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Autore: _saya_    01/09/2014    1 recensioni
Se Severus Snape fosse riuscito a rimediare allo strappo nell’amicizia con Lily Evans prima che questa riconsiderasse l’antipatia per James? In questa storia, si sono sposati e hanno avuto una figlia, che prende il posto del personaggio di Harry partendo dal suo stesso background, e stravolge l'intera storia come la conosciamo, trasformandola in una versione alternativa radicalmente diversa.
L'ho scritta perchè la mancanza di materiale ufficiale mi stava uccidendo, e la consiglio alle persone che provano lo stesso sentimento :D
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Gli Snape, proprio così, è quel che ho sentito…-
- …già, la figlia, Holly…-
La giornata di Vernon Dursley era stata inquietantemente anormale. Nulla aveva alterato il suo consueto ritmo lavorativo, ma tutto attorno a lui erano avvenuti fenomeni inspiegabili, e ora quello: estranei conciati con abiti improponibili parlottavano della figlia dei parenti strambi di sua moglie. No, non poteva sbagliarsi: ‘Holly’ era un nome piuttosto comune, ma chi diavolo aveva ‘Snape’ per cognome?! Fremente di spavento all’idea che qualsiasi cosa del loro mondo potesse comparire a disturbare la sua vita normale, pur davanti al tg che declamava le ennesime assurdità di gufi e stelle cadenti, non ebbe comunque cuore di parlarne con sua moglie. Lei detestava ogni riferimento a quella parte della famiglia.
Mentre passava una notte insonne, proprio sotto casa sua, a Privet Drive, due figure completamente fuori dal suo ordinario discutevano di come fosse possibile che una bambina di solo un anno fosse riuscita a distruggere il più potente mago oscuro della storia, e di come la decisione migliore per la sua vita fosse andare ad abitare con i suoi unici parenti rimasti in vita.
Poco dopo, un mezzogigante in motocicletta volante atterrò lì accanto, portando il minuscolo corpicino di una bambina addormentata, con una cicatrice a saetta sulla fronte. Tra i singhiozzi di commozione, venne lasciata con una lettera davanti casa Dursley, dove il mattino dopo l’avrebbero ritrovata con sommo sgomento.

Zia Petunia la detestava. Neanche lo zio Vernon sembrava volerle alcun bene, ma era una femmina, ed i pregiudizi con cui era cresciuto, che le volevano sempre più deboli e fragili dei maschi, lo frenavano dall’esagerare a maltrattarla – tanto più che Holly un aspetto molto fragile lo aveva davvero, con una carnagione pallida quasi malaticcia e avvolta come era negli enormi vestiti smessi del cugino Dudley, almeno 4 volte più grosso di lei (poteva tranquillamente far passare le sue magliette per vestitini). La zia invece la odiava davvero: di solito, quando si arrabbiava con qualcuno o per qualcosa, si chiudeva nel silenzio e rispondeva a monosillabi, ma con Holly era diverso. La sua faccia cavallina si contorceva in un disprezzo profondamente infastidito, come di qualcuno che vede racchiuso in una sola creatura tutto ciò che odia di più sulla terra, e la cosa andava peggiorando man mano che cresceva; forse era la stranezza della cicatrice sulla fronte, o forse erano i capelli di un nero molto lucido, come se fossero stati perennemente unti, o forse il fatto che, anche se di questo Holly non ne aveva idea, era quasi identica a sua madre, coi suoi stessi occhi di un verde luminoso. Forse erano tutte e tre le cose insieme, che già la zia avrebbe trovato detestabili singolarmente, a mandarla completamente fuori dai gangheri ogni volta che entrava nel suo campo visivo. E, naturalmente, oltre all’aspetto peculiare che aveva, attorno a Holly accadevano spesso e volentieri cose strane: quando la zia aveva tentato di tagliarle via tutti i capelli, orribili e sporchi come una fogna a suo dire, entro una notte se li era fatti ricrescere più lunghi di prima; una volta che la gang di Dudley la stava rincorrendo, si era ritrovata in salvo sul tetto della scuola; un’altra volta, soprattutto, era talmente infastidita dalle urla continue della zia, che questa aveva perso completamente la voce mentre la sgridava ed era rimasta muta per una settimana buona.
Spaventatissima dall’accaduto, per fortuna aveva smesso di urlarle contro più o meno gratuitamente come faceva prima, anche se il suo disprezzo non era affatto diminuito. Ciò che di più importante era scaturito da quell’episodio, però, era che Holly era sempre più convinta di avere facoltà speciali, qualcosa in più di tutte le persone che la circondavano. Quegli eventi erano stati così provvidenziali, che doveva necessariamente averli causati lei in qualche modo! O almeno, questa era la fervente speranza che si era installata nel suo cuore: la sua diversità da tutto quel mondo che la circondava avrebbe finalmente avuto un senso.
Accadde poi, in occasione dell’undicesimo compleanno di suo cugino, che per una volta portassero anche lei con loro, allo zoo. Fu una giornata molto più divertente rispetto alla media, ma di veramente belle si videro quando entrarono nel serpentario. Spazientito dall’immobilità del serpente più grosso, Dudley se ne era allontanato, lasciando Holly sola davanti la sua gabbia. Poco prima, aveva dovuto insistere con lo zio Vernon per entrare: -Un serpentario non è un posto per le bambine!-, anche se questi aveva dovuto arrendersi davanti all’obiezione che non si poteva neanche lasciare una bambina in giro da sola.
