetti di vendetta dovranno attendere: una nuova minaccia si profila all'orizzonte, preannunciata da una profezia delle Parche, unita a quella che ha tutta l'aria di essere una proposta di matrimonio...
“E' molto semplice, fiorellino. Vedi, sono in giro da un bel po', e, anche a seguito di recenti avvenimenti non molto piacevoli, mi sono ritrovato, come dire, un po' solo. E così ho pensato, ehi, perché non cercare moglie?”
Persefone rimase interdetta. La situazione si faceva sempre più surreale, minuto dopo minuto.
“Tu... vorresti sposarmi?” balbettò incredula.

Questa è la storia di Ade e Persefone, ovvero di un matrimonio complicato. Molto complicato.
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Ercole, Megara, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ringrazio ancora Kaalyah per il disegno, è stupendo! ;)

 

 

Being human

 

 

Rimasero tutti in silenzio, attoniti. Persino Ade non sapeva cosa ribattere all'accusa di Hera, e il suo mutismo certo non lo aiutava ad apparire innocente.

Zeus boccheggiò, sopraffatto dall'ira. Il suo colorito passò molto velocemente dal rosa al rosso acceso e poi al viola prugna.

Ares ringhiò come un cane idrofobo. “Lo sapevo che eri stato tu! Questa è la volta buona che ti ammazzo!” strepitò avvicinandosi minacciosamente. Apollo lo imitò, seguito da Poseidone, mentre gli altri iniziarono ad incitarli, accerchiando l'ex dio dei morti.

“Eh-ehi, ragazzi... Suvvia, cerchiamo di ragionare...” balbettò Ade, impallidendo ulteriormente. Prese a indietreggiare lentamente, portandosi le mani di fronte al petto.

“A morte! A morte!”

“Dàgli! Dàgli!”

“Gonfialo di botte!”

“Cavagli gli occhi!”

“D-dobbiamo stare uniti, in questi momenti difficili...uoff!” Ade si inciampò nella lunga veste stracciata e cadde pesantemente a terra, mugugnando per il dolore.

“Aspettate un attimo!” esclamò di colpo Atena. Due o tre ex-divinità si girarono a guardarla, mentre le restanti continuavano a gridare.

“Un secondo solo... per favore... SILENZIO!” esclamò battendo le mani. Ares si arrestò a meno di un metro da Ade. “Cosa vuoi?” sbottò, palesemente irritato.

“Ascoltatemi, vi prego.” continuò Atena, prendendo un bel respiro. Aveva l'elmo tutto ammaccato e impolverato e un paio di graffi sulla guancia destra. “Hera, come fai a sapere queste cose?” chiese cautamente.

Hera le lanciò uno sguardo indispettito. “Come, scusa?” sibilò in tono molto poco amichevole.

“Non starai insinuando che mia moglie sia una bugiarda!” tuonò Zeus.

“Non lo starai difendendo!” rincarò la dose Ares, indicando Ade, che se ne stava ancora col sedere per terra.

Atena scosse pazientemente la testa. “Ho solo fatto una domanda.”

“Una domanda legittima, direi!” intervenne Ade con voce tremante.

“Muto devi stare, muto!” abbaiò Ares, tirandogli uno scappellotto.

Hera incrociò le braccia. “Me l'ha detto Eris.” ammise tirando su col naso. “Ma questo non significa che non sia vero!” aggiunse con voce stridula.

Atena sollevò una mano. “Fratelli, ricordate cosa dissero le Parche. La profezia si è avverata, e diceva chiaramente che La terra, il mare e il cielo, così è venuto, /Devono stare uniti, o tutto è perduto.

“Tutto È perduto, infatti! Per colpa sua!” protestò Apollo a gran voce.

“Io credo che ci sia ancora speranza, ma dobbiamo restare uniti! Non otterremo niente comportandoci così. Non capisci, Hera? Eris ti ha detto quelle cose per dividerci, per provocare ulteriore discordia tra di noi. Così stiamo solo facendo il suo gioco.”

