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Autore: Krysna    30/08/2014    0 recensioni
"L'unica cosa che ho sempre voluto è stato far pubblicare qualche mio scritto. Non avrei mai immaginato che quel giorno ogni cosa in cui credevo, ogni connotazione scientifica a me nota sarebbe stata spazzata via. Perché i mutanti non esistono solo nei libri e nei film." Questo è ciò che pensa la mia protagonista, un'altra versione di me a cui ho dato vita, che si scontra con persone realmente esistenti, ma con le quali i fatti non sono mai accaduti, ne vorrei mai accadessero.
All'inizio la storia va come vuole, non sembra neanche seguire una trama. E' stato quello a spronarmi a continuare a scriverla.
Genere: Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chiusi a chiave la porta dell'appartamento e lasciai cadere la giacca e le chiavi sul parquet. Mi sentivo stremata. Mi accoccolai sul divano rosso e accesi la tv.
"...climatiche estreme, cieli neri e pesanti perturbazioni soprattutto al centro. L'estate che sembrava essere arrivata tarderà, eppure le temperature resteranno stabili dai trenta gradi in su. Mare mosso soprattutto a occidente, dove la corrente nordica..."
Fuori, la tempesta si abbatteva contro i vetri delle finestre creando un rumore assordante, tipo che per ascoltare il meteo dovetti alzare tantissimo il volume. Guardai il cellulare, e mi accorsi con orrore che non c'era campo. Allora presi il pc, ma non c'era connessione. Eccheccavolo!!! Mi sventolai un po' con la mano, cercando un po' di frescura. Avrei aperto volentieri le finestre, ma avevo paura che la pioggia, il vento, la grandine o un tornado entrassero.
Avrei dovuto chiamare la polizia. Lo sapevo, eppure non mi avvicinai neanche minimamente al cordless. Avevo paura. Chi diavolo era quell'uomo? E poi nessuno avrebbe creduto alla storia della telecinesi. Insomma, aveva creato un campo di forza sufficiente a spostare un'auto per venti metri!! E chissà dove sarebbe arrivata, se non fosse stato per il palo. Rabbrividii. Non avevo davvero la più pallida idea di cosa avessi fatto per farmi cercare da uno così.
C'entrava il governo, sicuramente. Solo con degli esperimenti si poteva creare un uomo con dei poteri così. Per cui, supponendo che la spiegazione fosse questa, che cavolo voleva il governo da me? La mia fedina penale era macchiata solo da qualche multa!! La mia vita era insignificante, con nessun strano colpo di scena. Sospirai. Non c'era altra soluzione, dovevo chiamare la polizia. Quasi controvoglia allungai il braccio e digitai il numero sul cordless, attendendo con impazienza.
"Pronto, polizia. In cosa posso esserle utile?"
"Salve. Vorrei fare una denuncia."
"Prego. Mi vuole dare i nominativi o vuole che sia anonima?"
"Preferirei anonima. C'è un uomo che mi ha fatto schiantare con l'auto, stamattina, e mi ha inseguito per un'intero isolato. Indossava un impermeabile nero a cappa, con un cappuccio, e degli stivali neri." Sentii l'uomo scarabocchiare qualcosa, e lo capii dal fruscìo della carta. Poi la comunicazione s'interruppe. Ero un po' perplessa, ancora con il telefono appoggiato all'orecchio, quando qualcuno, dall'altra parte, alzò la cornetta. Non parlò. Sentivo solo il suo respiro. Pesante, catarroso, da fumatore.
"So che sei lì. Chi diavolo sei?" Sibilai con rabbia. Detestavo essere presa in giro. L'uomo rise, facendomi salire i brividi lungo la schiena. Poi attaccò.
Oh, ma vaffanculo!!! Doveva essere lo scherzo stupido di qualche ragazzino altrettanto stupido. Scossi la testa, quindi chiamai Ivan, che rispose al terzo squillo.
"Pronto?"
"Ei vecchio" dissi sorridendo. Lui mi faceva sempre sorridere.
