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Autore: layla84    23/09/2008    5 recensioni
Vi siete mai domandati com’è stato il processo di Draco Malfoy?? Vi siete mai chiesti perché, nonostante tutte le prove fossero contro di lui, Draco non è stato condannato? Io si, ed ecco quindi la mia personale interpretazione di quel momento.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi di nuovo qui.. si lo so, in questo periodo ho in ballo un bel po’ di storie.
Tra gli aggiornamenti di  “Ricominciare a vivere” e di “Una nuova vita” e gli extra di “Come deve andare” e “Step by step” non dovrei nemmeno pensare ad iniziare una nuova ff, ma, quando l’ispirazione viene, mai dire ‘lo scriverò domani’ altrimenti quella passa e non torna più.
O almeno è così che la vedo io ed è il motivo per cui ho scritto questa storia.
Si tratta di un capitolo scritto di getto, quindi mi scuso in anticipo per possibili inesattezze o errori, non ho ancora deciso se sarà una one-shot o meno, anche se pensavo di descrivere la storia anche dal punto di vista di Draco.
Il racconto è incentrato su un momento particolare di Harry Potter, che sappiamo tutti esserci stato ma che la Rowling non ci ha mai descritto.
Ovviamente, inutile dirlo, la storia tiene conto di tutto ciò che la Rowling ha scritto, tranne l’epilogo.
Buona lettura e un grazie infinite in anticipo a chi dedicherà un paio di minuti per lasciare anche un piccolo commento, per farmi sapere cosa ne pensa.

Layla84

 

Ps: Ho provveduto a correggere eventuali errori fatti nella prima pubblicazione, adesso non dovrebbero essercene altri ;)

 

Titolo Il processo
Autore Layla 84
Pairing Draco/Harry
Disclaimers Tutti i personaggi appartengono a J. K. Rowling e agli aventi diritto, con questa fan fiction non si intende violare nessun tipo di copyright .

Vi siete mai domandati com’è stato il processo di Draco Malfoy?? Vi siete mai chiesti perché, nonostante tutte le prove fossero contro di lui, Draco non è stato condannato? Io si, ed ecco quindi la mia personale interpretazione di quel momento.

 

 

 

 

Ministero della Magia di Londra, Decimo livello, Aula 10.

