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Autore: fioredaparete    02/09/2014    0 recensioni
Una brava ragazza, il bisogno di fuggire da una vita di aspettative e doveri, un cattivo ragazzo, la perdizione completa di lei. Riuscirà quest'ultima a rimettere insieme i pezzi della sua vita e a ritrovare la parte migliore della sua anima, ormai scomparsa nell'oscurità?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Era primo pomeriggio, una bella giornata, decidemmo di incontrarci in un piccolo parco non molto lontano da casa mia, fu facile raggiungerlo a piedi.

Quando arrivai, Christian era già seduto su una panchina, all’ombra di un salice quasi interamente spoglio,  teneva un libro tra le mani.

- Che leggi? – gli chiesi indicando il libro. Lui alzò lo sguardo e sorrise leggermente.

- Oh, ehm… è Fitzgerad. – rispose, mostrandomi la copertina.

- Il buon vecchio Scott. Uhh, Belli e Dannati!

- L’hai letto?

- Se l’ho letto? Io venero quell’uomo!

Gli brillavano gli occhi, e penso che brillassero anche a me, dopotutto non capita tutti i giorni di incontrare un ragazzo a cui piace Scott Fitzgerald.

- Cavolo, mi piaci sempre di più.

Ricambiai il suo sorriso. Davvero un bel sorriso.

E’ strano, ma, in quel momento, mi venne una voglia incredibile di baciarlo.

Mi schiarii la voce e mi preparai a sputare il rospo, rimandare ancora non sarebbe servito a niente.

- Possiamo finire la conversazione di prima?

- Certo. E’ solo che… non mi capita spesso di parlare con te con questa facilità, stavo temporeggiando.

Provai una profonda pena nei suoi confronti. Diceva che non mi considerava un cucciolo smarrito, ma lui, per me, era esattamente quello.

- Cos’è successo a Charlotte? – stronza che sono.

Vidi la luce nei suoi occhi spegnersi gradualmente. Sembrava si stesse trattenendo, mi aspettavo che si alzasse, si scusasse per avermi illusa, e tornasse da dov’era venuto.

- Non credo di volerlo davvero fare, forse dovresti chiederlo al diretto interessato…

- Avrei chiamato te se avessi avuto quest’opzione?

Rise.

- Smettila. – dissi.

- Di fare cosa?

- Di sorridere in quel modo. – non era il sorriso sexy di Evan, era un sorriso da bambino, il sorriso più bello del mondo.

- In quale modo? – non cambiò espressione.

- Piantala! Mi… mi deconcentri. – la mia affermazione parve sorprenderlo.

- Ah sì? – si avvicinò leggermente, sempre con quel sorriso stampata in faccia.

- Basta, Chris! – dissi ridendo. Lui si zittì immediatamente, assumendo un’espressione seria.

- Chris. – mormorò. - Ieri, al telefono, mi hai chiamato Chris.

- Sì, è stato un impulso, non l’ho fatto apposta, insomma, il tuo nome è piuttosto lungo e ho pensato che un nomignolo… - risposi in fretta, in preda al nervosismo.

- Fammi finire, ti prego.– mi interruppe lui. – Tu… tu mi hai chiamato Chris, e io… io non ho capito più niente.

- Oh, Christian. – non era quello che volevo, non volevo spezzargli il cuore.

- Lo so, lo so… non avrei dovuto parlare. Allora… dovrei dirti quello che ti interessa davvero.

- Tu mi interessi.

- Parliamone in un altro momento, ti va?

Annuii, anche se non mi tranquillizzava affatto il dover rimandare un discorso del genere. Non volevo spezzargli il cuore, ma mantenere il suo intatto avrebbe significato strappare il mio a metà.

- Evan aveva una ragazza. – disse dopo una lunga pausa.

- Non mi sembra un gran che come segreto. Okay, potrei essere un po’ gelosa, ma glielo concedo.

- Destiny.

- Oh, scusa. – mi zittii.

