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Autore: TeenAngelita_92    01/09/2014    5 recensioni
Una giovane psicologa, da poco entrata a far parte del mondo del lavoro.
Un ragazzo di origini spagnole con un carattere alquanto ribelle e particolare.
Nessuno era mai riuscito a comprendere le sue emozioni, i suoi pensieri, le sue paure.
Nessuno era mai riuscito a farlo sentire al sicuro, amato...
Fino a quel giorno.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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7.
Le 9:00, segnava la piccola sveglia nera sul suo comodino. 
Si strofinò il viso ancora assonnato e cercò, invano, di aprire leggermente gli occhi. Quello, per lui, era un orario completamente sconosciuto tenendo conto del fatto che era suo solito svegliarsi verso le 11:00, se non direttamente a mezzogiorno. 
Si sollevò leggermente, rendendosi conto di essersi addormentato al bordo del letto la sera prima. Aveva ancora tra le mani il foglio e la penna di cui si era servito per poter liberare la "confusione" che aveva dentro e seppur dopo molto tempo, verso le 4:00 del mattino era riuscito a chiudere gli occhi. 
"¡Buenos días Andres!" entrò, del tutto sorpresa sua madre che passava di li solo per dirigersi verso il bagno. Non era venuta per svegliarlo, sapeva che non si sarebbe mai alzato a quell'ora. "Come mai sveglio a quest'ora?" gli chiese avvicinandosi.
Andres, seppur non ancora completamente sveglio, notò sul suo viso una luce diversa, un sorriso che mai gli aveva visto indossare. Restò quasi incantato a guardarla senza dire una parola. "Per tutto questo tempo e questi anni." pensò tra se e se... Allora dipendeva davvero da lui il meraviglioso sorriso di sua madre?
"Andres?" lo richiamò, notando la sua espressione apparentemente confusa e stordita "¿Que pasa?" gli chiese. 
"Nada mamá, nada." le rispose, sorridendo. Si, dopo anni le stava sorridendo, di prima mattina e di buon umore. Cosa gli stava succedendo?
"Esta sonrisa tan hermosa..." sussurrò dolcemente, accarezzandogli il viso "Mi mancava cosi tanto." continuò, con sguardo amorevole e pieno di gioia. Sembrava volesse davvero piangere o saltare dalla felicità da un momento all'altro.
"Hai sentito Alicia?"
"No tesoro. Sono le 9:00, sai bene che anche lei odia svegliarsi a quest'ora e poi, se non mi sbaglio, oggi non dovevate vedervi."
"Si, ma ho bisogno di parlarle." le rispose, sollevandosi leggermente.
"Puoi chiamarla, ma rischi di essere mandato a quel paese senza neanche dire 'a'." lo avvertì ridendo.
"Ed io manderò a quel paese lei." allungò la mano verso il suo comodino per afferrare il cellulare e digitò il suo numero. Come succedeva sempre, ci vollero almeno sei o sette squilli prima di sentire la sua voce dall'altra parte.
"Andres Rivas, dimmi che hai un buon motivo per rompermi il cavolo alle 9:00 di mattina, altrimenti vengo li e ti uccido a suon di calci nel sedere." gli rispose la voce ancora assonnata ma chiaramente arrabbiata di Alicia.
"Buongiorno anche a te."
"Cosa diavolo ti succede? Da quando ti svegli alle 9:00 di mattina? Oltretutto di buon umore?" gli chiese, ma senza neanche dargli il tempo di rispondere "Ah no aspetta: da quando una certa Dottoressa Lovato ti ha mandato il cervello ed il cuore in fumo."
"Alicia cerca di finirla con questa storia."
"Va bene, va bene! Allora qual'è il motivo che ti ha spinto a svegliarmi, idiota?"
"Devo parlarti. Ci vediamo al parco?"
"Ma non dovevi andarci con lei al parco?"
"Si ma..." iniziò intenzionato a spiegarle, ma si accorse di una cosa: lei non doveva saperlo o almeno non poteva, non lo aveva detto a nessuno. "Tu come diavolo fai a saperlo?"
"Sembro cosi stupida da non saper spiare una telefonata?"
"Tu sei una stronza."
"Oh, grazie. Anche tu lo sei."
"Sto venendo. Fa in modo di uscire da quel letto prima che io arrivi, altrimenti lo faccio io a modo mio." le disse, prima di riattaccare.