Harry si trovava davanti all’entrata di un immensa stanza circolare e ne osservava l’interno, senza vedere realmente cosa si trovava di fronte a lui, la mente piena di ricordi che, lentamente, tornavano a galla.
Ormai avrebbe dovuto conoscere bene quel posto, si disse amareggiato, vi aveva passato quasi ogni singolo giorno dalla fine della guerra, ma ogni volta che ne varcava la soglia non riusciva a non sentirsi inquietato dal suo aspetto vagamente sinistro.
Lungo tutto il perimetro della sala vi erano file e file di panche, a cui sedevano maghi e streghe dall’aspetto severo e rigido, una tunica color prugna e lo stemma raffigurante una “W” appuntato sul petto di ognuno.
Il Wizengamot.
Non era quello però a rendere così desolante la vista della stanza, quanto la sedia che vi si trovava al centro.
Una semplice sedia, dai cui braccioli pendevano pesanti e vistose catene, pronte ad incatenare ogni malcapitato avesse la sfortuna di sedervi sopra.
Harry in passato aveva provato cosa volesse dire stare dalla parte dell’imputato e niente, mai, gli avrebbe fatto dimenticare come ci si sente seduti lì in mezzo, davanti a persone sconosciute che giudicano la tua vita e decidono per te.
Proprio per quello, odiava quel tribunale.
Proprio per quello, ogni singola volta che veniva convocato dal Ministero per prendere parte ai processi che si svolgevano contro Mangiamorte o presunti tali, non riusciva ad essere tranquillo.
Hermione gli ripeteva ormai giornalmente che quello era il suo dovere e che doveva accettarlo.
Doveva accettare di dover entrare in quell’aula e raccontare le cose orrende che quelle persone avevano fatto durante la guerra, in modo che venissero punite per i loro crimini.
Ed Harry puntualmente, spinto dalla sua coscienza, lo faceva.
Ed ogni singola volta che lui si sedeva davanti a tutti quegli importanti esponenti del mondo magico, si sentiva un verme.
Si, un verme.
Perché la guerra aveva portato un dolore così grande nella vita di tutti, un dolore fatto di perdite e lacrime, che l’ultima cosa che voleva era crearne di nuovo.
Lo sapeva, lo sapeva più di chiunque altro lì dentro, che i cosiddetti ‘Mangiamorte’ si meritavano di essere puniti per tutte le persone che avevano ucciso.
Avevano fatto stragi, distrutto famiglie, ucciso persone a lui sconosciute e persone con cui, per anni, aveva condiviso a scuola la vita di tutti i giorni.
Sapeva che la maggior parte di loro erano persone cattive.
Non discuteva la loro incarcerazione.
Dovevano pagare per i crimini commessi, di questo era assolutamente convinto.
Eppure.
Eppure dentro di lui, da qualche parte, una voce non faceva che continuare a chiedergli se quella fosse davvero la scelta più giusta.
Ogni volta usciva dall’aula e doveva affrontare nel corridoio che dava sull’esterno i visi dei famigliari dei Mangiamorte appena condannati, anche e soprattutto grazie alle sue deposizioni.
E mentre si ritrovava ad osservare gli occhi pieni di lacrime di bambini che chiedevano alla madre perché il padre venisse portato in prigione, non riusciva a non sentirsi male.
In pena, per quelle famiglie distrutte.
Perché il mondo magico avrebbe per sempre additato quei bambini, quelle mogli, come seguaci di Voldemort e li avrebbe considerati come la feccia della società, precludendo loro ogni singola possibilità di redenzione.
Scacciati da tutti, additati come reietti, costretti a vivere nell’ombra e nella vergogna, affinché pagassero colpe non loro.
Ecco, anche per quelle persone che venivano ora additate da tutti come ‘mostri’, forse bisognava mostrare un sentimento simile più al perdono, che all’odio.
Perché era odio, quello che vedeva nei giudici, ogni volta che alzavano la mano per votare una sentenza di prigionia a vita.
Era odio, che faceva scaturire gli applausi dei presenti a ogni singola condanna.
Era odio, che faceva lanciare gli insulti più orrendi al loro indirizzo e a quello delle loro famiglie.
E, questo Silente glielo aveva insegnato tanto, tanto tempo prima, l’odio porta solo altro odio.
E’ un circolo vizioso che nessuno, mai, ha il coraggio di interrompere.
Perché è di gran lunga più facile odiare, che perdonare.
E tutti quei bambini sarebbero cresciuti nel rancore, esattamente come aveva fatto Riddle tanti anni prima, per poi aspettare solo il momento più adatto per vendicarsi.
Avrebbe voluto poter urlare a tutto il mondo magico che quelle rimanevano comunque delle persone, che non è mai tutto bianco o tutto nero.
Nel mondo ci sono così tante gradazioni di grigio, da rasentare l’infinito.
Magari alcuni di loro si erano pentiti.
Magari, anzi, sicuramente, alcuni di loro erano stati costretti a compiere quelle azioni, minacciati perché eseguissero ordini in cui non credevano.
Eppure il Ministero non guardava in faccia nessuno, condannava tutti, sull’onda della rabbia, dell’odio e della paura, incarcerava ad Azkaban ogni singola persona avesse avuto a che fare con Voldemort.
Anche quel giorno sarebbe andata così, Harry lo sapeva.
Ed in cuor suo ne era sconvolto.
Non perché si trattava di qualcuno che conosceva, no.
Aveva già visto passare di lì persone di cui si era fidato, persone stimate e rispettate, che si erano rivelate, in fondo, traditori.
Allora cos’era, quel senso di oppressione al petto, ogni volta che fissava quella sedia vuota, immaginandosi lì seduto il prossimo accusato?
Forse era solo perché sapeva, con certezza assoluta, che la persona che di lì a poco sarebbe stata condannata era solo un’altra delle tante appartenenti a quella scala di grigi che già molte volte si erano sedute in quell’aula.
Peccato che, quella volta, quel grigio corrispondesse all’argento liquido degli occhi di Draco Malfoy.
Sua nemesi a scuola. Suo tormento durante la guerra.
Suo unico rimpianto quando, un giorno di pochi mesi prima, pensava di star andando incontro a morte certa.

