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Autore: noemicastle    30/08/2014    3 recensioni
Partecipante al contest "AAA protagonista cercasi"
"Non era mai stato con una come lei, o con qualcuna in generale, ma si sentiva particolarmente attratto dal modo in cui la giovane stava in mezzo alla gente, senza guardare o notare nessuno. Per Giovanni, emanava un’aura tutta sua, inconfondibile e misteriosa alla stesso tempo. Il ruffiano sembrò accorgersi del suo apprezzamento e si avvicinò con un ghigno sul volto, consapevole del suo interesse. Il ragazzo non ebbe una bella impressione dell’uomo, sembrava viscido e sicuramente non si lavava da parecchio tempo, a giudicare dall’odore di sporcizia mischiato a quello dell’alcol. Giovanni ebbe un moto di disgusto quando il ruffiano gli si avvicinò e disse: 'Se ti interessa, è tua per venti soldi.' "
Genere: Drammatico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nick sul forum/EFP: peetassmile
Titolo: “La peccatrice”
Schema scelto: Schema tragediografo
Coppia: Het
Lunghezza: 2636 parole (5 pagine esatte se tieni conto dello spazio che occupa lo specchietto)
Raiting: Arancione
Eventuali note: Tematiche delicate
Breve introduzione: <Non era mai stato con una come lei, o con qualcuna in generale, ma si sentiva particolarmente attratto dal modo in cui la giovane stava in mezzo alla gente, senza guardare o notare nessuno. Per Giovanni, emanava un’aura tutta sua, inconfondibile e misteriosa alla stesso tempo. Il ruffiano sembrò accorgersi del suo apprezzamento e si avvicinò con un ghigno sul volto, consapevole del suo interesse. Il ragazzo non ebbe una bella impressione dell’uomo, sembrava viscido e sicuramente non si lavava da parecchio tempo, a giudicare dall’odore di sporcizia mischiato a quello dell’alcol. Giovanni ebbe un moto di disgusto quando il ruffiano gli si avvicinò e disse: “Se ti interessa, è tua per venti soldi.”>

 

La peccatrice

Giovanni si sistemò il cappuccio del mantello in modo tale che la pioggia non gli bagnasse la testa, maledicendo il cattivo tempo e la malaugurata idea di prendere servizio dal nuovo signore proprio quel giorno. Ulderico era rimasto colpito dalle sue “abilità di stalliere”-come le aveva chiamate lui- mentre si era recato in visita al vecchio padrone, il vassallo meno importante e influente dei dintorni. La sua vita prima di allora era stata abbastanza monotona; aveva avuto la possibilità, a circa quindici anni, di fare l’apprendista nella scuderia del signore, sotto la guida del vecchio Bartolomeo.

Il villaggio era arroccato su una collina verdeggiante, raggiungibile solo tramite la strada di terra battuta che Giovanni stava percorrendo. Il fango aveva sporcato i suoi calzari fino al ginocchio, facendogli desiderare un bagno caldo. Si asciugò dalla fronte qualche goccia d’acqua che, nonostante i suoi sforzi, stava penetrando dalla stoffa di seconda categoria. Il ragazzo sperava che il nuovo incarico gli permettesse meno ristrettezze economiche, troppo frequenti negli ultimi tempi.

Giovanni aveva lasciato la sua famiglia presto e ora, a ventuno anni, aveva tutte le carte in regola per iniziare definitivamente a cavarsela da solo. Varcò le porte del villaggio poco prima che venissero chiuse, quindi si diresse come concordato alla locanda del Ginepro, dove avrebbe soggiornato per la notte. L’insegna della bettola era vecchia e consumata dalle intemperie, ma si poteva distinguere la sagoma di un ginepro bianco su uno sfondo di legno scuro. Si udiva la melodia di un’allegra ballata, suonata probabilmente dal cantore di turno, accompagnata dalle risate degli avventori, che probabilmente si stavano trastullando con qualche ragazza dai facili costumi.