"Siete sempre cosi affettuosi e dolci voi due, eh?" affermò sua madre che aveva udito l'intera conversazione.
"Ultimamente molto più delle altre volte." le rispose e si alzò per iniziare a prepararsi. 
In realtà non capiva il perchè di questo suo improvviso bisogno di parlarle, probabilmente doveva raccontare a qualcuno ciò che stava continuando insistentemente a girargli per la testa, o forse solo confidare a qualcuno il fatto che ancora non sapeva che fare o come comportarsi. Tra alcune ore l'avrebbe vista al parco e ciò lo agitava. Come poteva un luogo diverso dal solito mettergli cosi tanta agitazione? Forse era proprio questo: dall'inizio era sempre stato abituato a studi bianchi e vuoti, pieni solo di parole e pensieri di persone bisognose d'aiuto, solo di aria che sembrava quasi volerlo soffocare. Ed ora, invece, lei gli aveva chiesto di incontrarsi nel parco che amava, dove passava intere ore. Era forse solo una tattica? Una strategia, apparentemente geniale, volta ad abbattere quelle resistenti mura che per anni aveva sempre costruito e ricostruito attorno a se?
"Mamá, io vado." avvertì sua madre, uscendo.
"A dopo hijo." lo salutò lei.
Si diresse velocemente verso la sua moto, e dopo aver sistemato nella tasca il suo pacchetto di sigarette nuovo, partì. 
Alicia non viveva molto lontano da lui e calcolando la velocità di Andres nel guidare, non ci avrebbe messo molto ad arrivare. Lei era sola, o almeno lo era già da un paio d'anni. Lo era da quando i suoi genitori avevano deciso di lasciarla andare dopo gli svariati tentativi che, insieme alla madre di Andres, avevano fatto con numerosi psicologi per il suo ribelle carattere. Ma, mentre la madre di Andres non aveva per niente pensato di arrendersi, loro lo avevano fatto e senza alcuna esitazione avevano deciso di allontanarsi, pensando forse che senza la loro presenza, la loro bambina sarebbe stata finalmente felice. In realtà Andres sapeva che lei non lo era, lo notava ogni volta che provava a chiedergli di loro, ma aveva intuito che evidentemente non erano neanche più in contatto. 
Arrivò a casa sua solo una quindicina di minuti dopo. Scese, liberandosi del casco, e si diresse verso la porta.
"Dimmi che sei già in piedi altrimenti ci penso io." urlò leggermente per farsi sentire.
"Calma, calma! Ma che maniere!" esclamò lei aprendogli "Non si usa più suonare il campanello o bussare alla porta?"
"Ho mai suonato il campanello o bussato alla porta io?" le rispose entrando e chiudendosi la porta alle spalle.
"Beh, anche questo è vero." affermò, sedendosi su una delle piccole poltroncine che aveva in salotto. "Allora, ora mi dici per quale cosi 'importante' motivo mi hai voluto svegliare a quest'ora?"
"Sembra che tu già lo sappia" le rispose, accomodandosi poco lontano.
"Aspetta, aspetta." si sistemò meglio sul suo posto e la sua espressione, prima assonnata e stordita, si trasformò improvvisamente in sveglia e arzilla. "Mi stai dicendo che volevi parlarmi della sua proposta di vedervi al parco?"
"Non è questo... E' che non..."
"Non sai come comportarti? Sei in imbarazzo?" senza neanche dargli il tempo di spiegare, fu lei a finire il suo discorso.
"Può sembrare alquanto strano e stupido da parte mia, ma ci sono sempre andato da solo in quel parco, oppure con te. Ogni volta che vado li mi sento in pace con me stesso, non devo preoccuparmi del fatto che gli altri possano criticarmi o darmi troppa attenzione, mentre ora con lei... E' come se mi sentissi sotto esame, studiato in ogni minimo gesto che faccio. Questa cosa non mi piace."
"Perchè pensi che voglia studiarti? Magari vuole solo che tu ti senta a tuo agio e appunto, non sotto esame o studiato, come dici tu. Ha capito forse che tu non sopporti gli studi, ne hai visti fin troppi."
"A nessuno è mai importato di come mi sentissi io ad ogni appuntamento, perchè a lei dovrebbe importare? Sta facendo solo il suo lavoro."
"Lo hai detto tu stesso ieri, Andres. Se fosse davvero stato il suo lavoro, a quest'ora non avrebbe fatto niente del genere."