 

Ed ora eccolo lì, al fianco di Hermione e Ron, anche loro tra i testimoni, mentre prendevano posto sulle panche, vicini come al solito, anche se con il pensiero non potevano essere più lontani.
Non riuscivano proprio, i suoi due migliori amici, a capire il suo punto di vista.
Hermione con la sua razionalità del ‘Hanno commesso azioni orribili, devono essere puniti, qualsiasi siano le motivazioni che li hanno spinti a compiere quei gesti’, Ron con la sua istintività del ‘Sono Mangiamorte, si meriterebbero anche di peggio’, non riuscivano a trovare un punto di incontro con lui.
Alzò gli occhi, che fino a quel momento erano rimasti piantati sulle sue mani, quando il tintinnio delle catene e il rumore dei passi riecheggiarono per la sala.
Scortato da due Auror dall’aria minacciosa, Draco Lucius Malfoy veniva accompagnato al centro della sala ormai piena e fatto sedere sulla sedia.
Appena una delle due guardie dissolse magicamente le manette che racchiudevano i polsi del giovane, le catene che cadevano inermi dalla sedia presero vita, raggiungendo strisciando i braccioli, come piccoli serpenti, ed andando ad avvolgere nuovamente le braccia del biondo.
Dalla sua posizione intanto Harry non era ancora riuscito a vedere bene il viso del Serpeverde.
I capelli biondi, ormai lunghi fino a metà del collo, ricadevano a ciocche sul viso, mentre questi teneva la testa inclinata in avanti, quasi a cercarvi riparo dalle occhiate cariche di disprezzo dei presenti.
Lui, che era sempre stato così orgoglioso, nonostante tutto, così fiero, come solo un Malfoy poteva essere, si era ormai piegato al volere della società magica.
Non sembrava più nemmeno lui.
Più alto del solito, o forse quella era solo un’impressione dovuta al fatto che fosse sicuramente più magro e pallido dell’ultima volta che Harry lo aveva visto, i capelli non più perfettamente pettinati, ma lasciati in ciocche ribelli che ricadevano scomposte sul viso che risultava ancora più appuntito del solito ed i vestiti sporchi e stropicciati, lo facevano apparire come il più misero dei delinquenti.
Lui, Draco, che teneva in maniera così ossessiva ai suoi capelli e ai suo vestiti, ridotto all’ombra di se stesso.
Ecco.
Un’altra cosa che Harry non tollerava.
Tutti i cosiddetti Mangiamorte o sostenitori di Voldemort, poche ore dopo la fine della battaglia erano stati arrestati e portati ad Azkaban.
Come misura preventiva, diceva il Ministero.
Come ulteriore riprova che era già stata emessa una sentenza su di loro, diceva lui.
Ed eccolo ora, Draco, dopo mesi e mesi di solitudine forzata, in una cella umida e sudicia di un paio di metri, senza un solo raggio di luce e poco cibo a tenerlo in vita.
Non c’erano più i Dissennatori, ma erano stati sostituiti dall’odio peggiore che si potesse immaginare, quello derivato dalla paura e dalla voglia di vendetta delle persone.
Ecco, il biondo Serpeverde era il chiaro esempio di cosa aveva deciso di fare il Ministero a chi aveva avuto la sfortuna di trovarsi dalla parte sbagliata della guerra.
“Harry, in guerra nessuno è mai dalla parte giusta. Perché alla fine, per vincere la battaglia, si deve solo far più male al nemico, di quanto riesca lui a farlo a te. Ed in questo non c’è niente di eroico”
Parole di Silente.
Dette subito dopo la fine della guerra, quando erano rimasti da soli nello studio, mentre dal suo quadro incantato il Preside lo guardava con occhi pieni di conoscenza.
Silente aveva capito, prima di lui, quello che sarebbe successo.
Quello che stava succedendo ora.
Quello che stava succedendo a Draco.