Hera abbassò lo sguardo in silenzio. Zeus osservò la figlia, sbigottito. “Io...non so se...”

“È così, padre, devi credermi! È ovvio che sia così!” disse lei, sicura di sé. Guardandosi attorno, tuttavia, la sua sicurezza parve incrinarsi. “Lo so che non è giusto, ma abbiamo bisogno di lui...” supplicò. “Almeno fino a che non avremo deciso cosa fare, e non avremo chiesto l'aiuto di Ercole.”

Mormorii di disapprovazione serpeggiarono tra gli astanti. Si udì distintamente Efesto dire: “Sono stufo di questo lassismo...”

Atena alzò gli occhi al cielo. “Qui non si tratta di lassismo, si tratta di pragmatismo. Lui ci serve, punto e basta. E, sia ben chiaro, la cosa non piace nemmeno a me.”

Ares fece un sorrisetto maligno. “Ebbene, che ci serva pure, cara sorella.” Sorpassò Ade, curandosi di dargli un bello spintone che quasi lo fece cadere bocconi. Apollo fece lo stesso, lasciandosi sfuggire una risatina di scherno. Lentamente, tutti gli ex-dei si misero in marcia, seguendo Zeus e la consorte che camminavano in testa alla colonna.

Persefone lanciò uno sguardo di sottecchi al marito mentre sua madre le circondava le spalle con un braccio, spronandola ad avanzare. Stentava ad ammetterlo a se stessa, ma aveva provato un po' di pietà per il modo in cui l'avevano trattato. Giusto un po'.

Per ultimo, si incamminò anche Ade, tenendosi a debita distanza dagli altri. “Giuro che ve la farò pagare cara. Lo giuro.” mormorò tra i denti.

 

***

 

L'avanzata fu lunga e incredibilmente faticosa. Nonostante fosse ormai giunto l'autunno, il sole bruciava ancora come se fosse estate. Dovettero fermarsi a riposare più di qualche volta nel corso della giornata. Non avevano né cibo né acqua. Persefone, Estia, Hera e Afrodite rischiarono lo svenimento, mentre arrancavano attraverso pianure erbose e colline fangose, in mezzo a campi coltivati e pecore al pascolo.

Persefone non credeva che potesse esistere una sofferenza così grande. Non aveva mai sperimentato cosa significasse avere davvero sete o avere davvero fame: nessuno di loro lo aveva mai provato sulla propria pelle. In breve tempo i piedi le andarono a fuoco per colpa delle vesciche e anche camminare divenne uno strazio insopportabile.

Finalmente, alla sera, raggiunsero un villaggio abitato per lo più da contadini e pastori, i quali però non solo li guardarono male, ma rifiutarono di ospitarli per la notte poiché non avevano di che pagare. Fortunatamente, Hermes riuscì a sgraffignare un cesto di mele, qualche pagnotta di pane secco e del vino da chissà dove. Mangiarono e dormirono fuori dal villaggio, ai piedi di una grossa quercia. Il cibo era pessimo, ma in quel momento avrebbero mangiato qualunque cosa pur di placare i morsi della fame. Ad Ade toccarono la mela più raggrinzita e il pezzo di pane più muffito di tutti, ma non si lamentò. Non aprì proprio bocca, a dire la verità, e dormì lontano da tutti per quella e tutte le notti a venire.

Impiegarono quasi tre settimane per arrivare a Tebe. Subirono il caldo tremendo del sole e l'abbraccio gelido della pioggia a catinelle. Talvolta ebbero la fortuna di riuscire a pernottare al chiuso grazie alle tasche prontamente svuotate di qualche ignaro viaggiatore, cortesia di Hermes. Fu un miracolo che nessuno si ammalasse. Un giorno riuscirono addirittura a scroccare un passaggio a un mercante d'olio sui suoi carretti, seduti in mezzo alle giare.

