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Autore: Reddle    30/08/2014    0 recensioni
La mia macchina e quella del tipo che mi è venuto addosso sono buone solo per lo sfascia carrozze ormai, l'ambulanza è in arrivo e sebbene io non abbia ferite gravi ripenso a quello che di importante c'è nella mia vita.
l'unica conclusione ha cui posso arrivare è che di lei mi sono innamorato al primo sguardo.
per me non è mai stata una qualunque.
per me è sempre stata Lei.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Stavo li, seduto sulla fredda panchina della stazione e l'ho vista per la prima volta.
Quasi non si notava, stava solo li, le mani nelle tasche della sua giacca a vento. Era in piedi a pochi metri da me, non si appoggiava davvero alla colonna, la sfiorava solamente. Non so cosa ascoltasse con gli auricolari, ma ogni tanto muoveva debolmente le labbra lasciando uscire sottili fili di vapore. Il resto il suo corpo era immobile, il suo sguardo era immobile. Non fissava qualcosa, guardava qualcosa che solo lei vedeva.
Siamo saliti sullo stesso treno, quando le sono passato davanti ho capito cosa vedeva. Non era un mondo rosa e luminoso creato dalla sua fantasia, era qualcosa di oscuro e fuligginoso, qualcosa che noi spesso ci rifiutiamo di vedere, la realtà.
Nel mese seguente molte volte ho pensato a lei e ai suoi occhi velati.
 
L'ho rincontrata una domenica su un campo da rugby.
mi aveva invitato un amico. se ne stava li, seduta sul bordo del sentiero di cemento che costeggiava il campo.
ero arrivato in anticipo. mentre mi avvicinavo al capo vedevo solo una persona.
era una ragazza che leggeva un libro.
Mi sono avvicinato con calma ed ho notato che era lei. Mi fermo accanto a lei e mi accuccio in modo da essere alla sua altezza ed attirare la sua attenzione.
Non mi ha degnato di uno sguardo.
Dopo qualche minuto piega un angolo di una pagina e chiude il libro.
"Hai intenzione di presentarti? sai,essere fissati da estranei è inquietante".
"Rimediamo subito! Piacere, sono Stefano!"
Sorridendo le porgo la mano destra.
Per tutta risposta infila le sue nella tasca della felpa.
Mi siedo anche io sul marciapiede
"Cosa stavi leggendo?"
"Niente che ti possa piacere"
Emanava ostilità.
"Perché sei qui?"
"Per la partita no?"
"Si, intendevo se eri qui per vedere il tuo fratello, un amico o..il tuo ragazzo.."
Passa quasi un minuto in cui io prego che non dica che era li per il ragazzo.
"Mio fratello in effetti, è il capitano"
"Davvero?"
annuisce.
"Come ti chiami?"
"Sonia"
Penso che se potesse mi fulminerebbe all'istante, ma i suoi occhi mi stregano.
Dentro mi cresce ad ogni istante la voglia di conoscerla meglio.
"E cosa fai? Nel senso lavori o studi?"
"Studio, anche se ancora per poco, e diciamo che lavoro"
"Che studi?"
"Ingegneria informatica"
Continua a darmi risposte secche, a fare resistenza ai miei tentativi di conversare. Un po’ mi spiace per lei perché questo suo modo di fare mi attira come un ape sul miele.
"Non qui giusto?"
La sua espressione cambia e finalmente mi guarda davvero. Prima era annoiata, ostile ed indifferente. Adesso è attenta circospetta e sorpresa.
Come se fosse entrata in modalità di battaglia, io sono il nemico e lei stessa il tesoro da difendere.
"Ti ho vista alla stazione l'altro giorno" gioco la mia prima carta "gioco a basket, nella squadra di una città non lontana, quindi prendo il treno spesso".
"Eppure non ti ho mai notato e tu non sei certo il tipo che non si nota"
ha ragione, sono alto due metri e tre centimetri, di certo salto all'occhio.
Il primo scontro si può considerare un pareggio.
Prima che possa giocare la seconda carta entrano in campo le due squadre e la partita ha inizio.
Lei si lascia subito assorbire dalla partita. La mia attenzione invece passa dal campo a lei e torna indietro come in una partita di ping-pong.
Saranno passati si e no dieci minuti quando qualcuno urta la mia spalla attirando la mia attenzione che finalmente si era fermata sul campo da gioco.
È stato un braccio ad urtarmi. Il braccio in questione appartiene ad un ragazzo dai capelli corti e castano chiaro.
Non riesco a fissare nessun altro particolare perché lo vedo scambiare un dolce, fugace ed intenso bacio a fior di labbra con la ragazza a cui volevo fare ancora un migliaio di domande.
"ce l'hai fatta ad arrivare!"lo saluta lei, lui si accuccia stringendole dalle spalle in un caldo abbraccio
"si, ho dovuto farmi una doccia dopo il turno"
"il tempo di laurearmi e poi vedi" per la prima volta la vedo sorridere.
Ha quel genere di sorriso che ferma il tempo ed apre il paradiso.
Sento qualcosa dentro di me, qualcosa nel profondo, che inizia a bruciare mentre qualcos'altro si spezza.
Finito il primo tempo vanno al bar a prendere un caffè mano nella mano, dandosi qualche spinta sulla spalla di tanto in tanto, come i bambini, per poi scoppiare a ridere, è una risata che parte dal loro cuore.
È una risata che arriva al mio cuore fredda come un dardo di ghiaccio.
Mi alzo e mi confondo tra la folla, la delusione dipinta in volto.
 