Holly poggiò una mano sul vetro dell’enorme serpente. Chiuso là dentro come capitava di restare a lei, per giorni, nel ripostiglio del sottoscala, provò una certa empatia per la sua condizione, mentre da qualche parte nei suoi sentimenti emergeva una punta di orgoglio per avere delle affinità con il più vistoso dei serpenti in vetrina.
La bestia, tutt’a un tratto, sollevò la testa fino a che non furono faccia a faccia, e le fece l’occhiolino.
Holly sussultò. Se lo era immaginato? Lo fissò e, a scanso d’equivoci, ricambiò il gesto. Il serpente la guardò, come scocciato dal solito andirivieni del luogo. Piacevolmente sorpresa dal loro scambio, gli occhi di Holly corsero alle informazioni sulla bestia, scritte su un pannello lì accanto: Boa constrictor, Brasile – questo esemplare è nato e cresciuto in cattività.
–Oh… neanche tu hai mai visto da dove vieni…- commentò. Il serpente le fece segno di diniego con la testa. Ma l’amichetto di Dudley li interruppe, gridando per attirare l’attenzione del resto della comitiva. Dudley le caracollò addosso col suo peso da balenottera, e Holly, infuriata, si volse a guardare lo sciocco cugino… che, appiccicatovisi sopra, cadeva come un sacco di patate nella vasca del serpente alla scomparsa del vetro.
Un brivido percorse Holly. Era stata di nuovo lei! Il boa scivolò elegantemente via, seminando il panico nel serpentario, ma non prima di averla salutata con un colpetto sui tacchi ed averla distintamente ringraziata. Galvanizzata, si voltò di nuovo verso la vasca, nella quale Dudley ancora annaspava per rimettersi in piedi – solo per scoprire che il vetro divisorio era ora ricomparso.
Si era guadagnata la reclusione nel ripostiglio per svariate settimane, ma non le importava poi granchè. Dopo l’accaduto si sentiva troppo speciale. Lì, in quello stanzino stretto e squallido pieno di ragni, aveva con sé un libro che aveva portato via dalla piccola, misera biblioteca della scuola. Holly adorava leggere, soprattutto le storie che le permettevano di evadere dalla triste mondanità e rifugiarsi in luoghi più speciali, ma la sua fiaba preferita era Cenerentola, che con la sua vita quotidiana aveva più di una evidente affinità. Quando era sola nello stanzino, a passare interminabili ore di nulla, fissava l’illustrazione della protagonista fornita dal consunto volume, e fantasticava di diventare anche lei come quella graziosa fanciulla dai lunghi capelli biondo cenere, da domestica orfanella a principessa. Nonostante odiasse i suoi capelli, né ricci né lisci, per il loro aspetto perennemente sporco, invariato anche dopo che una volta la zia le aveva tenuto la testa a mollo nello shampoo per 6 ore di fila, cercava di farli crescere lunghi e avvolgenti solo per quello: voleva fossero come quelli di una principessa. Nella fiaba, il racconto diceva che la fata madrina arrivava in soccorso di Cenerentola con la magia. Già, la magia… lei sembrava avere qualche facoltà somigliante, ma a quanto pareva non ne aveva un reale controllo. Se fosse stato così, avrebbe potuto per esempio aprire la porta del ripostiglio anche quando gli zii la chiudevano a chiave. Forse non aveva nessun potere di quel tipo e si era solo suggestionata, ma le cose che erano accadute erano davvero troppo strane, provvidenziali, e anche non fosse stato così, non crederci era più deprimente di quanto potesse sopportare. Sarebbe arrivata mai, una fata madrina apposta per lei?

Effettivamente, qualche tempo dopo qualcosa arrivò per lei.
Stava riportando allo zio la posta che aveva raccolto davanti la porta, quando, scorrendo le lettere, ne vide una insolita che recava il suo nome. Fece per nasconderla tra le pieghe dei vestiti, ma Dudley la vide e gliela rubò. Arrivata allo zio Vernon, questi divenne di mille colori, li cacciò entrambi dalla stanza e discusse con la zia Petunia di cose che nessuno dei due bambini, premuti contro la porta ad origliare, potè capire.
Seguì una buona settimana di follia e frustrazione, nella quale lo zio impazziva progressivamente a sigillare ogni punto della casa dal quale potessero passare lettere, le quali continuavano ad arrivare a frotte, come consapevoli di non essere state lette dall’interessata, spostata e chiusa a chiave nella seconda camera di Dudley con la stupida speranza che lì le lettere non la ritrovassero. Quando una miriade di lettere li inondarono dal camino, afferrarono pochi oggetti personali ciascuno e traslocarono, prima in un hotel – dove le lettere li raggiunsero comunque, poi in una malconcia catapecchia circondata dal mare.
