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Autore: Luna Spenta    02/09/2014    1 recensioni
Brittany ha solo 17 anni quando la sua vita cambia radicalmente: trovarsi all'improvviso catapultati in una nuova città, dovendo cancellare tutto il proprio passato pur di proteggere le persone che si amano, può essere un'esperienza scioccante ma allo stesso tempo ricca di sorprese. Una nuova vita, una nuova storia, un nuovo amore. Ma il passato tende a ripresentarsi in tutta la sua irruenza... Si può davvero costruire il domani cancellando tutto quello che si è vissuto ieri?
DAL TRENTESIMO CAPITOLO:
In quella doccia c'era il suo profumo, il profumo di tutte le volte che mi aveva insaponato la schiena, che mi aveva sfiorata, toccata, baciata, morsa in quella stessa cabina.
Quante volte avevamo fatto l'amore lì? Quando sarebbe successo di nuovo? E soprattutto... sarebbe successo o no?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Avevo trascorso l'intera giornata a ripercorrere mentalmente quanto era successo nell'ufficio di Emanuele. Cercavo di mettere a fuoco il momento in cui aveva annuito alla mia richiesta di venire da me. Non me l'ero immaginato, vero? E allora perché era quasi mezzanotte e lui non arrivava?
Il cuore mi martellava nel petto e l'ansia aveva messo in subbuglio totale il mio stomaco.
Mamma si era meravigliata che avessi così poca fame a cena, ed in effetti neanch'io mi aspettavo di vivere così male quell'attesa.
Bill invece era stato felice del mio poco appetito, dal momento che aveva potuto mangiare anche la mia porzione di risotto.
Ripensare al sorriso che aveva fatto quando avevo acconsentito lasciandogli il mio piatto, mi tranquillizzò un attimo, ma fu una sensazione troppo breve.
La nausea tornò quasi immediatamente e ripresi istintivamente a mordermi le unghie e a giocare con i capelli.
Dovetti sopportare di essere in quello stato per un'altra ora, poi intorno all'una, un'ombra adagiata al davanzale esterno della finestra attirò la mia attenzione.
Emanuele sembrava una statua. Mi chiesi da quanto fosse lì ad osservarmi.
Andai ad aprire cercando di nascondergli quanto mi sentivo agitata, e invece mi meravigliai di leggere sul suo volto la stessa preoccupazione e lo stavo imbarazzo che stavano torturando me in quel momento.
-Sei lì da molto?-
-Pochi minuti. Stavo pensando. E' un bel posto per pensare- Stava indicando il punto su cui era seduto poco prima, poi mi invitò a dargli la mano e mi aiutò a scavalcare la finestra e a sedermi sul davanzale accanto a lui.
In effetti era un bel posto. Ormai eravamo ad aprile e non faceva più così freddo. Una brezza leggera ci accarezzava, mentre intorno il buio pesto era interrotto solo da alcuni lampioni in lontananza e da una luna grande e tonda. Mi fermai a guardarla con meraviglia.
Stavo praticamente trattenendo il fiato, quando la voce calda e vellutata di Emanuele mi riportò alla realtà.
-Mi dispiace essermene andato in quel modo l'ultima volta-
-No, non provarci neanche a chiedermi scusa. Ho sbagliato io.. tu hai detto soltanto la verità-
-Potevo dirla con modi più garbati-
-Probabilmente non l'avrei capita in quel caso-
Gli sorrisi sperando di riuscire a cancellare l'aria colpevole che gli leggevo in viso e lui sembrò rilassarsi.
-Hai pensato un po' alle cose che ti ho detto?-
-In realtà non ne ho avuto modo. Al commissariato è stata una giornata dura... dura e lunga. Ho finito poco fa in pratica-
Provai a nascondergli la mia delusione. Avrei voluto che mi dicesse che le mie parole l'avevano torturato tutto il giorno, come le sue avevano torturato me.
Invece lui era riuscito a concentrarsi sul lavoro e ancora una volta l'ispettore aveva avuto la meglio sull'uomo.
-Perché non ti piace essere chiamata Brittany?-
La domanda mi colse alla sprovvista.
-Solo mio padre mi chiamava Brittany, e se ne è andato molto tempo fa-
-Ti manca?-
Scrollai le spalle e alzai gli occhi al cielo per non piangere.
-Mmmm per degli aspetti più che per altri. Mi manca quella che sarebbe potuta essere la mia vita e quella della mia famiglia se lui ci fosse stato-
Emanuele stava annuendo con espressione comprensiva. A un certo punto si allungò verso di me e mi fece mettere di spalle, con la schiena poggiata al suo petto. Il suo braccio intorno alla mia vita. Il mio cuore praticamente in tilt.
Era una posizione dolcissima, ma mi innervosiva l'idea di non poterlo guardare in faccia.
Quando cominciò a parlare, invece, mi resi conto che non sarebbe stato necessario. La sua voce da sola traboccava di emozione.
-Ho paura Brit- sussurrò piano.