Sono passati quattro anni da quella partita di rugby e non l'ho mai più rivista.
Ho avuto tante di quelle donne che anche i miei amici hanno smesso di contarle e di chiedermi se avevo intenzioni serie.
Ho continuato a giocare a basket e sono arrivato anche piuttosto in alto.
Adesso però sono qui, seduto con la schiena contro la ruota della mia macchina con una gamba che con ogni probabilità è rotta.
La mia macchina e quella del tipo che mi è venuto addosso sono buone solo per lo sfascia carrozze ormai, l'ambulanza è in arrivo e sebbene io non abbia ferite gravi ripenso a quello che di importante c'è nella mia vita.
L'unica conclusione ha cui posso arrivare è che di lei mi sono innamorato al primo sguardo.
Per me non è mai stata una qualunque.
Per me è sempre stata Lei.
Lei, la persona a cui è stato donato il potere di incatenarmi con un battito di ciglia.
Sento le sirene avvicinarsi, per la prima volta mi chiedo se l'altro conducente sia vivo, non che mi interessi più di tanto, ho rischiato la pelle per colpa sua.
Forse ho anche sbattuto la testa, si sta facendo sempre più difficile pensare.
Delle mani fredde mi afferrano la testa riportandomi indietro.
"Ehi! mi senti?"
Annuisco, non mi sento di parlare
"Riesci ad alzarti?"
No. Con fatica indico la gamba.
Il paramedico inizia a tastarla centimetro per centimetro fino al punto della frattura.
Per la prima volta da quando mi sono accasciato in quel punto provo qualcosa. La pressione è minima, ma è più che sufficiente a farmi uscire un urlo.
"Sì, è rotta, adesso chiamo qualcuno per aiutarti ad arrivare fino all'ambulanza, ok Stefano?"
Il paramedico è una donna e mi ha chiamato per nome.
Il tono della sua voce, seppur serio e professionale, mi ricorda una voce già sentita ed amata.
Torna con un uomo corpulento che mi fa alzare e mi carica di peso su un ambulanza. la donna paramedico sale con me.
la luce fredda dei neon le illuminano il volto mettendo in luce due occhi più profondi dell'oceano. Si accorge che la sto fissando e sorride.
Sorride e mi si aprono le porte del paradiso.
"Dopo quattro anni ti ricordi ancora di me?"
"Sei una persona che si nota no? tu invece non mi avevi riconosciuto"
"Sono passati quattro anni, e sopratutto non mi aspettavo di vederti su un ambulanza"
"Già, ho cominciato per stare più tempo con il mio ex e poi mi sono appassionata"
"Quindi non stai più con il ragazzo ritardatario?"
un mezzo sorriso mi si stampa addosso inevitabilmente.
"No"
di colpo la nostra conversazione quasi allegra la mette a disagio.
"Ehi, non volevo toccare tasti delicati"
"Non è niente.. è solo che.."un sospiro le impedisce di finire la frase.
un attimo dopo il portellone si apre e l'energumeno di prima mi aiuta a scendere.
Nel parcheggio dell'ospedale mi attende una sedia a rotelle e le dovute analisi.
Alla fine mi trattengono per la notte per un sospetto trauma cranico.
 
Bussano alla porta della mia camera e io mi sveglio.
Mi aspetto l'infermiera del primo turno che apre le tapparelle.
Lei invece si siede al mio fianco sul letto e comincia ad accarezzarmi la mano.
"Non volevo svegliarti, ma volevo salutarti prima di andare a casa, il mio turno è finito adesso e volevo raccontarti una cosa.."
resto in silenzio, non voglio metterle fretta, la voce tremante mi fa capire quanto le sia difficile parlare.
"Io e Davide ci siamo lasciati non molto dopo quella partita, lui era diventato geloso perché anche quando eravamo insieme pensavo ad altro, a qualcun altro"
forse ho davvero subito un trauma cranico e questo è un sogno
"Mi ha proposto più volte di riprovarci, ma ho sempre rifiutato"
soffoca una risatina e poi continua
"Sai, una volta ho letto che se sei innamorato di una persona e ti innamori di un'altra vuol dire che la prima non l'amavi davvero"
smette di accarezzare la mia mano e avvicina il suo viso al mio
"La seconda persona sarei io?"
"Ti ho aspettato per quattro anni, quindi assolutamente si"
mi bacia.
È un bacio dolce, che sa di attesa finalmente conclusa, che mi fa capire di essere sveglio e non in un sogno.
È il bacio che mi fa capire che non ero sbagliato lei è davvero Lei.
   
 
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