L'umiliazione era cocente, e forse fu proprio quello il male peggiore che dovettero sopportare. Un tempo erano dei, i padroni del cosmo, ed ora si erano ridotti ad essere la feccia dell'umanità, disprezzati da coloro che fino a poco tempo prima erano loro inferiori. Non incontrarono mai uomini o donne ridotti peggio di loro. Persefone si sorprese nel vedere i sorrisi della gente, di sentire le loro risate: cosa mai avevano di cui essere felici? Se quella era la vita da mortali, tanto valeva morire subito e farla finita, pensò mestamente. Ade pareva pensarla allo stesso modo: un giorno lo sentì distintamente borbottare: “Meglio il Tartaro di questo.”

Quando finalmente misero piede in città, non avrebbero potuto essere più sfiniti. Quasi nessuno di loro parlava più, neanche per scambiarsi due parole.

Si trascinarono fino ai cancelli dell'enorme villa di Hercules, rischiando di essere investiti da un carretto nell'attraversare la piazza. Persefone non aveva mai visto così tanti esseri umani tutti insieme. Quella città era soffocante, con i suoi edifici alti e costruiti l'uno attaccato all'altro e i templi giganteschi con le loro imponenti statue in pietra e metallo. Era così che si sentivano gli umani di fronte agli dei? Non si era mai sentita così minuscola in vita sua, nemmeno quando Ade l'aveva rapita, nemmeno quando si era ritrovata trasformata nella nuova regina dell'Oltretomba.

Le veniva quasi da ridere: chi l'avrebbe mai detto che avrebbe rimpianto quei momenti?

Nel frattempo Zeus, in testa alla fila, stava bussando prepotentemente ai cancelli dorati della villa, facendoli sbatacchiare fragorosamente. Un servo apparve d'un tratto, allarmato. “Ma che cosa state facendo, si può sapere?” chiese in tono scandalizzato.

“Voglio parlare con Ercole.” rispose Zeus, esasperato. “Digli che suo padre e sua madre hanno bisogno di lui.”

L'uomo al di là dei cancelli sembrava perplesso. “Suo padre? Sua madre? Ma siete impazziti?”

Zeus tirò un ennesimo pugno alle sbarre dorate. “Maledizione, fa' come ti dico!”

Il servo lo guardò con tanto d'occhi, evidentemente in dubbio su come procedere. “Io...avvertirò il padrone della vostra presenza.” risolse infine, titubante. Fece marcia indietro e si allontanò a passo veloce, guardandosi un paio di volte alle spalle.

 

***

 

“Padron Ercole! Padron Ercole!” chiamò il brav'uomo una volta rientrato. Non ottenendo risposta, ritentò, spostandosi dalle cucine alle stalle e infine nel cortile interno della villa.

“Ehi, amico. Cos'è tutto questo baccano?” lo apostrofò all'improvviso Phil, sbucato da dietro un cespuglio. “Un satiro per bene non può neanche farsi un pisolino dopo pranzo in santa pace...” borbottò stiracchiandosi e facendo scrocchiare un paio di vertebre nel mentre.

“Ci sono delle persone ai cancelli.” rispose semplicemente il servo, intimorito dal satiro nonostante lo superasse di gran lunga in altezza.

“Ah sì? E che cosa vorrebbero queste persone, di grazia?” lo rimbeccò Phil grattandosi il fondoschiena.

“Non l'hanno detto...dicono solo che hanno bisogno di vedere padron Ercole e che ci sono suo padre e sua madre o qualcosa del genere.”

Phil stava per replicare quando Meg fece la sua comparsa sull'uscio, guardandolo in cagnesco. “Ercole sta dormendo, e anche la bambina. Se si sveglia tocca a te farla riaddormentare, ti avverto.”

Il vecchio satiro deglutì rumorosamente. “Non è colpa mia, è lui che urla...” Meg gli fece abbassare la voce con un solo sguardo. “...dice che c'è della gente alla porta che vuole vedere Herc.” continuò bisbigliando.

Megara si mise le mani sui fianchi. “E chi sarebbe questa gente? Mi auguro per loro che non siano altre ammiratrici in calore.”

