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Autore: Life is a rollercoaster    31/08/2014    4 recensioni
"I fiori hanno un’influenza misteriosa e sottile sui sentimenti, analogamente a certe melodie musicali. Rilassano la tensione della mente. Dissolvono in un attimo la sua rigidità."
(H.W. Beecher)

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Nella contea di Oppland nulla si teme, eccetto i pettegolezzi altrui e le chiacchiere che girano su chiunque vi abiti. Un mistero che si cela dietro a una casa apparentemente disabitata, trasandata, andata in rovina, e che attira il signor Benjamin in una scoperta che successivamente lo toccherà talmente a fondo da cambiarlo spiritualmente.
Lui seguirà il suo istinto da attento osservatore, che lo porterà a guardare oltre i pettegolezzi, verso una storia struggente e affascinante allo stesso tempo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'uomo dei girasoli



“I fiori hanno un’influenza misteriosa e sottile sui sentimenti,
analogamente a certe melodie musicali.
Rilassano la tensione della mente.
Dissolvono in un attimo la sua rigidità.”


(H.W. Beecher)



Quando mi trasferii nella contea di Oppland, mai mi sarei aspettato l'immensa ospitalità che calorosamente i vicini mi regalarono.

Chiunque nelle vicinanze si radunò sotto al piccolo portico di questa modesta dimora, dai giovani a qualche isolato di distanza, alle famiglie che invece mi abitavano accanto. Era sorprendente vedere come tutti fossero così cordiali e confidenti con i nuovi arrivati, e ritenni che recitassero lo stesso copione con qualsiasi straniero residente. O forse, di stranieri, ve ne erano così pochi, che per loro era una novità il solo riceverli e accoglierli. Sembrava che avessero l'eccitazione di un bambino che gioca con il suo primo soldatino di plastica.

Soltanto durante il primo giorno arrivarono tre famiglie e cinque coppie a farmi visita: la famiglia Smithern fu la prima che mi diede un indimenticabile e anche spiacevole benvenuto, con tre bambinetti vispi e astuti nel loro infantilismo, che appena entrati ruppero il vaso di ceramica che avevo personalmente portato con me dalla Scozia.

"Oh, mi dispiace così tanto!" aveva detto con tono sofferente la signora Smithern. "Sa, signor Benjamin, sono piccoli e ancora non capiscono come devono comportarsi con gli estranei."

Io avevo annuito, mentre aspettavo impazientemente che se ne andassero, lasciandomi finire di sistemare gli scatoloni ammassati nel salone.

Anche i signori Hisboon si presentarono davanti alla mia porta. Questi possedevano un'immensa villa a tre piani, che confinava con la parte sinistra della mia abitazione. Nonostante la sua grandezza, però, l'arredamento al suo interno era economico e del tutto scoordinato.

"Ma che bella casa! E quel caminetto all'entrata dev'essere davvero utile! Herik, devi assolutamente venire qui a vedere il caminetto del signor Benjamin!" aveva esclamato con un'espressione estasiata la signora Hisboon, rivolgendosi al marito.

Sebbene fossero troppo confidenti, con il loro entrare in tutte le camere e ficcanasare negli scatoloni, mi divertiva la loro presenza. La signora Hisboon era una donnona in carne e con un seno pronunciato, teneva il viso costantemente truccato e i capelli erano cotonati con chili e chili di lacca per capelli. Al contrario, il signor Hisboon era un uomo magrolino con la fissazione per i papillion a pois. Mi aveva esposto con cura la sua collezione, e vedevo, riflesso nei suoi occhi, un piccolo barlume d'orgoglio mentre ne parlava.

Quando se ne andarono tutti mi parve di non avere più nemmeno il tempo per respirare. Mi ritirai nel giardinetto quando la luna emanava una spenta luce dorata, che si disperdeva nel cielo tempestato di stelle. Nell'inviolabile quiete della sera si era creata un'invalicabile atmosfera, che caratterizzava quel minuscolo quartiere sperduto nel nulla dei prati sempre verdi e del fresco estivo norvegese. Ed era proprio quella particolare atmosfera che mi aveva spinto a trasferirmi lì. Forse per la straordinaria rapidità con cui cambiava, da caotica e fibrillizzante durante il giorno a piatta e tranquillizzante durante la notte. Era come se l'attesa durante le ore calde mi facesse desiderare l'arrivo della notte, per poi lasciarmela assaporare dolcemente come ricompensa alla pazienza.

