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Autore: May90    22/09/2008    3 recensioni
[Fiction a due voci] [Ben lontana dalla vicenda originale] [La mia prima fanfiction...^_^]
Capitolo 19 "Feelings And Desires" =
"Prese un altro sorso di vino e, una volta riappoggiato il bicchiere sul tavolo, si mise a giocare passando con finta non curanza l’indice smaltato di rosso sul bordo del calice. Un’altra scena di repertorio, ma sempre molto efficace, dovevo ammetterlo. - Fai bene a parlare di gatti. – riprese, senza mutare l’espressione rilassata, ma fissando intensamente quel gesto che fingeva essere spontaneo – In quanto felini, hanno molti istinti feroci insiti in loro e un innato desiderio di scoprire le cose di persona. Non si tirano mai indietro. Quando hanno uno scopo, poi, diventano implacabili. - - Quindi l’avresti presa come una sfida? Non voleva esserlo in ogni caso. – scrollai le spalle – Strano, comunque. Credevo che i gatti fossero soprattutto animali nobili, eleganti, amanti del benessere e della tranquillità. Non questi grandi avventurieri. – - Quando sono allo stato selvatico, finiscono per essere più simili alle tigri che ai cagnetti domestici. A meno che tu non mi stia paragonando ad un innocuo barboncino. – e alzò gli occhi affilati come lame sul mio volto. - Tu invece ti stai paragonando ad una tigre…? – commentai con una smorfia dubbiosa – E soprattutto, in che modo dovresti sembrare così selvatica? Vivi in una ricca dimora, partecipi spesso a serate mondane, hai sempre una perfetta manicure… -"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tyki Mikk
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

Remember and forget


“Nel cogliere il frutto della memoria si corre il rischio di sciuparne il fiore.”
(J. Conrad)






Mi aspettavo che arrivasse su di noi come un uragano improvviso, determinato, saldo, sicuro e implacabile e io non facessi neanche in tempo a capacitarmi di quello che avevo visto, della sua presenza. Sarebbe arrivato subito a salutarmi, a venire a conoscere la sua cugina appena arrivata, mi avrebbe proposto il suo solito sorriso sghembo da ragazzotto furbo, anche se condito di mille maniere e forse di allusioni alla famiglia, mettendomi per divertimento in seria difficoltà con il mio impresario. Credevo decidesse di fare un’entrata in scena clamorosa e spettacolare, come si addice al personaggio che tutti aspettano, ma che resta nell’ombra, per poi arrivare solo all’ultimo sotto i riflettori, sicuro comunque di essere accolto da un applauso scrosciante.
Forse conoscevo troppo poco di lui per azzardare simili ipotesi, in effetti.
Al contrario di ogni mia immaginazione, ci guardò qualche momento con curiosità, poi si fermò, come incerto, a pochi metri da dove ci trovavamo io e il signor Retino. Il suo sguardo vagava tutt’intorno per l’androne del teatro, ma con discrezione, e lanciando di tanto in tanto occhiate vaghe e brevi verso di noi.
Quella sua reazione mi lasciò tantissimi dubbi, come logico da parte sua. Mi chiesi se davvero sapeva chi ero. Anche se il pensiero che mi riconoscesse come la suora scorbutica di quella volta mi emozionava e preoccupava insieme…

