Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
Segui la storia  |       
Autore: Paganel    31/08/2014    3 recensioni
Zoe è una ragazza di diciotto anni, in crisi per la sua recente rottura con il suo ragazzo, John, partito per l'Europa e avendola lasciata sola, in balia di lacrime e depressione.
Justin Bieber è il secondo protagonista della nostra storia. Il classico bad boy che pensa solo a conquistare le ragazze e non limitandosi solo a quello. Lui e Zoe si odiano fin dai tempi delle elementari, ma qualcosa cambia.
Justin, per scommessa, vuole portarsi a letto Zoe - e farla innamorare - che accetta, ma dopo quella notte, le cose non saranno più le stesse.
Zoe comincia ad innamorarsi di Justin e lui lo stesso, ma dovrà trovare il modo di dirle la verità senza che lei si arrabbi, sperando che le cose rimangano le stesse.
[STORIA MOMENTANEAMENE SOSPESA]
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Heartbreaker - capitolo 18

Justin's POV

Non mi aspettavo di essere seguito, anche se una parte di me l'avrebbe voluto.
Ma quando uscii da quel locale, mi girai e non vidi nessuno dietro di me, ciò non fece altro che confermare le mie peggiori paure. Lei non mi amava.
Era brutto da ammettere, soprattutto per me, ma era così.
E aveva ragione. Avevo perso la sua fiducia. Avendo perso lei, persi pure la fiducia in me stesso.
Come potevo amare, se alla prima occasione allontanavo gli altri?

Senza una meta, camminai, passeggiando per le vie di Stratford.
Questa cittadina iniziava a stancarmi. Volevo viaggiare, conoscere il mondo, e invece ero rinchiuso qui. Beh, nonappena mio padre sarebbe partito per ritornare in California, lo avrei seguito.
Tanto, che avevo da perdere?
Una ragazza che non mi amava?
Una madre delusa dal mio atteggiamento?
Un'università che tanto non mi avrebbe preso?
Mi passai le mani tra i capelli, mentre l'angoscia si fece spazio dentro di me.
Mi stava lacerando.
Stavo morendo dentro.
E tutto perché ero stato io a causarlo.
Era tutta colpa mia.
Tutta.
Colpa.
Mia.
Mi trovai davanti all'Avon Theatre.
Ricordai come da bambino volevo esibirmi dentro esso, come un cantante famoso.
Ricordai come, man mano che crescevo, decisi di reprimere la mia passione per il canto per paura di essere preso in giro dai miei amici.
Ricordai come repressi questa passione per anni, fino a che non cantai davanti a Zoe, rendendomi conto che questo era quello che volevo fare veramente.
Era grazie a lei se il mio più grande sogno era riemerso dagli abissi della mia anima.
Zoe...
Sorpassai pure l'Avon Theatre, e mi ritrovai al solito parco.
Quante cose erano successe lì dentro.
Come la famosa telefonata di John, il famoso tunnel dove riuscii a farla gemere, e dove anche lei mi fece impazzire.
Il parco in cui la vidi parlare con Chaz,
il parco dove cercai disperatamente di farmi perdonare quella famosa sera.
Il parco dove le nostre mamme ci portavano a giocare da bambini sperando di riuscire a farci divertire, mentre tutto quello che ottenevano erano pianti, urla e botte.
Risi a quei ricordi.
Eh, si. Io e Zoe ci odiavamo proprio tanto.
Ma come ha fatto quell'odio, a tramutarsi in qualcosa di così forte? Voglio dire, un anno fa, se mi aveste detto che tra me e Zoe ci sarebbero stati tutti questi casini non ci avrei creduto, anzi.
Quando ero piccolo, la reputavo solo un maschiaccio, e l'idea di amarla non mi passava nemmeno nell'anticamera del cervello.
Era inconcepibile per me.
Eppure come avevo fatto a non rendermi conto prima di quanta bellezza avevo davanti?
Come avevo fatto a non rendermi conto di quanto speciale fosse quella ragazza?

Mi sedetti su una panchina, con la testa tra le mani, cercando di lottare con le lacrime che minacciavano di scendere.
Avrei voluto che lei fosse stata lì con me. Avrei voluto risolvere tutto.
Dirle che si, ero un emerito coglione, che mi meritavo il peggio, ma che avevo bisogno di lei nella mia vita per sentirmi completo.
Ero stanco di questa sceneggiata.
Lasciai fuoriuscire un grido di frustazione, e calciai una pigna.
Non potevo nemmeno chiamare il mio migliore amico. Avevamo litigato di brutto qualche giorno prima.
Lui e Anne sapevano di John e Zoe, lasciandomi all'oscuro di tutto.
Ero l'unico che non sapeva niente, e mi sentii così umiliato in quel momento.