 

Sentì come in lontananza l’eco delle parole di Kingsley Shacklebolt, l’attuale Ministro della Magia, risuonare nella sua testa.
«Udienza disciplinare del dodici agosto. Imputato: Draco Lucius Malfoy. L’imputato è accusato di: essere stato tra i sostenitori di Lord Voldemort, anzi, di essere un Mangiamorte a tutti gli effetti, di aver cercato durante il suo sesto anno di uccidere Albus Silente, allora Preside di Hogwarts per conto di Voldemort, di aver causato lesioni a due studenti della scuola durante il compimento di tale missione: Ron Wealsey e Katie Bell, di aver torturato diversi prigionieri di guerra e di aver cercato di uccidere Harry Potter, durante la battaglia finale”
Harry non riuscì a trattenere un gemito strozzato a quelle parole.
Si erano limitati a fare uno stupido elenco di azioni, senza sapere minimamente quale tormento si celava dietro a tutte le cose orrende che il biondo era stato costretto a fare.
Si, costretto.
Perché Harry avrebbe conservato dentro di se, per tutta la vita, l’immagine terrorizzata ed angosciata di Draco, costretto da Voldemort a torturare i prigionieri.
O le lacrime che rigavano le sue guance pallide, il sesto anno, mentre il biondo era distrutto dai rimorsi e dalla paura.

A processo iniziato Harry dovette ammettere, con sua piacevole sorpresa, che l’avvocato della difesa era particolarmente bravo.
Il legale di Malfoy riuscì, sin dalle prime battute, a spiegare nel dettaglio di come il biondo fosse stato ricattato e di come si fosse trovato costretto ad obbedire, contro la sua volontà, per salvare la sua famiglia.
Il Wizengamot sembrava colpito dal suo racconto, almeno finché l’avvocato dell’accusa non riportò subito i toni solo sulle vicende più crude, raccontando nei dettagli tutte le azioni spregevoli che Draco era stato costretto a fare.
Il biondo intanto continuava a tenere il capo chino, senza dare la minima impressione di voler dire alcunché.
Iniziarono a susseguirsi le prime testimonianze, alcune pesanti e accusatorie, altre decisamente più leggere.
Ben presto venne chiamata in causa Hermione, che si limitò, com’era suo solito fare, ad un racconto dettagliato e oggettivo dei fatti.
“Signorina Granger, vuole per favore, raccontare ai qui presenti quando e in che circostanze ha incontrato Draco Malfoy e cosa è successo in quell’occasione?”
Harry ascoltò l’amica raccontare con dovizia di particolari gli incontri che avevano avuto a più riprese con Malfoy durante la guerra, da quello a Malfoy Manor a quello nella Stanza delle Necessità.
Il suo racconto fu minuzioso e preciso, rendendo a pieno la verità dei fatti.
Nonostante ciò quando l’amica riprese posto accanto a lui, voltò leggermente lo sguardo in sua direzione e la vide torcersi le mani preoccupata, mentre Ron veniva chiamato al suo posto.
“Cosa succede Herm?” chiese, stupito dall’atteggiamento di lei.
“Io… spero di aver fatto la cosa giusta. Ho raccontato i fatti così com’erano..”
“Lo so Herm, non hai niente di cui preoccuparti”
Lei lo guardò per un attimo, così intensamente che sembrò volergli leggere l’animo.
Poi la vide scuotere la testa, gli occhi ora rivolti al ragazzo dai capelli rosso fuoco al centro della sala e un’espressione di tensione chiaramente percepibile nei bei tratti del viso.
Senza riuscire a capire il comportamento della riccia, che mai prima aveva messo in discussione le proprie scelte, portò anche lui l’attenzione su Ron, ben sapendo che dalla sua testimonianza non ne sarebbe venuto fuori niente di buono.
Le previsioni di Harry furono confermate.
Il rosso attaccò dall’inizio Draco, accusandolo di aver seguito le orme del padre e di non essersi minimamente preoccupato delle persone attorno a lui, cercando solo di portare a termine i suoi scopi.
Ben presto Ron alzò il tono, andandolo ad accusare di aver cercato di ucciderli e di aver cercato anche di consegnarli a Lord Voldemort, cosa che fece rabbrividire quasi tutta la giuria.
Alla fine del suo interrogatorio, quando ormai era ben chiaro dove puntasse ormai il giudizio di tutti, l’avvocato dell’accusa diede la stoccata finale.
“Ci dica, signor Weasley, che persona è Draco Malfoy? Avete frequentato la stessa scuola, che ne pensa di lui, come persona?”
Harry vide Herm portarsi sconsolata una mano a coprire gli occhi, gemendo frustrata.
Lui invece avrebbe solo voluto alzarsi da quella panca ed allontanarsi il più possibile, per evitare di sentire la risposta del rosso.
Era pronto al peggio, quando l’amico iniziò a parlare.
“Draco Malfoy è stato un bullo arrogante per tutti gli anni in cui io ho frequentato Hogwarts. Non perdeva occasione di deridere e denigrare ogni persona in difficoltà e sparare battutacce e acidità su qualsiasi ragazzo lui credesse inferiore e, ve lo assicuro, si trattava della maggior parte dei presenti a scuola. Era, anzi, è sempre stato un piccolo arrogante figlio di papà, convinto che il suo sangue puro lo ergesse al di sopra di tutti e gli consentisse di essere migliore degli altri. Ha sempre avuto un particolare astio verso me ed Hermione ma mai quanto verso Harry. Dal primo momento non ha fatto che insultarlo, deriderlo e persino prenderlo a pugni”
Appena conclusa questa frase si iniziarono a levare brusii sia dal Wizengamot che dal pubblico presente in sala e, voltando il capo verso Draco, Harry notò un lieve tremore scuotere le spalle curve.
Con un misto di rabbia e tristezza ad inondargli le vene, sentì il suo nome chiamato a gran voce da Kingsley e si diresse a passo sicuro verso il centro della stanza.
Ron, che tornava a sedersi al suo posto, gli sorrise incoraggiante e sussurrò un “Adesso pensaci tu , Harry, a quell’odioso Mangiamorte” che gli fece accapponare la pelle e gli fece segnare mentalmente di tirare un pugno al suo migliore amico, una volta finito tutto.