Retino non si era minimamente scostato. Mi fissava insistentemente e restava impalato di fronte a me:
- Cosa significa che non ne siete sicura…? -
La domanda calò come una pietra sullo scorrere libero dei miei pensieri.
- Quello che ho detto… Io… Potrei sbagliarmi credendo di conoscerlo… - commentai, forse lasciando trasparire in parte la verità, per quanto non lo desiderassi. La mia voce appariva probabilmente più bassa del necessario, ma, poiché continuavo a guardare con la coda dell’occhio il ragazzo alle sue spalle, avevo l’immotivata paura che riuscisse a sentirci.
- Impossibile. Si vede dalla vostra espressione che sapete perfettamente chi sia. - mi interruppe serissimo. Era impossibile per lui comprendere il senso remoto delle mie parole.
Però quel suo commento mi inquietò. Finii per concentrare tutta la mia attenzione sul mio interlocutore, distraendomi infine da quell’osservazione furtiva:
- Che cosa vi vedete? Ho una faccia strana? – chiesi, preoccupata.
- Be’… - si lisciò i baffi con la mano inguantata di nero, assumendo l’aria di chi la sa lunga – Prima di tutto è chiaro che non è la prima volta che lo vedete… Ecco, ne siete come ammirata e ammaliata… Ma non come chi vede per la prima volta un buon partito… Che quello è sicuramente un buon partito, se mi date retta… -
- Lo so… - sussurrai, dando voce ad un pensiero improvviso che mi era passato per la testa.
Il mio capo annuì, sorridendo con gentilezza del mio rossore.
- Date l’idea di averlo aspettato a lungo… E contemporaneamente di essere sorpresa della sua presenza… - ma il suo sguardo si fece scuro - Allo stesso modo credo che lo temiate profondamente, quasi da avere paura di avvicinarlo… Ho ragione? –
Gli sorrisi, ma forse un po’ di amarezza era trasparsa sul mio volto. Aveva pienamente ragione. Questo incontro mi preoccupava più di ogni altra cosa. Fossero stati altri membri della mia famiglia la vicenda avrebbe avuto un’importanza relativa. Ma di fronte a lui, di fronte a Tyki, non potevo assolutamente sembrare inquieta, ma felice. Era necessario.
- Come fate a capire così bene le persone, signor Retino? –
- Signorina mia! – esclamò ridendo di gusto – Potrei spiegarvi per filo e per segno tutti i segnali e le indicazioni che ho letto nella vostra espressione… Ma, per farla breve, dirò solo che sono molto più vecchio di voi e che conosco bene il mondo! – di nuovo si voltò leggermente a studiarlo, poi aggiunse – Devo solo essere sicuro che vogliate che si avvicini... Altrimenti posso difendervi, Victoire… -
Era gentile da parte sua, ma assolutamente fuori luogo.
- No, no. Non ce n’è bisogno, signore. Non è un pericolo per me. E’ solo che mi preoccupa quello che avete detto… Perché vedete, non è questo mio timore che voglio trasmettergli… Non voglio che veda questo in me ora… -
- Voi siete una donna estremamente sincera, Victoire. Non riuscite a nascondere ciò che provate. – commentò sicuro, annuendo tra sé.
- Ma signor Retino… -
- Be’, potete sempre recitare una parte se questo vi rende felice. Ma volete mostrarvi per come siete o per come gli altri potrebbero preferirvi? – aggiunse, risoluto.
Per tutta risposta non potei fare altro che abbassare gli occhi, colpevole.
Scosse la testa, vedendomi così dispiaciuta e soggiunse subito: - Perdonatemi la ramanzina, signorina Victoire. Non conosco neanche cosa vi lega a quel giovane e mi metto a farvi la morale. Del resto sono solo un vecchiaccio vecchia maniera… -
- Non dite così! – esclamai, sincera – Non lo penso per nulla! Anzi, avete ragione! Grazie! –
Lui sorrise gentilmente: - Meno male! Mi fate felice! – poi abbassò la voce – Credo comunque che il vostro conoscente stia aspettando che me ne vada per venire a salutarvi… Ditemi quando siete pronta e vi lascio… -
Non sapevo cosa potesse servirmi o come potermi preparare per questo salto nel vuoto. Per l’ennesima volta maledissi il Conte e i suoi oscuri progetti con i quali riusciva a mettermi sempre in difficoltà. Ormai sapevo con certezza che tutto quello che accadeva intorno a me non poteva mai essere un caso, compresa soprattutto quella situazione.
- Sono a posto… -
- Siete sicura? -
- Non è una cosa che posso rimandare per sempre… - sorrisi, a fatica.
- Potreste. Si può sempre. Ma voi non siete capace di scappare. Siete coraggiosa. –
Fece un inchino elegante e mi baciò la mano: - Buonanotte, Victoire. Ancora lietissimo di avervi nella mia compagnia. –
Mi inchinai a mia volta sollevando con due dita il lungo abito rosso: - Grazie a voi di tutto, Signore.-

