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Autore: Angelo_Stella    02/09/2014    2 recensioni
GWUNCAN|ALETHER|SORPRESA|
...
SORPRESA! CAPITOLO 10, FINALE ALTERNATIVO!
...
Agape.
Amore disinteressato, puro, pieno di gioia.
Eros.
Piacere fisico, sesso.
Gwen ed Heather, non esattamente definite come amiche, si ritrovano alle prese con questi tipi diversi di rapporti.
Una dolce, nascosta da un'acidità che man mano tralascia sempre di più.
L'altra perversa, presa continuamente dal piacere carnale.
Entrambe, insegneranno all'altra il loro stile di vita, dimostrandone le motivazioni.
Nulla sembra però come prima, quando l'asiatica si ritroverà tra le mani un laccio di scarpe vecchio e consunto dal tempo, forse simbolo di uno strano amore mai dimostrato.
Ma dopotutto, l'idea d'amore per loro è completamente diversa.
Heather imparerà qualcosa che andrà oltre ad un piacevole sesso, mentre Gwen, si renderà conto che infondo non si può mai vivere in una favola.
In un felici e contenti, che forse, non arriverà per tutti.
Tratto dal testo (capitolo 2):
Dimmi solo: chi è?"
(...)"Chi è chi?"
"Ma come 'chi'? Il ragazzo che ti ha rubato il cuore!" esclamò invece Gwen, giocosa e facendole la linguaccia. "Quel genio che ha sciolto il tuo cuore
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Duncan, Gwen, Heather, Scott | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Gwen
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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§  L'Angelo racconta  §
Fluff! FLUFF! FLUUUUUUUUUUUUUFF!!!!!!!!!!!!!!! ...
Scusate, volevo avvertire ^_^"
Non so se sono stata chiara: qui SI ANNEGA nel fluff, si vomita arcobaleni (citazione Stella), ok? OK! xD
Sì, lo so, lo so: sono sempre la solita. Mi ringrazierete più tardi, quando tornerà Stella. ^_^" ... A parte gli scherzi, godetevi il fluff! xP
Grazie ancora a chi ci segue e recensisce, siete magnifiche, ragazze <3
E ora ... buona lettura, porto amore e buone notizie! xP