"E' solo il suo lavoro, Alicia. Vuole solo trovare la strategia giusta per farmi parlare e c'è da ammettere che lo sta facendo in modo geniale."
"Lo sai che non è cosi. Se ci tenesse davvero ad aiutarti? Ad aiutarti a stare bene?"
"Avanti, non dire cavolate." si alzò, ridendo leggermente.
"Intanto sta comunque funzionando la sua 'strategia', o sbaglio?" gli chiese, ma in realtà la sua era una domanda retorica. Lei sapeva già la risposta anche se non sarebbe mai stato Andres a dargliela. Lui solo si limitò ad abbassare lo sguardo, giù, verso le sue mani improvvisamente sudate e tremanti. "Sta funzionando, vero Andres?" chiese ancora lei con un leggero sorriso sulle labbra. 
"Devo andare." si giustificò ma fu un tentativo completamente inutile di evitare le parole di Alicia. Afferrò il suo casco e frettolosamente si diresse alla porta.
"Smettila di evitare anche me, Andres. Non lo hai mai fatto ed io non voglio che cominci ora." gli disse avvicinandosi e afferrandogli leggermente il braccio per fermarlo "Andres sono Alicia, la tua migliore amica. Puoi ingannare il mondo, ma non me."
"Ora non posso ingannare neanche lei." le rispose solamente, prima di liberarsi dalla sua presa ed uscire.
Ciò che Alicia gli aveva detto era vero: poteva ingannare il mondo intero ma non la sua migliore amica, questo lo aveva sempre saputo. Ma ora era ancora cosi?
Ora avrebbe potuto ancora ingannare o anzi, provare inutilmente ad ingannare anche lei come aveva fatto con tutti gli altri? La Dottoressa Lovato? 
E lui sapeva qual'era la risposta. Sapeva che ogni volta che ci avrebbe provato, non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose. Sapeva che sempre e comunque se ne sarebbe accorta. Sapeva che stavolta era sul serio, lui doveva fare sul serio. 
Si affrettò a sfrecciare lungo le strade della sua città per arrivare al parco, quel luogo che ancora non sapeva se amare o odiare, mentre davanti ai suoi occhi ancora passavano immagini del suo volto, del suo sguardo apparentemente cosi amorevole e gentile nel momento in cui le sue mani avevano accarezzato la sua guancia risvegliando la sua pelle, ora improvvisamente bisognosa e forse quasi insaziabile del suo tocco. 
Arrivato a destinazione, quasi volontariamente, fermò la sua moto facendo un rumore definibile assordante, forse intenzionato a spazzar via quello dei suoi pensieri. 
Mancava ancora qualche ora al loro appuntamento, decise quindi di sedersi alla sua solita e tanto amata panchina ed aspettare.
Quelle lunghe ed interminabili ore le aveva impiegate ad ammirare: ammirare il fumo della sua prima sigaretta giornaliera uscirgli dalla bocca, l'allegria dei bambini impegnati a correre dietro i loro cani, il sorriso dei loro genitori, le mani intrecciate dei dolci anziani mentre passeggiavano in cerca solo di un po' di tranquillità e le persone che, come lui, forse stavano aspettando qualcuno di importante.
Alzò leggermente la manica sul polso per poter leggere l'ora, accorgendosi con enorme stupore che il tempo era incredibilmente volato e anzi, la Dottoressa Lovato sembrava essere in ritardo.
Forse aveva trovato un po' di traffico? Forse il suo ultimo paziente aveva richiesto più tempo del previsto? Forse aveva avuto un contrattempo o forse...
"Dio, cosa mi prende!" fermò bruscamente le sue troppe domande, quasi rimproverando se stesso per essere arrivato a pensare che forse aveva cambiato idea, che forse non voleva più aiutarlo, che forse ne aveva abbastanza di lui, di tutto.
"Ragazzi, guardate chi c'è!" una voce apparentemente familiare interruppe i suoi pensieri. "Heilà Rivas!" continuò. Era Josh, il suo vicino di casa in compagnia del suo gruppetto di bulli apprendisti completamente ridicoli, come li aveva sempre definiti Andres. 
