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Autore: louissmile_98    01/09/2014    3 recensioni
"Perchè fidarsi ancora? Che senso ha dare tutta la tua fiducia ad una persona che tanto, prima o poi, ti avrebbe lasciato comunque, senza alcun preavviso."
Quattro ragazze diverse,quattro ragazzi diversi, quattro storie diverse.
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bradley Simpson, Connor Ball, James McVey, Nuovo personaggio, Tristan Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo due
Ritornare in quella casa, per me era sempre stato un incubo.
Quella casa era il mio incubo.
L’odore acre dell’alcool si sentiva sin dalla soglia della porta, ormai malandata per via degli anni. Il parcket ormai vecchio, strideva a ogni mio passo, alternato ad alcuni più lunghi per evitare le macchie di visky. La cucina era malconcia, circondata da bottiglie di ogni tipo, alcune piene mentre altre vuote.
George aveva distrutto questa casa, non me l’ero mai ricordata così. Quando ci siamo trasferiti, era un piccolo bijù, mia madre se ne prendeva cura per dimenticare tutto quello che George ci faceva ogni volta che alzava il gomito.
Purtroppo anche se avevamo cambiato casa, le abitudini sarebbero rimaste sempre le stesse.
Risalire le scale che portavano verso la mia stanza, faceva sempre uno strano effetto. Era come se un turbine di emozioni e ricordi, s’insinuasse dentro di me.
Ricordo tutte quelle volte in cui io e mia madre le salivamo di corsa per poi nasconderci da mio padre, ma non scorderò mai tutte le volte che quelle scale le dovetti salire da sola. Mia madre mi aveva promesso che quando avrebbe avuto un po’ più di coraggio e se ne sarebbe andata, mi avrebbe portato con sé.
 Non lo fece e mi abbandonò con George.
Lei ora si è fatta una nuova vita, in Texas, a coltivare cactus con il suo nuovo marito, i suoi tre figli, il suo cane e le sue due iguane, Betty e Jeena. Di tanto in tanto mi manda un cactus allegato a una lettera in qui, mi dice che gli manco.
Entrai nella mia stanza, ancora arredata con i poster dei gruppi che amavo a sedici anni, presi il mio laptop con gli appunti di storia e iniziai a scrivere quello che doveva essere il mio saggio di storia. George arrivò poco dopo che mi misi a lavoro sbraitando il mio nome.
- Isabel.- gridò.
Lo ignorai, ma quando sentii i suoi passi pesanti che salivano le scale, il panico prese il sopravvento e decisi di aprirgli prima che lui entrasse da se.
-Sei sorda vedo. - disse stringendomi fin troppo il braccio.
-No non lo sono. - risposi cercando di trattenere un gemito di dolore.
-Allora quando ti chiamo, devi aprirmi subito. - mi sbraitò contro per poi tirarmi uno schiaffo.
Mi portai istintivamente la mano sulla pelle rossa e calda, per cercare di alleviare il dolore.
-Esci adesso. - sputai acida.
Mi rannicchiai in un angolo cercando di calmarmi e non piangere, mi ero ripromessa che non lo avrei mai più fatto a causa sua.
                                               ***
Mi svegliai a terra, con i muscoli doloranti e un livido sul braccio che di certo non passava inosservato.
Cercai di ricordare quello che era successo, ma la mia testa era solo annebbiata.
Arrivai all’università in tempo per la lezione di storia, ma senza una scusa plausibile per non aver eseguito il saggio. Tristan si risedette accanto a me, come aveva fatto durante queste due settimane, sotto gli occhi di un gruppo di ragazze alquanto irritate per la sua scelta.
-Salve ragazza sconosciuta.- esordì sorridente.
-Che vuoi. -
-Afferrato, non è un buongiorno per te. Cos’è successo?! Ti si è rotta un’unghia?.-
-Non sono affari tuoi. -
-Tutto quello che ti fa star male, sono affari miei. - rispose con un fare deciso e serio.
-Non riuscirai a sfilare le mie mutande e considerarlo come un premio, né mi porterai a letto, quindi mi dispiace, ma hai sbagliato ragazza con cui provarci. -
Per un momento il suo viso si corrucciò, ma subito dopo scoppiò in una lunga e fragorosa risata, che fece girare tutta l’aula.
-Ma che cosa ti fa credere che io ti voglia portare a letto?- cercò di dire tra una risata e l’altra.
Ci rimasi abbastanza male per la sua affermazione, ma feci l’indifferente  e ciò sembrò non fermarlo per niente.