Dunque mi aggirai per il giardino coperto da un pino ancora basso, rispetto a quelli nelle altre recinzioni, e mi soffermai a osservare come il colore delle rose sembrasse diverso con il buio notturno, come il verde dell'erba, illuminata dai deboli raggi della luna, apparisse quasi un blu mare all'ombra e un blu smeraldo nella parte appena sfiorata dalla luce. Perfino il rosso delle rose rasentava il magenta e il giallo canarino dei tulipani somigliava al giallo ocra.

Camminando su quel prato blu e viola, arrivai alla staccionata che divideva il mio giardino da quello dei vicini che confinavano con la parte destra della casa. Mi accorsi che gli unici a non essersi presentati sotto il mio portico quel giorno erano proprio loro. Non li avevo nemmeno mai visti affacciarsi e credetti che probabilmente quella fosse soltanto una dimora disabitata, cosa che si sarebbe detta anche solo osservando il rivestimento scorticato e le finestre perennemente sigillate. Mi sporsi poco di più e mi alzai sulle punte per dare un'occhiata più attenta: proprio come l'edificio, anche il giardino era trasandato, tutto pieno di erbacce e di arbusti sradicati; ma al centro, alte e robuste, si ergevano delle piante che sotto al buio della notte non riuscii a riconoscere, né a comprenderne la forma. Erano snelle e ammucchiate nel prato per formare un quadrato quasi perfetto. Mi appoggiai al recinto bianco e mi affacciai ancor un poco e, immerso da tutte le piante e gli arbusti, vidi un uomo incappucciato. Mi ritrassi immediatamente e, terrorizzato, mi abbassai con il respiro afffannato.

Chi diamine può essere, a quest'ora della notte, nel giardino di una casa disabitata?

Decisi di non fare rumore e di starmene rannicchiato a fianco al color magenta delle mie rose, mentre le ipotesi su un ladro imbacuccato in cerca di un posto in cui rubare o passare la notte accrescevano la mia paura.

Così, con le gambe tremanti, mi alzai e rientrai in casa di soppiatto, chiudendo a chiave la serratura e sigillando tutte le finestre.
 
***
 
Il giorno successivo mi svegliai alla buon'ora e il sole tiepido risplendeva sul cielo cinereo, donandomi un perfetto buongiorno. Bevvi come di consueto una tazza di tè verde bollente e poi scesi in giardino per prendere il giornale che ogni mattina un ragazzino lanciava sotto ai portici delle case del quatriere.

Il movimento nelle strade era cominciato già alle sette e mezza del mattino, ma fortunatamente quella in cui abitavo era una delle vie più silenziose della zona. Si sentiva soltanto una grande confusione provenire dalla casa dei signori Smithern, ma non me ne meravigliai.

Ero ancora curioso di scoprire chi fosse il tizio della notte precedente nel giardino della casa adiacente, ma non ebbi il coraggio di sporgermi troppo, e per questo nulla si presentò davanti ai miei occhi, eccetto gli alti e rigogliosi arbusti che coprivano la vista di qualiasi altra cosa.

Verso le quattro del pomeriggio, il signore e la signora Hisboon vennero a farmi visita con una torta fatta in casa per darmi "un benvenuto come Dio comanda", così come lo aveva definito la signora Hisboon.

"È davvero una bella zona, questa, signor Benjamin. Sono sicura che presto se ne renderà conto."

"Oh, ma me ne sono reso conto già," le risposi gentilmente, "e l'accoglienza è stata notevole."