Il momento peggiore fu quando Retino si allontanò. A quel punto smisi di fare finta di nulla e guardai Tyki fisso.
Mi sentii incredibilmente stupida a fare una cosa simile, ma davvero non avevo idea di come comportarmi. Un’estranea non aveva certo il diritto di fissare in quel modo una persona… Era indiscreto, volgare, fuori luogo… Ma non potei evitarmelo… Una parte di me voleva disperatamente percepire ogni suo gesto, a costo di soffrirne…
Poco meno di un secondo dopo, anche i suoi occhi scuri si alzarono nella mia direzione. Non c’era più riflessa alcuna incertezza, ma la calma assoluta. Neanche il fatto che restassi lì immobile a guardare nella sua direzione riusciva a scalfire la sicurezza con la quale ricambiava la mia attenzione. Ma non capivo cosa questo significasse… Era un mistero, come sempre…

Mosse qualche passo tranquillo nella mia direzione ponendosi proprio davanti a me. Dal canto mio ero completamente imbambolata a fissarlo, come se sperassi di leggergli addosso la trascrizione dei suoi pensieri.
- Signorina… La vostra interpretazione è stata sublime… Volevo complimentarmi… -
La sua voce era calda, morbida, piena di eleganza, ma con una punta di malizia.
Perché parlava con me o era una sua cadenza fissa?
Si inchinò con molta grazia e infine con la mano destra fasciata da un guanto bianco immacolato prese la mia e se la portò alla bocca per un perfetto baciamano.
Non sapevo davvero che cosa dire, come comportarmi. Tutto quello che stava facendo, benché normale tra la gente perbene, riusciva a confondermi.
Si rimise in piedi e mi guardò. Vide probabilmente una ragazza allibita, sconvolta e in particolare, ne ero certa, rossa come un pomodoro.
Lentamente la sua facciata di perfezione si sgretolò e sul suo viso si affacciò un’espressione stupita e divertita:
- Emh… Vi sentite bene…? -
Riuscii ad impormi di annuire e con quel gesto pian piano la mia mente si riprese dallo shock.
- S-si… N-non preoccupatevi… -
- Meno male… - rise – Sembravate in preda ad un svenimento… -
- Svenimento!? – esclamai, punta sul vivo.
Un sorriso carico di ironia riempiva di un’aria insinuatrice tutto il suo volto.
- Per che cosa, di grazia…? - domandai, offesa.
Cercavo di calmarmi, ma già stavo diventando scortese. Perché aveva quell’innata capacità di darmi ai nervi!?
- Calmatevi… Davvero… Non volevo offendervi… - ma nello scusarsi continuava a nascondere le risa.
- Signore, non c’è nulla di divertente! Non vi siete neanche presentato! –
La frase mi uscì di bocca senza che riuscissi a controllarla. Non ci avevo minimamente pensato e tanto meno avevo già preso una decisione al riguardo, cioè se fingere o meno di essere al nostro primo incontro.
La sua ilarità si spense di botto. Per qualche secondo mi parve di cogliere una strana delusione in quel viso… Poi con un sorriso leggero e molto formale:
- Avete ragione. Vi chiedo perdono. Il mio nome è Tyki Mikk. E’ un piacere conoscervi. -