Spero vi piaccia.
Baci, Angelo




AGAPE


Capitolo 6



COLLABORAZIONE CON Stella_2000
 
"Non ho voglia di tornare a casa mia!" sbuffò Gwen, la testa abbandonata sul braccio del ragazzo e gli occhi ora rivolti a lui. Un sorriso spontaneo. "I miei mi romperebbero fino all'alba!"
"Ehi!" protestò il fidanzato, mentre entrambi camminavano ad istinto verso casa sua. "Pensavo fosse sottinteso che saresti venuta a stare da me!"
Risero, scambiandosi un bacio veloce, dinnanzi alla porta, mentre lui apriva per poi lasciarla entrare per prima e chiudere a chiave, lasciando il mazzo nella serratura. "Domani hai impegni?" le chiese, guidandola in camera con una mano sulla schiena.
Lei ghignò, camminando più rapida, fino alla stanza e lì, iniziando a spogliarsi, dandogli la schiena. Lo sentiva avvicinarsi piano. "Ti piacerebbe, non fosse così!" fece. L'abito cadde.
"Sì, lo ammetto!" le arrivò nell'orecchio, insieme a due calde mani possessive sulle spalle e poi sulle braccia nude.
Diede gli occhi al cielo, Gwen. Si girò, per guardarlo negli occhi. "Sfortunatamente per te, non è così: andrò in università e seguirò le lezioni, se non voglio essere bocciata. Grazie a dio ho la sveglia sul telefonino!" Raccolse e piegò il vestito. Lo mise sul comodino, per poi stendersi nel letto come fosse stato suo, le braccia stese sul cuscino, gli occhi chiusi. Il corpo svestito mandava in visibilio il fidanzato.
Con uno sbuffo più divertito che scocciato, si spogliò anche lui e le si stese accanto, non potendo far a meno di stare a guardarla, steso su un fianco, con la testa sorretta da una mano e l'altra a carezzarla dolcemente. Sorrideva, intenerito dai brividi che le procurava. "Sei davvero bella, Gwen!" le rivelò, dandole un bacio leggero.
La ragazza aprì un occhio, tenendolo a sé per le spalle e facendo aderire i loro corpi, lasciandosi accarezzare sulla schiena, mentre lui, da parte sua, si tratteneva dal giocare con gancio del reggiseno, per snudarla tutta: era uscita molto provata dalla casa dell'amica.
"Stai bene, Gwen?" le chiese infatti, guardandola in viso: per poco non piangeva.
"Heather non diceva sul serio, vero?" le uscì in un sussurro tremante, al quale lui rispose con uno sguardo triste. "Non lo so! Sei tu la sua migliore amica! Io so solo che Scott non mente!"
"Lì c'ero arrivata anch'io. A me … io ho paura per loro! Heather … Lei lo ama davvero. Davvero, Duncan! E questo le fa paura!" si sfogò, dandogli pugni sul petto.
"Ti credo sulla parola, amore mio!" rispose lui, stringendola solo più forte. "Io ti credo e sono certo che anche Heather e Scott stessi, ci siano arrivati! E … direi anche Alejandro." Concluse mordendosi il labbro.
"Non dovevate fargli del male!" lo rimproverò la ragazza, guardandolo negli occhi. "Non aveva fatto niente! Lui … pensava … che Heather lo amasse, gli hai visto anche tu gli occhi!"
"Sì, lo so. Ma lo conosci Scott, era … furioso. E geloso!" replicò il giovane.
"E pensi che Ale non lo fosse?" Lei si divincolò dalla sua stretta. Si tirò un po' su ed aiutandosi con le mani, lo guardò dall'alto. Si sedette e guardò altrove, in basso. "Non la conosce bene, a quanto pare! Chiunque stia con Heather deve prepararsi a soffrire, avevi ragione!"
"E Scott questo lo sa!" la rassicurò Duncan, mettendosi anche lui seduto e scuotendola lievemente per le braccia. "Ehi! Eri tu quella che parlava d'amore! L'hai smossa, Gwen! Adesso deve fare i conti con quello che prova davvero!"
"ESATTO!" urlò a quel punto lei. "Non capisci?" sussurrò poi. "Non capisci cosa potrebbe fare la paura? Quella tremenda paura che ha? Potrebbe far del male a Scott, a colui che ama. Esattamente come è successo con lei! E io non voglio che stiano male entrambi!" Lo abbracciò forte.
"Lo capisco!" E non seppe dire altro, perché per quante ragazze avesse avuto, non poteva dire di capire Heather: in quel momento, non voleva far altro che stare con Gwen, gli aveva messo la testa a posto. Voleva solo farla felice. "Sei stanca, amore." le mormorò. "Dormi!"
Si rimisero giù e lei gli si strinse contro abbandonandosi completamente alle sue braccia, alle sue mani e alle attenzioni che le dedicavano. "A me … A me piacerebbe passare la mia vita così!" le venne da dire, a bassa voce.
"Scusami?" chiese lui. Con una carezza sui capelli, fece sì che lo guardasse negli occhi. Erano lucidi.
"Vivere così." rispose. "Tra le tue braccia. Sempre. Non penso avrei bisogno d'altro, Duncan. Mi basterebbe … Possibilmente, senza una sveglia che ci interrompa mai." Si permise un risolino.
Il ragazzo l'imitò.
"Non lasciarmi mai, Duncan!" implorò ancora una volta.
La strinse e le lasciò un bacio sul collo. "Mai. Lo giuro."
A quel punto, Gwen si mise a piangere, tirandoselo addosso e lasciando che la baciasse, come sapeva desiderasse da quando si era steso accanto a lei. Sentirlo vicino la faceva stare meglio. Si ha sempre bisogno di qualcuno vicino, dopo un'esplosione di emozioni. Qualcuno di così vicino da saperci calmare con un abbraccio. Alcune carezze. Qualche bacio.
 
