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Autore: Switch    02/09/2014    7 recensioni
Sequel di "September in the rain." TMNT 2003
Sono passati otto mesi da quella lotta nel parco tra Gregor e Isabel-Raphael. New York è tornata alla normalità o forse no: che ne è dei Purple Dragons? Che cosa succede a Leo? E perché Raphael si comporta in quel modo?
A volte fare la cosa giusta è difficile e doloroso. A volte quando ti innamori capisci che un aspetto dell'amore è egoismo.
E la cosa più complessa è amare qualcuno così com'è.
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heart's mutation'
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Il dolore era atroce, non era nemmeno possibile cercare di capire dove fosse più intenso, perché l'intero corpo era come cosparso di fuoco che ardeva la sua carne mentre era ancora vivo. O forse non era vivo e stava bruciando tra le fiamme dell'inferno. Sempre se i mutanti finivano all'inferno.

Raph cercava di non svenire, ma la sua coscienza andava e veniva, la vista si annebbiava a tratti e i suoni e i rumori si affievolivano per interi minuti, per poi ritornare con prepotenza, all'improvviso e decisamente troppo alti, tanto da assordarlo e confondergli i sensi.
Era stordito, sofferente e in preda ad un'angoscia soffocante.
Respirare era un'agonia, rantoli strozzati, strazianti come essere trafitto da cento pugnali, gelidi e impietosi nella carne.

Sentì delle mani che lo afferrarono e lo sollevarono, e parole confuse e flebili, dette da non sapeva chi, mangiate via dal dolore e l'ansia, dalla confusione e il buio; poi forse svenne per qualche istante, perché non ricordava di essere stato portato da qualche parte, ma dopo la bruma si riscoprì a fissare il tettuccio di un'auto, mentre Don e Mikey lo stringevano per non farlo muovere.
Mikey. C'era Mikey. Se non era un'allucinazione dovuta dal dolore, suo fratello era davvero di nuovo assieme a loro, vivo... sentì un po' del panico sciogliersi, ma dov'era Leo?
Non poteva muoversi per controllare e il dolore stava di nuovo per farlo svenire, ma appena prima del niente sentì il leader urlare qualcosa, decisamente spaventato. Voleva aiutarlo, voleva capire e aiutare i suoi fratelli, ma gli spasimi si portarono via tutto di nuovo, prepotentemente.

Rinvenne ancora ed ogni volta era peggio della precedente, perché il dolore cresceva e il respiro invece diminuiva: non riusciva più a mettere a fuoco per bene ormai e l'udito era tutto ciò che gli rimaneva come contatto con la realtà.
Sentì le mani di qualcuno che strappavano via brandelli di tessuto dal suo corpo con esclamazioni sofferte ad ogni gesto, come se la vista delle sue ferite fosse troppo cruda e difficile da digerire.

Don?” rantolò con fatica tra un gemito di dolore e l'altro, provando a fargli capire che fosse ancora cosciente, nonostante tutto.
Va tutto bene, Raphie. Andrà tutto bene” disse la voce spezzata del fratello, che gli strappò un sorriso senza volere.

Almeno credeva di aver sorriso. Dentro lo stava facendo. Perché Don non lo chiamava più Raphie da un secolo. Da piccoli era l'unico modo in cui lo chiamava, quando ancora non sapeva pronunciare bene le parole, a causa dei denti di davanti da coniglietto; era suo dovere chiamare lui e Mikey con dei soprannomi, aveva detto, perché era il loro fratello maggiore e poteva coccolarli e vezzeggiarli in ogni maniera possibile. Poi aveva smesso di rivolgersi a lui in quel modo quando lo aveva battuto la prima volta in uno scontro, a dieci anni: da quella volta era stato lui a prendersi il diritto di chiamarlo Donnie e di trattarlo come se fosse lui il maggiore, anche se sapeva che Don non lo gradiva.
Ma a quanto pareva per il genio lui era sempre Raphie, anche se veniva fuori solo in momenti delicati come quello, in cui la sua razionalità si scontrava con la paura.
Non doveva essergli rimasto molto, allora. Stava morendo. E non era così sorpreso, in effetti; era più stupito di essere ancora vivo.

