Mathilda sa che è arrivato il momento di aspettare il temporale. Perché la pioggia lava l’anima e ripulisce il cervello da tutto ciò che si vuole eliminare. Così nell’attesa si siede sulla riva del fiume. E il suo riflesso sembra quasi non appartenerle. E intravede dietro quella sagoma troppi fantasmi del passato, che la seguono senza tregua. Ma ha paura di voltarsi a guardarli. Ha paura di incontrare lo sguardo di chi l’ha tenuta ferma per troppo tempo. Così decide di rinchiudere tutti quei ricordi ai margini della sua amigdala, dove prima o poi saranno destinati a marcire. E quelle storie che l’hanno tormentata, ora devono rimanere seppellite sotto la polvere del tempo, per non emergere mai più. E i sogni tanto perfetti quanto irreali, e gli incubi che le hanno stretto la gola per troppe notti, li getterà in quel fiume e lascerà che sia la corrente a farli infrangere contro i sassi. Mathilda sa che non è troppo tardi per voltare pagina. Sa che il batterio della devastazione non l’ha infettata ancora del tutto, e sa che esiste ancora qualcosa al di fuori del vuoto che percepisce intorno a lei, capace di illuminarla dentro. E questo pensiero la rende migliore, la rende più forte, più leggera. E magari il temporale non è ancora arrivato. Ma tira un gran vento. E Mathilda sa che se spalanca le braccia, può spiccare il volo.
 

Alla mia vera Mathilda, tanto bella e forte quanto questa.