Giovanni aprì la porta e guardò cautamente all’interno. I tavoli erano spostati ai lati dell’unica grande stanza che fungeva da taverna, mentre un uomo con una folta barba suonava gioioso una chitarra, accompagnato da un flautista. Al centro, diverse coppie saltellavano al ritmo della musica, mentre ai lati si raggruppavano i giovani senza compagna, che guardavano interessati il lato opposto, dove c’erano le fanciulle. Parecchie di loro sembravano volersi unire alle danze e accorrevano smaniose non appena un ragazzo le invitava al centro della stanza, ma ce n’erano alcune che rimanevano in disparte. Pescando nei ricordi, lo stalliere capì che quelle giovani donne non si sarebbero mai unite ai festeggiamenti, se qualcuno non le avesse pagate. Una in particolare veniva tenuta d’occhio da un uomo di mezz’età, presumibilmente il ruffiano del villaggio, che sperava di guadagnare bene con quella. Giovanni si avvicinò un po’ per permettere alla sua vista di regalargli un’immagine della ragazza, cercando di passare inosservato per non destare sospetti. Il suo viso era dolce, i suoi occhi castani erano contornati da una spessa fila di ciglia nere, dello stesso colore dei suoi capelli, che si appoggiavano in una cascata di riccioli sulle sue spalle.

Non era mai stato con una come lei, o con qualcuna in generale, ma si sentiva particolarmente attratto dal modo in cui la giovane stava in mezzo alla gente, senza guardare o notare nessuno. Per Giovanni, emanava un’aura tutta sua, inconfondibile e misteriosa alla stesso tempo. Il ruffiano sembrò accorgersi del suo apprezzamento e si avvicinò con un ghigno sul volto, consapevole del suo interesse. Il ragazzo non ebbe una bella impressione dell’uomo, sembrava viscido e sicuramente non si lavava da parecchio tempo, a giudicare dall’odore di sporcizia mischiato a quello dell’alcol. Giovanni ebbe un moto di disgusto quando il ruffiano gli si avvicinò e disse: “Se ti interessa, è tua per venti soldi.”

La ragazza si avvicinò ancheggiando, come da prassi, e si scostò leggermente la veste per mostrare la parte superiore del seno. Giovanni distolse lo sguardo, imbarazzato, mentre l’uomo si faceva una grassa risata.

“Non morde, sai? Facciamo così: sei giovane e inesperto, te la lascio solo per dieci soldi. Vieni Lodovica, insegna a questo ragazzo la tua arte.”

La ragazza, Lodovica, lo prese per mano e lo portò in una camera al piano di sopra dove, a quanto sembrava, non si trovavano solo le camere per gli ospiti della locanda. L’arredamento era essenziale e spartano, come quello dell’abitazione di un povero; c’era soltanto un pagliericcio gettato in un angolo della stanza e uno sgabello con sopra una brocca per l’acqua. Lodovica chiuse dietro di sé la porta e si sfilò la tunica da sopra la testa, rimanendo nuda di fronte a Giovanni. Il ragazzo si girò dall’altra parte, cercando di pensare ad un modo per andarsene. Nel vecchio palazzo spesso veniva schernito dai coetanei, che si vantavano delle esperienze che avevano avuto con donne come Lodovica, che bazzicavano tra gli uomini per offrire i loro servigi. Giovanni non si era mai sentito attratto da quel genere di divertimento, almeno non con una prostituta. Si sentiva sporco solo a pensarci, giudicava una mancanza di rispetto pagare una donna per soddisfare i propri bisogni. Sapeva anche di essere l’unico a pensarla così, a volte insinuavano che gli piacessero gli uomini. A Giovanni però non interessava e continuò a rimanere fermo nelle sue posizioni anche quando Lodovica gli si appressò, premendo il suo corpo contro quello del giovane.

“Che ti succede, hai pagato per niente?”

“Devi scusarmi, l’uomo deve aver frainteso. Non volevo che mi seguissi in camera, puoi andare, ti pagherò lo stesso.”

La ragazza lo guardò per qualche secondo, prima di scoppiare in un pianto dirotto. Giovanni divenne sempre più confuso, non comprendendo la reazione violenta di Lodovica.

“Cosa ho detto di male, se ti ho offesa dimmelo.”