Una porta si aprì con un colpo secco, nel silenzio pieno di ronzii e sbuffi del laboratorio.
Sono qui” sentì dire ad una nitida voce femminile e poi il respiro rincuorato di Don, come se un miracolo fosse appena accaduto davanti ai suoi occhi.
No! Nonononononononono!” iniziò ad urlare Raph con foga, perché sapeva a chi apparteneva quella voce.
Come se avesse potuto non saperlo.

Il suo corpo, se corpo si poteva chiamare quella massa di sofferenza che lo componeva, lo faceva impazzire dal dolore, ma prese ad agitarsi al tocco di quelle mani, che non voleva su di sé.
Vai via! Vattene da qui!” le gridò contro, sforzando lo sguardo per metterla a fuoco.
Gli occhi castani che in passato aveva amato alla pazzia apparvero davanti ai suoi, profondi, preoccupati e doloranti per lui, cerchiati di occhiaie livide. E lui non poteva sopportarlo. Non voleva guardarli, non voleva vederli.
Meglio davvero morire. Perché non poteva morire in santa pace, senza che fosse lei l'ultima persona su cui avrebbe posato lo sguardo?

Sentì Don che provava a tenerlo fermo e poi le fitte dei muscoli che si contraevano per la perdita di sangue e lo shock e la coscienza che si affievoliva; e vedeva sempre lei, con la pelle pallida e tirata, come se fosse sul punto di svenire su di lui.
Non ti voglio più vedere! Te ne devi andare via! Per sempre! Odio averti qui! Odio vederti!Vattene! Vattene e scompari dalla mia vita!” continuò a gridare con la tachicardia, le parole piene di rabbia eppure sempre più fievoli per la mancanza di ossigeno.
Isabel non si scompose, anzi, non staccò un secondo lo sguardo dal suo.

Donnie, hai della morfina, un anestetico? Se continuerà ad agitarsi avrà un collasso” la sentì dire con la voce stridula, seppure contenuta forzatamente per mantenere la calma.
Percepì che il fratello si era allontanato di corsa per controllare e prendere ciò che gli aveva chiesto, mentre lei non si era mossa di un millimetro dal suo fianco, ritta e pallida come un fiore di giglio.
E quegli occhi scuri lo trascinarono da qualche parte, perché il solo guardarli lo stava facendo sentire debole e sconnesso, il dolore che si affievoliva lentamente, la consapevolezza di sé che svaniva in una luce accecante.

Andrà tutto bene, riposa adesso” sussurrò Isabel, con un lieve sorriso rassicurante.
Chiuse gli occhi, e tutto fu luce e ombre che si mescolavano dolcemente, indistinto.

Vai via! Odio che tu sia ancora qui, non voglio mai più vederti” biascicò mentre cadeva nell'oblio, stranamente quieto.
Va bene. Ma solo se combatterai per non morire. D'accordo?” riecheggiò la voce nel nulla, lontana, flebile, ormai di un altro mondo.




Pesantezza.
Ogni cosa e sensazione era solo pesantezza, come se avesse addosso il peso del mondo, come se il suo corpo fosse schiacciato, intorpidito, per sempre.
Batté le palpebre con fastidio, due o tre volte, prima di arrischiarsi ad aprire completamente gli occhi e guardarsi intorno.
Dove diamine era?
Riconobbe i mattoni del soffitto, giallo paglierino, -il colore dei mattoni del rifugio,- ma come ci era arrivato? Era stato tutto un sogno? La trappola di Hun, lo scorrazzare nei sotterranei insieme a Don e la lotta col coccodrillo gigante... lo aveva davvero sognato?

Provò a tirarsi su di scatto, ma una fitta al petto lo fece piegare su sé stesso dal dolore, col respiro mozzo.
La sofferenza riportò tutto alla mente, con immagini spaventose che accrebbero il dolore esponenzialmente, causandogli un acceso attacco di tosse che rimbombava nella cassa toracica con fastidio.