Si guardava intorno, indeciso: il sole entrava dalla finestra, rivelando un salotto disordinato e i loro corpi intrecciati, ancora stesi sul divano. Lei dormiva, l'espressione più serena sul viso la rendeva più bella ancora.
Lui era sveglio. Non si era quasi addormentato, a dire il vero. Solo brevi periodi di sonno poco profondo. Ma non era stanco. Avrebbe voluto aver il coraggio di stare là. Dove si stava bene, dove c'era la luce e il calore di un corpo che, seppur piccolo, ne emanava più di qualunque sole avrebbe mai potuto fare.
D'altro canto, era terrorizzato: dopo una notte di puro riposo (cosa rara per lei, ne era certo!), sarebbe stata capace di tirar fuori le unghie in un attimo. Le bastava per riprendersi. Scordarsi le lacrime e farle scordare agli altri. Tornare.
Non vide altra soluzione: la strinse un secondo più forte, per poi allentare la presa, cercando di uscirne. Ma le sue braccia erano forti, lo tenevano vicino. Sentì le mani stringersi a pugni e artigliare la sua maglietta. Forse spontaneamente, forse no. Lo toccava col corpo, lo faceva tremare.
"Vuoi andare via?" arrivò dopo un minuto, in un sussurro quasi impercettibile. La ragazza sciolse l'abbraccio e aprì consecutivamente gli occhi, guardando i suoi. "Volevi andartene prima che mi svegliassi?"
Scott si alzò in piedi, istintivamente, mentre lei si sedeva sul bordo del divano, seguendo i suoi piccoli movimenti, le mani avanti, che non sapevano come trovar occupazione, essendo state tutta la notte attorno al suo corpo. "Io non … non volevo disturbarti, ecco." Si grattò la nuca. Non sembrava arrabbiata, così riprese: "Tu … Tu ricordi come siamo finiti così?" Indicò loro due e anche la stanza.
Heather fece sì con la testa e poi abbassò gli occhi, cosa che stupì il ragazzo più dell'urlo della sera prima.  "Mi dispiace di averti trattato male!" mormorò, per poi arrossire e facendo sogghignare lui.
Lo guardò repentinamente, inginocchiato dinnanzi a lei, che le prendeva titubante le mani tra le sue e le accarezzava il volto. "Ti ho detto che non serve che ti scusi, davvero."
La giovane sorrise. "Perché volevi andartene?"
"Ecco … avevo paura. Tu sei sempre tu e …" Alzò le spalle. "Non lo so. Temevo che mi avresti cacciato fuori casa." Si alzò.
"N- No!" lo richiamò, quasi in una supplica. "Ti prego, r- rimani qui!"
"Vado a preparare la colazione!" la calmò il giovane, prendendo dolcemente la mano tesa verso di lui che la ragazza aveva alzato. "Tranquilla, davvero."
Gli rivolse un sorriso titubante, lasciandolo andare controvoglia e sperando non bruciasse il caffè come aveva fatto Gwen. Si stese nuovamente, immergendosi nel calore e nel profumo che il corpo di Scott avevano lasciato. L'espressione si rasserenò. Poi tornò triste, ripensando all'amica e a come l'aveva trattata. Al titolo affibbiatogli da Alejandro. Forse l'aveva amata davvero.
Dopo alcuni minuti, il giovane tornò: un vassoio in mano con due tazze e la caffettiera. Lo posò sul tavolino, rimessolo in piedi e servì prima per lei e poi per sé, rivolgendole un sorriso.
