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Autore: SpreadYourWings98    01/09/2014    1 recensioni
Sarebbe sembrato un serial killer con i fiocchi, se l'immagine non fosse stata contrastata dai giovanili e morbidi tratti di Nicholas. 
Quest'ultimo pensò che la ragazza si fosse bevuta il cervello. 
Perché le parlava? Nessuno dei suoi ostaggi gli aveva mai rivolto la parola, a meno che non fosse stato costretto da lui. 
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C'è una distesa futuristica, sotto terra, nel nostro presente. Siete pronti a scoprirla?
Genere: Fantasy, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Insane.





Capitolo 3.


 
Quando la dita di Sonny incontrarono una superficie morbida al posto di quella ruvida e decisamente dura della parete sulla quale si era addormentata, gli occhi della giovane le si aprirono di scatto.
Se ne pentì un'attimo dopo, rendendosi conto che non erano abituati alla luce accecante che li investì e ci mise qualche secondo per far sì che si adattassero in fretta.
Il suo sguardo vagò un pò ovunque in cerca di qualcosa di lontanamente famigliare nel nuovo posto in cui si trovava. Si alzo dal letto singolo in cui era stata adagiata, e si diresse all'unica porta che era presente in quella stanza spoglia e bianca. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per uscire, quella camera era alquanto inquietante,
ma la porta era chiusa a chiave. Provò a forzarla per qualche minuto, ma un lieve dolore al braccio la fermò. 
incuriosita, alzò la felpa nera che indossava, che non era neanche sua, e notò un cerotto sulla superficie perlata. 
Lo tolse e quello che vide la confuse, perché aveva un livido e un buco vicino alla vena del braccio? 
Privandosi all'istante della facoltà di pensiero, la ragazza cominciò a prendere a calci la porta a causa di una rabbia innescata da quel livido violaceo.



Dopo qualche minuto di urla e calci la porta venne aperta di scatto e Nick afferrò la ragazza per un braccio trascinandola verso un corridoio, lo zaino nero in spalle.
— Ma che diavolo...
— Taci e cammina.
— Siamo simpatici stamattina.
Il moro ignorò la frecciatina di Sonia e continuò a trascinare la ragazza dietro di se.
Arrivarono a una macchina nera, una grande e bella macchina nera.
Il ragazzo aprì la portiera posteriore e fece salire la mora.
Quest'ultima non fece in tempo a chiedere spiegazioni, che Nicholas le chiuse gliel'aveva chiusa in faccia. 
Dopo qualche secondo il ragazzo fece capolinea al volante, lanciò lo zaino sul sedile accanto e mise in moto l'auto sfrecciando sulla strada. Almeno, fu quello che parve a Sonny.
Pensò che con la fitta gabbia che divideva lei da Nick fosse difficile localizzare la zona nella quale si trovavano,
e forse era proprio quello l'intento.
— Fai sul serio? Ti sembro un cane?
Sputò inacidita la mora, ignorando il fatto di aver acquistato un coraggio inaspettato e del tutto fuori luogo.
Jonas, che l'aveva ingnorata fino ad allora, le rivolse uno sguardo indecifrabile dallo specchietto retrovisore.
— E poi perché mi hai bucato una vena?
— In qualche modo dovevo portarti da incosciente e ti ho dovuta sedare. Abituati a questo ritmo perché ci dobbiamo spostare spesso e in fretta finché il buon paparino non manda i soldi.
Aveva sputato irritato e continuando a guardare la strada. 
Sonny si sentì stupida e allibita.
Adirittura sedarla? Non poteva di certo dire un bel niente a nessuno dato che non aveva contatti con altri
esseri umani apparte il ragazzo lì presente. 
Credeva davvero che si sarebbe fidato di lei? 
Dopo quello che Nick le aveva detto la sera precedente pensava che fosse cambiato qualcosa, sentiva che lui inconsciamente nutrisse un briciolo di fiducia verso di lei, altrimenti perché parlarle di qualcosa di così privato?
Si sentiva come se avesse fatto un quarto di passo avanti e dieci in dietro.
Illusa, gridavano i suoi pensieri.