Non sapevo più neanch’io cosa desiderare.
Avevo a lungo sperato che si ricordasse di me e di quei giorni presso il convento. Anche dopo il “risveglio del sangue”, anche dopo aver saputo di doverlo rincontrare ora che entrambi non eravamo più quelli di prima, anche mentre mi angosciavo al pensiero della maledizione che mi accompagnava. Era un attaccamento furibondo e insensato a qualcosa che non ero più… E che forse non era più neanche lui…Eppure non mi piaceva conciliare quella persona pulita alla me stessa attuale. Era come pretendere di unire la luce al buio. Era assurdo. Io non volevo essere il buio, ma non potevo neanche più sperare di essere la luce. Avevo una battaglia da combattere, ma era una risalita dal baratro. Nell’oscurità totale una fiammella non illumina e viene solo soffocata da quel nero profondo e vuoto. Doveva essere alimentata da zero per rendersi visibile.
Quell’atmosfera che era nata tra di noi così, naturalmente, era tanto simile a quella dei giorni che ricordavo da farmi sperare che non fosse in alcun modo cambiato. Ma era così davvero? No… Per nulla… Un uomo elegante, curato, fine ed estremamente educato, anche se a tratti disinteressato e intimidatorio… Quello sguardo che lanciava intorno non aveva nulla di quella spigliatezza e allegria che mi aveva trasmesso in passato… Metteva quasi paura e il mio cuore la leggeva come l’unica vera prova della sua esistenza da Noah…
Io, dal canto mio, non avevo la forza di tornare alla mia essenza pulita. Avrebbe avuto senso mostrare la mia passata identità? Era un gesto privo di significato in ogni caso. Se sapeva già della mia trasformazione, avrei subito dato l’idea di un pesce fuor d’acqua, una persona che non riesce ad adattarsi alla nuova realtà. D’altra parte, se ancora non ne era al corrente per il classico gioco al massacro attuato da quell’infame del Conte, presto l’avrebbe scoperto in ogni caso…
E che reazione ne avrebbe avuto lui? Impossibile prevederlo. Magari nessuna, magari non gli sarebbe importato, magari era un episodio che aveva dimenticato e che quindi non aveva alcuna importanza, di conseguenza poteva benissimo accantonarlo, come aveva fatto con la sua vecchia vita… E se invece ne conservasse una buona impressione? Si sarebbe arrabbiato? Si sarebbe sentito imbrogliato? E perché? Io stavo fingendo di non sapere della sua nuova identità, del suo legame con i Noah… Potevo fare in modo di mostrarmi stupita di fronte alla scoperta, magari più offesa di lui se fosse stato necessario…
Era assurdo… La mia mente stava esagerando nell’immaginare le situazioni più disparate, ma era il chiaro sintomo del caos che stavo affrontando… Davvero non sapevo più chi o che cosa voler essere per lui…
Ma se tutto questo mi spaventava e preoccupava, nulla riusciva ad angosciarmi quanto il cambiamento repentino che avevo visto un attimo prima nel suo sguardo: ora c’era di nuovo la distanza, abissale e incolmabile. Erano bastate quelle mie parole brusche a chiudere di colpo quell’allegra atmosfera. La sua espressione era ancora interessata, ma gli occhi scuri mi squadravano come una cosa qualunque. Non mi piaceva, non lo sopportavo.