Da quando lui e sua madre si erano trasferiti nella villetta di sua zia Beatriz, Josh sembrava averlo preso di mira assieme al gruppetto di amici che si portava sempre dietro, cosi, all'improvviso e senza alcun motivo. Più volte avevano finito per litigare ed Andres, con il suo già ribelle e poco paziente e calmo carattere, lo aveva colpito procurandogli ferite apparentemente gravi su tutto il corpo. Certo era però che non era stato l'unico a darle, ma anzi era stato anche lui a prenderle.
"Cos'è? Tua madre e gli psicologi ti hanno lasciato un po' di tempo libero per passeggiare?" rise, mentre lui cercò di non dargli troppa attenzione. "Ah ragazzi, lo sapevate che ora c'è un nuovo psicologo a seguirlo? Dicci Rivas, com'è?"
"Smith, non ho alcuna voglia di dover spaccare la faccia a te e al tuo gruppetto di ridicoli bulli apprendisti. Cerca di levarti dalle scatole." gli rispose con tono più calmo possibile.
"Cos'è? Vuoi fare come l'ultima volta? Se non sbaglio alla fine hanno dato ragione a me, non ricordi?"
"Fossi stato al tuo posto, la ragione mi sarebbe servita a ben poco con il naso e le costole rotte, non credi?"
"Ha voglia di scherzare oggi il nostro Andres." sorrise quasi con sguardo di sfida, mentre nella testa di Andres continuavano a rimbombare come un eco le fastidiose e irritanti risate di quei bulletti. "Avanti perchè non ci racconti del tuo nuovo psicologo? O dovrei dire psicologa?" 
A quelle parole, Andres si pietrificò. Come faceva a sapere che era una donna? Come poteva averlo scoperto? Chi avrebbe mai potuto dirglielo?
Si alzò di scatto e bruscamente gli afferrò il colletto della giacca.
"Tu cosa diavolo ne sai?" gli chiese ed il suo respiro, prima calmo e tranquillo, diventò improvvisamente troppo veloce.
"Che c'è? Ti da fastidio il fatto che io abbia scoperto che è una donna?"
"Mi fai spiare da quel gruppetto di imbranati per caso?"
"Come? Tu non lo sai? Le nostri madri parlano molto, la tua è sempre venuta a sfogarsi dalla mia riguardo al suo povero figlioletto senza speranze." rispose, e quella punta di sarcasmo nelle sue ultime parole, scosse violentemente la rabbia di Andres che fino a quel momento aveva cercato di tenere buona e tranquilla in un angolo della sua testa.
"Almeno è carina?" continuò a parlare Josh con la sua fastidiosa voce. "Avanti, ci hai già fatto qualcosa? Con la storia strappalacrime della tua vita potrebbe essere tua in qualunque moment..." Andres fermò quelle sue schifose e ridicole insinuazioni con un pungo forte, in pieno viso. E si, avrebbe continuato a sferrargli pugni su ogni più piccola parte del corpo. Lo avrebbe fatto se non fosse stato per la sua voce, la sua meravigliosa voce.
"Andres!" Era lei, era lei che lo aveva chiamato mentre correva veloce verso di lui, era lei che con l'unico suono della sua voce era riuscito inspiegabilmente a fermarlo. 
"Oh eccola, è lei no? Cos'è? E' venuta a difenderti dai cattivi?" ebbe ancora fiato Josh per chiedere, mentre un'irritante risata continuava a stargli sul viso e piccole gocce di sangue gli scendevano dal naso con estrema lentezza. 
"Sta zitto Smith!" Andres si voltò di nuovo verso di lui, forse ancora intenzionato a sferrargli un'altro pugno ma lei, ormai già cosi vicina, glielo impedì.
"Andres!" urlò di nuovo il suo nome afferrandogli forse troppo bruscamente le braccia per fermarlo. Non aveva altra scelta. "Fermati. Basta Andres!" continuò, cercando mano a mano di allentare la presa e quasi, trasformarla in una carezza. "Fermati, ti prego!"
Ma quelle due semplici parole e quei suoi occhi che sembravano volerlo incolpare, per un attimo lo distrussero. Per un attimo si sentì perso al solo pensiero che lei aveva visto tutto, che forse lo riteneva colpevole, che forse non sapeva più chi aveva davanti. Lui non era questo, non lo era mai stato. 
"Cosa... Cosa diavolo ti è preso?" gli chiese, respirando un po' troppo velocemente a causa dell'inaspettata corsa. 
"Io non... Ah, Dio. Ora sono io il pazzo?"
"Andres io non ho detto quest..."