 

Ormai convinto della sua decisione, Harry si fermò davanti a tutti i giudici del Wizengamot.
In piedi davanti alla giuria, lo sguardo verde che non sottostava ai loro, il moro aveva in testa un’unica, ferma, risoluzione.
Quella di aiutare Draco.
Quella di salvarlo.
Perché se qualcuno poteva, quello era lui.
Era l’unico ad aver conosciuto, seppur involontariamente, quello che il biondo nascondeva dietro la sua maschera.
Era l’unico ad aver visto la fragilità e la sensibilità dell’altro, ad averne riconosciuto i sentimenti più veri.
Era l’unico in quell’aula a tenere a lui.
Cosa implicasse tenere a Draco non lo aveva ancora capito, ma avrebbe voluto l’opportunità di scoprirlo.
E quell’opportunità se la doveva guadagnare, anzitutto scagionando il biondo.
“Harry Potter” scandì il primo Ministro, che come ogni volta lasciava il suo intervento per ultimo, come a considerarlo quello definitivo “Raccontaci cosa sai di Draco Malfoy e cosa pensi di lui”
Harry si voltò lentamente verso Draco, pochi metri dietro di lui.
Il viso ostinatamente basso e in silenzio.
Riportò l’attenzione sui membri della giuria, più sicuro che mai della sua scelta.
Avrebbe ridato a Draco la libertà, a qualsiasi costo.
“Conosco Draco Malfoy da ormai più di sette anni. La prima volta che ci siamo incontrati eravamo a scegliere le divise per Hogwarts” ricordò, riportando la memoria indietro nel tempo, all’immagine di quel bambino incredibilmente biondo e saccente “Draco era già da piccolo tremendamente viziato” si interruppe un attimo e voltò lo sguardo verso i suoi migliori amici.
Vide Ron annuire con vigore alle sue parole, quasi a volerlo spronare a parlare male del biondo, mentre Hermione si limitava a fissarlo, negli occhi la consapevolezza di quello che stava per fare.
Rimase lì ad osservarla, nel suo sguardo una muta domanda.
Lei mantenne il contatto visivo per qualche istante, per poi annuire sconfitta, dandogli il proprio appoggio.
Hermione in questi casi si affidava sempre all’istinto di Harry.
Se lo faceva anche quella volta, era l’ennesima riprova che non si stava sbagliando. Anzi.
Riportò l’attenzione sulla giuria, riprendendo.
“Avrei dato qualsiasi cosa per essere in lui. Per avere dei genitori che mi amavano a tal punto da cercare di non farmi mai mancare niente”
Si voltò verso Draco, con la voce resa flebile dalla consapevolezza di quello che stava per dire.
“Darei qualsiasi cosa, ora, per essere suo amico”
E finalmente lo vide.
Lo sguardo che tanto gli era mancato durante la guerra.
Gli occhi argentati di Draco lo guardavano ora, leggermente dilatati dallo stupore che la frase aveva provocato in lui.
Alle sue parole aveva visto la testa bionda scattare verso l’alto, quasi a cercare conferma di quello che aveva appena sentito.
Ed i loro occhi si erano incatenati, lasciando Harry senza fiato.
Solo nel momento in cui lo sguardo dell’altro lo aveva trapassato, come a voler cercare dentro i suoi occhi una risposta alla frase appena sentita, Harry aveva capito.
Aveva realizzato.
Quando quegli occhi li fossero mancati.
Quanto Draco, nonostante tutto quello che c’era stato tra loro, gli fosse mancato.
Nessuno dei due sembrava intenzionato a distogliere lo sguardo da quello dell’altro, ma la voce del primo Ministro riportò entrambi alla realtà.
“Signor Potter cosa…”
