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Autore: Lady_Mira    02/09/2014    4 recensioni
Chi ha mai detto che essere adolescenti è una passeggiata? Giada, Francesco, Giulia, Elena e Letizia ne sanno qualcosa. Cinque storie di cinque adolescenti raccontate in prima persona.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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AVVISO
Questo capitolo contiene alcune parolacce, se vi danno fastidio ditemelo pure e dal prossimo non le inserisco più.
GRAZIE

Letizia

Finita l'ora di biologia entra in classe la professoressa di storia. Ghigno, proprio come fanno i famosi folletti. Quella prof è la mia vittima preferita. Noiosa, severa, e che non sta per niente allo scherzo. Ovvio che una così attira l'attenzione di quelle come me. Prima che lei arrivasse ho fissato con un bel po' di scotch il cellulare vecchio sotto la cattedra. Il mio cellulare, invece, lo tengo acceso in mano. La professoressa si siede davanti alla cattedra. Ormai ci siamo. "Buongiorno ragazzi" dice. Ci alziamo tutti in piedi in segno di rispetto. "Seduti" fa lei, e noi eseguiamo. "Aprite il libro a pagina 82" prosegue, ignara di ciò che sta per accadere. Chiamo il numero del cellulare vecchio. "Oggi studieremo il Rinascimento" Il cellulare compone il numero. "Il Rinascimento è un periodo artistico e culturale, che si sviluppò a partire da Firenze..." La professoressa si interrompe non appena si sente il suono di applausi, fischi, e grida che dicono "Brava" o "Bis". Ovvero, la suoneria del cellulare vecchio. Riattacco. "Bensi, c'entri qualcosa?" mi fa la professoressa infuriata. Ormai, dopo tre anni, ha capito che sono io a fare gli scherzi. "Iooo?! Certo che noo! Professoressa, come può pensare una cosa simile?" Intanto, tutta la classe comincia a ridere. Non rumorosamente, solo qualche risatina soffocata. "Attenta a ciò che combini, Bensi" mi avvisa, tornando alla cattedra. Io tiro fuori il mio cellulare, che prima avevo nascosto per prevenzione, e richiamo il numero. "Dunque, stavo dicendo, prima che Bensi interrompesse, che il Rinascimento nacque a Firenze, nella seconda metà del..." "Brava!!!" urla la suoneria. "BENSI!!" tuona la professoressa. "Fuori!" ordina, tra le risate dei compagni e gli applausi della suoneria. Riattacco, ed esco dall'aula portandomi dietro il cellulare. So già che prenderò una nota, l'ennesima, ma non importa. Appoggio l'orecchio alla porta e mi metto a origliare la lezione. Chiamo il numero."Dunque, il Rinascimento, per la terza volta, nacque a Firenze, e da lì si sviluppo in tutta Italia e, successiv..." Il suono di applausi si sente un'altra volta. Rido assieme a tutta la classe, allontanandomi dalla porta. La professoressa la apre. "Bensi! Smettila immediatamente!" "Ma non sono io!" esclamo con l'aria più innocente possibile.

Giada

La professoressa sta cercando di capire da dove viene il suono degli applausi. Ha minacciato Letizia di morte se non glielo dice immediatamente, ma lei non cede. Amo quella ragazza. Ci siamo messi tutti a ridere, anche perché la prof ancora non capisce da dove viene il suono e com'è possibile che funzioni anche quando Bensi non è in classe. Idiota. Non capisce mica che viene da sotto la cattedra. Beh, meglio così, almeno perderemo la lezione mentre la prof gira tutta la classe alla ricerca della fonte del suono. "Ehi, Matteo, potresti farmi copiare la traduzione di latino?" chiedo facendo gli occhi dolci. Funziona sempre. "Certamente" risponde infatti lui, staccandosi finalmente da me e girandosi verso lo zaino per prendere il quaderno. "Ecco a te" mi sorride.

