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Autore: MAMMAESME    02/09/2014    2 recensioni
La storia originale si interrompe poco prima della partenza dei fratelli Salvatore per nascondere il corpo mummificato di Klaus. Quello che avviene dopo è un miscuglio di “What if”, di scene trasposte e di personaggi noti … meno noti e inventati. Gli occhi che ci guideranno, la voce che racconterà non poteva essere che la SUA: una visione soggettiva, emotiva ed emozionante … almeno spero.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 29
… IL BIVIO …
(Elena)

Il portale si era chiuso, ma Damon ancora non riapriva gli occhi.
Il suo volto era immobile e incominciava ad assumere un lieve colorito grigiastro.
Lo stavo perdendo.
Quel pensiero mi colpì come una frustata sul cuore.
Non potevo lasciarlo andare.
Non gli avrei permesso di lasciarmi.
Ovunque fosse bloccato, sarei andata a prenderlo, lo avrei raggiunto per riportarlo a casa … o per restare con lui: non vi era altra opzione nel mio futuro.

Mi sdraiai sul suo corpo, sui suoi vestiti appena riscaldati dal fuoco del camino. Bonnie continuava a sostenergli la testa, mentre Cinthia e Pheeb rimanevano legati, nello sforzo immane di tenere aperta una via per premettere a Damon di tornare.
Cercai le sue mani e le intrecciai alle mie.
Non m’imbarazzava creare un contatto più intimo con il mio uomo davanti ai miei figli, non m’importava che mi vedessero tanto disperatamente irremovibile nel mio proposito di riaverlo: avrei riportato Damon tra le mie braccia e per fare ciò avrei anche affrontato l’inferno … o all’inferno sarei finita.

Aderendo perfettamente al suo corpo, posai le labbra accanto al suo orecchio; non pensai a cosa dire, non cercai le parole: semplicemente diedi voce ai miei sentimenti, ad una speranza che non voleva estinguersi e si faceva forte al pensiero di riuscire nel suo intento.

“Non ti dirò addio, Damon, né ora né mai. Abbiamo avuto troppo poco tempo, siamo stati insieme per un periodo troppo breve. So cosa significa vivere senza di te. So bene cosa significa la tua assenza … e non potrò dormire per altri vent’anni, non potrò abbandonarmi all’oblio per l’eternità … quindi, se non vuoi che venga io da te, torna qui, torna da me.
Non puoi aver legato la mia anima alla tua, la mia eternità alla tua, per poi lasciarmi sola: io sono incatenata a te e non ho nessuna voglia di liberarmi, perche tutta la sofferenza che abbiamo subito non può essere inutile, non può rendere assurdo il tempo che abbiamo sprecato combattendoci, aspettandoci, amandoci.
Torna e dimmi che il nostro legame sarà immortale come le nostre vite, che non abbiamo lottato invano.
Ho bisogno del tuo amore, fondamenta della mia stessa esistenza, strazio e delizia delle mie giornate, senso e follia di ogni mia notte.
Tu non sei solo il mio uomo … non sei solo il mio compagno … il mio complice … il mio tormento: tu sei l’unica ragione che mi permette di immaginare un qualsiasi futuro in una vita qualunque, ovunque nello spazio e nel tempo.
Non voglio cedere alla tentazione di accasciarmi su me stessa, di arrendermi per poi raggiungerti nel nulla: voglio lottare per te fino alla fine, fino a consumarmi sul tuo corpo e diventare cenere con te.
Vivevo di te, del tuo amore …
Vivrò di te, del nostro amore …
O morirò aspettandoti.”

-o-o-o-o-

(Damon)


Il buio scivolava su di me.

Cercavo la voce di Elena, tentavo di ritrovarla nella mia testa, nello spazio angusto di quel luogo che mi stava intrappolando.

Il silenzio era totale, assordante quanto un boato.

Eppure ero sicuro che non si sarebbe arresa, perché sapeva che nemmeno io mi sarei dato per vinto.
Ero un niente che vagava nel nulla e solo il suo richiamo avrebbe dato sostanza alla mia anima persa.
Cercai uno spiraglio nel buio, un sospiro nel silenzio, ma la mia disperazione infittiva la già tetra oscurità.

Non volevo rassegnarmi, ma mi resi conto che, se avessi voluto cogliere un segno, avrei dovuto tranquillizzarmi e permettere ai segnali di raggiungermi, piuttosto che inseguire qualcosa che non c’era con gli occhi accecati dall’angoscia.

Come potevo tranquillizzare la mia essenza impalpabile?
Poteva un’anima sospirare? Poteva regolare il respiro che non aveva?
Ci provai comunque.

Lasciai che la mia mente fluttuasse tra immagini spontanee, indefinite, reali, fittizie, sognate …
Mi abbandonai a ricordi di sensazioni, a memorie inconsce, permettendo al mio “essere” di agganciare spontaneamente il filo che mi avrebbe ricondotto da lei.

Il buio si riempì di figure e di voci indistinte: una tempesta di colori mescolati a formare un’immagine astratta, mutevole, sfuocata.

Resistetti alla tentazione di mettere a fuoco un punto definito, di sforzarmi per riconoscere qualcosa o qualcuno, di imporre la mia volontà al caos.

“Vienimi a prendere, ovunque tu sia,” pensai.
“Indicami la via e ti raggiungerò,” la invocai.

