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Autore: annaregotti    03/09/2014    0 recensioni
Giugno 1832, Parigi. La Rivoluzione Francese sopravvive nei cuori e nelle menti dei giovani rivoluzionari de l'ABC e in questo clima drammatico si intrecciano i loro destini.
Grantaire era un giovane uomo profondamente scettico ma non ateo: non credeva nel Dio dei cristiani, né in Maometto o Allah, bensì egli credeva in Enjolras, il suo capo e guida, Dio e punto di riferimento.
Una piccola e sana follia scaturita dalla mia mente bacata, che Monsieur Hugo mi perdoni.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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~~Capitolo  1
R.

Un raggio di sole accarezzò il volto mal depilato di Grantaire, il quale, non essendo avvezzo a tali dolci effusioni spalancò immediatamente gli occhi blu, leggermente opacizzati dall’alcool ma allo stesso tempo incredibilmente vivi, tragici, veraci.
Il primo pensiero in assoluto di Grantaire fu un’imprecazione causata dalla bocca impastata e l’alito pesante. Il secondo invece dedicato ad una morsa che gli divorava lo stomaco, una sete inestinguibile ed implacabile che reclamava un sorso di liquido frizzante ed acidognolo. Il terzo pensiero era rivolto all’origine dei suoi problemi, della sua più grande dannazione  e della sua più grande benedizione, il suo universo ridotto in un essere, la parte mancante, il sublime fiammeggiante che ogni giorno –e ogni notte- animava ogni particella della sua anima: Enjolras.
Enjolras: il carismatico, erudito, coraggioso, nobile, sublime, leader dei Les Amis de l’ABC, gli ‘amici del Popolo’.
Grantaire era un giovane uomo profondamente scettico ma non ateo: non credeva nel Dio dei cristiani, né in Maometto o Allah, bensì egli credeva in Enjolras, il suo capo e guida, Dio e punto di riferimento. Non staremo qui a dilungarci sulle sfumature della psiche di Grantaire, basta dire che egli tendeva ad Enjolras, lo bramava, come un ratto brama a vedere il cielo azzurro, pur essendo nelle fogne. Esso era istruito e possedeva uno spiccato talento artistico ma nonostante ciò era affetto da una particolare carie secca dell’intelligenza: lo scetticismo. A cosa fosse dovuta questa carie non ci è dato sapere, noi sappiamo soltanto che Grantaire aveva solamente due certezza nella sua vita: il bicchiere colmo di vino stretto nella mano, ed Enjolras.
L’essere dipendente dagli alcolici –vino, birra, acquavite, assenzio- di Grantaire fu assai presto accettato di buon grado dagli amici de l’ABC, e il perenne stato di ubriachezza era stato ormai associato alla sua persona in modo indissolubile, tanto da valergli la nomea di ‘Grantaire, l’ubriacone’, e quest’ultima non aveva un’accezione denigratoria, semplicemente faceva parte di lui ed era valutata come una qualsiasi caratteristica: per esempio Joly, un componente del suddetto gruppo, era ipocondriaco, e nessuno si era mai sognato di disprezzarlo per questo, anzi, era motivo di risa affettuose tra amici. Così con Grantaire: la sua ubriachezza era fonte di scherzi, allusioni e battute.
Di prima mattina Grantaire si recò in un caffè  a Place Saint-Michel chiamato ‘cafè Musain’, quale era il ritrovo del gruppo. Ormai era, per così dire, un habitué nel caffeuccio, un abitudinario assai curioso: egli infatti non prendeva parte alle conversazioni politiche che si svolgevano tra i membri dei componenti del gruppo, si limitava ad intervenire sporadicamente per schernire l’opinione di qualcuno o per ridicolizzare qualche orazione fin troppo solenne di Enjolras, ma per la maggior parte del tempo fissava la bottiglia di vino, il bicchiere pieno che sia con lo sguardo vitreo e perso, tracannava grossi sorsi e poi, inevitabilmente, la sua