Cercai di non pensarci, quando sentii qualcosa colpirmi la testa.
-Ma che cazzo...?- mi massaggiai la parte colpita con non so cosa, e mi girai, trovando un Chaz sorridente.
-Sei un coglione.- dissi scherzosamente. La tensione tra noi dopo la litigata era ancora presente, anche se in maniera ridotta.
Senza che lo invitassi, si sedette di fianco a me.
-Che ti è successo alla faccia? Hai un aspetto orribile-
-Ah, grazie mille!- ironizzai, appoggiando la schiena alla panchina e portandomi le mani sulla nuca.
-Ehi! Stavo solo dicendo la verità!- alzò le mani in segno di resa: - Comunque, immagino non sia trucco quello. Andiamo, cosa è successo?-
Feci un gran respiro e gli raccontai l'accaduto. Era da tempo che non parlavamo e ci confidavamo, e mi mancavano quei momenti.

Mentre parlavo, mi ascoltò attentamente, cercando di assorbire le mie parole.
-E niente, le ho detto la verità, come mi hai consigliato tu. Avevi ragione, ma si è rivelato un disastro.- appoggiai i gomiti alle ginocchia, sporgendomi in avanti.
-Io sono un disastro.- ammisi più a me stesso che a lui. Dirlo mi provocò una sensazione strana. Tutt'altro che positiva.
Sentii una mano sulla mia spalla e mi voltai verso Chaz, pronto a farmi le sue prediche.
In un altro momento le avrei ignorate, ma in quel momento sapevo quanto mi servissero le sue perle di saggezza.
Lui, in confronto a me, era quello più razionale e che ragionava con il cervello invece che con il culo.

-Tu non sei un disastro. Non sapevi, quando hai fatto quella scommessa con Ryan, che sarebbe andata a finire così. Non avevi in mente di innamorarti di lei.
Ti ho detto di dirle la verità per evitare che lo sapesse da qualcun'altro.
Lei ti ama, Jay. Lo dimostra ogni volta che ti trova davanti.
Lotta per riaverla, non lasciarti sconfiggere da questi ultimi avvenimenti.
Vai da lei, convincila che può fidarsi di te e che non la stai prendendo in giro.
Fallo, e vedrai che prima o poi si lascerà andare-
Dopo le sue ultime frasi mi ricordai di quello che mi disse sua madre quella sera

*Flashback*

-Zoe?- la chiamai, nel tentativo di rivederla e chissà, magari era ritornata per perdonarmi.
-No, Susannah.- ah, era sua madre. -Sei sicuro di non voler passare qui la notte? Mi sembra molto pericoloso, e non vorrei che ti succedesse qualcosa.- l'unica cosa che volevo era dormire sotto lo stesso tetto di Zoe. Sarebbe stato il colmo.
-No Susannah, non ti preoccupare. AH, e grazie per la cena e di avermi ospitato. Salutami tua figlia e augurale la buona notte da parte mia.- mi sentivo così male a parlare di lei. Era così doloroso, e volevo anche andarmene. Parlare con Susannah mi ricordava Zoe, e da quel momento in poi avrei dovuto dimenticarla.
-Certo. Posso darti un consiglio?- no, non voglio nessun consiglio, voglio soltanto andarmene di qui. -Certo.- cercai di fingere un sorriso, il che mi riuscì piuttosto bene. -Zoe è molto testarda. Se davvero l'ami, non smettere di lottare.- Ci voleva proprio Zoe tra i nostri discorsi, eh?
Dovevo lottare? Ma se lei mi aveva esplicitamente detto addio? Non volevo romperle i coglioni con le mie scuse, i miei "perdonami" che fanno tanto da sfigato.
-Grazie, Susannah. Buona notte.- me ne andai di fretta. Tutto quello che volevo era andarmene e poter piangere in santa pace, e lasciar fuori uscire il mio lato vulnerabile.