“Tu non capisci! Perché mi hai rifiutato?”

Lodovica si infilò la veste, appoggiandosi poi con la schiena contro la parete e le ginocchia al petto, come per coprirsi. Giovanni si rese conto di avere davanti a sé soltanto una giovane donna, che si mascherava da adulta per compiere quell’umiliante lavoro. Lo stalliere si sedette di fianco a lei, cercando di confortarla come più poteva. La ragazza si sfogò raccontandogli come, all’età di quattordici anni, i suoi genitori l’avevano costretta a prostituirsi per dare da mangiare ai fratelli minori, del giorno in cui l’avevano venduta la prima volta ad un uomo che l’aveva violentata, dei due anni di agonia che aveva passato sbattuta da un letto all’altro. Giovanni non poteva che provare pietà per Lodovica, ma soprattutto tristezza per la vita terribile che le si prospettava davanti.

“Non c’è un modo per tirarti fuori da qui?”

“Dovrei riscattarmi da quello schifoso ruffiano, ma non ho i soldi per farlo e nessuno che mi può aiutare in questo senso.”

Fuori dalla finestra entrava la luce del giorno e Lodovica, alzatasi dal pagliericcio, disse: “Adesso dovrai andare, il tuo nuovo signore ti sta sicuramente aspettando. Ci vediamo quando ci vediamo, Giovanni.”

Lo stalliere prese servizio quella mattina. Il lavoro era duro e, sebbene venisse pagato molto più che in precedenza, il salario era basso. Dentro di sé covava il sogno di potersi un giorno costruire una casa tutta per sé, senza dover più dormire nella sala comune del palazzo, su un pavimento di canne. Continuava a vedersi con Lodovica quasi tutti i giorni, cercando di evitare che qualche altro uomo la potesse comprare per una notte. Si rese improvvisamente conto di essersene innamorato, di non poter stare senza vedere il suo sorriso, senza sentire la sua voce. Sentiva di potersi fidare, sentiva che era venuto il giorno del riscatto di Lodovica.

Sei mesi dopo il suo arrivo, Giovanni si recò dal ruffiano a contrattare il prezzo della liberazione della donna di cui si era innamorato.

“Duecento soldi.”

“Duecento soldi? Stai scherzando.”

“E’ quanto guadagnerei con venti clienti, è un prezzo giusto. Alla famiglia dovrò pur dire qualcosa quando verranno a prendersi il guadagno del mese, non posso certo raccontargli che un giovane innamorato si è preso la figlia per sposarsela!”

Giovanni fece buon viso a cattivo gioco, rendendosi conto che più avrebbe rimandato, più il ruffiano avrebbe alzato il prezzo.

“Eccoti qua i tuoi soldi, ma non ti azzardare ad avvicinarti a Lodovica, tutto chiaro?”

“Non c’è bisogno che ti scaldi, ragazzo. E’ tutta tua.”

Un mese dopo, Lodovica stava rassettando la piccola abitazione che aveva affittato assieme a Giovanni. Da fuori provenivano i rumori tipici del mercato, unico svago settimanale per i poveri contadini, che accorrevano numerosi alla domenica per godersi l'unico giorno di riposo concesso loro. A Lodovica era sempre piaciuto osservare come ricchi e poveri, in un'occasione come quella, si mischiassero senza badare alle condizioni e alle convenzioni sociali. Pensando al futuro, la ragazza non poteva che gioire. Sognava da anni il giorno in cui si sarebbe incamminata verso l'altare, con una coroncina di fiori come si usava per il popolo, osservando il suo sposo, che l'avrebbe aspettata radioso. Tutto era già stato sistemato, il parroco della chiesa non aveva ancora dato il permesso per le nozze,ma erano certi che lo avrebbe dato presto, e il vestito era già pronto. Lo tirò fuori da una cassapanca, che si trovava già all'interno della dimora. Era blu, con le maniche lunghe e si assottigliava in vita, per poi allargarsi sui fianchi. Lodovica sentì un rumore di passi vicino e ripose velocemente l'abito, per evitare che Giovanni lo vedesse.