Ehy, ehy, ehy, niente gesti inconsulti! Non sei ancora tutto come prima!” lo sgridò la voce di Don, mezzo esasperata.
Alzò lo sguardo e vide il fratello genio farglisi incontro, con uno scintillio negli occhi, di sollievo e contentezza. Erano nella sua camera, anche se all'inizio non se n'era accorto, preso com'era a capire cosa fosse davvero successo.

Don lo aiutò a rimettersi sdraiato e tirò di nuovo su il lenzuolo che lo copriva, con attenzione.
Cosa... cos'è successo? Come... come siamo usciti dai sotterranei? Che giorno è oggi? Cosa...” domandò velocemente, in preda alla confusione totale, chiedendosi se invece non avesse semplicemente immaginato tutto.
Ma allora perché tutte quelle bende, perché tutto quel dolore?

Calmati! O ti dovrò somministrare un tranquillante! Se prometti di non agitarti ti racconto cos'è successo” esclamò Donnie, con un tono da dottore che sembrava davvero piacergli troppo.
Il fratello prese la sedia dove aveva riposato mentre lo teneva d'occhio e la portò vicino al letto, sedendosi poi con calma.

Gli raccontò ogni cosa, dal momento in cui lui era caduto giù dal soffitto assieme al coccodrillo, di come lo avesse ucciso trapassandolo con Sai nel palato, arrivando così al cervello, ma di come fosse rimasto troppo ferito dallo scontro, incapace di muoversi, prossimo alla morte.
Non avevi un osso intero! Cinque costole fratturate, il femore sinistro esposto, una frattura scomposta al braccio sinistro, la spalla lussata in quello destro e una commozione celebrale. Per finire un polmone bucato e il fegato lacerato. E il sangue. Avresti dovuto vedere la quantità di sangue che hai perso! Sembrava una scena splatter, da voltastomaco” riferì con cipiglio tecnico Don, palesemente disgustato e inorridito.
A Raph venne quasi da sorridere. Don era quello che si nascondeva sotto le coperte, quando da piccoli guardavano film dell'orrore con una quantità enorme di sangue e budella di fuori; era rimasto identico ad allora, troppo sensibile, troppo gentile.

A te non è successo niente, vero?” si informò con apprensione, strappando un sorriso di gratitudine al fratello che lo rassicurò, ringraziandolo.

Poi continuò a narrargli di come all'improvviso il pavimento sotto di loro avesse iniziato a muoversi e salire, mentre lui provava a fermare l'emorragia, e dell'arrivo all'arena, dove si erano ricongiunti con Leo e Mikey.
Dove sono? Come stanno?” chiese di colpo Raph preoccupato, interrompendo il suo racconto. Di nuovo cercò di sollevarsi, lentamente, anche se lo sguardo di Don si corrucciò nuovamente di rimprovero.
Stanno bene. Avevano delle ferite da arma da fuoco, ma adesso stanno entrambi bene. Rilassati, però, o ti metterò a dormire e non finirò di spiegarti i fatti.”

Raph si poggiò sui cuscini, mantenendosi semi sdraiato e gli fece segno di continuare.
Don fece per aprire bocca, ma un lieve bussare arrivò dalla porta, interrompendoli.

Avanti.”
Il viso di Steve fece capolino dallo spiraglio e gli occhi del ragazzo sgranarono nell'incrociare quegli svegli e vigili di Raph, come se avesse di colpo visto una bestia feroce pronto ad azzannarlo.

Do-Donatello, mi... mi serve un antipiretico. Ha un po' di febbre” balbettò a disagio, tenendosi a debita distanza da loro, praticamente sulla soglia della porta.

Il genio ridacchiò sottilmente al vedere come il giovane reagiva alla presenza di Raphael, quando invece non si era fatto scrupolo ad entrare con facilità e ad avvicinarsi per studiarlo mentre dormiva, nei giorni precedenti.
Nel laboratorio, di fianco alla scrivania, c'è la borsa medica; leggi sulla confezione, troverai scritto antipiretico... è abbastanza chiaro?” spiegò passo per passo, tranquillamente.
Steve annuì soltanto, con gli occhioni azzurri che non riusciva proprio a staccare da Raph, anche se ci stava provando con ogni mezzo; forse aveva paura che se avesse smesso di guardarlo gli sarebbe saltato al collo e lo avrebbe ucciso.
Biascicando qualcosa che non capirono, Steve uscì dalla stanza come una furia, sparendo in un lampo.

