Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Ricorda la storia  |      
Autore: Sinead1370Kimaira    31/08/2014    0 recensioni
Dal testo:
- Ti giuro che per ripicca domani gli buco le ruote della macchina, gli sfondo i finestrini e gli riempio quel catorcio di benzina e mi metto a fumare appoggiato al cofano. -
[...]
- Non tormentarti con mille domande Lu’. Nessuno sa e nessuno saprà mai. Vivi anche se non sai perché. -
[...]
******
Dopo moltissimo tempo sono di ritorno con questa nuova OS.
I personaggi sono gli stessi della mia long "Nel nome di colui che ci ha creati, chiunque egli sia."
******
Storia partecipante al contest "Baci un po' ovunque" indetto da AchiSama sul forum di EFP.
Genere: Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve! Da quanto tempo, scommetto di esservi mancata! Va bene... stavate meglio senza me. Anyway vorrei ringraziare AchiSama per avermi dato la possibilità di partecipare a questo contest e avermi finalmente permesso di presentarvi Escalus (personaggio che dedico alla mia Nee-san Contessa Barthory)
Spero vi piaccia... recensite!



 Keep living, even if you do not know why.




Image and video hosting by TinyPic




Inferno?
Tu non hai idea di cosa sia l'Inferno.
Nessuno di voi lo sa.
 L'inferno non è prenderle o essere accoltellato o essere trascinato di fronte a qualche frocio di giudice. L'inferno è risvegliarsi ogni dannato giorno che Dio ci ha dato e non sapere nemmeno perché sei qui.
È non sapere neanche perché respiri.
(Sin City)
 