Francesco

Letizia, ti odio. Finché la professoressa spiegava, oltre a qualche pallina di carta in testa andava tutto bene, ma adesso Paolo ha cominciato anche a prendermi in giro. "Francesco Tarazzo, ti puzza il cazzo" canta Paolo, mentre lui e i suoi amici ridono. Solo uno sfigato come me poteva avere un cognome che facesse rima con cazzo. Intanto la professoressa è andata dai bidelli per farsi aiutare a trovare il cellulare. Potrei dirle io che si trova sotto la sua scrivania, ma farei la figura del cocco del prof, ed è meglio non peggiorare la già tragica situazione. Forse dovrei ribattere. Penso al cognome di Paolo. Paolo Cenacei. Cosa potrei dire di offensivo che fa rima con Cenacei? Nulla. Lui sì che è fortunato. "Basta! Hai rotto!" urlo per l'ennesima volta. "Cos'ho rotto? Il tuo cazzo puzzolente?" mi fa canzonatorio. Giuro che gli spacco la faccia, non appena rimedierò un paio di braccia muscolose e sarò abbastanza alto da raggiungerlo. La faccia mi diventa rossa, la vista sfocata. Sto per piangere. Ma non posso, mi darebbero della femminuccia. Caccio indietro le lacrime e mi fingo interessato a ciò che c'è scritto sul libro di storia.

Giulia

Con l'aiuto dei bidelli la professoressa ha capito dove si trova la fonte del rumore. Guardo l'orologio. Ancora dieci minuti e suona la campanella, grazie a Letizia anche oggi abbiamo perso la lezione di storia. Menomale, odio questa materia. A che serve? Tanto la gente che studiamo è morta e sepolta, e le epoche sono passate da un pezzo. Sofia mi dà una gomitata, la seconda in due ore, brutto segno. "Giulia!" esclama, assestandomi una terza gomitata e riscuotendomi dai miei pensieri. "Si?" pigolo. "Li hai fatti i compiti di matematica?" "Ovvio" sospiro. Sofia è incorreggibile, tre anni di superiori e non ha mai aperto libro di matematica. Eppure, per una qualche strana ragione, riesce a mantenersi sulla media del sette. Tiro fuori gli esercizi e glieli cedo, e lei comincia a copiarli freneticamente.

Letizia

"Silenzio!" tuona la professoressa, cercando di riportare l'ordine in aula. Il chiacchiericcio si trasforma in silenzio. Io sto in piedi affianco alla cattedra, la professoressa ha detto che stavolta mi spedisce in presidenza. Ma tanto io sto simpatica al preside, quando vengo mi offre persino una tazza di the. "Bensi che ci fai ancora qui? In presidenza!" urla la professoressa, che da insegnante noiosa si è trasformata in un demone. Io esco dall'aula senza fiatare dirigendomi verso l'ormai ben nota strada.

Elena

Metto la mano ferita sotto l'acqua del rubinetto, che si colora di rosso. Tampono il taglio con l'asciugamano, sporcandolo di sangue. Prendo la benda dall'armadietto affianco allo specchio e la avvolgo attorno alla mano. Poi sciacquo il pezzo di vetro ancora sporco. Mi guardo allo specchio: i capelli corvini, gli occhi verdi venati di dolore, ancora rossi dal pianto. La pelle pallida, il viso magro, le labbra carnose che ora sto mordendo con forza facendole sanguinare. Il sapore del sangue mi è familiare. L'odore del sangue, la sua vista mi è familiare. Troppo familiare.

A.S.
Angolo Scrittrice

Ecco a voi il secondo capitolo della storia! So che non è un granché, mi serviva un'altra parte introduttiva, dalla prossima volta le cose si faranno più interessanti!
Se qualcosa non vi è piaciuto, ditemelo pure che rimedierò nei capitoli successivi.
E, per favore, potreste lasciare una recensione? Please!!
Intanto, voglio ringraziare camilla346 e xqueentini per aver recensito il capitolo precedente. Grazie mille ragazze! Le vostre recensioni contano tanto!
Un saluto a tutti, bye

   
 
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