-Non che non lo farei, ma sinceramente  non credo che tu sia la tipica ragazza da una botta e via. - si spiegò.
Cercai di ribattere, ma in quell’istante era appena entrato il professore e i miei incubi tornarono a farsi presenti.
-Che hai?- esordì.
-E che, non ho fatto il saggio e…- cercai di rispondere.
-Green Isabel.- esclamò il professore.
Sbiancai di colpo e mi alzai. Sentivo il cuore pulsarmi nelle orecchie, l’ansia impossessarsi del mio corpo e pensavo di sudare freddo. Iniziai a scendere le scale per recarmi verso la cattedra e quel percorso, sembrava una scesa verso il patibolo, quando una voce mi scosto dai miei pensieri.
-Isabell, hai dimenticato qui il tuo saggio.- quasi urlò Tristan.
Salì di corsa arrivando al mio posto.
-Che diavolo stai facendo. - gli chiesi sussurrando.
-Fidati di me. - mi rispose porgendomi il suo saggio.
Lo firmai e lo consegnai.
Subito dopo il professore chiamò Tristan e lui si alzò tranquillamente. Aveva uno strano modo di camminare, alquanto buffo, era alto almeno tre volte in più di me, i suoi capelli così biondi avevano un non so che di particolare e il suo modo di vestire, così stravagante lo rendeva ancora più interessante.
Mi sarebbe piaciuto frequentarlo, se  non per il fatto che tutto quello che faceva, mi ricordava il mio passato.
Subito dopo la lezione di matemtica2, mi recai alla mensa mettendomi in fila insieme a tutti gli altri.
-Jake Cooper ti sta mangiando con gli occhi.- disse una voce dietro di me.
-Scusami?- domandai confusa, girandomi per guardare.
-Ah già, io sono Cassie Odere, frequentiamo fisica e matematica insieme. - esclamò.
Cassie era una ragazza abbastanza minuta, con dei capelli neri come la pece e degli occhi verdi davvero particolari.
-Oh sì, mi ricordo di te sei la ragazza che si siede sempre nella prima fila.-
-Si sono io, come ti stavo dicendo Jake Cooper, ti sta proprio mangiando con gli occhi.- disse indicandomi un ragazzo seduto due tavoli distante. –Ho visto come ti guarda, lo fa da un paio di giorni a questa parte.- concluse sorridendomi.
-Sinceramente non ci ho fatto molto caso. – dissi distogliendo lo sguardo dal tavolo di Jake.
-Uh sì, noto. - disse seria per poi scoppiare a ridere.
-Vieni, siediti con me. – esordì tirandomi dal braccio.
Iniziammo a parlare e a conoscerci meglio. Mi raccontò dei suoi genitori, vivevano a Brooklyn solo che lei odiava quel posto, era stanca di tutte le cene di galà e di tutte le ragazzine fin troppo snob per i suoi gusti.
-Ahah, e di te invece che mi racconti?- mi domandò.
Cercai di sviare il discorso, ma quando vidi il suo viso farsi sempre più curioso a ogni secondo che passava, decisi di parlargli anche se non lo avrei fatto nei minimi particolari.
-Beh, mi sono trasferita qui quando avevo solo quattro anni, mio padre è di una piccola cittadina a nord dell’Irlanda, mentre mia madre è  di una piccola  città dell’America meridionale. - dissi sorridente.
-Wow tu si che sei davvero interessante. - rispose tra un morso e l’altro.
-Mh, quel livido come te lo sei procurato?-
-Isabel.- esclamò Tristan scandendo ogni lettera per poi sedersi con noi.
-Ehi Tris, dov’è  Jeremy?- gli domandò Cassie.
-Sono qui, sono qui. - esordì  un ragazzo alle mie spalle.
Intuii subito che fosse Jeremy, era alto, i capelli corti e biondi scuri e sul braccio destro dei tatuaggi colorati. A primo impatto, non sembrava un tipo di università.
Lascò un lieve bacio a Cassie, per poi spostare lo sguardo su di me.
-E tu saresti?- mi domandò.
-Lei è Isabel, fa il corso di storia avanzata con me. mi precedette Tristan.
-E io l’ho conosciuta mentre facevo la  fila per il budino.- aggiunse Cassie sorridendomi.
-Beh io sono Jeremy, sono il cugino di Tristan e il ragazzo di Cassie.-
-Piacere. - gli risposi sorridendogli.
Piombò uno strano e imbarazzante silenzio.
-Ho sentito davvero tanto parlare di te, Isabel.- incalzò Jeremy.