Ed ecco, ancora una volta non potevo in alcun modo presagire la sua reazione… Ero troppo ambiziosa a pensare di giudicare una persona da pochi giorni di conoscenza… E ogni secondo che restavo in sua presenza, mi rendevo sempre più conto della mia difficoltà a capire le sue reazioni, i suoi gesti, le sue parole e tutto quello che dietro di essi si nascondeva…
- Sono stato brusco, ma credevo di avervi già conosciuta… Probabilmente mi sono sbagliato… -
La frase, improvvisa dopo quella brevissima presentazione, ebbe su di me la stessa potenza emotiva di quel baciamano. Probabilmente anche gli stessi effetti, dovuti in parte anche a quegli occhi serissimi e scuri che avevano ripreso a fissarmi, con un’intensità da far tremare le ginocchia.
La mia mente combatteva tra troppe opposte intenzioni. Solo che quell’accenno, che mi convinceva di essere stata riconosciuta, mi spinse anche a sperare di passare in pace quei momenti di sereno rincontro, sapendo che sarebbero durati troppo poco una volta che tutto fosse stato svelato…
Lui non lesse fino a questo punto le mie angosce, ma vide probabilmente solo sul mio volto la stessa stupefatta espressione di poco prima. Tanto bastò però.
Il suo volto si distese e apparve ancora quell’espressione ironica e divertita a colorire un sorriso di sincera simpatia:
- Avete per caso qualcosa da dirmi…? –
- Tyki… - facevo fatica a parlare, ma tentai di giustificarmi, mentendo spudoratamente – Io… Per qualche momento non vi ho riconosciuto… Poi non credevo ricordaste… Quindi… -
Lui non commentò queste parole, ma rise, celando una leggera ironia. Impossibile non sovrapporre il passato e il presente.
- Lieto di rivedervi… Temo di dovermi ancora sdebitare per quelle pagnotte… -
A sentite questa frase per poco non scoppiai a piangere di gioia…

Il Conte non mi aveva mai neanche descritto gli altri membri della famiglia. Eppure mi bastò vederli da lontano per capire chi erano. Erano un gruppetto parecchio bizzarro, è vero, ma non fu questo a convincermi della loro vera identità. Era l’oscurità netta che sembrava seguirli. La stessa aria d’abisso che avevo letto negli occhi del ragazzo che mi stava di fronte, ma che non mi aveva in alcun modo schiacciato duramente come quella che spirava da loro…
Si avvicinarono con cautela, senza fretta, tranne una bambina che sembrava avere circa dieci anni, che balzellava di fronte agli altri.
- Tyki! Cosa stai facendo!? -
Nella sua voce c’era una giocosità molto umana, ma anche una certa inquietante malvagità intrinseca. Un brivido mi attraversò la schiena.
Lui sorrise, calmissimo: - Road… Cerca di non fare rumore a teatro… -
La guardai simulando la massima innocenza possibile, anche se intuivo che non poteva essere sufficiente.
I suoi occhi si soffermarono su di me, squadrandomi in maniera insopportabile. E mi sembrò che quel blu così sereno e calmo che li riempiva fosse un’ipocrisia odiosa rispetto al nero della sua anima. Non impiegò più di due secondi a leggere dentro di me ciò che voleva. Ebbi subito una sincera e atroce paura che volesse tradire il mio segreto.
- Insomma, Tyki! Non ci presenti neanche!? – sbuffò poi sonoramente.
- Esatto, esatto! Forza! – esclamarono all’unisono altri due ragazzini del gruppo, slanciandosi nella mia direzione e lanciando una smorfia beffarda al mio interlocutore.
- Si… - sospirò lui stancamente, passandosi con aria distratta una mano tra i capelli scuri.
– Lei è la piccola Road… - con un piccolo cenno alla sua sinistra, dove si era posizionata la strana bimba.
- Piccola!?!? –commentò lei, offesa, ma insieme fece un inchino falsissimo nella mia direzione.
- I due casinisti sono i gemelli Jusdero e Debit… -
- Incantati! – dissero insieme, per poi scambiarsi subito uno sguardo di intesa e una risata complice.
- Quello enorme che sembra una guardia del corpo è Skin… -
- Sgrunt… - fu l’unico verso che provenne dalla sua direzione.
- La signorina vestita da uomo è Lulubell… -
Non pronunciò parola, ma mi porse la mano con un gesto molto autoritario e professionale. Io gliela strinsi, incerta.
Seguì un momento di silenzio. Gli altri Noah guardarono Tyki, ansiosi che terminasse le presentazioni. Lui, per canto suo, mi guardava con aria vaga. Già, non sapeva il mio nome…
Così dovetti introdurmi da sola: - Ehm… E’ un vero piacere… Il mio nome è Victoire Villois. Lietissima di conoscervi. -