-Di cosa hai paura?-
-Di noi... di quello che può succedere- le sue parole erano piene d'ansia.
Intrecciai le dita con le sue e strinsi forte per dargli sicurezza.
-Non ce n'è motivo-
-Brit io devo raccontarti una cosa, più di una in realtà- Era incredibilmente serio.
-Ti ascolto-
-Ricordi quello che ti ho detto della mia famiglia?-
-Sì... che sei entrato nel programma protezione testimoni perché hai visto chi aveva...- non riuscivo a continuare, ma per fortuna lo fece lui per me.
-Ucciso i miei e mia sorella. Non ti ho detto tutto. Quando ho compiuto 18 anni ho scelto di rinunciare alla protezione e di entrare in polizia. Volevo cercare quell'uomo. Ci ho messo quasi cinque anni ma alla fine, facendo delle indagini personali, neanche troppo legali,  scoprii dove viveva. Un giorno presi la pistola e andai da lui. Mi nascosi nel suo garage. C'era una ragazza nella mia vita in quel periodo, era molto più giovane di me... e anche molto più... ingenua, e indifesa. Quel giorno mi seguì, ma io non ero lucido e non mi ero accorto di nulla. Nel garage partirono diversi colpi di pistola.-
Emanuele si interruppe di colpo. Appoggiata al suo petto mi ero accorta che il suo fiato si era fatto corto e i suoi battiti stavano accelerando. Avrei voluto girarmi e accarezzarlo ma non me lo permise, anzi, mi strinse più forte a lui, con una veemenza quasi disperata.
-Si chiamava Sabrina...-
Deglutii rumorosamente e trovai la forza di fare la domanda che non avrei mai voluto fare.
-Non c'è più?-
-No, è sopravvissuta, ma... è su una sedia a rotelle. Il proiettile che le ha lacerato irreparabilmente la colonna vertebrale era partito dalla mia pistola. La cosa assurda... è che lei non solo mi ha perdonato, ma mi ha anche salvato. Era in un letto d'ospedale ed ha avuto la forza di inventarsi che ero stato vittima di una trappola, che quell'uomo aveva cercato di uccidermi ed io avevo sparato per legittima difesa. La parola di un criminale contro quella di un poliziotto e di una giovanna ragazza che non potrà mai più camminare... Il caso è stato archiviato molto velocemente-
-L'uomo... che fine ha fatto?-
-Riuscì a scappare quando mi fermai per soccorrere Sabrina, ma fu arrestato alcuni mesi dopo mentre cercava di imbarcarsi per chissà dove-
Quella storia aveva dell'incredibile, ed io non sapevo che dire. Mai come in quel momento mi sentivo davvero una ragazzina. Avrei voluto confortarlo, dimostrarmi matura, una persona con cui poter parlare, di cui potersi fidare... invece me ne stavo lì zitta senza il coraggio di aprire bocca. Tra le varie cose, mi chiedevo perché mi avesse raccontato quella storia, e perché in quel momento.
Era forse ancora innamorato di quella Sabrina? Era stata lei a lasciarlo dopo l'incidente? Avrei tanto voluto saperlo, ma quello forse non era il momento di fare domande. Emanuele aveva già fatto una grande fatica a raccontarmi di quell'episodio.
Nel frattempo la temperatura era scesa di qualche grado ed io stavo cominciando a tremare, senza rendermene conto.
-Entriamo- sussurrò lui. Così ci andammo a sdraiare sul letto, in silenzio, in contemplazione l'una degli occhi dell'altro, come a volerci leggere dentro la risposta a chissà quale grande punto interrogativo. Nel suo sguardo, però, io lessi solo paura, e la paura sembrò aumentare quando il suo voltò si avvicinò piano al mio.
Un secondo prima che le nostre labbra si sfiorassero, con una sincerità quasi commovente, Emanuele mi guardò dritto negli occhi e disse: -Prometto che avrò cura di te-
Il bacio che seguì fu come lo scontro di un vulcano con un enorme iceberg: ghiaccio e fuoco insieme, la sensazione più violenta che mai mi avesse colpito nella vita, ma allo stesso tempo la dolcezza più profonda che mai mi avesse avvolta.
Non so dire se continuammo a baciarci per un minuto o per un'ora, ma so che in quel tempo riuscii a non pensare a nulla, e a dimenticarmi anche della storia drammatica che avevo ascoltato poco prima. Quando il volto di Emanuele si allontanò dal mio, però, rividi la stessa paura di poco prima, e mi resi conto che non potevo fingere che quella conversazione non ci fosse mai stata. Dovevo conoscere i dettagli di quella storia.
-Perché mi hai detto di Sabrina?-
-Tu me la ricordi molto... sei anche tu così... piccola. E volevo farti capire perché questo mi spaventa così tanto. Non sono riuscito a proteggerla e morirei se capitasse qualcosa anche a te.-
-Sono sicura che con te accanto non mi capiterà nulla- sorrisi e gli stampai un bacio casto sulle labbra.
-Aspetta, Brit. Devo dirti un'altra cosa.-
  
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