*Fine flashback*

-Hai ragione. Hai completamente ragione.-

**********

Era la prima volta che mi ritrovai davanti casa sua dopo due settimane.
Il cuore cominciò a battere fortissimo, quasi tentasse di uscire dal mio petto.
Misi una mano sopra di esso, sospirando, cercando di calmarmi. Purtroppo serviva a poco.
Rimanendo fuori dal cancello, cercai di sbirciare dalla sua finestra, per vedere se qualcuno era con lei.
Quello che vidi fu il suo corpicino disteso sul letto. Non c'era nessuno con lei.
Perfetto.
Mi avviai verso l'entrata, sentendo le mani sudare. Non mi era mai successo di sentirmi così in ansia.
Quando spinsi l'indice nel campanello, schiacciandolo, un "din don" fece eco nelle mura della casa.
La porta si aprì rivelando la figura di Susannah.
Non assomigliava alla figlia, ma aveva un che di affascinante quella donna.
Non fraintendetemi, io non avevo nessun tipo di pensiero al di là del "è la madre della ragazza di cui sono innamorato" ma ero un ragazzo, e le belle donne le notavo.
-Justin, tesoro, entra- mi sorrise e si spostò di lato per farmi entrare.
-Cosa ti è successo al viso?- mi chiese premurosa, ma non le diedi informazioni.
-Niente, sono solo caduto- la rassicurai. Era tutt'altro che convinta, ma lasciò correre.
Mi guardai intorno, senza in realtà vedere niente. -Zoe è in casa?- chiesi distrattamente, cercando di controllare i battiti cardiaci e l'emozione.
-Si è in camera! Vuoi qualcosa da mangiare o da bere? Vuoi medicarti?-
Scossi la testa: -No grazie, sono a posto.- le sorrisi.
Mi avviai verso la sua stanza.
Non sapevo se bussare o no, ma alla fine optai per la prima.
Le mie nocche ferite batterono contro il legno bianco della sua porta. Espirai. Non mi ero nemmeno accorto di aver trattenuto il respiro.
-Mamma ti ho detto che sto bene, non serve che tu mi venga a controllare ogni...- non finì la frase perché aprii la porta, rivelandomi.
-volta- concluse. -Che ci fai qui?- il suo sguardo si fece sconcertato alla vista della mia faccia non ancora pulita e non ancora medicata.
-Ma stai scherzando? Non ti sei ancora medicato? Ah, dio. Sei proprio incorreggibile Justin Bieber!-
Aggrottai la fronte a quel suo modo di atteggiarsi improvviso con me, ma rimasi fermo, vedendola alzarsi dal letto per venire verso di me.
Mi prese il polso e mi trascinò verso il bagno. Quel semplice contatto, la mia pelle contro la sua, mi fece venire la pelle d'oca, e la voglia di riconquistarla si fece spazio su di me più forte di prima.
Mi fece sedere sul wc, chiuso, e armeggiò con gli armadietti prendendo il kit di pronto soccorso.
Fu lì che capii che aveva intenzione di medicarmi.
La lasciai fare, perché effettivamente era proprio quello che volevo.
Prese un asciugamano dal mobile sotto il lavandino e lo bagno con un po' d'acqua.

Con decisione e dolcezza allo stesso tempo, strofinò il panno umido sul mento e sulla guancia destra, togliendo il sangue ormai secco e colato rispettivamente dalle ferite sul labbro e sul sopracciglio.
Tamponò leggermente intorno al taglio sul labbro per togliere il sangue secco, poi passò a quello sul sopracciglio.
Prese un dischetto di cotone e lo bagnò con dell'acqua ossigenata.
Lentamente lo passò sul mio sopracciglio.
Notai che cercava di evitare il contatto con i miei occhi, e cercava, per quanto le fosse possibile, di stare a distanza da me.