- Lei era… fantastica. Era bella, era intelligente, era sveglia,  era divertente, carismatica, quando rideva… quando rideva tutto il mondo, anzi, tutto l’universo rideva.  – parlava non come se quello fosse solo un pettegolezzo, ma come se avesse vissuto quell’esperienza in prima persona. – Si conobbero al college, lei studiava Legge, e lui a malapena si presentava alle lezioni di Filosofia. Quando Evan la guardava, lei sembrava dimenticare qualunque altra cosa, ma tu questo lo saprai già. – arrossii. –Era diventata completamente dipendente da lui, quando lui non c’era, lei moriva dentro, quando lui  stava male, lei stava male, sembrava non avere più il controllo di sé stessa. Evan non sembrava capire quanto lei fosse fragile, continuava ad agire d’impulso e a vivere la propria vita spericolata come se lei fosse solo una spettatrice, mentre ci si trovava esattamente nel mezzo. – prese fiato per un attimo, poi riprese a parlare. – Un giorno lui la portò ad una festa. Sembravano divertirsi, non si staccarono l’uno dall’altra per tutta la sera. Le aveva detto che l’amava, lei era su di giri. Evan lasciò il locale presto, nessuno lo vide uscire con la ragazza, lui evitò di rispondere a chi gli chiedeva dove fosse lei, e se ne andò. A fine serata, la trovarono in bagno, stesa per terra, morta per una reazione scatenata dall’aver inghiottito una pasticca di ecstasy. – strinse i pugni, tanto forte che le nocche sbiancarono.

Non riuscivo a parlare, stavo ancora elaborando quello che Christian mi aveva appena confidato.
Era come se nella mia testa si fosse creata una coltre di fumo, così fitta che i pensieri non riuscivano a separarsene, non riuscivo a pensare chiaramente.
Evan non mi aveva mai parlato del suo passato, neanche un accenno a quale facoltà frequentasse, o ai suoi amici di allora, per quanto ne sapevo, la sua vita a Charlotte non era mai esistita.

- Come… - riuscii a dire dopo qualche minuto. – Come fai a conoscere tutti questi particolari? Sembra quasi che tu abbia assistito a tutto questo.

Christian fissò il vuoto e fece un lungo respiro, era evidente che raccontare quella storia l’aveva sconvolto.

- Li conosco perché anche io sono di Charlotte. – scandì ogni parola alla perfezione, come se volesse essere certo di pronunciarle correttamente. – Li conosco… li conosco perché lei era la mia migliore amica.

Le mie labbra si schiusero e un sospiro di sorpresa ne fuoriuscì. Avevo sempre pensato che fosse strano il fatto che Christian sembrasse provare del risentimento nei confronti di Evan, avevo pensato che forse avevano avuto dei trascorsi, ma non avrei mai potuto immaginare niente di simile.  Evan trattava Christian con una tale indifferenza… ma d’altronde Evan non era certo il tipo che affrontava le situazioni complicate di petto.

- Perché anche tu sei venuto qui?

Dalle sue labbra scaturì una risata amara.

- Volevo fare l’eroe. Volevo evitare che lo rifacesse, che qualcun altro pagasse per i suoi peccati.

- Ma Evan… insomma, lui non l’ha…

Christian mi interruppe prima che riuscissi a terminare la frase.

- Evan se n’è andato strafatto da quella festa, e qualche ora dopo lei era morta per colpa della droga. Per me è stato lui ad ucciderla, e poi l’ha lasciata lì.

Non sapevo se fossi sul punto di vomitare o di scoppiare a piangere.

- E quando mi hai vista, alla fabbrica, ti ho ricordato lei. – dissi quasi tra me e me.

Questo spiegava anche perché ogni persona che incontravo e che aveva in qualche modo a che fare con Evan finiva per mettermi in guardia da lui.

- Quando ti ho incontrata, Destiny, io l’ho rivista in te. Prima di innamorarmi di te, io vedevo solo Rachel.

Rachel.

Ricapitolando… Evan aveva probabilmente causato la morte della sua ex ragazza, nonché ex migliore amica di Christian, che quindi conosceva Evan da un bel po’ di tempo, e che mi aveva appena confessato di essere innamorato di me. Erano troppe rivelazioni per un pomeriggio.

- Mi dispiace tanto, Christian. – fu la sola cosa che riuscii a dire.

Quella frase non mi era mai piaciuta, non mi era mai sembrata di conforto. Perché dire che ci dispiace per qualcosa di cui non abbiamo nessuna colpa? Sarebbe stato più giusto dire “condivido il tuo dolore”, ma, in effetti, neanche questo sarebbe stato molto appropriato. Non avevo la minima idea di quello che Christian stava provando, quindi come avrei potuto condividere un dolore che non comprendevo? In quel momento, “mi dispiace” mi parve la cosa meno sbagliata da dire.