Il panico s’insinuò dentro di me, ero terrorizzata all’idea che qualcuno sapesse di me, ma soprattutto avevo paura che qualcuno mi conoscesse a causa di George.
-Nel senso che Tristan, da quando ti ha visto non fa altro che parlare di te. – disse tra un morso e l’altro.
Non potei non arrossire a quell’affermazione, Tristano strabuzzo gli occhi e quasi non si affogo per essergli andato di traverso un sorso di aranciata, ma non potevo fare a meno di guardarlo e vedere che si era creato un rossore nelle sue guancie.
-Evans.- esordì  una voce alle mie spalle, che mi fece sobbalzare.
-Cooper.- rispose secco Tristan.
-Non mi presenti la tua nuova amica?-
-Non ne vedo il bisogno.-
Tristan sembrava cambiato. Voleva a tutti i costi che Jake non mi conoscesse.
cos’è carne fresca, non vuoi lasciartela sfuggire eh?- disse.
Tristan si alzò senza ribattere, uscendo dalla mensa.
Jake girò intorno al tavolo, per poi piazzarsi di fronte a me. Aveva gli occhi color nocciola, i capelli ben curati e tagliati in modo  esemplare, doveva provenire da una famiglia abbastanza ricca.
-Io sono Jake Cooper.- si presentò.
-Piacere, sono Isabell.- gli risposi sorridendogli.
-Si so chi sei, adesso scusami ma ora devo proprio andare, la mia lezione di medicina sta per iniziare.- disse sorridendomi. –Mi piacerebbe ancora parlare con te.- disse prima di lasciarmi.
***
Fini il mio pranzo, dato che avevo un’ora buca e che cassie aveva lezione, decisi di fare un giro al di fuori del palazzo.
Ormai l’estate stava lasciando poso all’inverno, lo si poteva facilmente notare dalle foglie degli alberi, che pian piano stavano assumendo una sfumatura tra il rosso e il giallo.
-Anche tu qui?- sussultai per poi vederlo.
Tristan.
-Ehi.- risposi con naturalezza. In tutta risposta si limitò a farmi un cenno e ad invitarmi a sedermi accanto a lui.
Stargli così vicino, mi faceva sempre uno strano effetto. Era come se non riuscissi a trattenere il rossore che si formava nelle mie guance.
-Mi piace venire qua, quando qualcosa non va per il verso giusto. - disse interrompendo quel silenzio.
-E cosa sarebbe andato per il verso sbagliato oggi?-
-Mi da solo fastidio Jake.- dissi irritato.
-Cioè. -
-Mi da fastidio che ora ti ha adocchiato. -
-Tristan, non posso mica nascondermi dal mondo. - gli risposi dolcemente.
Ciò però non lo fece sorridere.
-Non ti devi fidare di lui. - sputò duro.
-So benissimo badare a me stessa. -
-Non ti devi fidare. - disse guardandomi.
Aveva assunto un’espressione seria, i suoi occhi erano diventati di un blu scuro, erano quasi irriconoscibili. Non era il Tristan che conoscevo.
-Da quando dovrei prendere ordini da te?- gli chiesi alzandomi.
-Non lo conosci neanche. - rispose alzandosi di scatto e mettendosi di fronte a me.
La sua figura molto più alta della mia mi metteva timore, mi sentivo così piccola.
-Non conosco nemmeno te, perché continuare a parlarti?-
-Oh ma ti prego, hai lo sguardo perso come quello di tutte le ragazze che ha abbindolato, col suo fascino da ragazzo per bene, solo per portarsele a letto Isabel.- rispose irritato.
-Dacci un taglio Tristan.-
-Io lo conosco. - quasi urlò. -So che tipo è, tu non ti meriti uno come lui. -
-Mi conosci solo da due settimane, mi hai visto solo a lezione, non puoi dirmi chi mi merita o no.-
-Saranno anche due settimane, ma mi sembra di conoscerti da una vita. Tu ed io siamo più simili di quanto non sembra. - disse poi addolcendosi. –Non farti spezzare il cuore da lui. - disse guardandomi.
I suoi occhi erano tornati del suo colore naturale, era bello, dannatamente bello, quello che mi disse sembrava più una supplica che un avvertimento.
 Non potevo fidarmi.
-Tu non sai proprio niente di me. – gli risposi bruscamente prima di lasciarlo.
 
 
 
 
 
Salve, ok mi dispiace per non aver pubblicato prima il capitolo.
Si non scrivo benissimo e mi scuso per gli eventuali errori.
Spero vi piaccia e che recensiate.
  
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