Il viaggio durò diverse ore.
Nick continuava a guardare dinanzi a se guidando, le vene della mano gonfie per la stretta decisamente
troppo forte al volante.
Sonny si era stancata ben presto di continuare a fissare le pareti oscurate della vettura,
per la mancanza di finestrini posteriori, e aveva preso a torturarsi con diverse domande,
sicura di non trovare mai una risposta ai quesiti, almeno non da sola.
Perché era così lunatico quel ragazzo?
Perché le aveva parlato della sua famiglia?
A cosa gli servivano i soldi del riscatto? Perché era ovvio che gli servissero a qualcosa. 
La piccola di casa Bronx se lo sentiva dentro, era come una sensazione fastidiosa che gli torturava le membra e il cervello. Voleva saperlo, a tutti i costi.
Si fermò un'attimo a pensare prima di aprir bocca. 
Insomma, era da pazzi
Era in una macchina, con un mezzo sconosciuto di cui sapeva mezza storia,
mezza identità–se quello che gli aveva raccontato non era una palla per tenerla buona-quindi mezza verità,
messa li a guardare un muro e lei si ostinava tanto a sapere qualcosa che probabilmente neanche voleva sapere.
Ad un certo punto la macchina si fermò, facendo oscillare il corpo di Sonny.
Nick scese in fretta, silenzioso e freddo com'era da ore, e aprì la portiera posteriore afferrando per le braccia
la mora e trascinandola fino ad un tronco, sedendola.
Si affrettò anche a chiedere la portiera e con uno scatto raggiunse la ragazza, sedendosi di fronte a lei su una panchina improvvisata da un tronco.
— Ehi, omaccione.
Nick guardò con superiorità Sonny, un'espressione vuota e totalmente nuova dipinta sul viso.
La ragazza dai lunghi capelli neri si ritrasse per un lasso di tempo che le sembrò infinito,
ma che in realtà durò poco più di qualche secondo. 
In quel momento si sentiva in balia del vento, trascinata a riva dalla corrente e dalle onde impetuose e percossa da brividi vividi, nascosti sotto la pelle. 
Solo in quel momento la giovane si accorse che gli avvolgeva l'oscurità notturna,
così simile ai suoi capelli corvini e alla luce tetra che illuminava gli occhi di Nicholas.
Ormai il sole era tramontato da qualche ora e in cielo splendeva una luna piena e luccicante,
le stelle incorniciavano il satellite e la foresta.
Lo sguardo della mora viaggiò sulla superficie lattea della luna, sulla scura boscaglia e infine ritornò sul ragazzo,
che aveva preso a spolverare con i polpastrelli la pistola.
— Mi spieghi che ci facciamo qui?
Jonas la ignorò beatamente continuando quello che stava facendo.
— Se volevi fare una scampagnata potevi avvertirmi.
Sputò acida lei, inaspettatamente sorpresa e infastidita dall'attenzione nulla da parte del moro.
— Mi vuoi ascoltare?
Nick alzò lo sguardo indispettito solo quando Sonny gli si era parata davanti,
si alzò di scatto stringendo in una mano la pistola argentata.
Alla ragazza, alla quale il gesto non era passato inosservato, fece per tornare sui suoi passi e tornare a sedersi,
ma si bloccò. 
Anche se la briciola di coraggio e buoni propositi era completamente svanita,
si ricordò di avere una dignità e che solo fino a qualche giorno prima trasudava ironia, sarcasmo e orgoglio.
Ricordati che è un criminale, le ringhiò il buonsenso.
Ma non è cattivo, pensò. 
— Penso che tu sia abbastanza intelligente da arrivarci da sola, zuccherino.