Il servo scosse la testa. “No, mia signora. Sembravano dei mendicanti...ce n'era uno grande e grosso che credo fosse il loro leader. Ha detto che suo padre e sua madre – di padron Ercole, intendo – avevano bisogno di lui. Non so cosa volesse dire, i genitori del buon padrone sono qui in casa, no?”

Meg non parve far caso alle parole dell'uomo. “Ci penso io.” tagliò corto incamminandosi verso i cancelli. Uscita dalla porta principale, poteva effettivamente vedere da lontano la piccola folla che si era ammassata proprio di fronte all'entrata. Si diresse verso di loro, pronta a trattarli a muso duro se fosse stato necessario.

A mano a mano che si avvicinava ai cancelli, la sua curiosità cresceva. Sembrava trattarsi di mendicanti, forse in cerca di un po' di cibo. Lungi da lei mandare via dei bisognosi, ma chiunque sapeva che per ricevere aiuto bisognava passare dalla foresteria dall'altro lato della strada. Non si era mai sentito di mendicanti che bussassero alla porta principale.

Si fermò a qualche metro dal cancello. “Mi hanno detto che avete bisogno di Ercole. Io sono sua moglie, in cosa posso esservi utile?”

Il colosso in prima fila sorrise, imbarazzato. “Mia cara, non avrei certo voluto incontrarci in simili circostanze...” esordì evitando di guardarla in faccia.

Meg sollevò un sopracciglio. “Come, prego?”

“Lascia fare a me, caro.” intervenne una donna dai capelli rossi scarmigliati, alta e slanciata. “Megara, giusto?”

Meg rimase interdetta per qualche momento, poi le parole del servo le tornarono in mente e capì. Sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta, suo malgrado.

“Voi...siete...”

Quella che doveva essere Hera le rivolse un mesto sorriso. “È una storia lunga e complicata.”

La giovane donna sbatté le palpebre. Come era possibile una cosa del genere? Lei li aveva visti, gli dei, in tutto il loro accecante splendore, dopo che Ercole le aveva salvato la vita... quelli non erano dei, non potevano essere dei. Eppure, ora che li guardava meglio, quelli erano proprio gli stessi occhi blu del suo Megafusto, e quello era il suo mento, e il suo naso...

“Vi faccio subito entrare.” disse armeggiando con il lucchetto del cancello, che si aprì cigolando.

La colonna di divinità scese in terra si mosse e Meg si spostò da un lato per farle passare. Tutti le diedero un'occhiata, persino le donne, mentre lei li fissava a sua volta, cercando di indovinare chi fosse chi. La donna con l'elmo in testa poteva solo essere Atena, si disse, e il piccoletto con gli occhiali storti Hermes.

Poi, dietro a tutti gli altri, lo vide. L'avrebbe riconosciuto subito, se non se ne fosse stato nascosto in fondo. La soddisfazione che provò nel vederlo così malridotto fu tale da gonfiarle il petto... e all'improvviso scoppiò a ridere, così fragorosamente che tutti si girarono a guardarla, ma in quel momento non le importava: aveva le lacrime agli occhi. Ade digrignò i denti e si voltò dall'altra parte, cosa che servì solo a farla ridere più forte.

Meg rise a crepapelle, piegandosi in due, faticando a prendere fiato. Erano anni che non rideva così di gusto.

 

 

 

 

 

 

 

 

Bentrovati, gentili lettori.
Lo so cosa state pensando: “Un aggiornamento nel corso di una settimana? Impossibile!”
Sì, sono stupita anche io della cosa, ma il capitolo era pronto e volevo farmi perdonare per i mesi di assenza. Spero che vi sia piaciuto. Meg può sembrare un po' OOC alla fine, ma io penso che una volta ogni tanto una bella risata se la faccia anche lei. ;)

Vi mando un mare di baci. Alla prossima, con la reazione del nostro Megafusto. :P

 

 

 

 

 

   
 
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