Non potei fare a meno di pensare ad un mese prima. Ridacchiai, la situazione si era invertita. Prima ero io che medicavo lei, ora era lei che medicava me.
-Perché stai ridendo?- mi chiese, cercando di mantenere uno sguardo impassibile, ma vidi nei suoi lineamente perfetti e rilassati, che si era addolcita.
-La situazione si è invertita, a quanto vedo.-
Ci mise qualche secondo prima di arrivarci, e, quando ci arrivò si fermò con il cotone sopra la ferita, smettendo di tamponare e provocandomi un po' di bruciore.
-Zoe... mi, mi sta bruciando... l-la ferita- le indicai la fronte con un dito e lei tolse la mano immediatamente.
-O mio dio! Scusami, stavo solo pensando...- buttò via il cotone ormai sporco e prese una scatola di cerotti bianchi.
-A che stavi pensando?- azzardai, volendo iniziare una conversazione.
Prese un cerotto e si avviò di nuovo verso di me senza incrociare il suo sguardo con il mio.
Le presi il mento con l'indice e il pollice e le alzai la testa. Con grande fatica, riuscii ad incontrare di nuovo quel verde di cui avevo sentito la mancanza.
-Uhm?- la incitai a rispondere.
-Cosa?- si morse il labbro, in imbarazzo.
-Ti ho fatto una domanda- dolcemente tolsi il suo labbro inferiore dalla presa dei suoi denti. Era solo in grado di mandarmi in tilt e dovevo rimanere lucido.
Lo accarezzai con il pollice per poi posizionare le mie iridi sulle sue.
Si divincolò dalla mia presa e posizionò il cerotto all'altezza del sopracciglio.
-Niente che ti possa mai interessare- ed era fuori dal bagno.
Alzandomi velocemente la seguii, notandola seduta sul letto.
-Tutto quello che ti riguarda mi interessa- me ne venni fuori con quella frase che avrei voluto dire da tanto tempo, ma che trovò il coraggio di uscire solo ora.
Mi guardò, sbigottita e incredula, come se non riuscisse a credere a cosa le sue orecchio avessero appena udito.
Poi abbassò di nuovo lo sguardo sui suoi piedi, che penzolavano sul fianco del letto.
-Stavo... stavo pensando a quel giorno- si guardò distrattamente il braccio.
Sentii improvvisamente una morsa sullo stomaco al ricordo della cicatrice sul braccio che si era procurata pensando al suo attuale "fidanzato". Decisi di ignorarla.
-Sai- iniziai, sedendomi di fianco a lei -Quel giorno, mi sono reso conto di quanto mi sbagliavo sul tuo conto-
Alzò lo sguardo e lo puntò su di me, visibilmente interessata.
-Mi resi conto di quanto bella eri...-
 Mentre fissavo il vuoto, mi venne in mente un'altra cosa.

*Flash back*

-Vabbè, io vado.- dissi, rompendo il ghiaccio.
-Ok- mi seguì fino alla porta.
Una volta aperta, mi girai verso di lei, prendendole con il pollice e l'indice il mento.
Lei non si divincolò dalla mia presa. E la cosa mi stupì.
-Scusa per prima.- dissi, avvicinandomi verso di lei per fare quello che desideravo fare già da tanto.
La baciai dolcemente, perché sapevo che se avessi dato sfogo alle mie emozioni, le avrei fatto male alla testa o che so io.
Ci baciammo dolcemente, un bacio lungo, ma dolce. Un bacio magnifico. Un bacio che non avevo mai dato prima. Si staccò per prima, ma io volevo continuare ancora...
-Non ti ci abituare però, eh!- dissi, accennando un sorriso.
-Non ti preoccupare- mi rassicurò lei, scomparii dalla sua vista, e tornai a casa.

*Fine flashback*
Sentii una strana e fastidiosa sensazione, alla vista di quel ricordo.
Le farfalle cominciarono a farsi sentire. Quello era stato il primo vero bacio che avevo dato ad una ragazza.
E non una ragazza qualunque, bensì Zoe Dixon.
-E anche se non me ne ero reso conto subito, mi piacevi.-
Non sapevo se avevo detto la cosa giusta, sapevo solo che quella dannata frase, diede il via ad un mare di parole che dovevo solo buttar fuori.
Le avevo tutte in testa, e se non era pronta per ascoltarmi, beh, l'avrebbe fatto lo stesso.
-Justin, io... io non credo di... poter affrontare questo discorso...- la interruppi e mi inginocchiai di fronte a lei, prendendole il mento tra le mani.
-No, ascoltami bene, invece- incrociai i suoi occhi, trovando un appigglio per cercare le parole giuste da usare nella mia mente.
-Non mi importa se hai un fidanzato, non mi importa se... se non vuoi parlare di questo con me. Ascoltami e basta, uhm?-
Domandai retoricamente, e senza aspettare che rispondesse, ricominciai a parlare.
-Da quando mi hai detto quella dannata frase sul mio uccello- vidi che ridacchiò. La mia espressione si addolcì ma non mi fermai: -Io non sono riuscito a smettere di pensarti. Volevo solo dimostrarti che quello che avevi detto era falso. Volevo solo... non sentirmi inferiore- ammisi, inumidendomi le labbra.
-Inizialmente non mi piacevi, quindi era venuta fuori la storia della scommessa. Ti odiavo, come tu odiavi me, e volevo solo divertirmi.- Fece per parlare ma la zittii, mettendole un dito sulle labbra.
-Poi la notte in cui l'abbiamo fatto è stato... è stato fantastico. Veramente non riuscivo più a toglierti dalla testa. La notte ti sognavo, durante il giorno invece di ascoltare le lezioni pensavo a quella sera e a cosa fare per farlo ricapitare. Così è saltata fuori l'idea di diventare scopamici.