- Come fai a conoscere la signorina Villois, Tyki…? -
Lo chiese immediatamente, ma con un’aria assolutamente innocua, che in ogni caso mi apparve falsa proprio come il suo aspetto di bambina.
Lui sorrise, gentilmente, tarando con dovizia le parole: - L’ho conosciuta molto tempo fa e le sono debitore per la gentilezza che mi mostrò in una situazione di bisogno… Sono lieto di averla ritrovata qui, per entrambi in circostanze decisamente diverse dal previsto… - poi si abbassò a guardarla negli occhi e aggiunse, come per un avvertimento – Questo è quanto devi sapere, Road… Ti basti… -
- Uhm… - bofonchiò, fissandomi in maniera estremamente esplicita.
Sentivo che stava per dire qualcosa che non mi sarebbe piaciuto. Aveva una gran voglia di farlo, glielo si leggeva in faccia. Stava giocando con le mie emozioni con un’abilità paragonabile a quella del Conte…
Ma sorrise, crudele: - Siete stata fantastica sul palco… -
Non lo pensava davvero. Adulazione, pessimo vizio.
- Grazie mille! – ma ero sicura che il fastidio fosse filtrato sul mio volto.
Tyki passò lo sguardo sulle nostre espressioni aggrottando le sopracciglia, ma poi scrollò le spalle.

- Signorina Victoire. -
La sua voce era galante e profonda. Mi voltai nella sua direzione un po’ frastornata:
- Ditemi… - stavo per chiamarlo per nome, proprio come aveva appena fatto lui in effetti, ma per qualche ragione non mi sembrò appropriato e tacqui appena in tempo.
- Avete degli impegni per questa notte…? –
Presumibilmente arrossii fino alla punta dei capelli. Sembrava una proposta indecente!
Sgranò gli occhi alla mia reazione, totalmente ignaro del suo sbaglio.
- Si vede che vai solo a donnacce, Tyki! – sibilò ridendo uno dei gemelli, ma a voce abbastanza alta perché lo sentissimo entrambi.
- No, no! – esclamò allora, ma l’altro lo superò in tono ridendo scompostamente: - Tyki pervertito… Ihhhhh-ihhhh!! –
- Sul serio! Non volevo offendervi! – era imbarazzato ma il suo volto non mostrò alcun rossore – Volevo solamente chiedervi se vi andrebbe di andare a bere qualcosa… Ma solo se vi fidate, se questa richiesta non vi mette in difficoltà, se non avete altri programmi… -
Road saltò su subito, pimpante: - Ma Tyki, che ne sarà del nostro appuntamento!? –
Lui, per tutta risposta, cominciò tranquillamente ad infilarsi il soprabito: - In ogni caso, non ho nessuna voglia di aspettare ancora i comodi del nostro accompagnatore… Quindi andrei comunque a farmi un giro… - poi mi sorrise, riuscendo ad eliminare ogni possibile ironia o malizia dal suo volto – Solo preferirei non andare da solo… E fare così qualche parola ricordando i vecchi tempi… -
Sorrisi a mia volta, anche se un po’ inquieta, giusto per mostrare che non ero per nulla offesa dalle sue parole di poco prima…
Stavo per rispondere, quando Road sentenziò: - E noi dovremmo aspettare!? Possiamo anche farlo, ma saresti tu la persona che deve davvero restare qui! –
- L’ho già detto. Questa storia dell’incontro a sorpresa non mi interessa. Avrei potuto sopportarlo se ci fosse stato almeno un briciolo di rispetto da parte loro. Dato che ci mollano qui ad aspettare non sappiamo neanche cosa, io ho fretta e me ne vado. -
C’era qualcosa di netto e glaciale in quelle parole. Era rabbia. Ma non nel senso umano del termine…
Ma Road insisteva: - Non puoi! E’ importante che tu resti a conoscere la tua fidanzata! Se ha detto che arriverà, bisogna solo attendere! –

