Sono Terra
Ma ricerco l’Aria.
Non
ricordo quando il cibo divenne un’ossessione per me.
Non
ricordo il processo, i miei pensieri.
Ricordo
solo il cambiamento.
La
mia vita si divide in “prima” e “dopo”. Non
c’è niente in mezzo.
O
meglio, solo un periodo, un attimo.
Un frammento di secondo che si &egr=
ave;
insinuato nel magma turbolento della mia psiche.
Era
iniziato due anni fa. O forse prima.
Come
ho detto, non ricordo.
È stato un processo lungo, l=
ento,
inesorabile. È stata la mia Acqua inarrestabile, un torrente impetuo=
so
che corrodeva la mia sicurezza.
Dovete
scusarmi. Tendo a perdermi molto facilmente.
Dunque,
due anni fa.
Era
iniziato innocentemente. Volevo perdere un chilo o due. Niente di che, gius=
to
per essere in forma per l’estate.
No.
Non in forma. In linea.
Un
chilo. Niente di che. Due settimane di dieta e poi sarei stata a posto.
E
quando lo persi, ero contenta. Si vedeva la differenza.
Decisi
di perdere un altro chilo.
Poi,
durante l’estate, i chili divennero tre, cinque, dieci.
Più
peso perdevo, meglio mi sentivo.
Mi
dicevo adesso basta sto meglio però se dimagrissi ancora potrei mett=
ermi
la gonna azzurra. O il vestito giallo.
C’era
sempre qualcosa che mi spingeva.
Sarebbe
andato tutto bene, se la mia famiglia non fosse così attenta.
Vedevo
la loro preoccupazione, quando non mi potei nascondere. Facevo il possibile,
maglioni larghi per evitare di evidenziare le curve delle costole.
Durante
la cena, mi nascondevo in camera. Lo studio. Il telefono. Qualsiasi cosa
potesse salvarmi da un possibile interrogatorio.
Quando
non era possibile, spiluccavo quanto meno potevo. Verdure soprattutto. E ac=
qua.
Il tè era un lusso.
Non
era solo la famiglia a rendermi ansiosa.
Anche
il mio corpo. Voleva sostegno, energia. Cibo.
Iniziai
ad alternare digiuno ad abbuffata.
Non
sapevo quando mi capitava…almeno mi sembra. Alcune volte mi sembrava =
che
arrivasse all’improvviso, altre volte lo pianificavo da giorni, in mo=
do
che nessuno fosse a casa, che potessi consumare il mio crimine personale da
sola, senza testimoni.
In
quei giorni aprivo il frigo e prendevo la prima cosa che vedevo.
Armata
di cucchiaio o forchetta, trangugiavo quasi tutto il contenuto
dell’inerme vasetto di cibo che mi stava davanti.
Quasi
tutto. Lasciavo mezzo dito di fondo, giusto per dirmi ok, non l’hai
finito tutto va bene così. Ed era così con altro cibo che
trovavo.
Quando
non riuscivo a fermarmi, facevo una lista e uscivo. Prima di uscire dal
cancello, eliminavo le prove del mio assalto e poi correvo al supermercato =
per
riempire il vuoto creatosi in cucina.
Non
era solo il cibo che il mio istinto reclamava. Voleva altro.
Voleva
annullarsi. Esistere e non vivere.
Facevo
sesso occasionale. Niente di complicato.
Niente
relazioni durature. Niente pensieri.
Volevo
sentirmi desiderata. Annullarmi nell’amplesso.
Niente
di più semplice. Niente di più complicato.
Continuai
così, a perdermi nel labirinto della mente.
Ormai
il filo l’avevo perso da qualche parte, diverso tempo prima. Avevo
stretto amicizia con il Minotauro e Teseo era
moribondo nei meandri di qualche vicolo cieco.
E
fissavo insistente il cielo, tentando di escludere le alte pareti che entra=
vano
nel mio campo visivo.
Anelavo
all’aria, annullando la terra.