-Man mano che passava il tempo, tu ti rivelavi sempre più come la ragazza che io non avevo mai avuto la fortuna di vedere prima. Bella, simpatica, dolce, sensibile.
E se all'inizio il mio obiettivo era solo scopare, man mano stavo cambiando idea... mi stavo innamorando.-
La sentii prendere un respiro, mentre dolcemente tolsi il dito dalle sue labbra.
Le presi la mano destra e cominciai a giocare con le sue dita.
-Quel giorno, al parco, quando quel coglione di John ti aveva chiamato, mi sono presentato come il tuo ragazzo perché stavo morendo di gelosia, e non volevo che tu tornassi a pensare a lui, che ti aveva solamente fatto soffrire.

-Quando ho cantato davanti a te, è stata la prima volta che l'avevo fatto, e non mi sono vergognato o pentito, anzi. Sono felice che tu abbia visto questo mio lato. E mi dispiace se poi ti ho trattato così male, credimi. Mi piacevi sul serio, ma avevo solamente paura dei miei sentimenti-
Aprì di nuovo la bocca per parlare ma la zittii nuovamente. Era il mio turno di parlare. Lei non mi aveva mai voluto ascoltare, e l'avrebbe fatto fino alla fine, che l'avrebbe voluto oppure no.
-Avrei dovuto ascoltare Ryan e dirgli di annullare la scommessa, e una parte di me l'avrebbe fatto, ma ero così vicino a vincere, che decisi di registrare la conversazione, una volta in camera tua.-
Il mio sguardò si incupì a quel ricordo.
Anche lei si incupì.
Dovevo arrivare al punto.
-Ma poi mi sono sentito così stupido, che ho deciso di rivelarti tutto quanto, per filo e per segno, prima che lo venissi a scoprire da altri.-
Tornai a guardare la mia mano che giocava con la sua.
-Non avrei mai voluto che tutto questo accadesse. Avrei voluto trovare un'altro modo per innamorarmi di te. Perché voglio che tu sappia che su questo non mi sono affatto pentito.

-Non avrei voluto mettere in scena tutta questa cazzata. Avrei dovuto sapere fin dall'inizio a cosa stavo andando incontro, ma non mi sono fermato. Ti ho fatto soffrire e non me lo perdonerò mai.

-Ho fatto fuoriuscire la parte di te che non avevo mai visto, la te vulnerabile e sensibile, la te triste e demoralizzata. E questa non era affatto una mia intenzione. All'inizio volevo solo dimostrare a me stesso che anche tu prima o poi saresti caduta ai miei piedi come tutte, ma poi ho capito che non mi interessa. Che non sei come le altre. Di te mi importa molto di più.