"Ciao! Com'è andata?" Gli raccontai abbastanza velocemente l'impressione che secondo me avevo fatto, ma qualcosa nel modo in cui lo dissi gli fece capire che non era per quello che l'avevo chiamato.
"Silvi, che c'è?" Sospirai. Era così dannatamente bravo a capire se qualcosa non andava. Sapevo che era innamorato di me.. e forse anche io di lui. Era tutto quello che avevo sempre cercato. Aveva le mie stesse passioni, era simpatico, carino, incredibilmente gentile e sincero. E per me la sincerità era tutto.
Eppure non era lì con me. Maledetta questa distanza.
"Mmm" feci io. Non ero sicura di come iniziare il discorso.
"Se ti dicessi che stamattina un uomo mi ha mandato a sbattere contro un palo aprendo semplicemente il suo pugno chiuso verso di me?" Probabilmente l'ultima parte doveva essermi uscita come un miscuglio intricato e incomprensibile di suoni. Eppure lui, come sempre, capì.
"... sei seria?"
"Certo che sono seria!!" Gli raccontai il più minuziosamente possibile l'inquietante accaduto e l'ancora più inquietante uomo in nero. Dio, iniziavo a parlare davvero come Will Smith in Men in Black. Per qualche secondo dopo che ebbi finito dall'altra parte ci fu silenzio, e temetti di risentire il respiro strano di poco prima. 
"Io.. non saprei che dirti, come spiegazione. Hai chiamato la polizia?"
"Certo, anche se ovviamente non ho detto la storia pugnoaperto-ondadurto-incidente"
"Beh, si, neanche io l'avrei fatto. Sei sicura al cento per cento di quello che hai visto?"
"Per l'ennesima volta, SI, IVAN. E poi è proprio in quel momento che è iniziato quel tempo di merda e la grandine." Parlammo per circa una ventina di minuti, ma non arrivammo a niente. Alla fine fu lui ad attaccare, perché senza rendercene conto era arrivata l'ora di pranzo. 
Aprii con tristezza il frigo e guardai sconsolata gli avanzi della cena di ieri. Optai per un piatto d'insalata di riso. Almeno conteneva della buona, vecchia, sana maionese. Seduta sul divano a guardare la quarta stagione di Fringe, il cielo sembrava ancora più nero. E poi di nuovo quella sensazione, come se stessi vivendo la mia vita in terza persona. Tremai di paura. Ricordavo benissimo cosa era successo poco dopo. Per sicurezza, andai in cucina e afferrai il coltello più grosso che riuscii a trovare. Poi mi misi a fianco della porta dell'appartamento. Aspettai, quasi con impazienza. Ma niente. Nulla. Nada. Zero. Rien. Ma porca miseria!!! E appena lo pensai, una figura tremolante si materializzò nel soggiorno. La guardai, stringendo convulsamente il manico nero del coltello. I contorni dell'uomo si fecero sempre più nitidi, tanto da poter constatare con non poco sollievo che non indossava nessun impermeabile o degli stivali. L'uomo davanti a me portava una T-shirt nera dei Queen, un paio di jeans che gli rimanevano davvero bene sui fianchi e un paio di sneakers semplici. Aveva dei capelli bellissimi. Non mi accorsi di essere avanzata verso di lui sin che la sua mano non si posò sul mio viso.
"Ei" disse. Lo guardai, probabilmente con l'espressione di un pesce che ha appena abboccato. Oh, cazzarola.
"Merdaccia.. Ivan!!!" Arretrai un po' andando a sbattere contro il bracciolo del divano. 
"Tranquilla. Ei! Occhio, hai lasciato il coltello per terra." Mise le mani avanti, come a dichiararsi innocente. Aveva una voce così strana dal vivo. Era più profonda. Era più.. faceva fare le capriole alla fenice, ecco.
"Maccheccazzo... che cavolo ci fai tu qui?" E lui sorrise. Mannaggia se mi piacevano le sue fossette. Evitai di distogliere l'attenzione dai suoi occhi, che erano l'unica cosa che riuscisse più o meno a farmi stare concentrata su quello che stava dicendo.