Il ragazzo apparve sulla porta, scuro in volto. Lodovica lo guardò preoccupata; sapeva che la sua faccia indicava problemi.

“Devo darti una brutta notizia. Padre Abramo ha annullato la cerimonia.”

“Che cosa significa? Che spiegazioni ti ha dato?”

“Ti accusano di praticare la stregoneria.”

Lodovica si sentì raggelare il sangue nelle vene. Aveva visto diverse volte delle donne accusate di praticare la magia e sapeva che, qualsiasi cosa avrebbe fatto o detto, alla fine ci sarebbe stata solo una scelta da parte dei giurati: il rogo.

“Non ti angustiare, magari non ti chiamano nemmeno.”

“Ero una prostituta, mi convocheranno sicuramente”

Il giorno stesso, Lodovica fu scortata in chiesa da alcuni armigeri, che l'avevano prelevata da casa mentre stava mangiando. L'edificio era colmo di persone, accorse per vedere cosa sarebbe stato della giovane. Lodovica si sentiva come un fenomeno da baraccone e allo stesso tempo era disgustata dal modo in cui tutta la popolazione si radunava, aspettando la sentenza come un cane attende paziente che il padrone gli dia gli avanzi della cena. Il parroco era sul pulpito, con i suoi occhi scrutava la folla, cercando di ottenere l'attenzione di tutti.

“Siamo qui per accusare formalmente Lodovica, quella che conoscevate come una delle prostitute del Ginepro, di praticare magia nera e sortilegi.”

“Che prove avete per accusarmi?” disse calma l'accusata, ancora trattenuta dalle sue guardie.

“Hai utilizzato un filtro d'amore affinché Giovanni lo stalliere ti sposasse!”

“Non è assolutamente vero, non potete dirlo con certezza. Giovanni mi vuole sposare perché mi ama, mi ha riscattato per poter essere libera da una vita di agonia e di frustrazione.”

Padre Abramo ribatté rapidamente: “E questa, signori, non è la conferma che, per adescarlo, ha adoperato la sua arte di strega?”

Il parroco andò avanti nel suo discorso, dicendo che un bravo ragazzo come Giovanni non avrebbe mai sposato di sua volontà una prostituta; asserì che molte persone l'avevano vista mescolare strane polveri nel cibo che serviva in tavola, pronunciando strane formule in una lingua sconosciuta, che nessuno riusciva a comprendere. Così facendo, riuscì a smuovere la paura e la superstizione di tutti, che cominciarono ad additarla come una fattucchiera. Lodovica sapeva che era inutile combattere, ma prima che potessero pronunciare la sua condanna, disse:

“Bruciatemi pure su un rogo, sono consapevole che lo farete, non importa quanto io vi dimostri di essere innocente. Io mi sono pentita della vita che ho fatto, ma voi dovrete fare i conti con la vostra coscienza, dopo che avete deposto contro di me. Una volta, padre Abramo, vi ho sentito leggere su una Bibbia che 'Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per cento giusti che non hanno bisogno di conversione'. Pensate a queste parole, nel momento in cui mi vedrete ardere su una pira; provate a mettervi nei panni di una ragazza che voleva solo amare ed essere amata.”

Padre Abramo urlò accusandola anche di eresia e proclamò: “Lodovica, in base alla testimonianza di oggi, ti condanno al rogo per stregoneria. Le fiamme ti purificheranno dal male e la tua anima potrà forse un giorno dirsi salva dai tuoi peccati.”

Lodovica, ormai esausta, esclamò: “Che Dio possa salvare la mia anima di peccatrice, allora.”

Dalla gente si alzò un mormorio generale, ma presto tra le file serpeggiò l'eccitazione per la sentenza, che sarebbe stata eseguita la sera stessa. A Giovanni non fu permesso di vedere Lodovica, gli fu detto che la strega, così veniva chiamata, avrebbe potuto ammaliarlo ancora con le sue arti oscure. Il ragazzo provò a dibattersi, cercando di togliersi di dosso le guardie che erano arrivate per scortarlo fuori dalla chiesa, ma fu ammonito, minacciando una settimana di prigionia nelle carceri del villaggio.