Don rise apertamente, mentre Raph aveva lo sguardo sempre più corrucciato.
Il marmocchio cosa ci fa qui? E per chi è la medicina?” sbottò, incredulo e piuttosto confuso.
Il marmocchio ci ha salvato, per tua informazione” lo sorprese Don, con un sorriso soddisfatto per l'espressione di stupore che si dipinse sul suo volto.
Gli spiegò delle bombe create dal ragazzo, delle esplosioni che avevano annichilito e spaventato Hun e i suoi scagnozzi e non tralasciò nessun dettaglio: dal fragore alle fiamme, dai detriti alla polvere, dalle urla al terrore. E poi la fuga in furgone spericolata e vorace, mentre sfuggivano alla più grande deflagrazione, della quale si era parlato nei telegiornali per giorni.
E Raph ascoltò sempre più rapito e sempre più incredulo. Il moccioso aveva salvato le loro chiappe... il moccioso che era scappato con la coda tra le gambe al loro primo incontro, quasi un mese prima.

Un momento... che giorno è oggi? Quanto tempo è passato?” sparò a raffica, provando a fare un calcolo mentale.
Era il 23 di Giugno quando erano finiti nella trappola, di quello era certo, ma non era certo che fosse solo il giorno dopo. Sarebbe stato un po' improbabile.
Torse il collo e guardò verso la piccola finestrella magica che c'era ormai in ogni stanza, da quando il rifugio era stato ricostruito: filtrava la luce di quella che sembrava una tenue alba... ma di quale giorno?

Oggi è il 30 di Giugno. È passata una settimana” lo aggiornò Don, teso nell'aspettarsi una sua qualche reazione.
Una settimana. Era rimasto fuori gioco per una settimana. Aveva dormito o era rimasto in stato di coma per una settimana intera. Certo, le sue ferite non erano leggere, ma una settimana.... e com'era possibile che stesse così bene dopo solo sette giorni, per di più?

Passò una mano distratta sulle bende che gli fasciavano il torace, ma sentì che era tutto a posto. Certo, se si muoveva di scatto sentiva delle fitte a causa della rigidità degli arti e della postura di riposo forzata, ma si sentiva incredibilmente bene.
Come...”
Isabel ti ha curato. Era per lei la medicina, al momento sta riprendendo le forze nella sua vecchia camera” lo interruppe Don con voce sottile, come se non volesse dirglielo, ma non potesse fare altrimenti.
Raph sollevò lo sguardo, col cuore pieno di rimorso, e si diede dello stupido. Certo, chi altro avrebbe potuto? E come aveva fatto a non accorgersi del profumo di fiori e miele della sua crema magica che lo avvolgeva, completamente?

Non voleva sapere niente, non voleva che lui gli raccontasse di come si fosse immolata per il suo bene, ma sapeva che non avrebbe potuto fare altrimenti, sapeva che doveva ascoltare e sentirsi in colpa, volente o nolente.
Sta bene?” chiese, sinceramente interessato, su quell'argomento.
Non voleva che lei stesse male per causa sua, rendeva solo tutto più complesso e difficile, ed allontanarla da sé sembrava solo ancora più un'utopia.

Se con bene intendi che non morirà, sì, allora sta bene. Ma ha rischiato molto” commentò Don, dando senza saperlo una mazzata al suo senso di colpa.
È svenuta quattro volte solo per rimetterti a posto la gamba. Ci ha messo due ore. E nelle seguenti due ore in cui ha ricomposto il tuo corpo e ti ha dato la sua energia, ha perso i sensi altre tre volte, ma se ti dicessi che per quel motivo ha smesso anche solo un secondo di curarti, mentirei. Oh, e sai che adesso per curare gli altri può usare le mani? Sembrava molto fiera della cosa.”