“Cosa sto dicendo? La verità, signor Ministro. Conosco bene Draco Malfoy, so di cosa è capace. Delle cattiverie, degli insulti che può lanciare all’indirizzo del prossimo, al mio indirizzo soprattutto. Ho conosciuto sulla mia pelle la superiorità tanto decantata dei Malfoy, eppure, nonostante tutto, sono riuscito a vedere aldilà dell’apparenza, aldilà della facciata artificiale dietro cui non solo Draco, ma anche i suoi genitori si nascondevano.
Provare emozioni per loro è sinonimo di debolezza, ma non vuol dire che non ne provino, semplicemente a differenza delle maggior parte delle persone, riescono a nascondere quello che sentono più che bene”
Riprese un attimo fiato, passando in rassegna quei volti, alcuni conosciuti, altri meno, con cui aveva avuto a che fare in quell’ultimo periodo.
“Ho visto un lato di Draco” e calcò bene il suo nome, sentendo una strana soddisfazione crescere dentro di se, mista ad un vago senso di eccitazione, nel lasciar scorrere senza riserve quel nome sulla propria lingua, beandosi del suono che faceva sulle proprie labbra “Che nessuno di voi conosce. L’ho visto piangere, disperarsi, perché doveva compiere una missione che non voleva portare a termine. Lui non voleva uccidere Silente. Voleva solo salvare i suoi amati genitori. Ed è forse un delitto, voler proteggere le persone che si amano? Questo era il suo modo, il suo unico modo, per evitare che Voldemort li uccidesse. Eppure nonostante tutto su quella torre, Draco non ha ucciso Silente.
Non perché non ne abbia avuto il tempo, o le possibilità, anzi. Il Preside era debole e disarmato e a Draco sarebbe bastato un attimo” di nuovo la sensazione di liberazione nel pronunciare il nome dell’altro lo costrinse ad una nuova pausa, mentre il suono diventava ormai conosciuto alle proprie orecchie, regalandogli un’ immensa soddisfazione.
Da quanto tempo voleva sentire che effetto faceva pronunciare il nome di Draco ad alta voce e non solo nella sua testa?
Non lo sapeva nemmeno lui.
Eppure quando durante la guerra, nelle serate passate in tenda con Hermione e Ron, Harry iniziava a lasciar vagare i pensieri, questi, stranamente, continuavano imperterriti a soffermarsi sul biondo.
E lui si sentiva meglio, al solo ricordare quegli occhi argentati.
La sua unica speranza, in quei giorni bui. Il suo unico appiglio.
Poterlo rivedere, per capire, finalmente, cosa lo legasse così tanto al biondino.
E adesso l’oggetto dei suoi pensieri era davanti a lui, denutrito e malconcio e per Harry era comunque il ragazzo più bello del mondo.
Osservando Draco, Harry si sentiva finalmente libero.
Da tutto.
Da tutti.
Ed iniziava a capire finalmente il perché.
“Silente lo sapeva, come in fondo lo sapevo io che ero presente alla scena, che malgrado tutto, Draco non sarebbe riuscito ad ucciderlo. Semplicemente perché non è un assassino e lassù, su quella torre, io ho visto la sua bacchetta abbassarsi, in segno di resa. Quello che è successo dopo è storia, ma Draco non c’entra niente. Per quanto riguarda le persone che ha torturato, sapete tutti della mia connessione con Voldemort, vero?” chiese ai presenti, continuando senza aspettare risposta “Bene. Allora sappiate che io l’ho visto. Ti ho visto, Draco” e nel dirlo si voltò direttamente verso il biondo ancora in catene, a cercarne lo sguardo magnetico “Ho visto il terrore che provavi nel dover far del male ad un'altra persona. Ho visto cosa passava nei tuoi occhi e ne sono rimasto sconvolto”
Draco lo fissava, senza una parola, le labbra screpolate leggermente dischiuse dallo stupore.