Lodovica fu ammanettata e portata fuori, nella piazza principale, dove nel frattempo si erano recati tutti quanti. Quei visi una volta famigliari, sembravano estranei a Giovanni, che pensava a chi di loro aveva testimoniato contro la sua Lodovica. C'era qualcosa, nella smania della folla, che ricordava un lupo famelico di fronte ad una pecora. Il ragazzo sentiva di doversene andare, ma le persone lo spingevano sempre più vicino alla pira, sempre più vicino alla morte.

Lodovica venne issata sulla catasta di legname; i vestiti le erano stati malamente conciati, brandelli di stoffa pendevano scoprendo parte della sua pelle bianca come il latte, mentre i capelli, che di solito teneva curati, erano scarmigliati. Giovanni abbassò la testa, cercando di non assistere a quella assurda esecuzione, ma un uomo gliela tirò su dicendogli: “Guarda, ragazzo. Solo osservando le sue ceneri potrai liberarti del suo maleficio.”

La ragazza fu legata con i polsi e le caviglie al palo, mentre da sotto la folla lanciava cibo marcio e gli esecutori appiccavano il fuoco alla base della pira. Si sprigionò un fumo asfissiante, che salì al viso di Lodovica. La giovane non staccò mai gli occhi da quelli di Giovanni, che si fece forte per non piangere e sprecare il suo ultimo momento con lei. Le mimò con le labbra “ti amo”, poco prima che il fumo la assalisse. Tra le fiamme, lo stalliere poté vedere il corpo esile della sua innamorata accasciarsi ormai prima di vita. Dentro di sé gli montò una rabbia cieca verso tutti quelli che stavano assistendo eccitati alla scena, senza provare a capire il ragazzo, che si accasciò sulle ginocchia, tra le lacrime.

La folla si disperse non appena la pira smise di bruciare e la cenere fu lavata via con un secchio d'acqua, lasciando Giovanni solo al centro della piazza. Calata la sera, il ragazzo si alzò, incitato dai monelli di strada che lo schernivano, urlandogli nelle orecchie i peggiori insulti verso Lodovica. Qualcuno gli tirò anche un calcio negli stinchi, ma Giovanni ignorò completamente il dolore. La sua mente era in uno stato di confusione, non si rese nemmeno conto di vagare per il villaggio, senza una meta precisa. La vita avrebbe potuto riservargli tante gioie insieme a Lodovica, ma il destino aveva deciso di separarli, purtroppo eternamente. Si ritrovò di fronte alla locanda del Ginepro, dove era iniziato tutto. Quel luogo sciagurato alla fine era stato la rovina, l'inizio della fine. Si maledisse di essere entrato lì dentro, di aver parlato con Lodovica, di essersene innamorato.

Pensandoci, non avrebbe mai dovuto pentirsi di avere amato. Non sarebbero mai stati liberi di amarsi. Tutti giudicavano la vita precedente di Lodovica, ma Giovanni era dell'idea, e sempre lo sarebbe stato, che nessuno avrebbe dovuto giudicare un amore futuro in base alla sofferenza passata.

Nella via di casa, pensò tra se e se: “Ti auguro di essere felice dove ti trovi ora, mia piccola peccatrice.”

*spazio autrice*

Ehilà lettori, sono qui con la mia prima OS storica. Non pretendo di descrivere un periodo ben preciso, volevo solo dare un'idea del medioevo, visto da un giovane che si innamora di una ragazza, che per sua sfortuna ha fatto il lavoro sbagliato. Adoro la storia, leggo un sacco di libri su questo argomento, come ad esempio "I pilastri della terra" e "Mondo senza fine" di Ken Follet.

Così ho pensato di partecipare ad un contest con qualcosa di diverso, non la solita storia drammatica. Posso dirvi che ho fatto il possibile par riuscire in questa mia piccola impresa, speriamo che vi sia piaciuto leggere. Mi piacerebbe che qualcuno commentasse, accetto le critiche, non mi faccio problemi, anzi mi dareste una mano a capire se c'è qualcosa che non va. Fatemi sapere,
Noemi.

 
  
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