"Esatto, vedi, caro? Siamo brava gente, noi. Accogliamo sempre come si deve i nuovi arrivati, così che si sentano immediatamente a casa, anche se in questo ci pensano per bene i paesaggi e la tranquillità del quartiere. È uno dei quartieri più sicuri e più accoglienti di tutta la contea di Oppland, vede..."

"Uno dei più sicuri, dice?"

"Sì, è proprio come dice Vilde," s'intromise il signor Hisboon, "tutti noi non abbiamo mai avuto alcun problema con la criminalità. Viviamo in pace e in armonia e nessuno viene disturbato in alcun modo."

Mi venne quasi da pensare di essere il primo ad averne avuto a che fare soltanto dopo essermi appena stabilito. Davvero si poteva essere così sfortunati?

Così, d'istinto, dovetti correggerli: "Signori, credo di dover smentire ciò che avete appena affermato..."

"Ma cosa dice? E perché dovrebbe?" intervenne subito la signora Hisboon.

"Credo proprio che ieri notte un ladro si sia intrufolato nella casa abbandonata qui accanto e che abbia tentato di rubare qualcosa. Solo che non l'ho potuto vedere bene, quindi non mi sono sentito di avvertire la polizia."

"Oh Dio mio! Ma quale casa diroccata?"

"Quella successiva alla mia. Piena di fogliame e con i muri macchiati di sporco e di vecchio."

Entrambi ci pensarono un po' su, con gli sguardi ancora esterrefatti da una notizia che avrebbe potuto distruggere il loro sogno favolistico.

Poi si ricredettero: "Ma lei intende quella con la staccionata alta e bianca?"

Annuii, ricordando l'alta recinzione che, assieme alle foglie e agli arbusti non curati, non mi permetteva di vedere oltre.

"No, signor Benjamin, quella casa è abitata!"

"E come può essere? Non ci ho visto nessuno."

"Be', questo è perché il proprietario è un uomo che non sta mai dentro casa. È sempre fuori in giardino, sommerso dai girasoli che ha piantato lì, nel mezzo del prato."

Rammentai quelle piante che la sola luce lunare non mi aveva permesso di distinguere e riconobbi i gambi slanciati e le grandi foglie che ne confondevano la forma.

"Con molta probabilità deve averlo scambiato per un uomo con il cappuccio per via dei capelli che gli toccano le spalle. Nessuno lo ha mai visto fuori quel giardino e nessuno ne conosce il motivo. Dev'essere molto riservato e strano" commentò la signora Hisboon, facendo una faccia disgustata.

Se ne andarono dopo aver raccontato qualche pettegolezzo sulla famiglia Smithern - il marito aveva tradito la moglie anni fa e, da allora, il loro rapporto non era più stato stabile e fedele, e, probabilmente per questo, i figli erano cresciuti così dispettosi e insolenti - ed io cenai soltanto con un bicchiere di birra e del salmone affumicato.
La curiosità che solletica la mente e gli istinti, in serata, mi spinse a riuscire quando il sole era in procinto di tramontare e le nuvole erano meno dense. Mi avvicinai come la notte scorsa alla staccionata bianca, mettendomi in punta di piedi. Ficcanasai, provando a farmi spazio fra il fogliame e ad allungare l'occhio, per scoprire chi fosse il nuovo vicino misterioso. Vidi immediatamente gli alti girasoli con i fiori di un giallo opaco, alcuni rivolti verso il cielo, altri, quasi rassegnati, accucciati verso il terreno, oppure in cerca di un sole costantemente velato dalle nuvole. Il vederli così sofferenti e disorientati trasmetteva una tristezza grigia e penetrante.

Poi, eccola lì, immersa tra il verde del giardino, scorsi una testolina bruna e, di tanto in tanto, riuscivo a vedere anche un viso scarno, scavato, con un'ampia stempiatura prima dell'attaccatura dei capelli, che ricadevano spettinati poco sopra alle spalle. Sembrava quasi che fosse anche lui uno di quei girasoli in disperata ricerca del loro sole.