 
- Quello devi spostarlo, altrimenti è solo d’intralcio. –
Luryel si voltò e guardò la figura tutta muscoli e gambe spesse come pilastri di un ponte che apparteneva a Moloch. Lo fissò intensamente e il demone restò impettito dietro la cartellina rigida in pelle blu. I suoi occhi bordeaux saettarono appena in un leggero luccichio di vittoria e, probabilmente ridacchiando, tornò a scrutare il foglio teso avanti a sé, come se non ci fosse un domani. Una leggera botta al fianco distolse Luryel dai suoi tentativi di incenerire il loro sedicente istruttore ed Escalus “san Demone che lo tirava fuori dai guai” lo incitò a darsi una mossa con un leggero cenno del capo, socchiudendo appena quegli occhi neri grandi e quasi privi di ciglia.
- Non ha nemmeno visto dove l’avevo poggiato! -
La voce cristallina dell’Angelo “siano dannate le corde vocali dei Serafini” risuonò nella mente dell’altro che, con nonchalance, lo ignorò continuando il suo lavoro il quale consisteva nello spostare scatoloni e scatoloni di pesi da palestra. In realtà quello doveva essere un normale pomeriggio di canne e alcool e invece era dovuto correre a salvare la pelle diafana di quel benedetto Angelo mandato dal cielo affinché gli facesse saltare le coronarie e gli mandasse in pappa i neuroni. Luryel, dall’alto del suo quoziente intellettivo, aveva ben deciso di attaccare briga col figlio di Moloch il quale, dall’alto della sua maturità, era corso da paparino che li aveva rilegati in una palestra, sudati e sotto lavori forzati.
- Qualcuno dovrebbe ricordargli che la schiavitù è stata abolita tanto tempo fa! -
Escalus si chiese per quale assurdo motivo Luryel sentisse la necessità di urlare anche quando si parlavano telepaticamente. Continuando a lavorare lo ignorò.
- Fantastico, ora m’ignori anche! Non ti ho chiesto io di fare il cavaliere servente, potevi restare nei bagni a tubare con la tua nuova fiamma. -
A quel punto l’istinto di dare una testata contro il muro sembrò realmente molto allettante. Quel metro e sessantotto di angelo sapeva come esasperare la gente. Dannazione se avesse deciso di restare nel Tartaro avrebbe fatto fortuna come torturatore. Non ebbe bisogno di girarsi per sapere che ora Luryel stava assottigliando gli occhi ametista facendo incrociare le lunghe ciglia e stava increspando le labbra rosse e lievemente screpolate nel tentativo di fissarlo in modo truce. Sorrise appena.
- Ti odio. -
Tipica uscita che segnava la fine della conversazione. Posò uno scatolone a terra e si girò sui tacchi per andare a prenderne un altro quando notò Shenyur fermo sulla soglia della palestra e notò anche i vani tentativi di Luryel di non arrossire e di non fissarlo come un ebete. Il figlio di Lucifero si stagliava contro la porta dall’alto del suo metro e ottantacinque, con muscoli slanciati al seguito e capelli nero pece sparati in aria. Escalus era consapevole che Luryel amasse Shenyur. Non era una cotta o una sbandata. Era Amore puro, di quelli che sono un Angelo è capace di dare. Ma Luryel si trascinava dentro troppa melma e troppe cicatrici sulle spalle perché accettasse di poter amare qualcuno, prima che decidesse di mettere qualcuno nei guai con tutti i suoi problemi. Escalus sapeva e osservava in silenzio come il suo amico sfuggiva alla folla o al contatto fisico, sapeva che dietro ogni battuta c’era un precipizio in insicurezze. Sia lui che l’Angelo si trascinavano alle spalle quindici anni umani di schiavitù, torture e supplizi ma in un modo o nell’altro ne erano usciti, almeno fisicamente. Perché dannazione la loro mente era restata bloccata laggiù tra le urla e i tentativi di sopravvivenza, ma nessuno di quelli poteva anche solo immaginare quanto…
- Ragazzo, gradisci un caffè? -
Si trattenne dal mollare un pugno sul brutto muso ghignante che apparve a due centimetri dal suo volto solo perché altrimenti avrebbe spostato scatoloni a vita, magari camminando sulle mani inseguito da centinaia di demoni che volevano fargli la pelle. Non che la sua prospettiva di vita fosse migliore in ogni caso.
- Può portarlo a me, se vuole. -
L’affermazione di Luryel lo fece sorridere e mandò un brivido di odio sotto la pelle del Demone che fremette stringendo la cartellina in mano. Erano così loro due, si salvavano la vita e andavano avanti. E tanti saluti al mondo intero. Ma Escalus sapeva che Luryel poteva essere al massimo un fratellino minore per lui. Eppure in passato lo aveva amato, dannazione se lo aveva amato. In un primo momento lo avrebbe voluto attaccare al muro e pestare a sangue, ma poi aveva iniziato a desiderare di poterlo stringere e proteggere.  Infondo sono così gli Angeli. Li ami perché loro sono amore e nessuno può odiare l’Amore. E per quanta merda avesse potuto sopportare Luryel, per quanto si ostinasse a negarlo e per quanto fingesse di essere senza cuore, Escalus poteva leggere in quegli occhi l’Amore più profondo che il creatore potesse donare al mondo. Moloch si allontanò e Luryel si avvicinò poggiando a terra lo scatolone che lui avrebbe dovuto portare.
- Prego Es. Non c’è bisogno che mi ringrazi. -
Sorrise chinando il capo e gli bisbigliò
- L’hai fatto solo per renderti bello agli occhi del principe azzurro lì in fondo. –
 Luryel si allontanò non senza aver manifestato il suo disappunto con una gomitata ben assestata tra le costole del malcapitato Demone di turno. Fingendosi dolorante Escalus lo seguì per continuare a lavorare, restandogli però a debita distanza. Luryel si agitava se si rendeva conto di essere seguito. Prese uno scatolone mentre mentalmente si chiese quanti attrezzi ci fossero in quella maledetta palestra. Molti, gli suggerì lo sguardo ma il suo fisico gli ricordò che anche uno sarebbe stato di troppo. Sospirò e riprese a lavorare.
 