Rispose all'espressione, mettendosi a sedere, prendendo la tazza che le veniva porsa e ringraziando flebilmente, per poi iniziare a bere, sempre rigorosamente in silenzio.
Lui se ne accorse e mentre facevano colazione, ad un certo punto, si permise di levarle dalle mani la bevanda. Le posò entrambe sul tavolino e le scostò dolcemente una ciocca dietro l'orecchio, con una carezza sul viso. "Ehi! Ma stai bene?" domandò preoccupato.
Scosse la testa, senza preoccuparsi di mentirgli. "No!" ammise. "Ieri sera sono … stata orribile. Con te, con Gwen e Duncan … e anche con Ale!"
"Sei stata con lui, è vero?" chiese allora Scott.
Heather annuì di nuovo, però spostando gli occhi nei suoi, quasi piangente. Gli prese il volto tra le mani. "Sì! Però ti prego, non andartene ora che sai questo. Io non lo amo, era solo …" Era la prima volta che non riusciva a dirlo. A dir verità, in quel momento non riusciva nemmeno a pensarlo. E tremava di paura: non voleva che se ne andasse, che la lasciasse sola. "Non andartene, ti prego!" supplicò ancora, gettandogli le braccia al collo.
"Ehi! Hai paura sul serio, vero?" rispose, sentendola annuire e il suo corpo scosso. "Ma io non voglio andarmene via!" la rassicurò subito dopo, mantenendo l'abbraccio ma facendo sì che lo guardasse.
"Veramente?"
"Non voglio andarmene, davvero!" ripeté il ragazzo, accogliendola sulle sue ginocchia e tenendola delicatamente, come una bambina che piangeva, tremante e spaventata, che lo stringeva in un abbraccio. Artigliando la maglietta come prima. "Io ti voglio bene!" si permise di ridirle.
"Anch'io te ne voglio." le venne da rispondere spontaneamente, per poi guardarlo, deglutendo e carezzandogli una guancia. "Posso?"   
"Non chiedere mai con me!" scosse la testa e le sorrise, per poi accogliere un suo bacio incerto, che prolungò solo perché lei non si staccava, anzi lo cercava ancora di più, tanto che ad un certo punto, facendo leggermente pressione, se lo tirò addosso.
Si mise a ridacchiare più allegra, sotto di lui. "Posso chiederti una cosa?"    
"Certo, dimmi!" rispose, anche lui più sereno, indeciso se spostarsi o no.
"Perché ieri non … non hai voluto …?" Scuoteva la testa, balbettava. Non era da lei! Era come se si sentisse in imbarazzo, esattamente come il giorno prima.
"Perché … lo sapevo che stessi con Ale e … ecco … non volevo intromettermi. Mi stavo lasciando andare troppo!" sorrise amaro, ripensandoci.
"A me … a me non è dispiaciuto." rispose la ragazza, non guardandolo. "E … sai io ti ho portato nell'altra stanza perché … tu sei diverso e la mia camera ne aveva visti tanti, di ragazzi. Troppi. E non volevo che vedesse anche te!" Lo guardò negli occhi, costringendolo sopra di sé.
Lui le sorrise nuovamente, baciandola dolcemente come aveva fatto la sera prima, accarezzandola ancora sui fianchi e sulla schiena, facendola sospirare e sorridere. "Non andartene mai, Scott."
"Mai. Finché mi vorrai!"
I suoi occhi parevano dire, che l'avrebbe voluto sempre.
 