Era assurdo come quella frase avesse fermato il tempo…
Avevo già capito che stavano aspettando qualcuno. Avevo pensato che fosse il Conte, proprio come lo attendevo io. Ma stavano parlando di una ragazza… Una persona designata con il termine “fidanzata”… Fidanzata di Tyki…
Era possibile che si trattasse di un’altra persona? Poteva essere un comune essere umano? Quante altre Noah potevano trovarsi per caso o per abile macchinazione in un teatro?
Oppure il Conte stava di nuovo tentando di farmi impazzire? Magari aveva invitato questa “fidanzata” a teatro dove mi trovavo io proprio per sbattermi in faccia il fatto che io non avrei mai avuto a che vedere con la sua vita… Che per l’ennesima volta ero destinata a fare la spettatrice…
- Lo sappiamo che tu vivi solo per il tuo divertimento, Tyki… - riprese lei e si mise a ridere, in modo piuttosto nefasto – Proprio per questo dovresti attendere la tua promessa… Che ne sai, potrebbe essere divertente… -
E mi guardò, nel modo più eloquente di mille parole…
Ora ero veramente preoccupata e quasi spaventata. Io la sua promessa…? Questo era… era… era…
Le lanciò uno sguardo irritato: - Pazienza. Tanto se non si toglie dalla testa questa storia, sicuramente troverà il modo di farmela incontrare anche domani. Per questa sera ne ho abbastanza. -
Poi il ghiaccio nella sua voce si sciolse e si voltò verso di me:
- Ditemi, venite con me…? -
- Si… Va bene… - pronunciai con calma – Vado a prendere la giacca… -
- Perfetto. Vi aspettiamo fuori. – e appoggiò una mano sulla piccola spalla di Road, spingendola delicatamente verso l’uscita.
Gli occhi blu della bambina mi scrutarono ancora per qualche momento e poi la sua voce risuonò nella mia mente: “Le bugie hanno le gambe corte, Vivy… Dovresti saperlo…”
Mi morsi il labbro e trattenni a fatica la Paura che con quel’odioso gioco psicologico tentava di risvegliare…

Non voleva una fidanzata… Se io lo fossi diventata, automaticamente avrei rappresentato un peso e un’imposizione scomoda per lui. Mi avrebbe tenuta lontana, magari mi avrebbe odiata…
Il pensiero mi straziava…
Quante possibilità c’erano che mi accettasse quale Noah? Era impossibile prevederlo, visto come riuscisse a sbalordirmi continuamente.
Quante che decidesse di seguire i dettami del Conte? Vista la sua reazione, pochissime.
Quante che prendesse sul serio il fatto di avere una fidanzata? Probabilmente nessuna.
Quante che potesse provare qualcosa per la sua promessa…?
Potevo sperarlo, ma dipendeva solo da lui e dall’oscurità con la quale conviveva…

Corsi al camerino più veloce che mai. Raccolsi le mie cose nella borsa alla rinfusa e mi infilai la lunga giacca marrone. Passai di fronte allo specchio, diretta alla porta… Poi cedetti alla vanità e mi specchiai… Il mio volto era un po’ arrossato dall’emozione e dalla frenesia e i miei occhi verdi erano pieni di aspettative inutili…
Dopotutto ero ancora una ragazza, per tanto tempo rimasta lontana dal mondo e che ora vi stava rientrando… Per poi uscirne nuovamente, presto o tardi…
Eppure non riuscivo ad evitarmi di immaginare una poltrona foderata di rosso in un locale elegante. Noi seduti uno di fianco all’altra, ma girati lievemente per guardarci negli occhi. Due bicchieri di cristallo in mano e qualche musicista su un palchetto a suonare. I ricordi di quei momenti avrebbero riempito la serata: avremmo riso delle nostre diatribe di quei giorni e gioito del rincontro, magari lui mi avrebbe raccontato di Iizu e io gli avrei parlato del mio lavoro. Non gli avrei chiesto nulla della sua nuova vita, ma lui l’avrebbe certo tirata in causa e, credendo che io non sapessi nulla, mi avrebbe raccontato una tonnellata di bugie… Avrei fatto finta di nulla, le avrei accettate come la verità, giusto per dimenticare la realtà che avevamo intorno… E se fosse stato necessario ne avrei raccontate anch’io, solo per passare qualche ora in pace…
Se poi ogni cosa fosse finita male, almeno avrei avuto quei momenti di serenità da ricordare… Per credere… Per sopravvivere…

Quando uscii dal teatro non vidi nessuno davanti alla porta a vetri.
Mi guardai intorno, nervosa, stringendo convulsamente il manico della mia borsa.