 
 
 
- Ti giuro che per ripicca domani gli buco le ruote della macchina, gli sfondo i finestrini e gli riempio quel catorcio di benzina e mi metto a fumare appoggiato al cofano. -
 
Il rumore di una lattina stappata mise fine allo sproloquio. Luryel si gettò sulla poltrona bevendo avidamente la sua Monster. I riccioli neri, sfuggiti a ogni controllo umano e soprannaturale, erano appiccicati alla fronte e gli occhi ametista lanciavano saette tutt’intorno come a voler fulminare qualche povero soprammobile di turno. Per un istante a Escalus parve di vedere il tessuto del cuscino prendere leggermente fuoco.
- Tuo padre non sarà molto contento nel leggere la tua lettera di sospensione da ogni scuola del pianeta. -
- Dettagli. -
Alzando le mani in segno di resa, prese un libro e si mise a leggere sugli esorcismi, scritto in latino antico. Purtroppo gli toccava studiare se voleva mettersi al passo con tutti gli altri. Erano stati mandati sulla terra per dare la caccia a un gruppo di ribelli del Tartaro che stavano iniziando a reclutare idioti per aumentare il numero d’imbecilli armati e fanatici. Ovviamente però tra i Demoni si erano infilati anche protagonisti di mitologie sconosciute che evidentemente si erano rotti le scatole di vivere nel dimenticatoio e aveva deciso di ricomparire sulla scena rendendo le loro ricerche più complicate. Ogni tanto gettava un’occhiata alla figura pensosa sprofondata nei cuscini e gli sembrava di rivedere quelle membra pallide e gracili di un tempo arrancare sulle rocce per tenere il passo della marcia, quel volto emaciato tendersi sotto gli sforzi della fatica e quel corpo angelico divenire umano di giorno in giorno. Si voltò a guardarlo e gli disse
 - Smettila di pensare così rumorosamente i tuoi neuroni in movimento mi danno fastidio. -
- Shenyur mi ha chiesto di uscire con lui. -
Un moto di gelosia si aprì nel petto del demone e il suo istinto primordiale gli impose di correre dal rivale e strappargli la gola con le zanne e poi riportare il cadavere ai piedi del suo amato come pegno di fedeltà. E invece rispose
 - Finalmente! Stappo lo Champagne. -
- Tanto non ci andrò. -
L’altro inarcò un sopracciglio e represse la vocina interiore che stava festeggiando. D’altro canto la sua parte razionale lo spinse a mollare un ceffone dietro la nuca dell’Angelo che offeso gli schiaffeggiò la mano e lo fulminò con lo sguardo.
- Cosa diamine ti è preso? -
Escalus si sedette in terra e lo fissò. Dopo svariati minuti iniziò a parlare
- Per quale ragione sfuggevole all’umana comprensione stai mandando al Diavolo l’unica possibilità di uscire col Demone che ami fino alla nausea? E non provare a tirare fuori una scusa del tipo “sono stato nel Tartaro e non voglio scaricargli addosso tutte le mie sofferenze” perché ti giuro che ti sbatto la testa contro il muro fino a quando la scimmietta con i piatti che fa muovere il tuo cervello non colpisce il neurone giusto e la smetti di sragionare. -
Luryel si morse il labbro e incuneò la testa tra le spalle, quasi a mettersi sulla difensiva. Si stava chiudendo a riccio. Il Demone, in ginocchio avanti a lui, gli posò castamente una mano sul ginocchio e glielo sfiorò appena con le labbra.
- Ricordi il giuramento che ci siamo fatti, Luryel? Permettimi di tirarti fuori dall’Inferno che ti porti dentro. –
Inferno? Tu non hai idea di cosa sia l'inferno. Nessuno di voi lo sa. L'inferno non è prenderle o essere accoltellato o essere trascinato di fronte a qualche frocio di giudice. L'inferno è risvegliarsi ogni dannato giorno che Dio ci ha dato e non sapere nemmeno perché sei qui. È non sapere neanche perché respiri.
 