Se inizialmente si era sentita infuriata e frustrata per non aver potuto leggere la missiva, Holly si era rincuorata del loro continuo arrivare: se erano riuscite a rintracciarla persino nell’hotel, costantemente aggiornate sulla sua locazione, non dubitava che anche in quel posto così sperduto l’avrebbero ritrovata. Tranquilla, anche se tremante di freddo, si limitò a fissare con astio l’ostentatamente compiaciuto zio, soddisfatto nonostante fossero affamati e sferzati dagli spifferi in quel luogo dimenticato dal mondo. Prima o poi, sarebbe riuscita a sapere chi la cercava.
Quella notte, insonne per via delle intemperie e dell’ansia, fissava i tuoni fuori dalla finestra, domandandosi se la mezzanotte fosse già scattata e il suo undicesimo compleanno sopraggiunto o no, quando un cannone bussò alla porta. Un cannone, o qualcosa di parimenti forzuto, dato che la catapecchia tremò tutta più volte.
Svegliatisi di soprassalto anche gli zii, fissarono tutti con orrore la porta venire scardinata da un omone gigantesco, che, entrato a fatica, la sollevò e rimise a posto senza tanti complimenti.
Intorpidita dallo stupore, Holly non realizzò cosa stesse dicendo o facendo costui fino a che non si rivolse a lei. –Oh, eccoti, Holly! Accidenti, non sei cresciuta poi tanto dall’ultima volta che ti ho visto… Come sei malaticcia! Ma, le date da mangiare?!- si rivolse irato ai Dursley. Zio Vernon emise un suono stridulo, che però il gigante ignorò, per tornare ad aggiungere sorridente: - Beh, potrebbe anche essere che hai ripreso dal papà. E’ sempre stato un po’ strano… Però somigli così tanto anche alla tua mamma, hai i suoi stessi occhi!-
Zio Vernon tentò di cacciarlo, ma il gigante gli ingiunse di chiudere il becco. –Comunque Holly, buon compleanno! – continuava a parlarle come se fosse l’unico interlocutore degno di attenzioni nella stanza. Le porse una scatola ammaccata: - Questa l’ho fatta per te! Dovrebbe essere ancora buona, anche se mi sa che mi ci sono seduto sopra a una certa…-
Un lieve rossore si sparse per le guance di Holly, che all’interno della scatola trovò una torta al cioccolato con su scritto in glassa ‘Buon Conpleanno Holly’. Guardò il gigante con gli occhi spalancati per l’emozione, e finalmente gli rispose: -Grazie ma… noi, ci conosciamo…?-
Lui ridacchiò. –Beh, ci siamo visti quando tu avevi un anno, ma tu non puoi ricordarlo! Io sono Rubeus Hagrid, Custode delle Chiavi e dei Luoghi a Hogwarts-. Gli parve una spiegazione sufficiente, perciò si mise a trafficare per accendere il fuoco, e dopo aver tirato fuori svariati buffi oggetti dal pastrano che indossava, cominciò ad arrostire delle salsicce, che riscossero Dudley dal terrore e lo fecero pigolare dalla fame. Zio Vernon non gli avrebbe lasciato toccare nulla da parte del gigante, ma Hagrid puntualizzò che non gli avrebbe offerto niente comunque, e passò il cibo a Holly. Mangiò con gusto alla faccia del cugino: finalmente le cose cominciavano ad andare nel verso giusto.
-Quindi-, chiese al gigante tutta incuriosita, -cosa sarebbe Hogwarts?-
Lui la fissò sbalordito, e lei temette di aver detto qualcosa di sbagliato. –Come, cosa sarebbe?! Ma non ti hanno raccontato niente, questi qui?! Hogwarts, la migliore scuola di magia della Gran Bretagna, ora retta dal più grande preside che abbia mai avuto, Albus Dumbledore…-
Scuola di magia. Cominciò un battibecco tra Hagrid e i Dursley, ma Holly non lo sentì di nuovo: scuola di magia! Una scuola di magia aveva mandato un messo! Una scuola di magia la stava cercando! Magia!
-Quindi, io dovrei andare in una scuola di magia?- li interruppe.
-NO! GLIELO PROIBISCO!- strepitò lo zio.
-Oh, va’ al diavolo tu! Holly è una strega, e non saranno certo dei babbani come voi ad impedirle di studiare a Hogwarts!- Hagrid si fece beffe di loro.
-Babbano?- chiese Holly, ma zio Vernon la sovrastò: -Non intendo pagare perché un vecchiaccio strampalato le insegni trucchi di magia!-
Ma aveva passato il limite: offeso a morte per l’insulto a Dumbledore, Hagrid si erse in tutta la sua gigantesca altezza, e, agitando l’ombrello rosa che aveva con sé, scagliò un incantesimo che fece spuntare una coda di maiale a Dudley. I Dursley si spaventarono così tanto che fuggirono nell’altra stanza per non uscirne più.
Holly fissò l’ombrello rosa: le sembrò una versione davvero stramba per una bacchetta magica. E – davvero – Hagrid, arrivato lì a fare magie per portarla via, era una versione proprio stramba per una fata madrina. A questo pensiero rise, e anche il gigante le rivolse un’espressione addolcita. –Se lo è meritato, eh? Ma non lasciartelo sfuggire con nessuno, non avevo esattamente il permesso di farlo… Allora, ecco la tua lettera!-
Finalmente la ragazzina mise le mani sulla pergamena, recante in inchiostro verde smeraldo l’indirizzo della catapecchia, e lesse avidamente il contenuto. –Risposta via gufo?- chiese.