Lui si dipinse in faccia un sorriso malinconico e si passò una mano sulla fronte, scostandosi i capelli che gli erano ricaduti sugli occhi.

- Non preoccuparti, ormai ho imparato a fare i conti col dolore.

Lo guardai con attenzione: era pallido, sembrava dimagrito, non l’avevo mai visto così turbato.
Posai una mano sulla sua. Misi per un attimo da parte il mio dolore e la mia frustrazione e mi concentrai sulla sua.
Ma lui ritrasse la mano da sotto la mia.

- Voglio solo che mi prometti una cosa.

- Cosa? – chiesi.

- Voglio che tu stia attenta. A quanto mi dici, Evan con te è diverso e voglio crederti…

- Lo è. – dissi, ma lui continuò come se non avessi aperto bocca.

- So che ti ha detto che ti ama, ma… stai attenta okay? Evan è così, continuerà a sfoderare tutto il suo fascino finchè non raggiungerà il suo scopo.

- E quale sarebbe il suo scopo? – il mio tono era tagliente.

- Quando ti farà pressioni per portarti a letto, e fidati, lo farà, pensaci due volte. –rimasi senza fiato. – Sei una ragazza intelligente, sono sicuro che non faresti un passo del genere senza rifletterci, ma … ricordati quello che ti raccontato, fallo per Rachel.

- Christian… - la voce mi morì in gola.

Dovevo dirglielo? Non potevo mentirgli, non potevo nascondergli quello che avevo fatto. Ma come avrei fatto a dire quelle parole?

- Che c’è? – aveva di nuovo quell’espressione ingenua, sarei riuscita a distruggere la sua purezza? Sarei riuscita a sopportare che l’intera immagine che aveva di me venisse completamente modificata? – Cos’è quella faccia?

- Christian, io ho… - non ce la feci. – No, niente.

- Ehi, qualunque cosa sia, non ti giudicherò. – i suoi occhi indagavano, mi scavavano dentro.

Sentivo gli occhi bruciarmi, le lacrime erano sul punto di rigarmi le guance.

- Io e Evan…

Vidi l’espressione di Christian passare dalla curiosità alla sorpresa, e infine alla più completa incredulità.

- No.

- Christian…

- Non l’hai fatto, mi stai prendendo in giro.

- Christian, io…

- Mio Dio, come ho potuto credere così tanto in te?!

- Christian, ti prego! – stavo piangendo.

Lui si alzò di scatto e fece per andarsene, poi si voltò di nuovo verso di me.

- Mi dispiace.

- Per cosa?

- Per aver fallito anche con te. – poi se ne andò.

Rimasi a guardarlo, finchè non riuscii più a distinguere la sua figura dai rami curvi degli alberi.

- Merda! – gridai a denti stretti tirando un calcio alla panchina.

- Tutto apposto, signorina? – mi chiese un vecchietto dalla schiena ricurva. Aveva un’espressione gentile, gli occhi dolcissimi, dei baffi candidi e indossava un cappotto di velluto a coste marrone e una coppola a quadri.

- No, non è tutto apposto. Ho appena ferito un ragazzo adorabile, il mio attuale ragazzo è uno stronzo, non so più di chi fidarmi, ho realizzato di essermi rovinata l’esistenza per uno stupido capriccio, a questo punto sono diventata quello che nessuno vorrebbe mai avere nella propria vita, e per giunta credo di essermi appena rotta un piede, quindi no, niente va bene, l’adolescenza fa schifo! – gli rovesciai quella valanga di problemi addosso senza mai prendere fiato e me lo lasciai alle spalle, con la sua espressione comprensiva, mentre mi allontanavo zoppicando, come avrei fatto a tornare a casa a piedi in quelle condizioni?

- Ehm, signorina? – mi richiamò l’ometto.

- Che c'è?! – chiesi esasperata.

- Non so se potrà farla stare meglio, ma io sarei felice di avere una ragazza come lei come nipote. – disse con un sorriso che mi fece sciogliere il cuore.

- Grazie. – risposi mentre una lacrima mi scendeva lentamente sulla guancia.
 
  
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