"Si invece! Mi... Mi stai guardando come se lo fossi, come se avessi picchiato quell'idiota senza un motivo!" le rispose senza darle il tempo di spiegare e per la prima volta, le diede del "tu".
"Andres, guardami io non..." riprovò ancora, alzando lentamente le mani verso il suo viso, quasi come bisognosa di accarezzarglielo.
"¡Déjame en paz!" fu l'ultima cosa che quasi gridò prima di afferrare leggermente i suoi polsi e allontanarla per dirigersi verso la sua moto.
Sembrò arrendersi e restò per un attimo a guardare Josh, mentre ancora sanguinava ed il suo gruppetto di amici lo soccorreva.
"Va tutto bene?" gli chiese preoccupata, avvicinandosi.
"Ah.. Si." rispose seccato, cercando di alzarsi. "Lei è la sua psicologa?" chiese, tenendo premuto sulla bocca il fazzolettino che uno dei suoi compagni gli aveva dato. 
"Si, perchè?"
"Spero vivamente che ora abbia capito chi è davvero Andres Rivas." rise, ma senza un apparente motivo. 
"So meglio di te chi è davvero quel ragazzo." rispose, dopo una breve pausa  "L'Andres Rivas di pochi istanti fa lo hai provocato tu, lui non è cosi e fareste meglio a smetterla tu ed i tuoi compagni di infastidirlo." Cosi, senza aggiungere nient'altro, si diresse verso Andres che da lontano sembrava cercare disperatamente di infilare in modo corretto le chiavi della sua moto, ma con nessun risultato. Le sue mani non riuscivano a stare ferme e tutto ciò che era riuscito a fare era solo stato procurarsi altri graffi sulla pelle già rossa e screpolata delle nocche. 
"Andres!" lo chiamò ancora, ormai poco lontana da lui, ma stavolta a differenza di tutte le altre la sua voce non ebbe alcun effetto su di lui. "Fermati!"
"¡Malditas llaves!" urlò lui gettando violentemente le sue chiavi a terra, quasi come disinteressato della presenza di lei. Sferrò il suo secondo pugno nell'arco di un giornata, ma stavolta contro un muretto poco distante da loro. 
Era davvero questa l'unica cosa che riusciva a fare? Si chiese lei: sentire le sue mani bruciare come un fuoco, i suoi muscoli contrarsi, il suo corpo fremere e farsi del male? Continuare insistentemente e costantemente a farsi del male?
"Stai mandando all'aria tutti i progressi fatti con me in cosi poco tempo solo a causa di quell'idiota, Andres!" iniziò a parlare, nella disperata speranza che la stesse ascoltando ma lui quasi sembrava insistentemente evitarla. 
"Dio, guardami per un maledetto attimo!" urlò, rendendosi ormai conto di non avere altra scelta. Afferrò forte il suo viso tra le mani. "Che c'è? Cos'è che ti fa tanta rabbia? Parlami! Mio Dio, sono qui, parlami! Smettila di prendere a pugni qualunque cosa ti capiti sotto tiro." strinse, involontariamente, ancora più forte la presa sul suo volto e lo guardò negli occhi. Restarono in quella posizione per un tempo quasi infinito, un tempo necessario a calmare il suo respiro ancora troppo veloce e la sua rabbia probabilmente salita a livelli troppo altri per poter ragionare.
"Andres..." sussurrò, mentre ancora cercava di capire cosa si celava da cosi tanto tempo dietro quegli occhi ora cosi lucidi e quasi sul punto di arrendersi all'ondata di lacrime che avevano disperatamente bisogno di uscire, e si sorprese. Lei si sorprese di vederlo cosi fragile per la prima volta da quando l'aveva conosciuto, di vederlo cosi vulnerabile ed indifeso quando in realtà aveva sempre dimostrato l'esatto contrario. 
Ma Andres sapeva che non poteva permetterselo, sapeva che da quei suoi occhi sempre stati asciutti non poteva uscirne niente, ne emozioni, ne lacrime.
"Fallo" quasi gli ordinò lei. "Fallo Andres." ripetè.
"Di... di cosa sta parlando?" le chiese con voce sottile e tremante, quasi come temesse la risposta, come temesse che lei avesse capito tutto.
"I tuoi occhi sono asciutti da troppo tempo." 
E fu solo quella semplice frase a bastare. Una piccolissima lacrima iniziò il suo lento percorso giù per il suo volto e lui, li davanti a lei, inerme, senza neanche rendersene conto e nella completa impossibilità di evitarlo.