Aveva abbassato il capo e ascoltava, anche se non avrebbe voluto. Don non poteva capire come lui si sentisse nell'apprendere quelle notizie, come lo facesse sentire il pensiero di essere il motivo per cui Isabel era quasi morta. Di nuovo.
Non lo voleva sapere e avrebbe voluto che non fosse successo. Avrebbe voluto non doverle niente, avrebbe voluto che non fosse nemmeno lì, avrebbe voluto che tra loro ci fosse stata distanza e silenzio, com'era giusto che fosse.
Non lo voleva il suo amore, lo soffocava, lo costringeva a sentirsi riconoscente e il pensiero lo faceva sentire sporco e ingrato, ma anche nel giusto. Non aveva chiesto di essere curato, non le aveva chiesto mai niente.

Poi, nonostante fosse mezzo morta, è andata a curare il padre di Steve, perché voleva finire il ciclo di terapie, ha detto, e non c'è stato verso di smuoverla. Ha continuato a curare te e lui per i successivi tre giorni e alla fine è crollata e dorme da allora” finì di spiegargli Don, mettendo ancora di più il dito nella piaga.
Rimase il silenzio tra loro, così affollato di pensieri, da non riuscire nemmeno a percepirlo.

Beh, non gliel'ho chiesto! Ma... immagino di doverla ringraziare” esalò dopo qualche secondo, piuttosto forzatamente.
E dovresti chiederle scusa” aggiunse la voce del fratello, asciutta.

Raph lo guardò in viso e notò con orrore che la sua espressione di rimprovero era tornata ed era persino più accentuata di prima.
Scusa per... cosa?” replicò attonito, guardandolo come se fosse pazzo. Non voleva di certo che si scusasse per averla lasciata, no?
Per tutte le cattiverie e le ingiurie che le hai rivolto contro quando è venuta a curarti.”
L'ho... l'ho insultata?” domandò, inorridito e anche un po' titubante.
Non ricordava niente del genere, non ricordava nemmeno di averla vista o di averci parlato... ma addirittura insultata, non poteva crederlo.

Beh, diciamo che sei stato sgarbato. Ma no, non ti ripeterò cosa le hai detto. Fatelo dire quando chiedi scusa” concluse secco il genio, come se fosse un discorso chiuso.

Lo forzò a ritornare completamente sdraiato e non rispose quando gli chiese che ne era stato di Hun, dicendo che lo avrebbe informato in un altro momento, quando fosse stato un po' più in forze e un po' più tranquillo. Poi il genio scese in cucina a preparargli qualcosa da mangiare, disse, e gli raccomandò di riposare un po'.

Raph attese che uscisse dalla stanza e poi di sentire il suono dei suoi passi che si allontanavano; si alzò lentamente, quando fu sicuro di non poter essere sentito.
Mettersi in piedi non fu doloroso, solo un po' difficile per via della rigidità che sentiva in ogni cellula del corpo.
Camminò lentamente fino alla porta e la aprì con cautela, occhieggiando con sospetto per vedere se qualcuno fosse al di fuori: il pianerottolo circolare era deserto e si arrischiò ad uscire, dandosi un'occhiata attorno. La camera di fronte alla sua, dall'altra parte dell'anello che faceva da corridoio per le camere, attirò la sua attenzione, con prepotenza.
No, non ci sarebbe andato. Non voleva andarci. Ma doveva.

Camminò raso muro, con pazienza e fatica, fino ad arrivare alla porta, la seconda da sinistra, tra la camera di Leo e quella di Mikey.
La camera dove aveva vissuto Isabel. Mikey continuava a chiamarla 'la stanza di Isabel', anche se lei non viveva più con loro. Cocciuto.
Doveva bussare. Ma non voleva farlo. Eppure doveva. E vinse come sempre il dovere.