-E' vero, di ragazze me ne sono fatte tante, ma tu sei "la mia prima vera volta", e non mi pentirò mai di questo-
Presi un respiro dopo che parlai senza mai fermarmi.
Vidi i suoi occhi lucidi e capii che l'avevo colpita. Un piccolo sorriso trionfale si fece spazio nella mia faccia, e con il pollice asciugai la prima lacrima che stava scendendo nella sua guancia. Era commossa, e non erano lacrime di tristezza, questa volta.
-Non mi interessa se c'è John adesso nella tua vita, perché io sono convinto al 100% che non lo ami. Lo so, perché non lo guardi come guardi me. Lo vedo dai tuoi occhi.- Non disse niente per negarlo, e ciò confermò che mi amava. Sentii le farfalle trasformarsi in cavalli che vagavano per il mio stomaco. Misi una ciocca di capelli dietro al suo orecchio.
-Lo ammetto, sono egoista, e ti voglio tutta per me. Sto impazzendo a vederti tra le sue braccia, non immagini neanche quanto.
-Tu sei mia, Zoe Dixon. Tu mi rendi completo. Tu mi rendi me stesso. Il vero me.- le accarezzai la guancia, pronto a farle la famosa supplica.
-Ti prego perdonami, e diventa la mia ragazza.-
Ecco, glielo chiesi. Un grosso peso che avevo sulle spalle da tanto tempo si dissolvò, lasciando spazio all'emozione.
Da lì sarebbe dipeso il nostro futuro insieme. Da lì, le cose sarebbero cambiate.
La guardai, mentre sgranò gli occhi alla mia richiesta.
Mi inumidii le labbra e questa volta, la lasciai parlare senza interruzioni.
-Tu... tu mi hai appena chiesto di... di essere la tua ragazza?- chiese, incredula.
Sorrisi e annuii.
Restammo qualche secondo in silenzio, mentre la guardavo negli occhi, sperando in un si.
Poi il suo sguardo si spostò sulle mie labbra, e stessa cosa fece il mio.
In meno di un secondo, le nostre labbra si trovarono incollate l'una sull'altra, e non perché ero stato io ad avvicinarmi, ma perché entrambi lo avevamo fatto.
Sussultai per il dolore al labbro, ma lo ignorai. Lei sembrava non aver sentito, quindi mi andava bene così.
Non mi importava se un po' mi bruciava il labbro, se a lei non importava, beh non sarebbe importato nemmeno a me.
Non avrei interrotto un momento come questo per niente al mondo.
Leccandole il labbro inferiore, chiesi il permesso per esplorare la sua bocca dopo quelle che erano solo due settimane, ma che mi erano sembrate un'eternità.
Così le nostre lingue tornarono a toccarsi.
Dolcemente le morsi il labbro inferiore, sentendola gemere dentro la mia bocca, il che di conseguenza mi fece eccitare.
Mi alzai dalla mia posizione scomoda, in ginocchio, e dolcemente la feci stendere sotto di me.
Non volevo approfondire molto la cosa, non volevo poi ritrovarmi in situazioni scomode davanti ai suoi genitori.
Le afferrai la vita con le mani, infilandole sotto la sua maglietta e accarezzandole la pelle nuda.
La sentii gemere di nuovo e salii lentamente la pancia, raggiungendo la bocca dello stomaco e arrivando fino al suo seno.
Alzai la coppa del regiseno e iniziai a giocare con il suo seno nudo sotto la mia mano. Cominciai a giocare col suo capezzolo.
Questo bastò per farla gemere nuovamente.
Amavo avere questo potere su di lei.
Passai all'altro, e staccandomi dalle sue labbra, la vidi portare indietro la testa, invasa dal piacere.
-Potrei farti venire così, piccola- le baciai il collo -Che ne dici?- mentre torturavo i suoi seni, cominciai a leccare e mordicchiare un lembo di pelle sul suo collo, facendola impazzire.
-Justin...- sussurrò, mentre le sue mani timidamente si infilarono sotto la mia maglietta, alzandola piano piano.
Mi staccai dal suo collo e -malvolentieri- anche sai suoi seni -dei quali ero diventato dipendente- aiutandola nel suo intento, alzai le braccia, permettendo alla mia maglia di essere sfilata, rimanendo così a petto nudo sopra di lei.
Le sue mani vagarono nei miei addominali e lentamente seguirono la linea dei miei muscoli.
La situazione venne ribaltata e mi trovai io sotto di lei.
Guardandola con occhi adoranti e pieni di desiderio, la osservai baciarmi il collo, leccando, succhiando e  mordicchiando un lembo di pelle.
Ci indugiò su un bel po', e quando si staccò osservò fiera il suo lavoro.
Mi aveva appena fatto un succhiotto.
Poi tracciò un segno indefinito con la punta delle sue dita sul mio petto, seguendo poi la traccia lasciando una scia di baci. Stessa cosa fece sui muscoli a v.
Si avvicinò sempre di più al cavallo ormai evidente nei miei pantaloni.
-I miei sono in salotto, vedi di non fare rumore- mi avvertì. Effettivamente, non potevo andarmene con quella cosa lì e farmi vedere da sua madre in quelle condizioni.
-Bambolina, sei sicura?- sorrisi per come la chiamai -anche perché non l'avevo mai chiamata con un nomignolo-, e il mio sorriso si allargò non appena la vidi arrossire.
-Amo quando arrossisci- aggiunsi, accarezzandole la guancia.
Pressò le labbra insieme soffocando un sorriso e -Si, sono sicura- mormorò.
Slacciò il bottone dei miei pantaloni, facendomi rimanere poi in boxer.
Con una lentezza esasperante, mi tolse anche i boxer e io la aiutai alzandomi, mentre me li sfilava.
Spostandosi i capelli di lato, si morse le labbra, prima di prenderlo in bocca.
Gemetti, mentre la sua lingua faceva miracoli attorno al mio pene.
Misi le mani sui suoi capelli, aiutandola ad aumentare il ritmo. Mi morsi le labbra, tentando si far uscire solo dei sospiri silenziosi.
Quando arrivai quasi al limite, la sua lingua fece dei piccoli cerchi sulla punta, e poi, ciliegina sulla torta, i suoi denti sfiorarono il mio pene.
Un'ondata di piacere invase ogni centimetro del mio corpo.
-Bambolina...- sospirai, avvertendola che stavo per venire.
Velocizzò la spinta, dopodiché le venni in bocca.
Con mia grande sollievo ingoiò, e vidi la sua faccia disgustata.
Evidentemente non le piaceva la cosa.
Quando il mio respiro rallentò, mi accorsi che era distesa accanto a me.
-Grazie piccola- dissi, sfiorandole la guancia con il pollice.
Mi tirai su i boxers e i pantaloni e tornai a stendermi di fianco a lei.
Era così bella che sarei potuto rimanere a guardarla per ore.
-Quindi, tutto questo... è un si?- chiesi, cercando di sembrare rilassato, quando in realtà non lo ero affatto.
Sorrise e si morse il labbro: -Ora però devo parlare con John e dirgli le cose come stanno- fece il suo solito cipiglio come quando ascoltava a scuola o pensava.
Il mio cuore si fermò. Non riuscivo a credere alle mie orecchie.
-Aspetta, aspetta. Quindi questo vuol dire che accetti di diventare la mia ragazza?- mi alzai sul gomito guardandola serio: -Mi hai perdonato?- chiesi speranzoso di non aver sognato e di aver sentito bene.
Sorrise e mi accarezzo la guancia con le dita. Mi rilassai sotto al suo tocco, ma avevo i nervi tesi come delle corde di violino.
-Sei stato tanto stronzo, mi hai fatto soffrire, ma il tuo discorso di prima è stato... sincero, e non posso essere arrabbiata a lungo, non con te. Quindi... è un si.-
La guardai negli occhi. Se quello era un sogno, non volevo svegliarmi.
-Di che sei mia, giusto per capire se sto sognando oppure no- dissi.
Ridacchiò. Non c'era suono più dolce, avrei potuto sentirla ridere per tutta la vita, non mi sarei mai stancato.
-Sono tua- disse, contornando con le dita il contorno delle mie labbra. -Solo tua- aggiunse.
Sorrisi a trentadue tenti, prima di baciarla dolcemente, ma un bacio che trasmetteva tutto l'amore che avevo da darle.
-Dillo di nuovo- la esortai portandola a ridere ancora più forte di prima.
-Sono tua Justin- si morse il labbro. Il mio sorriso non se n'era ancora andato.
Mi fiondai di nuovo a baciarla, questa volta approfondii il bacio.
Quando mi staccai dalle sue labbra, mi stesi, facendola rannicchiare sul mio petto.
Rimasi a fissare il soffitto, e ci invase un silenzio che era tutto forché imbarazzante.
Era un silenzio pieno di parole non dette.
-Zoe?- la chiamai, volevo solo sentirle pronunciare quelle parole di nuovo. Non erano un "Ti amo" ma ci andavano vicino.
-Uhm?- rispose, tracciando linee indefinite sul mio petto ancora nudo.
-Dillo un'ultima volta- sorrisi.
La sentii sorridere sulla mia pelle, quando appoggiò la sua bocca per baciarmi proprio dove stava tracciando il suo dito.
-Sono tua Justin. E tu sei mio.-
Mi girai verso di lei, incontrando i suoi occhi verde smeraldo.
-Non sai quanto desideravo che questo accadesse- la baciai dolcemente, prima di essere interrotti da un cellulare che suonava, il suo.
Sbuffai e mi staccai da lei, lasciando che rispondesse e coprendomi il viso con il braccio.
Chi cazzo doveva rompere proprio in quel momento?!
Solo una persona.

