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Autore: happley    01/09/2014    3 recensioni
Come poteva una cosa del genere essere così bella e, allo stesso tempo, renderlo tanto disperato?, si chiese, mentre gli prendeva le mani con le proprie e se le poggiava sul petto: sotto le dita di Dylan, il suo cuore batteva e ardeva come fuoco.
Dylan Keith/Mark Kruger, una piccola fic dedicata a Ninì, che ama la coppia-cozza. What-if? ambientata dopo la fine nella terza stagione, e Mark e Dylan stanno già insieme a causa degli eventi accaduti in 'KissKissKiss', altra mia one-shot a cui questa fic è blandamente legata.
Genere: Erotico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dylan Keith, Mark Kruger
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buon pomeriggio! Mi sono presa una pausa dallo studio per finire questa fic che avevo cominciato qualche sera fa. 
Il titolo di questa fic è una frase della canzone 'Charlie Brown' dei Coldplay. Come ho scritto anche nell'intro, questa storia è blandamente legata a 'KissKissKiss', perché c'è lo stesso setting (dopo la fine della terza stagione, Mark e Dylan hanno preso un appartamento a NY, dove vivono con Ichinose e Domon; hanno tutti più o meno sui 17-18 anni) e perché Mark e Dylan stanno già insieme a causa degli eventi avvenuti in 'KissKissKiss'.
La dedico a Ninì, che ama la coppia-cozza e che ha perfettamente ragione, c'è troppa poca coppia-cozza in giro (?). 
Bacioni, Roby


Light a fire, a flame in my heart
 
«Solo dieci minuti…O gli altri ci daranno per dispersi, là sotto.»
A Mark sembrava proprio un peccato perdersi la vista di quei fuochi, dopo tutta la fatica fatta per avere il permesso dal proprietario di casa. Ichinose si era dato tanta pena per organizzare quella piccola festicciola di Capodanno –quasi certamente perché Aki era venuta a trovarlo apposta dal Giappone, e non c’era niente che Ichinose non fosse disposto a fare per Aki- e loro due l’avevano abbandonata subito dopo l’inizio dei fuochi.
Il rumore degli scoppi nel giardino sul retro faceva tremare i vetri delle finestre. Il profilo di Dylan si stagliava in modo deciso nella luce che entrava ad intermittenza, inondando completamente la stanza per pochi minuti, e i suoi occhi verdi sembravano più intensi del solito.
«Mark, sei magrissimo» commentò, invece di rispondere al suo avvertimento, e la sua voce era un misto di scherzosità e desiderio. Le sue mani scivolarono sotto i vestiti; erano roventi. Gli accarezzarono la schiena, tra le scapole, laddove Mark aveva il tatuaggio di un angelo, e tracciarono le ali disegnate, poi passarono a toccargli il petto ed il torace.
Nel momento in cui le dita trovarono le familiari forme dei suoi fianchi e si fermarono poco più sopra delle ossa del bacino, affondando nella pelle fino a creare solchi, Mark si lasciò sfuggire un piccolo sospiro.
All’inizio della loro relazione, quando erano solo amici e gli sembrava le continue attenzioni di Dylan nei suoi confronti avessero un ché di anomalo, si sentiva a disagio e in continua tensione; ora, quelle sensazioni negative erano solo un ricordo. Mark non poteva credere di essere stato così cieco da non accorgersi che non c’era mai stato nulla di strano: Dylan era al suo fianco da sempre, ed era quello il suo posto. Non c’era mai stato nulla di sbagliato, in questo.
Tese le mani e nel buio tracciò piano i contorni illuminati del suo volto, afferrò le ciocche di capelli biondi –erano cresciuti tanto, troppo, al punto che quando li teneva sciolti gli cascavano sulle spalle e sul collo- e lo tirò a sé. Non appena trovò la sua bocca, lambì la sua lingua con la propria e lo baciò con passione, respirando solo con il naso. Amava riempirsi i polmoni del suo profumo di colonia, spesso mischiato a quello del suo shampoo alle mandorle.
Mark si staccò solo per sussurrare: «Dylan, toccami. Toccami ancora», e assaporò il suono supplichevole della propria voce con sorpresa. Come poteva una cosa del genere essere così bella e, allo stesso tempo, renderlo tanto disperato?, si chiese, mentre gli prendeva le mani con le proprie e se le poggiava sul petto: sotto le dita di Dylan, il suo cuore batteva e ardeva come fuoco.
Dylan si sollevò per un istante per sfilarsi la maglietta, lanciò l’indumento a terra a far compagnia alle loro giacche, poi Mark lo trascinò nuovamente giù e lo baciò sulla bocca. Il letto sotto di loro cigolava. Erano così stretti, così avvinghiati che i loro bacini strusciavano l’uno contro l’altro, e presto Mark si trovò ad odiare gli ultimi indumenti che li separavano dal toccarsi completamente.
Febbrilmente, a tentoni nel buio, si aggrappò all’elastico dei suoi jeans per cercare di tirarli giù con tutta la forza che gli restava –poca, perché Dylan esauriva tutte le sue energie. Mentre litigava con la fibbia della propria cintura, sentì Dylan reprimere a stento una risata. Mark intravide la scintilla divertita nel suo sguardo; sbuffò, impaziente, imbarazzato, e rinunciò a disfare i pantaloni.
Invece, si aggrappò alla schiena di Dylan, la abbracciò con gambe e braccia e si strinse contro di lui, tendendo ogni muscolo possibile per annullare i centimetri che ancora li separavano. Dylan smise di ridere di colpo; le braccia gli tremavano per lo sforzo di sostenersi mentre assecondava i gesti di Mark, che si muoveva ritmicamente contro di lui, e gli cedettero solo quando con un ultimo sforzo vennero entrambi, appiccicosi e umidi nei jeans stretti.  
Una massa di luce dorata inondò la camera, poi scomparve rapidamente facendola ripiombare nel buio; il silenzio tornò, interrotto solo dai loro respiri che pian piano tornavano regolari.
«Credevo che avessi detto solo dieci minuti» disse infine Dylan, sorridendo.
Mark alzò gli occhi al soffitto, esausto, e lo baciò sulla gola tremula per la leggera risata.
«Oh, shut up

 

Almeno una battutina in inglese ce la dovevo mettere, no? (Scherzo; comunque, per chi non lo sapesse, 'shut up' è un simpatico modo per dire 'stai zitto'.) E vorrei anche dire che mi dispiace essermi fermata qui, ma il rating arancione è il massimo che sono riuscita a raggiungere senza farmi venire attacchi di suoraggine (?). Perdonatemi. 
  
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