-Ah, già!- il gigante si apprestò a scrivere qualcosa su un lembo di pergamena, estrasse dallo stesso pastrano un piccolo gufo, e lo scagliò nella tempesta con la missiva.
-Oh... quindi, è per le, ehm, lettere…- Holly cercò conferme. –Prima hai detto che somiglio ai miei genitori. Li hai conosciuti, allora? Mi hanno detto che sono morti in un incidente d’auto…-
-Che cosa?! INCIDENTE D’AUTO?!- Hagrid la spaventò di nuovo. –I Dursley ti hanno detto questo?! Non posso crederci…! No, assolutamente no… Lily e Severus sono morti per ben altro…- rabbrividì, -ma non credevo di doverti raccontare anche questo… mi era stato detto che potevi non sapere, ma questo…!-
Trasse un respiro profondo, e procedette a raccontarle con fatica di come un mago oscuro dal nome che cavò con sforzi estenuanti, Voldemort, avesse raccolto il dominio di ogni forza del male e avesse proceduto a uccidere ogni mago che si frapponesse tra lui e i suoi obiettivi – i suoi abili e magnifici genitori inclusi - non importava quanto potente, e che avesse misteriosamente incontrato la propria distruzione nel tentativo di uccidere lei, di un anno di età e completamente indifesa. –Per questo hai la cicatrice sulla fronte, te la ha lasciata lui. Poi, Dumbledore mi ha mandato a raccoglierti dalle macerie della casa e ti ho portato da questi qui, i tuoi unici parenti in vita-.
-Oh- una parte di Holly fu un po’ delusa di ricevere conferma di essere veramente imparentata coi Dursley, e che non si fosse trovata da loro per un semplice errore. Ma il racconto era troppo strabiliante per concentrarsi su quella minuzia. –E quindi, Voldemort è morto davvero?-
Hagrid trasalì. –Non chiamarlo per nome! Non si sa che fine abbia fatto. Io non credo sia morto… non era più abbastanza umano neanche per morire… Però, una cosa è sicura: grazie a te, ovunque sia, è solo, sconfitto e senza poteri!-
Il gigante la guardava con calore e stima, e un piacevole rossore invase di nuovo le guance di Holly. Non solo era vero che era speciale: lo era ancor più di quanto avesse mai avuto l’ambizione sognare in vita sua! Fissò i suoi polsi, pensando che di lì a poco avrebbero cominciato a brillare di luce propria, e riportò entusiasta lo sguardo su Hagrid. –Ma è magnifico! Allora, quando andiamo a Hogwarts?-
Lui rise, e le disse che non sarebbero andati filati alla scuola, ma a prendere l’occorrente l’indomani si. Avvolta nel suo pastrano, sognò di motociclette volanti e lampi di luce verde.

Il mattino dopo, pagato un gufo che aveva portato il giornale con delle valute completamente estranee a Holly ripescate dal pastrano di Hagrid, partirono alla volta di Londra. Non smise neanche per un secondo di tempestarlo di domande riguardo il nuovo mondo magico, e le spiegazioni a volte imprecise e confuse del gigante la lasciavano se possibile ancora più stupita e desiderosa di sapere. A grandi linee apprese che esisteva una banca dei maghi, e che la sua famiglia aveva del denaro lì; che esisteva un Ministero della Magia, dedicato principalmente ad occultare il mondo dei maghi da quello babbano; che perfino creature come i draghi esistevano davvero.
Una parte di Holly però era all’erta, poiché si sentiva come se tutti quanti avessero improvvisamente deciso di farle un gigantesco scherzo, o che ci fosse qualche fregatura da qualche parte, e una vocina dentro di sé le diceva di non fidarsi di tutto. Il gigante però sembrava troppo buono, semplice e gentile per costituire un qualsivoglia tipo di minaccia in alcun caso, e, arrivati al Paiolo Magico, il fiume di folla che le si riversò addosso solo per avere l’onore di stringerle la mano le confermò definitivamente la veridicità della sensazionale storia raccontatale dal gigante riguardo i suoi genitori.
Per nulla abituata ad ondate di socializzazione di quella portata, le sarebbe piaciuto dare un’impressione più brillante, ma si limitò a sorridere intimidita a tutti quelli che le si accalcavano attorno, compreso il suo futuro professore di pozioni, Quirrell – un ometto tremante e impaurito con un grosso turbante in testa – che per qualche ragione si trovava lì.
Tutto ciò era stato già così emozionante di per sé, per una come lei, che aveva sempre vissuto nell’ombra, ignorata e maltrattata, che non avrebbe mai detto di poter rimanere ancora più colpita di così durante la giornata. Sul retro del locale, Hagrid battè un ritmo con l’ombrello sulla parete in mattoni, e un varco si aprì su Diagon Alley – praticamente la via delle meraviglie.