Dal caos di luci e suoni emersero due immagini distinte, due voci uguali come un’eco.

Elena prese forma in quelle proiezioni: in entrambe invocava il mio nome.
In una era stesa sul mio corpo esanime e mi parlava con determinata dolcezza, disperata ma determinata nel rivolermi accanto.

Nell’altra era sola, accasciata al suolo e affranta, lo sguardo incollato ad una porta chiusa, la voce ridotta ad un lamento sofferente, negli occhi le tenebre della disperazione.

Presente e passato avevano aperto le porte per farmi tornare.
Passato e presente mi richiamavano.

Quale sadico regista stava dirigendo il mio destino, lasciando a me la decisione se riavvolgere il nastro o ricominciare dall’ultimo ciack?
Potevo scegliere e sentivo di non avere molto tempo … potevo scegliere e non avrei mai voluto doverlo fare.

Guardai l’Elena di venticinque anni prima: tornando da lei avrei potuto risparmiarle inutili patimenti; avrei potuto evitarle anni di straziante oblio, un ricatto indecente, decenni di letargo.
Se fossi tornato a quel momento, sono certo che avrei riaperto quella porta, che mi sarei fiondato da lei e l’avrei risollevata, rassicurata, protetta.
La mia vita sarebbe cominciata con un bacio, con un suo sì … con lei.
In venticinque anni avevamo perso un’infinità di momenti insieme, istanti che non avremmo  potuto riprenderci, ore che non sarebbero tornate: avevamo perso baci, mancato appuntamenti; non l’avevo vista ridere, non avevo potuto consolarla mentre piangeva. Non avevo potuto fare l’amore con lei ogni notte … migliaia di notti perdute, che nessuno avrebbe potuto mai restituirci,

Anche se tornando non avessi avuto i miei ricordi, anche se mi avessero cancellato quegli anni dalla memoria, non avrei ripetuto i miei errori! Non potevano rimandarmi indietro per farmi rivivere gli stessi tormenti, gli stessi inutili anni vuoti.

Eppure quel dubbio mi tormentava: avrei avuto memoria di ciò che era accaduto, delle mie sofferenze, di quelle di Elena?

E lei? Senza i suoi ricordi avrebbe accettato di amarmi o, avendomi accanto, non avrebbe mai capito che non poteva vivermi lontana?

Cancellare ogni sofferenza e ricominciare o ripartire dal presente con il bagaglio del passato a ricordarci i nostri errori, per non ripeterli, per non sbagliare ancora?

Inoltre, avremmo dovuto combatterebbe di nuovo quella battaglia ormai vinta contro Klaus, contro il destino avverso: come ci avrebbe ingannati? Come ci avrebbe ricattati in quel nuovo futuro?

Pheeb e Cinthia sarebbero mai nati?
Stefan avrebbe trovato la sua strada, la sua nuova vita?
Gli originali avrebbero raggiunto una tregua, firmato la pace?
Tornare indietro era un rischio immenso: valeva la pena correrlo?

Il tempo che scorreva era una guaina stretta contro la pelle, le lacrime e i lamenti di Elena mi laceravano, strattonandomi da una parta e dall’altra.

Passato o futuro? Ricostruire un futuro nel passato o partire dal presente per immaginare un futuro nuovo?
Ricucire lo strappo o tessere una nuova tela?

In fondo avevo davanti a me l’eternità da trascorrere con lei: era ciò che avevo agognato da sempre, era l’unica cosa che ancora desideravo … per tutto il sempre possibile

Quei venticinque anni sarebbero stati solo una breve parentesi, una ferita cicatrizzata sul cuore, lì a ricordarmi che non avrei mai potuto vivere senza di lei, che lei non tollerava di vivere senza di me.
Scambiare domani con ieri o tornare ad oggi e da lì ripartire?

Damon …
Quella voce … quel richiamo.
Che cosa stavo aspettando?
Di quali altre inutili risposte avevo bisogno?


“Ti guardo piangere, e ancora mi stupisco che quelle lacrime siano per me.
Ti guardo, lusingato e incredulo davanti all’innegabile immensità del tuo amore,
tutto quell’amore per me.
Troppo … e non ne avrò mai abbastanza.
Tanto … solo io ti amo di più.
Ora … qui … dove tu non mi vedi, dove non puoi denudarmi l’anima,  
posso lasciarmi investire dal tuo amore, senza il timore di rimanerne sopraffatto,
posso accettare i tuoi sentimenti, senza l’ansia di sporcare la tua anima,
conscio che se una donna come te mi ha scelto …. forse posso meritarla,
se un essere speciale, come tu sola sei, mi ama … forse posso accettare di essere amato.
E se io non torno
chi si prenderà cura di te come solo io saprei fare?
Chi raccoglierà le tue lacrime, chi ascolterà le tue risate?
Chi … alla fine di ogni singolo giorno … si accerterà che tu sia felice?
Anima mia,
fiore d’acciaio,
chi t’impedirà di raggiungermi nell’unico posto in cui non ti voglio accanto a me?
Chi … se non  io?
Chi … amore mio?
Tranquilla, non piangere un’altra lacrima.
Arrivo, Elena … e non dovrai aspettarmi mai più!”




EPILOGO
(coming soon)




  
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