Il viso di Nick non si rilassò per nulla, anzi, si irrigidì maggiormente, gli occhi castani bagnati dalla luce lattea della luna splendevano di un qualcosa di allettante e spaventoso allo stesso tempo.
— Io penso proprio di no.
Sputò velenosa Sonny e indurì lo sguardo più che poté, preparandosi alle conseguenze del gesto.
— Dovresti sederti e far silenzio.
— Dovresti dirmi che problemi di affliggono, eroe.
L'acidità della ragazza innervosì ancora di più il giovane che l'afferrò per l'avambraccio.
Sonny tremò involontariamente ed ebbe un lampo di paura, ma fece più che bene a non darlo a vedere.
Non le avrebbe fatto niente, di questo cercò di auto-convincersi.
Erano tanto vicini, che Sonny poteva inalare il profumo di Nicholas–un misto di cannella e dopobarba–e l'odore dolciastro e leggero della pelle del moro.
Lui la guardò a lungo. 
Perché non aveva paura di lui?
Si torturava ormai da diversi giorni cercando una risposta al quesito. 
Sonia, che aveva percepito l'insicurezza temporanea e lo sguardo vuoto di Nick, gli rispose netta e secca.
Non sei cattivo Nick.
Il ragazzo alzò entrambe le sopracciglia, rise sonoramente  gustandosi l'espressione confusa di lei e le accarezzò una guancia. 
Il gesto fu veloce e ripetitivo, il che fece avvampare la ragazza involontariamente.
— E cosa te lo fa pensare, dolcezza?
Sorrise ironico mostrando la fila di denti bianchi.
Il fatto che ti servano dei soldi per cercare tuo fratello e che abbia scelto un metodo un po' ortodosso per averli.
Nonostante l'aria che cambiava, più leggera e spigolosa, gli occhi vividi di Nick e la sua espressione stupita,
Sonny si perse per qualche attimo nei tratti del moro.
Si trattava solo di attimi, di frammenti nei quali la mora si perdeva nella bellezza giovanile del ragazzo.
Il fatto che fosse un ladro, un rapinatore, persino un informatico molto esperto,
non toglieva il fatto che fosse un bel ragazzo.
Sia stupì di quanto fossero stupidi e inappropriati quei pensieri.
Lasciati aiutare.
Aveva sospirato lei.
Nick ebbe l'impulso di mandare tutto a quel paese, di fidarsi, ma poi si riprese alla svelta lasciando bruscamente il braccio della mora e stringendo i pugni per calmarsi.
La vena del collo si gonfiò per lo sforzo e, sinceramente, il ragazzo non capiva perché si stesse trattenendo così tanto.
— Se dirai la verità e mi risorti a casa ti aiuteremo. Possiamo trovare Frenkie, sono seria.
Aveva tentato con una calma che non le apparteneva, lei.
In un'attimo la canna della pistola si trovò sulla fronte perlacea di Sonny, le dita di Jonas strette intorno ad essa.
Tutte palle.
Sputò, quasi ferito, lui.
— Nick, calmati per favore.
Gli occhi della ragazza si inumidirono. Pensò a suo padre, poi la sua mente corse veloce a Kim,
alla professoressa che le rompeva sempre i coglioni, la parrucchiera fidata che le faceva sempre la tinta.
I ricordi affiorarono veloci e schietti, pugnalando ferocemente la ragazza.
Pensò persino a sua madre, di cui non parlava mai
Della vita che non avrebbe probabilmente mai riavuto indietro.
Copiose lacrime, di cui Sonny si vergognò fino all'osso, ricoprirono il viso della mora.
Nicholas abbassò la pistola, un ghigno malefico e inverosimile ne rovinò i tratti.
— Era questo quello che volevo vedere, zuccherino.
Ammise ammiccando e strafottente il moro.
La giovane Bronx represse a stento un sonoro e liberatorio vaffanculo.