-Hagrid, Hagrid aspetta- Holly cercava di far rallentare il gigante scrutando da lontano crini e corni di unicorno, negozi e negozietti pieni di qualsivoglia tipo di stramberia, -voglio vedere…-
Lui ridacchiò. –Su, vieni, andiamo prima alla Gringott! Quando avremo i soldi faremo il giro dei negozi, così compreremo anche il materiale scolastico!-
I folletti la inquietarono. Erano bitorzoluti e avevano l’aria di non essere minimamente contenti di vederli, figuriamoci di svolgere un servizio per loro. Lì, Hagrid doveva occuparsi anche di faccende per Hogwarts, e Holly radiografò con vivo interesse ogni cosa che faceva per conto del misterioso preside. Era curiosa di conoscerlo, sia perché sembrava una persona interessante, sia perché a quanto aveva capito era stato lui a mandarla a vivere coi Dursley, e anche se erano gli unici parenti che aveva, le sembrava un po’ illogico scegliere deliberatamente di spedirla a vivere con delle persone così diverse da lei, e le sarebbe piaciuto almeno chiedere spiegazioni.
La discesa furiosa dei carrelli della Gringott provocò forti nausee tanto a Holly quanto a Hagrid. La sensazione era sgradevole e a malapena riuscì a rimettersi in piedi, ma il malessere fu totalmente spazzato via dalla gioia quando vide l’interno della sua camera. Era piena di monete, più di quante ne avesse anche solo mai viste, disposte però in modo non uniforme: fino al fondo, in mucchietti uniformi c’erano monete d’oro, argento e bronzo, in quantità rispettivamente sempre più grandi, ma proprio davanti a loro c’era un grosso mucchio di monete d’oro, come se fosse stato depositato lì di recente da qualcuno che non si era preoccupato di sistemarlo.
-Questo conto ha ricevuto da poco una donazione- puntualizzò il folletto, mentre Holly fissava proprio la pila. Il suo sguardo interrogativo si spostò sulla creatura, che proseguì: -Il donatore ha voluto rimanere anonimo.-
-Strano, sono proprio un sacco di soldi- commentò Hagrid. Da parte di chi erano? Forse un fan, come quelli che la avevano voluta conoscere poco prima? Raccolsero assieme una buona quantità di denaro con la borsa, e, ad uno schiocco delle lunghe dita del folletto, il resto dell’oro che non prelevarono andò a sistemarsi in pile ordinate.
La camera che dovevano visitare per Hogwarts, anziché tesori, conteneva semplicemente un pacchetto impolverato. Provò a fare domande a riguardo al gigante, ma questi si affrettò a nasconderlo accuratamente nel pastrano e a cambiare discorso, lasciandola momentaneamente da Madama McClan ad acquistare la sua uniforme scolastica, per andarsi a tirare su con un goccetto al Paiolo Magico.
Sola nel negozio di un mondo che non conosceva, la sua prima reazione fu la solita di quando si vergognava: sistemò la gonfia massa di capelli neri in maniera che le incorniciassero maggiormente la faccia, così che si vedesse il meno possibile dei suoi connotati. (Una volta Dudley commentò che così sembrava una palla di pelo con gli occhi. Lo graffiò per tutta risposta, beccandosi una punizione dagli zii.) Madama McClan fu tuttavia molto meno spaventosa di quanto si era immaginata: non le fu necessario spiegare più di tanto, che già si ritrovò a farsi cucire l’uniforme per la scuola accanto ad un altro ragazzo biondo.
-Ciao- la salutò questi. –Anche tu a Hogwarts?-
-Si- lo guardò di sottecchi, imbarazzata.
Il biondino le raccontò con voce annoiata e viziata che i suoi genitori stavano provvedendo al resto delle sue necessità scolastiche, e che era deciso a portare con sé un manico di scopa nonostante fosse proibito agli alunni del primo anno. Il discorso in sé era pienamente degno di Dudley. Si volse a guardarlo con un’espressione neutra, ad eccezione delle sopracciglia inarcate. I suoi occhi verdi, già vistosi, sembravano ancora più grandi così. Il ragazzo si voltò appena, intercettò il suo sguardo, e qualcosa sembrò metterlo a disagio.
-Sai, sono molto bravo a volare- si vantò tronfio, senza più guardarla in faccia però. –Mio padre è convinto che non possano non ammettermi nella squadra di Quidditch della mia Casa, e io sono d’accordo con lui. Sicuramente sarò un Serpeverde, come lui e il resto della famiglia. E tu, in che Casa pensi di andare?-
Quidditch? Casa? –Serpeverde?- domandò lei meravigliata, di nuovo. Non aveva idea di cosa stesse parlando! Hagrid aveva tralasciato l’ennesima cosa importante?