DRIN! DRIN! DRIN!
Gwen allungò una mano e spense svogliatamente il cellulare, alla cieca, ormai abituata. Si stropicciò gli occhi e si stiracchiò quanto le fosse possibile, visto che si trovava tra le braccia del fidanzato. Prima ancora che riuscisse a togliersele di dosso, queste presero ad accarezzarla sulla schiena e sul ventre. Le arrivarono le sue labbra sul collo, sulla spalla, sulle scapole e le clavicole. Sentiva il suo corpo vicino. Non vedeva i suoi occhi, ma sotto le palpebre chiuse, dovevano essere quanto mai vogliosi.
"Mi spiegheresti, come mai con la tua sveglia sei così gentile, di grazia?" le domandò con voce morbida, tra un bacio e l'altro.
Ignorarlo non era semplice, con tutte quelle attenzioni, tutt'altro che implicite. Per un minuto buono, non disse assolutamente niente e si lasciò sfuggire un gemito, quando le arrivò sulla spalla un morso leggero.
"Il gatto ti ha mangiato la lingua?" le fu domandato, senza che lui smettesse di baciarla.
In un'illuminazione, Gwen ebbe il coraggio di aprir bocca e dire rapida e senza fiato: "Fammi alzare e potrai venire sotto la doccia con me!"
Lo sentì staccarsi bruscamente e sorrise vittoriosa, alzandosi in piedi e dirigendosi in bagno, seguita dai suoi occhi. Gli fece segno di seguirla con un dito, sorridendo. "Non vieni?"
Restava seduto sul bordo del letto e la squadrava con sguardo scettico. "Per cosa? Per farmi dare la porta sul naso e implorare pietà e perdono solo per divertirti? No, grazie!"
La giovane rise puramente, appoggiata allo stipite della porta del bagno, le braccia incrociate. "Piantala di fare il moccioso! Puoi veramente entrare con me!" Il suo sorriso non pareva star dicendo una bugia.
Duncan rispose con un ghigno e la raggiunse velocemente, spingendola dentro con un bacio e chiudendosi la porta alle spalle.
"Veloci però!" lo ammonì scherzosamente lei, alzando un dito.
Alzò una mano, mentre l'altra saliva sulla sua schiena e le sganciava il reggipetto, per poi sfilarglielo delicatamente. "Promesso!"
Si accontentò, Duncan. Era già buona che gli avesse dato "il permesso" e nonostante non fosse tardi affatto (si chiese se la sua fidanzata avesse impostato la sveglia così presto in previsione del risveglio), non fece repliche e si godette quei dieci minuti col suo profumo addosso e i suoi baci.
Dopodiché, quando uscirono, si divertì ad aiutarla a rivestirsi perché nel suo cervello prese forma il pensiero contorto che fosse come spogliarla, solo al contrario. Quando glielo disse, la giovane si mise a ridere divertita, per poi avviarsi fuori casa sua, accompagnata dal ragazzo.
"Sta sera torni qui, vero?" le chiese il ragazzo.
Lei sorrise, ormai fuori la porta. "Sì. Mi sento più a casa che a casa mia!" ammise, sorpresa poi da un ultimo suo bacio, molto dolce. "Tu sei la benvenuta, qui e lo sarai sempre. Mi fa piacere davvero che ti senta bene, a casa!" le rispose lui, a fior di labbra, per poi lasciarla andare, dandole però una chiave. "Tienila tu!"
Gli sorrise e chiamò un taxi. Partì, salutandolo dal finestrino e lui la seguì finché non sparì, all'angolo della strada. Poi tornò dentro e si fece la colazione, del caffè che bevve in due minuti: aveva bisogno di uscire e riflettere. Infatti, appena finto, prese il giubbotto e uscì, camminando senza metà per Toronto.
Quando le aveva chiesto se sarebbe tornata quella sera, era terrorizzato all'idea che avrebbe potuto dirgli di no. Questo perché la sua presenza non lo faceva sentire solo. Era diventata aria, ossigeno, anche solo le sue parole, gli scherzi.
"Ehi! Tutto bene?" gli fece ad un certo punto una voce al suo fianco. Gli arrivò una mano sulla spalla, di conseguenza. Scott, Heather a braccetto con lui.
"Scott! Heather! Ehi, ciao! Tutto ok, grazie!" rispose, anche lui dandogli un pugno sul braccio. "E voi?" ghignò poi, accennando ad una Heather molto timida e taciturna.
"Bene, grazie! E fai sparire quel ghigno!" ordinò scherzoso il ragazzo, al posto di lei. "Non è successo nulla!" Abbassò la voce. La ragazza annuì, più sicura.
"Stai bene, tu? Gwen era preoccupata!"
"Sto bene, dille di stare tranquilla, quando la vedi. E scusati da parte mia!" rispose l'interpellata, annuendo seriamente.
"Ehm … avete da fare, per caso?" domandò poi il punk, senza alcuna malizia. I due scossero la testa e lui batté le mani felicemente. "Ah, perfetto! Perfetto! Perché avrei bisogno di una mano."
La giovane, dubbiosa, alzò un sopraciglio. "Una mano per cosa?"
"Adesso ve lo spiego. Intanto, andremo prima in gioielleria e tu mi aiuterai, Heather! Poi al negozio di un mio amico che dovrebbe avere quello che sto cercando ed infine a casa mia." esultò, allargando le braccia e facendo sì che i due si guardassero.
"Mi sfugge la logica!" non si trattenne Scott. "Il vostro anniversario è passato da un bel po', sei in ritardo!" giocò, credendo volesse comprarle un regalo.
La ragazza gli diede ragione, annuendo verso l'amico con una smorfia che era tutto dire. "E il compleanno di Gwen è tra sei mesi, t'informo!" fece.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, spazientito: quando quei due facevano squadra, erano insopportabili, oltre che invincibili. "Vi ho già detto che ora vi spiego! Nel frattempo, tu" Indicò la giovane. "mi darai una mano in gioielleria. Tu," Indicò Scott. "mi aiuterai con la sorpresa. Ed entrambi, mi aiuterete a mettere in ordine la stanza!" concluse con stizza. "E ora, andiamo!"
Indicò la strada e s'avviarono senza una parola per un bel pezzo, finché Duncan non scherzò: "Oh, sì! E tu Heather, potrai riprenderti tranquillamente quel vestito celeste. A Gwen sta bene, ma è meglio senza niente!"  
 