“Signori della giuria, ho visto Draco e vi assicuro, non gioiva nel torturare il prigioniero, anzi soffriva per ogni stilla di dolore che era obbligato ad infliggergli. E per finire, non ha mai cercato di uccidermi, anzi, quando eravamo nella Stanza delle Necessità lui ha fermato Tiger e Goyle che mi stavano lanciando un anatema che uccide, riuscendo a salvarmi.
Quindi mi chiedo, e vi chiedo, dopo il mio racconto pensate sia giusto condannare un ragazzo che si è trovato immischiato in una guerra più grande di lui, che si è trovato a dover scegliere, per tener in vita i propri genitori, senza poter chiedere aiuto a nessuno?”
Si avvicinò a Draco, guardandolo con tutta la sicurezza che poteva trasmettere con uno sguardo, per poi concludere “Io, in verità, non riuscirei mai a sopportare l’idea di saperlo in prigione per un simile motivo, quindi vi chiedo di scagionarlo da ogni accusa”
Un brusio concitato sovrastò le sue parole per diversi secondi, finché Kingsley non riportò l’ordine nell’aula.
“Signor Potter ciò che dice le fa onore, ma deve capire…”
“Capisco solo che Draco non ha ucciso nessuno, ha solo cercato di sopravvivere come meglio poteva durante la guerra, come la maggior parte di noi. Non può essere condannato per questo. Non riesco a sopportarlo”
La sua espressione ed il tono erano così seri che il Ministro non intervenne nuovamente ma si limitò a chiedere il verdetto alla giuria.
“Quanti a favore dell’assoluzione dell’imputato Draco Malfoy da ogni accusa?”
Harry sentì le mani iniziare a tremargli, mentre le braccia dei membri della giuria si alzavano una dopo l’altra.
Uno… due… tre… quattro…
Pian piano perse il conto perché un buon numero dei votanti aveva alzato la propria mano, ma non riusciva a capire quante queste fossero.
Si accorse che anche il pubblico presente si stava chiedendo la stessa cosa, quando, mentre dopo un breve consulto con i colleghi, Kingsley riprese la parola.
“Con 47 voti a favore e 43 contrari, l’imputato viene prosciolto da ogni accusa” fu il proclamo, in tono monocorde.
Mentre sentiva le proteste giungere da ogni parte della sala, insieme ad alcune esternazioni di gioia, Harry capì di essere sul punto di piangere.
Non riusciva a credere nemmeno lui di avercela fatta.
Vide i suoi due migliori amici avanzare verso di lui, Ron con la faccia più sconvolta che gli avesse mai visto, ma comunque calmo, ed Herm con un piccolo sorriso sulle labbra.
Sorrise anche lui, di rimando. Era pur sempre un punto di partenza.
Si allontanò da loro quando, con la coda dell’occhio, notò che i due Auror si apprestavano a togliere le manette di Draco e si avvicinò al biondo, senza saper bene cosa dire.
“Draco”
Lo sguardo argentato dell’altro si piantò nel suo e finalmente, la voce di Malfoy risuonò fino alle sue orecchie.
Non era mai stato così felice di sentire un suono in vita sua.
“Harry” fu un sussurro, quasi come se Draco volesse provare cosa si provava nel pronunciare il suo nome, eppure bastò, perché il suo cuore si esibisse in una capriola.
“Dobbiamo andare” li interruppe la guardia “Il signor Malfoy deve firmare delle carte per essere rilasciato, non ci vorrà che mezz’ora”
Mentre si apprestava a seguirlo, Draco si voltò nuovamente verso di Harry.
“Mi aspetti?”
“Anche tutta una vita, se necessario” fu la risposta del moro, un sorriso incredibilmente radioso sulle labbra, mentre usciva dall’aula dalla parte opposta.
Quel posto, al momento, non gli sembrava poi così lugubre.