-Oh, anche tu!- prese la domanda per una risposta. –A Serpeverde vanno tutte le famiglie più importanti di maghi, quelle più pure e antiche. Sarai una discendente anche tu, ovviamente! Secondo me, solo a noi dovrebbe essere permesso di ricevere insegnamenti. Gli altri capaci come noi! Gente che quando ha ricevuto la lettera non aveva la minima idea che esistesse Hogwarts! Non dovrebbero ammetterli, non credi?-
Holly arrossì, e istintivamente cercò di nascondersi ancora di più nei capelli. Lei non aveva idea di cosa fosse nulla di nulla fino al giorno prima… Era la prima volta che discuteva con qualcuno di qualcosa - che qualcuno la interpellava, su qualcosa, anche se il ragazzo parlava dando il suo appoggio per scontato. Le persone erano abituate a schivarla, perché aveva un aspetto inquietante e perché stava antipatica a Dudley, il bulletto di quartiere, perciò non aveva mai avuto contatti più consistenti di un breve scambio di frasi con gli altri bambini. Per la prima volta, quel ‘solo a noi’ di poco prima le aveva fatto provare una sensazione di piacevole inclusione. Non si sentiva d’accordo con lui, però, e il suo atteggiamento era fin troppo tronfio e arrogante per i suoi gusti.
-Hmmm… Scusa, perché è un problema? Se gli arriva la lettera vuol dire che sono capaci, a fare magie. Non potrebbero ammettere qualcuno che non è capace, o no?- cercò di tirar fuori un’obiezione puramente logica, non le andava di contrariarlo direttamente.
-Uh- il biondino, che si era come rilassato da quando Holly aveva risposto ‘Serpeverde’ per sbaglio, sembrò tendersi di nuovo, come se non avesse preventivato una risposta negativa. Men che meno così logica. Tagliò corto, quasi in ritirata: –Oh, beh, comunque noi di buona famiglia saremo senza dubbio i migliori.-
Noi, di nuovo. Stavolta Holly gli sorrise e basta, e lui si limitò a sbirciare nella sua direzione e poi a tacere. Pochi minuti dopo, Madama McClan annunciò di aver finito coi suoi vestiti, e alla finestra notò Hagrid con un gelato. Salutò il biondino, acquistò gli abiti e uscì, dimenticandosi totalmente delle presentazioni.
Holly ringraziò il gigante per il pensiero, e poi gli disse accigliata: -Hagrid, non è che ti sei dimenticato di dirmi qualcosa di importante di Hogwarts?-
-Eh?- la guardò confuso.
-Tipo, cos’è Serpeverde? Ci sono delle Case? E come ci si entra?- lo sommerse di domande, di nuovo.
-Oh, per tutti i gargoyle, me ne ero completamente dimenticato! A Hogwarts ci sono quattro Case nelle quali si può essere smistati, e Serpeverde è una di quelle. Le altre sono Grifondoro, Tassorosso e Corvonero.-
-Wow. E come mai ci sono? Cosa le distingue?-
-Corrispondono ai fondatori di Hogwarts. Di solito a Corvonero vanno i cervelloni, dicono a Tassorosso i mollaccioni, a Grifondoro un sacco di gente a posto. Tua mamma era Grifondoro!- le annunciò festoso.
-E Serpeverde?- incalzò Holly.
- Beh,- si incupì, -A Serpeverde sono andati tutti i maghi che sono diventati cattivi, e hanno seguito Tu-sai-chi. Lui stesso era un Serpeverde. Anche se a dire il vero, ora che ci penso, anche tuo padre lo era, e lui era dei nostri… Hmmm…-
Suo padre era un Serpeverde! Somigliava anche lui al ragazzo che aveva incontrato poco prima? E davvero quelli di Serpeverde diventavano tutti maghi cattivi, come Voldemort? Il biondino le era parso più desideroso di approvazione e complimenti che pericoloso. -Tu in che Casa sei stato, Hagrid?- chiese Holly, cercando di mantenere il tono moderatamente curioso. Le sembrava che il gigante fosse un po’ troppo di parte…
-Io? Ero un Grifondoro!- tornò a sorridere Hagrid, e per poco Holly non gli rise in faccia. –Almeno, finchè non mi hanno espulso…-
-Ti hanno espulso? E perché?-
-Andiamo, andiamo che si fa tardi, dobbiamo comprare il resto del tuo materiale scolastico! E anche un regalo per il tuo compleanno, ovviamente.-
Gli occhi di Holly si illuminarono. –Davvero? Oh, grazie Hagrid!- Il gigante gongolò per il suo entusiasmo.
Per prima cosa, comprarono ingredienti e strumenti per pozioni; poi, entrarono nella libreria Il Ghirigoro, dentro la quale, nonostante il posto fosse stretto e impraticabile per via della quantità esorbitante di volumi, Hagrid la perse di vista e dovette faticare tanto per trascinarla via, quanto per non farle comprare più libri di quelli necessari per l’istruzione scolastica. -Non c’è bisogno che li compri, a Hogwarts c’è una biblioteca immensa!- fu l’argomento del gigante che la convinse definitivamente.