Rincasai dopo che il sole ebbe ceduto la scena alla luna, che quella sera aveva uno strano colore fosforescente. Per tutta la notte ripensai a quei girasoli, a come dovessero viver male in un posto in cui il sole scompariva spesso e in cui il clima sarebbe anche stato capace di ghiacciarli, durante l'inverno.

***
 
L'intera settimana passò monotonamente: il té verde mi dava il buongiorno e, nel pomeriggio, i signori Hisboon passavano a trovarmi.

Sebbene fossero leggermente invadenti, con il tempo avevo imparato a prendere i loro commenti con simpatia e diffidenza. Mi tenevano sempre aggiornato sugli eventi e i vari pettegolezzi in città ed io mi limitavo ad ascoltare e a non esprimermi apertamente, mostrando comunque attenzione senza apparire maleducato. Delle volte mi rimpilzavano di domande, forse per un ingenuo interesse o per il loro essere naturalmente impiccioni.

"Signor Benjamin, può togliermi una curiosità?" era la solita domanda con cui cominciavano i loro interminabili discorsi. Io acconsentivo con una sommessa rassegnazione.

"Qual è la sua professione? Sa, nessuno lo ha ancora capito in giro e tutti noi siamo desiderosi di conoscere."

"Sono uno scrittore."

"Oh, uno scrittore, che novità! Abbiamo di tutto qui nel quartiere, da avvocati a pittori, ma uno scrittore ci mancava proprio! Sa che il signor Aleksander, il marito della figlia della moglie del tizio che è fratello dell'uomo che lavora con il signor Ruben, è un archeologo?..." e così s'intavolava un nuovo argomento su cui discutere a non finire.

Altre volte, al contrario, prendevo io stesso l'iniziativa e ponevo domande riguardo all'uomo dei girasoli.

"Nessuno sa niente di lui. Come le abbiamo detto, è una persona molto riservata. Si isola di proposito tra le sue piante e non ne esce più. Non siamo neanche ben sicuri se rientri in casa a dormire o se abbia un letto... non si conosce nemmeno il suo nome."

Così, tutte le volte che provavo a porre domande per saziare la mia curiosità, finivo per non essere compiaciuto come desideravo. Poi, quando si ritiravano nella loro casa, io mi affacciavo sulla staccionata a osservare il signore badare ai girasoli.

Con il passare dei giorni, notai la cura che dedicava in quel suo lavoro personale, come se fossero suoi figli. Vi era un mistero dietro a qull'attenta dedizione, che stuzzicava il mio interesse. Tutti i giorni il pensiero di andare a parlargli mi attraversava momentaneamente la mente, per poi dissolversi e scomparire insieme al coraggio dell'iniziativa. Eppure, durante la notte, perfino i miei sogni venivano tormentati dal bisogno di soddisfare quel capriccio.

Solamente due settimane dopo, durante una giornata piovosa e uggiosa, mi decisi a prendere in mano l'ombrello e a dirigermi verso il cancello mezzo scardinato e cigolante della sua abitazione. L'apersi*, concedendomi da solo il permesso di entrare e invadere la sua proprietà. Prima di raggiungere il cancelletto, mi ero sporto un po' per vedere se fosse in giardino e non lo avevo visto neanche fra i girasoli, così mi addentrai nel prato malmesso e trascurato, per poi raggiungere la porta a vetri per bussare e potermi presentare. Indugiai qualche secondo a fissare quel vetro opaco e graffiato e finalmente mi decisi a sbatterci per tre volte il pugno chiuso. Attesi un minuto e nessuno parve accorgersene. Bussare una seconda volta mi sembrava scortese e invadente, perciò mi armai di pazienza e aspettai per altri pochi minuti.

Quando l'interesse aveva iniziato a sfumare d'intensità e il desiderio a svanire con lui, la porta scricchiolò e l'uomo dei girasoli apparve sulla soglia. L'aspetto era esattamente come lo avevo descritto la prima volta che lo avevo intravisto fra il fogliame: viso scavato e capelli fini e spettinati, che gli arrivavano fin sopra alle spalle.

"Sì?"

La sua voce era rauca e bassa.