-John?-
Sbuffai e risi ironicamente. Certo che era lui. Era lui che doveva sempre rovinare tutto.
-Testa di cazzo- dissi ad alta voce per far si che mi sentisse.
Zoe mi zittì tirandomi addosso un cuscino. Tolsi il braccio e la guardai perplesso.
-Mi hai appena tirato addosso un cuscino?- sussurrai, indicandomi.
Si allontanò per parlare con il suo, ancora per poco, fidanzato -cornuto-. Mi avvicinai sempre di più, con l'intento di ascoltare la conversazione, fino a che non mise in viva voce.
-Quindi il programma sarebbe cinema e poi cena fuori, ci stai?- aggrottai la fronte, guardando Zoe per vedere se avrebbe accettato.
-Ehm, in realtà, John, ci sono delle cose di cui dobbiamo parlare-
-Benissimo, ne parliamo stasera allora-
Sembrava tutto normale, peccato che non sapesse che la sua "ragazza" era appena diventata la mia. Lui non era più niente.
-John, io voglio parlare con te senza... questo- disse. Io capii cosa intendeva. Non voleva uscire con lui, voleva solo incontrarlo da qualche parte e parlare.
-Allora vuoi solo la cena e niente cinema?- chiese, confuso.
-Coglione- mormorai. Non pensavo mi avesse sentito, e invece non fu così.
Zoe mi lanciò un'occhiataccia.
-Chi era?- chiese, sospettoso.
-Oh, nessuno, mio padre sta guardando il basket in tv. E' lui che hai sentito-
apparve estremamente calma. Sapeva controllarsi.
John parve non sospettare altro e insistette per quanto riguardava la sua ultima proposta.
Indecisa, Zoe mi guardò per capire cosa io volevo.
Coprii con la mano il microfono del telefono per evitare che sentisse.
-Voglio esserci anche io quando gli parli- mormorai.
Lei annuì e poi si riportò il telefono all'orecchio: -Ehm, John, vorrei incontrarti stasera alle 10 al parco, ne parliamo lì-
Chiuse la chiamata e mi guardò.