"Va tutto bene." gli sorrise, mentre una delle sue mani iniziò dolcemente a strofinare la sua guancia. "Va tutto bene Andres." rise, tanto felice e sollevata di quella sua reazione, di quella sua, seppur piccolissima, lacrima. Lo abbracciò forte, come mai aveva fatto prima e capì probabilmente che quel ragazzo che ora teneva cosi stretto tra le braccia, stava diventando una questione personale, una promessa fatta a se stessa che avrebbe mantenuto con tutte le forze che aveva a disposizione. Qualunque cosa sarebbe potuta accadere, lei lo avrebbe aiutato e lo avrebbe reso felice. 
E lui all'inizio si irrigidì, del tutto sorpreso di quel suo gesto completamente inaspettato, ma mentre le sue braccia lo stavano stringendo, quasi sostenendo il suo corpo improvvisamente trasformatosi in un ammasso di pezzi crollati tutti assieme in una frazione piccolissima di tempo, strinse gli occhi e affondò completamente il volto nell'incavo del suo collo. 
Perchè si sentiva al sicuro ora? Perchè sentiva di averne tanto bisogno? Perchè sentiva di aver aspettato per troppo tempo quel gesto? Perchè ora sentiva di non poterne più essere sazio di quella sensazione di pace e sicurezza, e di quel calore umano che il suo corpo emanava? E perchè lei? Perchè la Dottoressa Lovato?
"Tu non sei pazzo Andres, credimi io non l'ho mai pensato." sussurrò, a pochi centimetri dal suo orecchio, interrompendo quell'intenso silenzio che Andres aveva iniziato ad amare.
"Ho..." deglutì duramente "Giuro, ho cercato di controllarmi, non... Non volevo dargli quel pugno, io non volevo..." prese a ripetere, cercando disperatamente di spiegare, di spiegare che lui non era cosi, lui non lo era mai stato. 
"Shh..." sciolse dolcemente l'abbraccio per poterlo guardare negli occhi "Va tutto bene." sorrise e l'accarezzò ancora... Ancora. "Andiamo a casa ora. "
"Mi.. mi dispiace, io..."
"Di cosa ti dispiace? Stavolta sono stata io ad arrivare in ritardo, meritavo di correre un po', non credi?" lo interruppe sorridendo. 
"Può chiamare mia madre se vuole... E spiegarle che la sua esperienza non è abbastanza per..."
"Andres, ti prometto che ne parleremo e che ti aiuterò a controllarti. Ora andiamo a casa." gli spiegò infine, interrompendolo ancora e regalandogli un dolce sorriso, uno di quelli che forse mai sarebbe riuscito a dimenticare. 


Spazio Autrice:
Bene, non è come sembra, credetemi... (Ma perchè sto parlando come se avessi un amante e qualcuno mi avesse scoperto? Io non ho un amante ma...) No, tralasciamo. Questo è l'effetto che fa non aggiornare per cosi tanto tempo. A proposito, quando è stata l'ultima volta che l'ho fatto? Correva l'anno mille... No okay, basta, la smetto. D'accordo, stavolta prendetevela con la mia graziosa testolina che non ha più voluto saperne di produrre qualcosa di decente e sensato e credetemi, sono arrivata a pensare che non sapevo più scrivere (è orribile, si). Ma come sapete, io vi voglio troppo bene per abbandonarvi cosi e quindi, anche se questo capitolo vi risulterà essere il più orribile di tutti, io volevo e dovevo aggiornare. Perciòcuiquindi (?) vi chiedo perdono e spero che almeno ne sia valsa la pena. Ma passando ad altro, ho un paio di novità: tranquilli, a breve continuerò anche l'altra mia fanfic ed inoltre, magari scrivendolo nelle recensioni che lascerete (perchè tu la lascerai una recensione, no? Una piccola, piccola.... si? *faccia da cucciolo*) vorrei sapere chi seguiva o chi ancora segue e ancora aspetta che io aggiorni, la mia prima fanfic (Now i'm a warrior, thank to you.) perchè ho intenzione di dargli un finale, ma ho intenzione di farlo in un altro modo che mi piacerebbe spiegarvi. Bene, ho scritto la Divina Commedia ma ora mi levo dalle scatole, promesso.
Buona lettura ed un bacione gigantesco.
TeenAngelita_92


  
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