Avanti” sentì dire alla voce dolce e familiare.
Entrò e tutto ciò che vide in un primo momento furono due occhi castani che sparirono sotto un lenzuolo, e il ragazzetto, Steve, che lo guardava con spavento dalla sedia vicino al letto, congelato con un bicchiere in mano che tendeva verso la figura rannicchiata.
Avrebbe quasi riso, perché la scena era davvero comica, seppur grottesca. E sapeva che solo lui poteva spezzarla in qualche modo.

Mocc... Steve” si corresse a metà strada, “dovrei parlare con Isabel” esalò con tutta la calma che gli riuscì, cercando di non spaventarlo più di quanto già non fosse.
Il ragazzo assunse d'un tratto uno sguardo molto più lucido e scaltro, quasi guardingo.
Lo stava sfidando?

Solo... solo se Isabel è d'accordo” gli rispose con baldanza, più di quanta ne avesse in effetti in quel minuscolo corpo.
Sì, non c'è problema, Steve” sentirono entrambi dire da sotto il lenzuolo, con sorpresa.

Il giovane poggiò il bicchiere sul comodino e poi si alzò con calma, senza staccare lo sguardo fiero e diffidente dal suo, come se lo stesse minacciando di non fare cose strane mentre non c'era. Rimase sbalordito e sorpreso dalla cosa. Non che ne fosse davvero intimorito, -era più o meno come se Isabel avesse un chiwawa che gli ringhiava contro,- ma perché il moccioso sembrava così apertamente ostile nei suoi confronti?
La porta si richiuse alle sue spalle e il silenzio sembrò ancora più pesante di prima. Isabel non si mosse dal suo riparo improvvisato, ma la sentiva respirare in agitazione dal di sotto.
Prima avesse parlato, prima sarebbe finita.

Sono venuto a parlare con te. Per... quello che è successo dopo lo scontro... Don me l'ha raccontato” esalò con forza, deciso a sputare fuori tutto.
Vide il lenzuolo muovere la testa a destra a sinistra.

Non ce n'è bisogno” disse in contemporanea Isabel, frettolosamente, la voce tesa che suonava più alta.
Senti, potresti almeno uscire da lì sotto? Sto cercando di ringraziarti, se non l'avessi capito” sbottò d'improvviso, con parte della pazienza che stava andando a farsi benedire.
Era sempre stato così, con lei, mai una volta che riuscisse ad essere tutto lineare e facile, mai che gli venisse incontro.

Non posso” fu la pacata replica del lenzuolo, niente più che un sussurro.
Sospirò e cercò di rimandare giù l'insulto che era spuntato di colpo sulle sue labbra. Agitarsi gli faceva male e Don lo avrebbe strozzato se avesse saputo che non se n'era rimasto tranquillo a letto.
Perciò si avvicinò alla sedia con cautela, si sedette e prese dei grandi respiri per calmarsi. Avrebbe provato a capire e a dire grazie e poi se ne sarebbe andato via da lì e non le avrebbe rivolto più la parola per un altro mese, se era fortunato per sempre.

Perché non puoi uscire da lì sotto?” chiese con pazienza, sperando che la risposta avesse un qualche senso che lo aiutasse nella conversazione.
Ti ho promesso che non mi avresti più vista, se avessi combattuto per non morire” mormorò imbarazzata la vocina sotto il tessuto, confessando una cosa che non avrebbe mai avuto il coraggio di dire senza la protezione di quel riparo.
Flashback improvvisi passarono davanti ai suoi occhi, insieme al sonoro di quello che sembrava essere lui in preda ad una crisi isterica: si ricordò in un istante di quello che le aveva detto mentre era tra le grinfie del dolore e storse la bocca, solo mezzo colpevole. D'altronde quelle cose le pensava sul serio, ma sentì che non era stato davvero carino sputargliele addosso con rabbia mentre lei cercava di salvargli la vita. Poteva dare la colpa allo shock, la perdita di sangue e il dolore?
Si passò una mano in faccia, frustrato.

Mi dispiace di aver detto quelle cose. Non... sai che quelle cose le penso, ma non avrei dovuto dirtele in quel modo, in quel momento... mi dispiace, è stato insensibile da parte mia” si scusò, sinceramente, grato anche lui di non doverla guardare in viso.
Il lenzuolo negò ancora, con più veemenza.