"Salve signore, perdoni il disturbo. Mi sono appena trasferito nella casa qui a fianco e avevo semplicemente voglia di presentarmi" gli offrii la mano e lui l'afferrò con una debole stretta.

"Certo, l'ho vista arrivare circa due settimane fa."

"Il mio nome è Benjamin."

"Il mio invece è Clizio."

Che nome insolito, antico e sicuramente non molto frequente al giorno d'oggi, pensai. Ricordai di averlo letto in un libro, anni prima, e il mio commento era stato il medesimo.

L'interesse accrebbe anche quando mi invitò a seguirlo in casa sua. Scrollai l'ombrello dall'acqua e lo lasciai sotto al portico, poiché era ancora gocciolante, e poi gli andai dietro. L'interno della casa era arredato graziosamente, con mobili antiquati e foto che ricoprivano i muri spogli e pallidi. Ogni fotografia ritraeva sempre la stessa persona: sorridente e solare in una, impacciata in un'altra. Era una donna con un sorriso raggiante e un'espressione felice che rifiniva dei lineamenti armoniosi.

Non dedicai troppa attenzione a quegli scatti, perché l'uomo dei girasoli - ancora dovevo abituarmi al nome Clizio - mi invitò a prendere un tè nero con lui. Lo raggiunsi in cucina e mi sedetti su una seggiola, attendendolo mentre preparava l'infuso caldo e perfetto per una giornata tetra come quella.

"Dunque, signore, lei da quanto abita qui?" gli chiesi per rompere il ghiaccio e scongelare il disagio dell'imbarazzo.

"Da quando ne ho memoria. Da sempre." Lo disse con naturalezza e stringendosi nelle spalle, come se fosse una fattezza ovvia per tutti.

Guardandolo dalla sedia muoversi e mettere sul fornello il pentolino con l'acqua, mi accorsi degli indumenti che indossava: un maglione verde prato stropicciato e macchiato da qualche gocciolina di pioggia e un paio di pantaloni a doppio strato, contro il freddo o per evitare che si logorassero fra le erbacce del giardino.

"Ho notato anche che tiene con molta cura quelle piante di girasoli..."

"Oh sì. Mi sono reso conto che spesso si sporge sulla recinzione per guardare."

Sbiancai in volto e non seppi neanche con cosa controbattere per difendere la mia persona ed evitare d'apparire un insolente sfacciato e impiccione.

"Stia tranquillo; capisco che possa apparire strano, no? Ma, se ha voglia e tempo, posso raccontarle io la vera versione della mia storia e smentirle quelle che i chiacchieroni di questo quartiere le hanno inculcato, come pane per gli uccellini."

Infatti i signori Hisboon avevano fatto milioni di ipotesi in merito alla vita di quell'uomo. Un paio di volte avevano fantasticato che fosse un giardiniere, altre che vendesse fiori a domicilio, altre ancora che vivesse da solo e senza un soldo per mantenere lui e il suo gatto, anche se, di gatti, non se ne erano mai visti nella sua casa.

Annuii e lo osservai mentre versava l'acqua bollente nella teiera.

"Signor Benjamin, mi dispiace doverle rovinare il mito rivelandole che sono semplicemente un vedovo che vive di una vuota esistenza e che affoga il dispiacere nel suo unico sollievo."

"E quale sarebbe, questo sollievo?"

"Lo sa bene anche lei: i girasoli."

"Mi perdoni, non ho alcuna intenzione di apparire sgarbato, ma..."

"Lei non mi sembra una persona sgarbata, signore."

"Grazie. Ecco, l'ho sempre vista fra quei girasoli e mi chiedo anche il perché della scelta di un fiore così necessitante di luce solare: come fa a mantenerli in un posto simile?"

"Se c'é amore, qualsiasi cosa può essere mantenuta."

Ripensai alla tristezza che facevano nascere nel mio animo, riflettei sulle sue parole e osservai la sua personalità fiera. Notai il suo sguardo vuoto e annebbiato e la mancanza di un qualcosa che gli corrodeva l'interno, così come l'esterno.