Poi, da un angolo poco lontano, spuntò un ombrello, il SUO ombrello, con in cima quella petulante testa di zucca, e una mano grigia somigliante più ad un fascio di tentacoli…
Mi crollò il mondo addosso…

Seguii quel segnale, cacciando indietro le lacrime con tutta la forza della mia volontà. Non volevo farlo, non volevo piangere. Avevo detto che avrei nascosto la mia sofferenza, che mi sarei mostrata felice, anche più felice di quanto potesse mai essere un’oscura Noah, anche a costo di sembrare strana o anomala, non mi importava. Ma aveva ragione Retino… Nella vita reale la mia abilità di attrice si scioglieva come neve al sole…
Svoltai l’angolo e mi trovai di fronte al figura panciuta e gioconda del Conte:
- Oh, eccoti finalmente, Vivy! Benvenuta in famiglia! -
Alzai gli occhi e vidi sei Noah, seri, all’apparenza impassibili, gli occhi da rapace, la pelle grigia e le cicatrici a coronare la fronte. Silenziosi, in attesa di assistere allo spettacolo.
Non impiegai alcun impegno per trasformarmi, per far affiorare la Paura. La mia voce suonò probabilmente dura, ma roca e affranta:
- E’ una gioia far parte della vostra famiglia, adorati parenti… -
Volsi gli occhi a cercare Tyki. I suoi occhi, ora gialli e crudeli, mi scrutarono prima increduli, poi aspri. Infine tutta la sua espressione si deformò sotto l’effetto di un’emozione che non riuscii a comprendere… E comunque non ne ebbi il tempo… In un attimo girò sui tacchi e si allontanò senza una parola nella strada silenziosa che si apriva alle sue spalle…




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Eccomi!
Chiedo scusa per il ritardo, ma ho ricominciato questo capitolo quasi tre volte cercando di scriverlo al meglio possibile... Questo è il risultato... Non ne sono soddisfatta proprio al 100%, ma davvero non avrei saputo fare di meglio... Spero che vi piaccia!!!

Lady Greedy: Ti ringrazio tantissimo per i complimenti!!! Mi rende felice soprattutto l'essere paragonata alla grande Hoshino... Non mi merito tanta gentilezza!!! ^_^ Sono contenta anche che Vivy stia diventando un personaggio così apprezzato!!! In questo capitolo mi sono resa conto davvero di quanto sia difficile descrivere Tyki dal suo punto di vista... Non so per quale ragione, forse perchè in fondo anche lei, a modo suo, è una persona disperatamente complessa... Davvero usi anche tu quel soprannome!? Credevo non esistesse... Quando mi è venuto in mente ( e mi è piaciuto perchè aveva una strana assonanza con "Tyki", a parte l'accento sulla "y" finale), ho fatto una fatica a trovare un nome proprio che fosse ricollegabile!

Freija
: Grazie mille per i complimenti!!! Anche perchè sei stata gentilissima a lasciarmi commenti in tutti i capitoli, anche se li hai trovati pubblicati insieme!!! Grazie davvero!!! Io in effetti ho già scritto una fanfiction su un videogioco, ma l'avevo pubblicata su un forum quasi un anno fa... Emh... Diciamo che forse ho fatto la grandiosa dicendo che era la prima in assoluto... Ma certo è la prima volta che pubblico su un sito esclusivamente di fanfiction... ^_^
  
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