 

Era passata quasi un’ora e di Draco nemmeno l’ombra.
Cominciava a preoccuparsi.
Se ne stava in piedi, poggiato al muro di un angusto corridoio, mentre nella stanza accanto si stavano sbrigando le ultime formalità per il rilascio del biondo.
Ogni secondo che passava, in lui cresceva l’euforia per la liberazione di Draco, ed al tempo stesso la paura, per il confronto che di li a breve avrebbero dovuto avere.
Non aveva la più pallida idea di cosa dire, ma una cosa era certa, non si sarebbe lasciato sfuggire quell’occasione.
L’occasione di essere felice.
Aveva finalmente capito cosa voleva.
Voleva Draco. Lo aveva sempre voluto.
Il cigolio della porta annunciò finalmente l’arrivo del biondo, che si presentò davanti a lui in una tenuta completamente diversa da quella in cui lo aveva visto poco prima.
I capelli erano stati leggermente pettinati e sembravano meno ribelli e gli abiti erano diversi, più eleganti, sebbene non al livello di quelli che era solito indossare.
Aveva ripreso ad essere più simile al Draco che ricordava.
Ed Harry non poté che gioirne. Azkaban a quanto pareva, non era riuscita a cambiarlo.
Il biondo intanto si avvicinò a lui, senza una parola, finché non si trovarono di fronte.
Gli occhi argentati erano stranamente vividi nella luce soffusa di quella stanza, mentre Draco sussurrava un “Grazie”, prima di avvicinarsi ulteriormente al moro e far combaciare le proprie labbra alle sue.
Non un'altra parola, per quelle ci sarebbe stato tempo, più avanti.
Ma bastavano gli sguardi a loro due, per riuscire a leggersi dentro.
Harry si lasciò cadere contro la parete dietro di lui, le gambe che non riuscivano a reggere il peso di tutte quelle emozioni.
Sentì la lingua di Draco fare capolino nella sua bocca, mentre con la sua andava ad assaggiare la ruvidezza della labbra dell’altro..
Avrebbero parlato poi, decise, mentre passava una mano dietro la schiena del biondo attirandolo a se ed approfondendo il bacio, mentre con l’altra andava tra i suoi capelli biondi, la mente persa in quel bellissimo sogno diventato realtà.
Ecco, adesso si che poteva dire di essere finalmente felice.

 

 

  
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