"Venga, mi segua. Le mostro una cosa," riprese.

Lasciai stare il tè fumante a stiepidire nella tazza e lo seguii lungo il corridoio fino al di fuori della casa. Ripresi l'ombrello e mi intrufolai fra gli alti girasoli, un po' ingobbiti e sfiancati dalla pioggia. Aveva smesso di piovere, ma delle gocce fine e leggere ancora non avevano esaurito la loro caduta libera.

"Vede? Seguono sempre il sole," disse con un aperto sorriso, additando i girasoli.

Osservai le loro teste disorientate, chi verso una parte, chi verso un'altra, e annuii, pur non comprendendo tutta quell'evidenza che sembrava palese, detta da lui.

"Così come io seguo il sorriso della mia Delia. Raggiante, solare... il mio Sole."

Raffigurai le fotografie sparse per la sua casa e, improvvisamente, capii. L'amore velato dalla tristezza perché concretamente finito, ma che ancora aleggiava nel vuoto dei suoi occhi chiari e grigi, come le nuvole attorno al sole; l'attenzione continua che donava interamente nel mantenerli in vita, nonostante l'impossibilità delle condizioni climatiche; un vedovo sempre in cerca di un amore troncato, che ormai era effettivamente scomparso, ma che in qualche modo riusciva a trattenere avidamente nell'unico oggetto che glielo tramutava in reminiscenza.

Restammo a parlare per qualche altro minuto, poi lo salutai e rincasai con l'animo alleggerito e spiritualmente cambiato. Mi aveva infuso una sensibilità che i soli girasoli non erano stati in grado di trasmettermi.

Così ogni giorno, dopo quello della scoperta, mi affacciavo sulla staccionata per salutarlo e per discernere quella sensibilità tale da permettere ai girasoli di sopravvivere, proprio come il suo amore in disperata ricerca della mancante metà, ora dispersa in balia della lucentezza del suo Sole.


 

 
LEGGERE PER COMPRENDERE


Innanzitutto bisogna precisare che questo racconto avrebbe dovuto partecipare a un contest letterario sul significato dei fiori. Peccato che le coordinatrici si siano dimenticate del contest da circa un anno... piccolo dettaglio. Probabilmente hanno avuto dei problemi, quindi non sapremo mai chi ha vinto. Comunque il nome del contest era "With flowers and words", giusto per precisare.

Nonostante questo, tengo molto a questo racconto, soprattutto al suo significato che è collegato con i girasoli (ovviamente).

Per comprendere il messaggio di fondo del racconto, quindi, è necessario che vi spieghi alcune cose: 

• Il girasole è simbolo dell’amore (soprattutto quello non ricambiato): nel racconto, l’uomo dei girasoli è vedovo e cerca disperatamente una sorta di collegamento con il suo amore perduto -i girasoli che seguono il sole, che lui paragona alla sua amata.
• Poi, il nome della moglie, Delia, viene dal greco dèlos, che significa “chiaro, luminoso” - collegato appunto con il Sole.
• Il nome dell’uomo dei girasoli, Clizio, non è così strano e particolare senza un motivo. Infatti, se ricorriamo al mito ne Le Metamorfosi di Ovidio, notiamo che la ninfa Clizia, perdutamente innamorata del dio Apollo tanto da seguirlo ovunque egli andasse, fu poi trasformata in un girasole (per questo i girasoli seguono sempre il sole).
L’analogia con il racconto è proprio il fatto che Clizio cerchi sempre di seguire il sole (che sarebbe Delia) tramite i girasoli.

Ci sono anche degli aspetti del testo che vorrei precisare:

*“Apersi” è una forma arcaica di “aprii”, l’ho usata di proposito proprio perché ho voluto dare al testo uno stile più “classico”.

Diciamo che queste sono le cose principali per capire il significato di questo testo e il collegamento con il fiore che mi era stato assegnato, il girasole.
Detto questo, ringrazio tutti per essere arrivati fin qui. Spero che il testo vi sia piaciuto, soprattutto il suo significato.



Aria 


 


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