A spezzare l'aria tesa e nervosa che si era andata a creare furono rumori provenienti dal bosco.
Rami schiacciati, foglie secche sgretolanti, rumori di spostamenti spediti e costanti.
Tutto il contesto diventò grigio e spaventoso, come se qualcuno lo avesse oscurato maggiormente.
— Cos'erano quei...
Shh.
Il corpo di Nick si posizionò davanti a quello di Sonny, cercando di pararla da qualsiasi attacco.
Lui ci era abituato, lei no.
Ne era fin troppo consapevole.
— Corri!..
— Ma che cazz...
— Porca puttana, Sonny, ti ho detto di correre!
La ragazza fece come ordinato, aspettandosi il peggio, con Nick e qualcun'altro alle spalle.
Corsero per qualche minuto, il ragazzo era all'erta e attento, lei confusa e terrorizzata. 
Non aveva idea di chi potesse correre così velocemente; era certa di aver visto sfrecciare qualcosa di tanto in tanto alla sua destra, dietro il fogliame e gli arbusti, e poi continui rami e erbe secche schiacciate dietro di loro,
non molto distanti.
Quando pensò che un polmone le collassasse per la fatica,
sentì Nick imprecare tra i denti da dietro di sé e un tonfo sordo per terra.
Si girò di scatto, senza mai fermarsi davvero, e vide la figura del moro a terra, scalciante,
che agitava mani e pistola cercando di liberarsi dalla creatura che gli aveva afferrato la gamba.
— Nick!..
— Va avanti, corri! È te che vuole!
L'espressione confusa, mista alla paura, corrucciò i tratti di Sonny.
Corri!
Lo avrebbe tanto voluto fare, oh se avrebbe voluto...
Ma la vista di quegli occhi non glielo permise.
Sonia proprio non riuscì a capire di cosa o chi si trattasse;
la felpa verdastra era sporca di terra, fogliame e di una sostanza rossa di cui cercò di non dar un nome,
i jeans strappati e logorati dai rami sporgenti della boscaglia e dal tempo erano decorati disastrosamente da buchi qua e la, quello ne che era rimasto delle scarpe erano due paia di converse scolorite e sbrandellate.
A bloccare il cuore di Sonny però non fù il vestiario, neanche il fatto che quella presenza fosse con mani e piedi per terra e che si muovesse in quel modo e non in piedi come un essere umano.
Furono due lunghe zanne al posto dei canini, i tratti della fronte, del naso e degli zigomi troppo accentuati e forti,
i peli crescenti su quest'ultimi, gli occhi di un giallo neon.
A smuoverla fù il suono gruttuale–un misto tra un ruggito e un ringhio–che quell'essere emise.
— Corri! Non farti prendere dal licantropo, Sonny!
Licantropo? 
Stava succedendo tutto troppo in fretta.
Si decise a seguire il consiglio del moro quando, una volta spostato il suo sguardo su Nick,
aveva notato l'espressione dipinta dal terrore che campeggiava nuova e fresca sul suo viso. 
E se spaventato era Nicholas Jonas, beh era un buon motivo per correre come non aveva mai fatto nella sua vita.
Come aveva temuto, il panico prese completamente possesso di lei.




Ei, tu!
Beh che dire, ecco il terzo capitolo!
Mi scuso in anticipo se è corto, ma è solo un capitolo di passaggio.
Coooomunque, la storia si evolve, si scopredi più su Sonny-la madre, che non era stata mai citata-e avrete modo di scoprire le VERE intenzioni di Nick con l'avanzare dei capitoli :)
E chi vediamo? uh, uh...un bel lupacchiotto! Eh già, ci sono anche i licantropi ;)
E quindi, sperando di non avervi confuso troppo, state tranquilli, verrà spiegato tutto più avanti.
Beh, grazie a tutti quelli che leggono in silenzio, recensiscono, seguono la storia, la mettono nei preferiti,
I
love you soo much!
Ci vediamo al prossimo, kissssssss.
- Rea.

 
  
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