ubriachezza lo spingeva a tre tipi di sbronze: la prima è la cosiddetta ‘sbronza allegra’, nella quale gli effetti dell’alcool erano solo eccessi di risa e monologhi deliranti, la seconda prevedeva uno stato di malinconia struggente, Grantaire si abbandonava a riflessioni ad alta voce sulla vacuità della vita e sulla sua assoluta mancanza di senso, la terza ed ultima sbronza prendeva Grantaire quando mescolava gli alcolici, egli crollava tra le braccia di Morfeo in men che non si dica e ci volevano parecchi giorni per ridestarlo da quel misterioso sonno profondo.
In ogni caso, questo era il punto di vita degli amici dell’ABC (Enjolras il capo, Combeferre il filosofo, Jean Prouvaire il poeta, Feuilly lo straniero, Joly l’ipocondriaco, Courfeyrac l’esuberante, Bahorel l’attaccabrighe, Bossuet lo sfortunato) e così vedevano Grantaire: ma non si immaginavano nemmeno che lo sguardo non era minimamente perso o vacuo, bensì era concentrato, rivolto costantemente allo scintillante leader.
Fatto sta che anche quel giorno Grantaire varcò la soglia del caffè Musain per recarsi nella sala adibita agli incontri del circolo, superò la sguattera Louison senza degnarla di uno sguardo e si sedette nell’angolo, sulla sedia che ormai era considerata di sua proprietà, appoggiò i gomiti sul tavolino lercio dove da ormi troppo tempo smaltiva le sue sbronze ed infine si decise ad ordinare un bicchiere di doppio whisky, giusto per iniziare bene la giornata.
-Monsieur!- esclamò con voce severa Louison, la quale di tanto in tanto si preoccupava per la salute di Grantaire – Monsieur, sapete che ore sono? Ebbene ve lo dirò io: non sono neanche le otto del mattino e voi già reclamate alcolici?
-Louison, perla meravigliosa, la vostra dedizione è commovente…
-Voi, canaglia, farvi gioco di me! Ad ordinare whisky di prima mattina!
-Suvvia, suvvia. –e dicendo questo Grantaire mise uno una monetina nella mano rugosa della sguattera che, esauritosi il suo slancio materno, decise di accettarla e corse in cucina.
A quell’ora nel Musain c’erano poche persone: uno o due borghesucci mattinieri, lavoratori che consumavano una magra colazione prima di andare a sgobbare, gli ubriaconi come Grantaire che non perdevano occasione di offuscarsi la mente con qualche buona bottiglia ed infine animi turbolenti come Enjolras, il quale era abbandonato sopra un tavolino ricoperto interamente di pergamene e libri, addormentato. Proprio così: addormentato. Spesso accadeva che egli si addormentasse sopra i suoi oggetti di studio –trattati di legge, cartine della Francia sotto la Costituzione, drammi greci-, essendo lui avvezzo a trascorrevi sopra la maggior parte del tempo, e proprio in questi frangenti si rivelava in tutta la sua umanità. Lui, il sacerdote della Rivoluzione, Paladino dei Diritti Umani, novello Saint-Just, arcangelo della Giustizia, lui che mai si concedeva un sorriso o una svago, lui che sembrava più marmo animato da pensieri nobili che un giovane uomo appena uscito dall’adolescenza, lui, addormentato come un ragazzo qualunque sopra un tavolino, era una vista sublime per Grantaire.
Attese che il suo Enjolras –che aveva soprannominato Apollo a causa delle sembianze poco riconducibili ad un comune mortale e più simili ad un dio marmoreo- si svegliasse per circa un’oretta e mezza, poi, visto che non accennava minimamente a manifestare segni di lucidità –dopotutto era mattina preso- decise di tornare in quel lurido buco che gli fungeva da abitazione. Non prima di essersi concesso un’ultima occhiata al viso addormentato e corrucciato di Apollo, un’occhiata così dolce che poteva essere travisata per adulante ma che ogni innamorato o innamorata ben conosce.

   
 
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