Luryel avrebbe voluto gridare questo in faccia ad Escalus, alzarsi in piedi e picchiare il muro fino a farsi sanguinare le mani, spaccare tutto. Sentirsi vivo. Invece stette fermo e quando il demone alzò lo sguardo verso i suoi occhi, notò che erano diventati interamente neri, sclere inclusa.
 
 
Con uno scatto improvviso l’Angelo si era alzato dalla poltrona ed era corso in camera sua.
Escalus si rese conto ancora una volta che Luryel non si portava dentro l’Inferno.
Luryel stava diventando l’Inferno.
 
 
 

Accovacciato sui tetti sentiva il freddo metallo delle due spade a lama corta pigiate dietro la schiena. Il calcio della pistola si adattava perfettamente a quel palmo piccolo e un tempo liscio come petali di una rosa. Le sue zanne poco sviluppate brillavano alla luce della luna piena che giudice supremo li scrutava immersi nel mare dei loro peccati.
Le sue orecchie si mossero impercettibilmente quando udirono la sua preda scivolare silenziosa nel vicolo umido ai suoi piedi e i suoi muscoli si pietrificarono rendendolo quasi un gargolla. Aveva l’immagine del Demone da uccidere stipata nella sua mente e il suo cervello elaborava piani di attacco e difesa con la stessa facilità con cui una madre pensa al bene del proprio bambino. Le tegole del palazzo di periferia erano scivolose e i suoi scarponi militari avevano una scarsa aderenza ergo doveva muoversi il prima possibile di lì. La vittima si voltò e iniziò a fissare in terra, tagliandosi gli avambracci con un coltellino e disegnando un cerchio d’invocazione con il sangue che scivolava copioso sul ciottolato. Rideva l’illuso. Non sapeva che il suo corpo flaccido sarebbe solo servito a rimpolpare l’esercito dei Dannati. Ghignava leccandosi dalle labbra il sangue della sua ultima vittima; ne
servivano sette in tutto per avere l’accesso al Tartaro, ma dovevano essere anime pure e care al carnefice.

Idiota.

Chiuse gli occhi e riaprendoli vide tutto nero con solo la figura dell’avversario che si stagliava in rosso; i suoi punti vitali ben in evidenza: il cranio scoperto e vulnerabile, l’arteria femorale esposta che pulsava per l’adrenalina, l’osso del collo teso fino allo spasmo e facile da spezzare come un ramoscello secco. Posò la pistola dietro al pantalone, incastrandola contro la schiena e saltò giù dal palazzo, atterrando con grazia in piedi di fronte alla sua vittima, ignara della sua presenza. Un essere così incapace non sarebbe nemmeno arrivato al cospetto di Mefistofele. Avanzò con passo cadenzato scandendo una marcia ritmata che risuonò nell’aria umida. La rabbia montava dentro di lui. Il paesaggio si deformò nella sua mente e divenne territorio di caccia, con un ringhio gutturale le sue zanne si snudarono violentemente facendo sanguinare le gengive e le sue unghie si trasformarono in artigli.
 
Torturare.

Procurare dolore.

Uccidere.

Umiliare.
 
Con un balzò felino agguantò la sua preda e le sue urla lo eccitarono a tal punto che sentì l’adrenalina scorrere impazzita nelle sue vene. Spalancando le fauci le strinse sulla giugulare della vittima e il sangue scorse a imbrattare gli abiti neri e insudiciò la pelle bianca. Con gli artigli gli squarciò il ventre, immergendosi fino ai gomiti in quella carne flaccida e guardò il Demone rantolare nel tentativo di implorare pietà.

Patetico.

Tirò fuori il braccio destro e poi col sinistro afferrò il cuore del moribondo e lo strappò. Fece lo stesso rumore di un elastico rotto. Il cadavere stramazzò al suolo e il cranio cozzando sul pavimento si ruppe come un cocomero maturo.
 