-Ah, Hagrid, mi sono dimenticata- gli chiese poi, quando passarono davanti ad un negozio di manici di scopa, -cos’è il Dirch… Querch… ehm… Il, Quirchid…?-
Lui inarcò le sopracciglia. -Vuoi mica dire il Quidditch?-
-Si, proprio quello!-
-Oh è vero, non te l’ho detto! Certo è difficile pensare che qualcuno non conosca il Quidditch… comunque, è uno sport con delle regole complicate, che si gioca con quattro palle e a cavallo di manici di scopa.-
-Oh, capisco. E quindi, si gioca anche a Hogwarts?-
-Ogni Casa ha la sua squadra! Ma tu sei al primo anno. Sei troppo giovane, non dovresti preoccupartene- le disse tranquillizzante, entrando con lei all’Emporio del Gufo. Non molto tempo dopo, Holly trotterellava attorno ad Hagrid ripetendo ringraziamenti come un mantra: le aveva acquistato una bianchissima civetta delle nevi. –Figurati! Scommetto che i Dursley non ti hanno mai regalato niente. Bene, ora manca solo la bacchetta!-
Un brivido di avidità percorse Holly. Bacchetta magica: lo strumento per eccellenza col quale avrebbe piegato le forze magiche ai suoi voleri. Anche se teoricamente doveva essere Hagrid a fare strada, per l’impazienza lei lo precedeva di qualche passo.
Ollivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore… Si precipitò dentro senza neanche finire di leggere l’insegna, e uno scampanellio annunciò la presenza sua e di Hagrid. Le venne la pelle d’oca: l’aria era vibrante di magia, pur senza che vi fosse nulla di più impressionante di consunti scaffali pieni di scatole all’apparenza. Rapita dall’aspetto polveroso eppure mistico del luogo, entrare improvvisamente a contatto visivo col signor Ollivander fu ancora più impressionante di quanto non sarebbe stato normalmente – che era dire tanto, dal momento che quegli occhi azzurri, ancora più luminosi dei suoi, sembravano dotati di un qualche tipo di potere particolare.
-Salve- disse Holly, quasi spaventata.
-Si, certamente. Holly Snape. Ha gli occhi di sua madre. Ricordo ancora quando venne per la sua bacchetta. Lunga dieci pollici e un quarto, sibilante, di salice – ottima per gli incantesimi. Suo padre invece scelse una bacchetta di gelso, dieci pollici e mezzo, piuttosto rigida. Una delle bacchette più potenti che abbia mai venduto. Beh, non l’ha scelta esattamente suo padre… in realtà, sono le bacchette a scegliere il mago.-
Man mano che le parlava, si avvicinava sempre di più, e i suoi occhi diventavano una piscina argentea man mano sempre più grande. Ma Holly non se ne curava: ascoltava invece rapita, e all’ultima frase scorse per una frazione di secondo gli scaffali con la vista. Tutte quelle bacchette… sceglievano? Erano vive?
-Sfortunatamente, non era abbastanza per fronteggiare la bacchetta che ha fatto questo…- le sfiorò la cicatrice che aveva sulla fronte, e il contatto sembrò spezzare il magnetismo che l’uomo esercitava. Holly si ritrasse leggermente. –Tredici pollici e mezzo. Potente, ancora più potente, nelle mani sbagliate… beh, se avessi saputo a cosa avrebbe portato…-
L’inquietante venditore di bacchette si voltò a parlare con Hagrid della sua, e di come fosse stata spezzata al momento in cui venne espulso dalla scuola. Holly notò come il gigante si stringesse convulsamente all’ombrellino rosa mentre ne parlava, e sorrise tra sé e sé. Allora era davvero una bacchetta magica, quella!
Il signor Ollivander passò poi a misurare tutte le proporzioni del suo corpo con un nastro incantato, mentre che le spiegava che nella sua bottega si usavano come nuclei delle bacchette piume di fenice, crine di unicorno e parti del cuore dei draghi a scelta, e che, essendo tutti esemplari diversi, nessuna bacchetta era uguale all’altra.
A quel punto, Holly era quasi fuori di sé dall’emozione, anche se dall’esterno si poteva notare solo che teneva lo sguardo fisso davanti a sé, il suo pallore ancor più accentuato. Quelle creature fantastiche… non avrebbe saputo quale scegliere, per la sua bacchetta! Ma, d’altronde, sarebbe stata la bacchetta a scegliere lei, perciò doveva semplicemente aspettare che le si rivelasse il suo destino.
Ollivander però cominciò a passarle una fiumana di bacchette buone per ogni gusto, lasciando che le tenesse in mano per appena una frazione di secondo prima di riprendersele. Provò un certo disappunto per la cosa, avrebbe preferito stringerle e saggiarle in qualche modo prima di lasciarle andare. Il suo sguardo verso l’anziano si fece sempre più inquisitore, finchè lui finalmente si fermò, improvvisamente dubbioso, e le propose l’ennesima: -Questa è una… combinazione insolita… agrifoglio e piuma di fenice, undici pollici, bella flessibile.-
Credendo che avrebbe avuto nuovamente solo una manciata di millisecondi per saggiare lo strumento, stavolta Holly la afferrò avidamente, stringendola con forza e decisione, come per trasmettere al massimo l’impronta delle sue dita sul legno. Da questo si diffuse improvvisamente un calore così bollente che quasi la scottò, e, come per contraccolpo, dalla punta uscì un fiotto di scintille rosse tanto intenso che per un istante riempì il polveroso locale.
-Eccellente! Meno passione, o prenderà fuoco qualcosa.- commentò Ollivander. –Strano, comunque. Molto strano davvero…-
-Cosa, signore?- chiese Holly, raggiante come se avesse vinto una qualche gara, e sempre curiosa di spiegazioni.