Non me la sono presa, lo so. E non c'è bisogno che ti scusi o che ringrazi. Va bene così... io l'ho fatto perché lo volevo, tu non hai nessun debito.”
Il silenzio cadde di nuovo e Raph si chiese cos'altro avrebbe potuto dirle. Non voleva i suoi grazie, non voleva le sue scuse. E c'era sempre la tensione tra loro per via della rottura, davvero poco delicata da parte sua, ma inevitabile; si accorse di colpo che era la prima volta che parlavano da quella notte in cui l'aveva lasciata.

Allungò la mano e afferrò il lenzuolo, tirandolo verso di sé: la testa bruna e scompigliata di Isabel spuntò fuori, con gli occhi scuri sorpresi e spaventati, le guance rosse che facevano un contrasto nitido con la carnagione pallida e a pugni con le lievi occhiaie viola.
Non poté evitare di ammettere a sé stesso che era adorabile. Ai suoi occhi lei era sempre sembrata come una delicata fatina che appariva all'improvviso e nella meraviglia.

Isabel... grazie. Grazie e scusa. Te lo devo, perché mi hai salvato la vita. E no, non cominciare con la storia che non è necessario. Voglio farlo. Perciò prenditi i miei ringraziamenti e le mie scuse e taci” replicò, in quello che lui reputava un discorso sentito.
Isabel scoppiò a ridere e lui rimase meravigliato, dimentico com'era del suo strano senso dell'umorismo, che la faceva reagire in maniera diversa da come le persone si aspettavano.
Ma sembrava che l'imbarazzo ormai fosse scomparso, perciò fu grato a qualsiasi cosa avesse detto o al modo in cui l'aveva fatto.

Adesso vado o Don mi ucciderà” disse a disagio, mentre gli ultimi sprazzi di risata di lei si spegnevano.
Lei annuì, semplicemente, perciò si alzò e si avvicinò alla porta, senza sapere che altro aggiungere.

Ehm... ciao” disse una volta superato l'uscio, ricevendo un saluto identico in risposta.

Si appoggiò alla porta una volta fuori, incredibilmente stanco. Cos'era affrontare un coccodrillo, a confronto? Avrebbe preferito altri dieci coccodrilli piuttosto che ripetere una cosa del genere.
Vagliò con la mente per ricordare cosa avesse detto, giusto per essere certo che non ci fosse nulla di fraintendibile. L'ultima cosa che voleva era che lei pensasse che ci aveva ripensato, che fosse ancora interessato a lei. Sospirò, pensando che era stato gentile e distaccato, senza nulla da travisare, perciò aveva fatto un buon lavoro.

Sentì uno sguardo truce che lo passava da parte a parte e aprì gli occhi confuso, voltandoli intorno: Steve era ritto vicino alla porta della camera e lo guardava con astio e diffidenza.
Era rimasto per tutto il tempo lì fuori?
Il giovane si incamminò verso la porta, manifestando la sua intenzione ad entrare, lanciandogli uno sguardo che sembrava dire: “Spostati, mi intralci.”

Stai tornando da Isabel?” chiese Raph, senza spostarsi, deciso a sfidarlo.
Sì e allora? Qualcosa in contrario?” replicò prontamente Steve, ergendosi in tutta la sua altezza, che però in confronto alla sua era davvero ridicola.

Raph sorrise e gli passò una mano nei capelli biondi con fare allegro.
Ma che carino. Ti sei preso una cotta per lei?” lo punzecchiò, con quel suo modo fastidioso che sapeva lo avrebbe mandato fuori dai gangheri.
Steve arrossì violentemente, allungando le mani per scacciare la sua e divincolarsi.

No. E se pure fosse non sono fatti che ti riguardano!” fu la risposta pronta e asciutta, da vero uomo maturo.
In realtà era rimasto a controllare per conto di Leo. O meglio, non che l'amico sapesse che suo fratello era lì con lei, ma lui voleva comunque tenere tutto d'occhio, per essere sicuro che non succedesse nulla. Tifava per Leo, lui. Se c'era uno che la meritava, e che lei meritava, era di certo Leo e non quello lì.