Seguì le lezioni tutto il giorno. Cercò di farlo, ma stranamente, non le trovò appassionanti affatto. Non le interessavano. Aveva altro per la testa e gli occhi le brillavano perennemente pensando a baci e abbracci e carezze che la facevano perdere e stare bene. Sentendosi il collare di Duncan addosso, sul collo.
Più i professori e i compagni tentavano di farle ascoltare, più si estraniava ed allontanava da quel luogo, desiderando di essere altrove, da qualsiasi altra parte.
Fu una sua prof, molto intelligente, che la notò e la trattenne alla fine dell'ora, soltanto per dirle che si deve sempre stare dove sta il nostro cuore. Altrimenti, non serve vivere. Poi, l'aveva congedata e vedendo il suo sorriso, era certa che avesse capito.
Infatti, la ragazza svuotò l'armadietto. Parlò al preside e così come c'era entrata, lasciò l'università. Uscì nel bel mezzo dell'orario, tra studenti che andavano e venivano e chiamò un taxi, senza mai voltarsi indietro. Senza sentirsi minimamente in colpa. Senza preoccuparsi di quello che avrebbero potuto dire.
Tornò a casa di Duncan e aprì la porta con la chiave che il ragazzo le aveva regalato. La chiuse piano dietro di sé e poi si guardò attorno: buio. Silenzio. C'era solamente un grosso cerchio argentato, a sinistra. Guidata dalla sua luce, ci si diresse e c'immerse una mano, prendendo della polvere argentea. Stupita, la gettò in aria e questa parve creare delle piccole stelle per tutto il salotto.
A bocca aperta e a memoria, stando attenta a non calpestare qualcosa, si diresse nella stanza del ragazzo. "Duncan?" chiamava piano, avviandosi. "Duncan?" Pareva non esserci assolutamente nulla per terra.
Cercò a tentoni la maniglia della porta ed entrò, dilatando ancora di più le pupille, vedendo il suolo illuminarsi di bianco ad ogni suo passo, la luce sollevarsi in polvere e creare la luna e le stelle, danzando, illuminando il nero della camera, rendendolo blu notte.
Si mise le mani sulla bocca e trattenne ogni esclamazione, sentendo la porta. Delle mani dolci scorrere lungo le sue braccia, prenderla per i fianchi ed alzarla da terra. Tenerla in braccio, fino a farla stendere sul letto.
"Bentornata, Gwen!" le sussurrò Duncan, al suo fianco, per poi darle un bacio a cui non si sottrasse, come non si sottrasse ad ogni sua attenzione, ora che non aveva più lo studio per la testa, potevano veramente farlo, vivere così.
"I tuoi occhi sono le stelle più belle!" gli sussurrò forse un'ora dopo, mentre il punk ancora la baciava, accarezzandola, un po' stupito che non glielo impedisse.
Lui si fermò e rise al suo sbuffo di disapprovazione. Si sedette sul letto e invitò anche lei, che si mise tra le sue braccia. Uno l'accolse, l'altro indicò un punto d'argento in quel cielo artificiale, per poi guidare anche una sua mano e fargliela schiudere intorno a quel piccolo astro. La ragazza guardò cosa l'era rimasto in mano e gli occhi le brillarono. Li rivolse a Duncan.
"Sposami, Gwen. Resta così, con me. Sempre. Anch'io lo vorrei!" gli fece lui, a voce bassissima, quasi si vergognasse.
Al contrario, la ragazza non si vergognò affatto a girarsi e stringerlo, piangendo felicemente e baciandolo ovunque, affamata, veloce, per poi lasciare che le infilasse l'anello al dito ed intrecciasse le dita delle loro mani. Le fronti che si toccavano, le labbra che si sfioravano ogni tanto. Il respiro corto. "Sì! Certo che sì!"
"E con l'università …?"
"L'ho lasciata, l'università." l'interruppe con un sorriso. "Voglio solo stare a casa!"
Ricambiò l'espressione e la strinse più forte, baciandola di nuovo e tenendola stretta. Amandola ancora come non aveva fatto mai. Di più. Fermandosi solo ogni tanto, per sorriderle e ridere con lei. Un amore di cui non si sarebbe ritenuto capace, sperando che lo sentisse e che non vedesse solamente quel ragazzaccio che era. Felice di sentirla piangere e ridere. Ridere con lei, in ultimo, con ancora la spudoratezza di accarezzarla sotto le lenzuola, tra le sue braccia.
E lei non gli disse di no neanche una volta. Per nulla. Lo sentiva, era felice. E lo era anche lei, con lui, sempre! Piangevano e ridevano, senza lasciarsi mai. Carezzandosi e baciandosi. Chiamandosi, ogni tanto si dicevano di amarsi. E amandosi di nuovo, davvero, per poi guardare le stelle, finalmente a casa.


WRITTEN BY Angelo Nero


 
 
§  L'Angelo ritorna  §
Eh?! EH!?
Oh, andiamo! Chi non ama insieme questi piccoli pucci pu? :3

Comunque, come ho detto (l'ho detto? xD ), mi ringrazierete più tardi ;)
Baci, a presto <3



 
   
 
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