E fu così che Ollivander le rivelò come, tanti anni prima, avesse venduto la bacchetta dal nucleo gemello alla sua, proprio al mago che le aveva recato quella cicatrice a saetta. Entrambi si fissarono intensamente come in una gara di forza magnetica, quando lui le disse: -Credo che da lei dobbiamo aspettarci grandi cose, signorina Snape…-
Pagata la bacchetta, si avviarono a ritroso verso il Paiolo Magico.
Hagrid aveva dovuto faticare anche a togliergliela di mano e a rimetterla nella scatola. Il viaggio di ritorno avvenne in un silenzio quasi ininterrotto: il gigante era stanco, e Holly era troppo distratta a ripensare a tutto quello che aveva visto e vissuto quel giorno, e a rielaborarlo febbrilmente, per ricercare altri contatti. Aveva la bacchetta gemella a quella del mago oscuro più grande di tutti i tempi! Cosa si aspettava Ollivander da lei? Anzi, cosa c’era da aspettarsi da lei in generale? Aveva sempre sentito che aveva una marcia in più rispetto agli altri, ma sconfiggere qualcuno di potente come Voldemort, che non poteva neppure essere nominato per il terrore, a solo un anno di età, trascendeva la sua immaginazione: se ci provava, si figurava una bambina che in un lampo di luce verde, l’unica cosa quasi sicura che le sembrava di ricordare, faceva esplodere un omone brutto, irsuto e poco raccomandabile, in tanti pezzettini come di carta, ma era tutto semplicemente troppo assurdo per essere andato così. Cosa mai poteva avergli fatto davvero? Quanti e quali erano, i talenti che non sapeva di avere? Probabilmente si sarebbero manifestati quando avrebbe cominciato a ricevere insegnamenti e praticare attivamente la magia, dato che fino a quel momento non era riuscita a controllare quasi per nulla le sue potenzialità. Hagrid aveva detto che Voldemort non era più abbastanza umano da morire. Era un’esagerazione iperbolica, oppure un’impressione concreta? Se non era davvero morto, lei, Holly, sarebbe potuta trovarsi potenzialmente in pericolo. Forse era per quello che era stata mandata a Privet Drive, per nasconderla! D’altronde, chi mai avrebbe pensato di cercarla in una casa come quella, così lontana da qualsiasi cosa potesse mai riguardare il mondo della magia? Doveva essere per quello che era finita in quel posto odioso… Però, se fosse riuscita a controllare e ad ampliare le sue potenzialità, forse avrebbe scoperto e dominato quel potere che aveva già distrutto Voldemort una volta, e avrebbe avuto la possibilità di abbandonare i Dursley! Un pizzicorio di impazienza ossessiva le si diffuse per le braccia. Doveva studiare la magia, doveva assolutamente andare a Hogwarts!
-Hagrid- interruppe il silenzio mentre mangiavano hamburger, -allora, come si arriva a Hogwarts?-
Il gigante le rispose a bocca piena, sputacchiando un po’ qua e là: -Hm, col treno! Parte il primo settembre dalla stazione King’s Cross, al binario 9 e ¾!-
-Binario 9 e ¾, ok – rispose Holly, appuntando mentalmente l’informazione con la paura di lasciarsela sfuggire. Davanti a lei però il gigante si contorse, ed estrasse qualcosa dall’ennesima tasca del pastrano. -Questo è il biglietto per l’Espresso di Hogwarts!-
Glielo porse. Conteneva tutti i dati necessari, ma Holly si preoccupò comunque: -Hm, non sono mai stata a King’s Cross-. Hagrid la stava riportando dai Dursley: quelli, pensava, sarebbero stati capaci anche di tentare di tenerla chiusa in casa! Se avesse avuto la necessità di fuggire, doveva sapere almeno qualcosa… -Arrivo lì, e trovo il binario…?-
-Devi passare attraverso il muro! E’ nascosta, altrimenti i babbani la vedrebbero e non è proprio il caso. Ma comunque, non ti preoccupare! Se dovessi avere problemi coi Dursley, mandami una lettera con la tua civetta: mi rintraccerà lei!- disse.
Holly immaginò Hagrid calare dal caminetto come un babbo natale, distruggendo il salotto, e sorrise.



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ndA
Questa è la mia prima pubblicazione in assoluto! Cercherò di assumere un ritmo più o meno settimanale per i capitoli, sperando che gli esami non mi intralcino. Per ora è molto simile a quanto viene raccontato nei primi capitoli del primo libro, ma già dalla prossima volta le cose andranno in modo radicalmente diverso.
Ho deciso di lasciare i nomi della versione inglese per i personaggi, perciò Silente è Dumbledore e Olivander ha una l in più.
Per chi volesse saperlo, ho scelto il nome Holly per tre ottimi motivi: fa assonanza con Harry, è il nome di un fiore [Hollyhock] che simboleggia l’ambizione – e sia Lily che Petunia portano nomi di fiori, ed è anche il nome dell’agrifoglio in inglese, il cui legno è quello che compone la bacchetta di Harry e la stessa che quindi ha anche lei.
Ho lollato fortissimo per il momento dello Herpditch, o Quidderp. Cominciamo bene.
   
 
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