"Ripeto: che cavolo ci fai qui?" Il mio tono risultò più acido che sorpreso, e la cosa un po' mi stupì. Insomma, ero contenta di vederlo, no? 
"Ero preoccupato per te." Oh, merdaccia. Aveva un tono piuttosto ferito.
"Ma non è che intendessi proprio quello. Volevo dirlo più nel senso: come cavolo hai fatto ad arrivare qui?"
"È una lunga storia." Alzai un sopracciglio, anche se a causa della frangetta lui non poteva vederlo.
"E io, sin che un maniaco in nero non cercherà di uccidermi, ho tanto tempo" ribattei comunque io. Eccheccavolo.
Ivan sospirò. "Riassumendo, posso iniziare dicendoti che ci sono perennemente in corso delle mutazioni nel genoma umano, anche se impercettibili o a volte del tutto invisibili."
"Lo so. Anche io ho studiato biologia." Ed ecco di nuovo quel tono acido. Lui era.. cazzo, lo guardavo e io mio stomaco faceva un mucchio di capriole, ero felice, volevo solo baciarlo e stringerlo e rimanere abbracciata a lui. Eppure ero anche scocciata. Il fatto che il nostro fosse un amore impossibile era un punto fermo della mia vita da un bel paio d'anni, ormai. E ora mi appariva davanti così, senza nessuna difficoltà... rendendo ridicoli e inutili tutti i miei momenti di disperazione degli ultimi quattro anni. Ripeto: eccheccavolo.
"Beh, a volte queste mutazioni sono più evidenti delle altre. Io ne sono un esempio. La mia mutazione mi permette di disperdere le mie molecole e di farle ricomporre in modo perfettamente ordinato. Si, lo so, ti chiedi: e i vestiti?" disse interpretando alla perfezione il mio sguardo. "Con gli anni ho imparato a portare con me qualunque materiale fosse in diretto contatto con le mie cellule epiteliali."
"Ivan, ti rendi conto che è la trama di The Tomorrow People?"
"Io veramente avrei detto più di X-Men." Sorrise, inclinando leggermente la testa di lato, in modo da risultare ancora più sbruffone.
Alzai le mani al cielo e scossi la testa,.senza parole. Mi lasciai sprofondare nel divano e continuai a guardarlo, aspettando che mi spiegasse altro. Ma lui si sedette accanto a me e continuò a guardarmi. A un certo punto quello scambio di sguardi m'innervosì a tal punto da farmi gettare la testa all'indietro e sbottare con un: "eccheccazzooo." Lui alzò un sopracciglio.
"Pretendi che me ne stia tranquillamente qui a guardarti quando un cavolo di schizzato mi ha fatto schiantare e inseguito stamattina e tu sei appena apparso nel mio soggiorno!?" Lui emise un profondo sospiro, anche troppo teatrale, secondo me.
"Ok, senti. Non è che posso raccontarti ogni singola capacità di ogni mutante che conosco. Però posso dirti chi è quel tizio." E si zittì, come in un film. Avete presente nel momento clue quando tutto si blocca o succede qualcosa che fa ritardare il momento della verità!? Accadde quello. Non sentimmo neanche i passi arrivare. Una pioggia di schegge di legno ci arrivò sopra, e io gridai. Ivan si alzò in piedi. Se fossimo stati in un film quello sarebbe stato il momento in cui tutte le ragazze gridano "oooooohhh". Ma, mannaggia a me, non era un fottuto film. Il suo alzarsi in piedi non fu determinato dal fatto di voler salvare la situazione (magari stracciando la maglietta per mostrare la S di Superman), bensì per vedere chi era. Appena lo capì, si mise in ginocchio al mio fianco, circondandomi il busto con il braccio. Alzai la testa, e l'ultima cosa che vidi prima che ogni cosa davanti a me sparisse in un vortice luminoso, fu la porta del mio appartamento distrutta e l'uomo incappucciato che avanzava verso di noi con la mano tesa.
   
 
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