Raph sollevò un sopracciglio colpito, ma lui sapeva che lo stava canzonando.
No, infatti. Ma le leggi e lo stato avrebbero qualcosa da ridire. Perciò stai attento.”
Stalle lontano, simpaticone!”
Steve riuscì ad aprire la porta e ci si infilò dentro velocemente, prima che lui potesse anche solo pensare di replicare, sbattendogliela in faccia.
Stupido moccioso. Non poteva dire che non avesse buon gusto, ma che almeno ci provasse con quelle della sua età.

Si incamminò verso la sua stanza un po' frastornato e confuso, ma con un grosso sorriso al ricordo degli occhi azzurri di quello scricciolo che lo sfidavano, mentre il corpo esile del ragazzino tremava.
Di certo l'amore rendeva temerari, ma molto, molto stupidi.



Note:
Salve a tutti!
Come va? Alla fine per la storia del rating non ho avuto una risposta secca e decisa, perciò ci sto pensando. È comunque altamente probabile che in futuro il rating si alzi. Vedremo.
Il primo capitolo dall'ottica di Raph, finalmente. Era un po' che l'aspettavo anche io, sono stata contenta di leggerla e correggerla.
Dunque, questa scena la aspettavate da un po', ma di certo non è andata come ve l'eravate immaginata, no? Insomma, a Raph preme solo mettere le cose in chiaro senza darle delle false speranze. Ovvio che la stessa scena vista da lei abbia un sapore diverso, dato che è cotta fino alla pazzia.

Alla fine, lui crede che Steve abbia una cotta per Isabel, travisando ovviamente visto che non sa che Leo se n'è innamorato, e gli dice di stare attento, dato che essendo minorenne sarebbe una cosa illegale. La cosa buffa è che tra Steve e Isabel c'è la stessa differenza di età che c'è tra Leo e Karai, almeno in questo universo. In realtà nella serie 2003 dovrebbero avere una differenza di più di dieci anni, stando a turtlepedia, ma io l'ho ridotta a sei. Quindi quando si sono incontrati Leo aveva sedici anni e Karai ventidue. Sei anni di differenza.
Steve ne ha quindici e Isabel ventuno, giusto per ricordare.

Il rifugio: è difficile orientarcisi, perciò allego delle bozze del prima di essere distrutto, giusto per farvi un'idea di come fosse, e del dopo che Isabel l'ha rimesso a posto.
Quelle del prima sono assolutamente affidabili ed esattamente così com'è il rifugio degli Y'Lyntian nella serie. Ho fatto milioni di ricerche e scansionato gli episodi uno ad uno, certificato.
Se vi dovesse servire, usatelo pure.
Allora, nel primo ci sono meno stanze, il laboratorio di Don per esempio è nel corridoio sotto l'arcata del portico vicino all'officina. La cucina è minuscola e al bagno si arriva attraverso di essa: nel fondo della cucina c'è un'altra porta, che non so davvero dove porti; ho immaginato ci sia una dispensa, ma non è strano che possa esserci anche una stanza da pranzo. Non viene mai mostrata, perciò non so proprio.
Le stanze da letto al primo piano: che problema! A volte ne vengono mostrate troppe e tutte attaccate, ma in realtà dovrebbero essercene solo quattro, perché quando April era andata a vivere da loro, Mikey aveva dovuto cederle la sua e andare a dormire da Raph. Perciò sono solo quattro.

Turtlepedia mi dice che Don e Leo dividevano la camera, ma non ne sono sicura. Io li ho messi in due separate.
Nel dopo, dopo che Isabel l'ha ricostruito, mi sono divertita a rifare tutto a mio gusto, mettendo molte stanze in più. I disegni come vedete fanno davvero pena.

Ok, la smetto con le mie solite spiegazioni inutili e chilometriche!

Grazie a tutti voi, grazie a chi recensisce con tanto affetto, ai seguiti e preferiti nuovi!
Grazie!
A presto

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