Nell’allontanarsi calpestò il cerchio e vi sputò sopra. Si leccò il sangue dalle labbra, ma poi sputò anche quello, disgustato. Da lontano giungevano i rumori della città e la musica da discoteca ad alto volume che rimbombava nei timpani fino a fare male. Sospirò quando si accorse della presenza alle sue spalle di Escalus e si passò una mano sul pantalone nel vano tentativo di ripulirla.
 
- Vuoi raccontarmi cos’è successo veramente? Oppure devo anche stavolta limitarmi a ripulire tutto facendo sparire le prove senza una spiegazione, anche se inventata? Potrei piangere sapendo che ti sei sprecato per motivarmi una tua azione. -
Luryel non si voltò nemmeno, in compenso si arrampicò per salire sul palazzo sul quale era stato tutta la sera, ma in un battito di ali il Demone lo seguì fin lassù e lo afferrò per un braccio macchiato leggermente di sangue, il quale andava a mano a mano gocciolando in terra. Luryel si divincolò e guardò la luna, restando immobile. Passarono probabilmente una ventina di minuti di silenzio.
- Sto mettendo la parola fine a tutto questo -
Escalus non capì a cosa Luryel si stesse riferendo quindi tentò.
- Se ne fermi uno, ce ne saranno altri mille che proveranno a fare una stupidaggine del genere e tu non sei il salvatore di un bel niente… -
- Mi riferisco a questo. –
E alzò le mani ricoperte di sangue. Le fissò mentre parlava.
- Quando potrò smetterla di uccidere? Quando smetteranno di piacermi la sofferenza altrui e il sangue? -
 
Escalus s’inginocchiò e prese la mano dell’Angelo tra le sue. Le gambe gli tremarono mentre s’inchinava e quando toccarono terra gli sembrò quasi che il loro tremolio si trasferisse al tetto sotto di lui. Le mani invece erano ferme così come il suo sguardo e il suo cuore. Luryel era un animale selvatico e come tale andava avvicinato con decisione, altrimenti sarebbe scappato via. Gli artigli dell’angelo scintillavano così pallidi e affilati, come fossero di cristallo lavorato finemente e il sangue pareva vino che scivolava verso le avide gole che invisibili lo attendevano nel sottosuolo. Nel vedere quelle dita affusolate un brivido lo percosse e la sua lingua gli sembrò ricoperta di sabbia. Lentamente, accostò quelle dita sottili alle sue labbra e le unì. Il sapore del sangue della vittima gli scivolò tra i denti quando aprì la bocca per baciare ogni nocca rovinata da tutti gli impatti contro corpi vari che aveva subìto. Con la lingua andò a lappare tutte le piccole rughe e percorse il contorno dell’unghia per poi risalire, inglobando così l’indice nella cavità orale e suggendolo senza avidità. Ripulì con cura le dita delle mani e quando furono bianche e fredde, a causa del contatto tra la sua saliva col vento, le prese entrambe e le baciò con devozione. Luryel non le ritrasse, ma lo lasciò fare.
 
- Perché? -
 
Escalus lo guardò dal basso, come un peccatore deve guardare una creatura del Signore.
- Non tormentarti con mille domande Lu’. Nessuno sa e nessuno saprà mai. Vivi anche se non sai perché. -
Si rialzò e saltò giù dal tetto.
- Nel portabagagli della tua moto ho messo dei vestiti di ricambio, Shenyur ti aspetta tra mezz’ora a due isolati da qui. –
E si caricò il cadavere in spalla, sparendo prima che Luryel potesse anche solo ringraziarlo.
L’angelo si portò le mani alle labbra e le baciò.
 
Nello stesso istante, nell’alto dei cieli, una nera figura perse una lacrima durante il suo tragitto, la quale, piroettando verso il basso, si unì alle lacrime piante dalle nuvole e concluse la sua corsa sull’asfalto bruciato.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: Sinead1370Kimaira