-Ho paura- ammise, -Ho paura che possa reagire male e, che questo comporti un'altra rissa- disse, abbassando lo sguardo.
-Ehi- le presi il mento con il pollice, in modo che i nostri occhi si incrociassero -Non devi avere paura, sei con me, non ti succederà niente.- la rassicurai, accarezzandole la guancia.
-Ma io non ho paura per me, ho paura per te. Ho paura che lui ti aggredisca e che le cose vadano a finire male. Non posso permettere che voi due vi picchiate per la terza volta a causa mia- ammise, la tristezza, la consapevolezza nella voce.
Avrei voluto convincerla che non sarebbe successo niente, ma purtroppo conoscevo John, e sicuramente mi avrebbe minacciato.
La avvolsi in un abbraccio -Prometto che cercherò di mantenere la calma in caso John dovesse provocarmi- le promisi -E comunque vada, sappi che io non me ne vado-
Le baciai la fronte, cullandola avanti e indietro.
Avevo finalmente avuto la possibilità di renderla mia, non avrei lasciato che qualcuno me la portasse via.
John non avrebbe vinto.
Aveva già perso in partenza, e la figura di merda l'ha fatta proprio lui, che pensava di potermi buttare giù.
Ma lui non sapeva che non potevo essere abbattuto.
Lui non sapeva che dopo ogni caduta, mi sarei alzato più forte di prima.





Ciao bamboline ;)
Aspettavate questo momento, uhmmm? Anche io lol
Finalmente questi due rincretiniti si sono messi insieme e finalmente Zoe ha aperto gli occhi!
Beh, è stato difficile scrivere il luuuungo discorso di Justin, ho cercato il più possibile di essere nei suoi panni, per far sembrare tutto realistico. Non so se ci sono riuscita, ad ogni modo, spero che commentiate il tutto con delle recensioni.
Tra i due si sta creando una sorta di legame profondo, che nei prossimi capitoli voglio descrivere meglio.
Pleaseeeeee recensiteeeee, anche perché sto cercando di mantenervi interessati alla storia e vorrei ricevere i vostri pareri. (Mi riferisco a voi lettori fantasma, si, proprio a voi. Sentitevi presi in causa, lol)
 Anyways, avete sentito le ultime news? I Jelena sono tornati :)
Francamente non li shippo, però se Justin è felice con Selena, lo sono anche io.
Okay, non c'entrava na mazza ma boh, se siete beliebers e state leggendo questa storia, magari potremmo iniziare una conversazione e... boh..
Ringrazio ancora chi segue la mia storia, chi l'ha messa tra quelle da ricordare, chi la messa tra i preferiti... grazie mille! Grazie per le belle parole e i bei commenti, davvero!
E visto che ho fatto l'esame di matematica e sono in attesa di sapere se sarò promossa in seconda oppure no (D:) il 19° capitolo è in fase di completamento, e sarà caricato il prima possibile.
Qui troverete il missing moment della cerimonia dei diplomi, tanto per chiarirvi le idee su com'è andata tra John e Justin, mentre lottavano per l'amore della loro donzella ------->
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2800753

Questo capitolo è un po' più lungo degli altri. Ho pensato che ve lo meritiate visto che gli ultimi erano un pochino corto. I prossimi capitoli saranno altrettanto lunghi.
Ah, una cosa che volevo chiedervi.

CHI CONOSCE DEI PROGRAMMI PER FARE VIDEO CHE NON SIANO COSE TIPO MOVIE MAKER PER FAVORE MI CONTATTI, HO INTENZIONE DI CREARE UN TRAILER DELLA STORIA. GRAZIE.

Detto questo, passate una bella domenica, e per chiunque abbia qualche debito da superare ecc, buona fortuna :)
Un bacio
Paganel xxx



 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber / Vai alla pagina dell'autore: Paganel