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Autore: With H    03/09/2014    1 recensioni
L'epilogo della veloce ed impossibile storia d'amore tra un animatore di un villaggio turistico internazionale e di una villeggiante.
Genere: Fluff, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era seduta sulle sue gambe, perfettamente consapevole dei problemi che avrebbe avuto lui con i suoi colleghi o con gli altri villeggianti se qualcuno avesse fatto domande, ma non gli importava e alla fine lei si era stancata di ricordargli che dovevano essere più discreti.
Quello sarebbe stato il suo ultimo giorno al villaggio e, dopo quasi dieci giorni in cui aveva infranto numerose regole per lei, aveva deciso che non gli importava di quello che chiunque altro avrebbe potuto dire quel giorno. 
Scriveva leggermente piegata in avanti verso il tavolino del bar della piscina dove si svolgevano tutte le attività dell’animazione, i capelli ricci che le ricadevano sulle spalle e la mano sinistra intenta a ricopiare le lettere dell’alfabeto cirillico che si era ostinata a voler imparare. Lui invece aveva una mano poggiata sulla pancia di lei che però era seminascosta dal tavolo e in pochi avrebbero notato quel gesto più intimo; si guardò intorno velocemente per quella che gli sembrò l’ennesima volta, una sua collega lanciava spesso occhiate nella loro direzione, ma sembrava più un volergli ricordare di fare attenzione che un’occhiata torva, i villeggianti che invece li guardavano, sembravano incuriositi. Qualcuno aveva capito che tra lui e la ragazza italiana c’era qualcosa, visto il feeling che si era creato tra loro soprattutto nella seconda settimana che lei aveva passato lì, ma solo un gruppo era stato abbastanza indiscreto da fargli delle domande. Un gruppo di napoletani, come lei. Solo che lei era diversa da tutti quelli che aveva conosciuto negli anni di animazione che aveva fatto: non era per niente chiassosa, non provava a parlare in quello strano ed incomprensibile italiano convinta che tutto il mondo dovesse capirla ed era una persona adorabile. Molto più di chiunque altro.
Si avvicinò e le diede un bacio veloce sulla spalla avvertendo il profumo di sapone sua pelle mischiato ad un retrogusto piacevolmente salato perché quella mattina aveva fatto aquagym nella piscina d’acqua salata; partecipava a tutte le attività del villaggio ed aveva sempre un’energia incredibile ed un sorriso dolce che regalava a tutti. Finse di non accorgersi del suo bacio, anche se le era venuta la pelle d’oca nel momento in cui le sue labbra le avevano toccato la pelle dietro la spalla e lui non poté fare a meno di sorridere. Poi si sporse in avanti a sbirciare quello che scriveva sul foglio, lo guardò sott’occhio con un mezzo sorriso.
— Perché volim te e il mio nome si trovano in due righe diverse? 
Finalmente si girò a guardarlo, si rese vagamente conto che erano ad una distanza troppo minima e che probabilmente tutti li stavano guardando.
— Ha parlato colui che circa una settimana fa mi ha detto di non innamorarmi? 
— Per una settimana hai continuato a vedermi di nascosto di notte, inventando scuse assurde con tua madre per avere una relazione con me... — lo disse ancora vagamente sorpreso, si era più volte chiesto perché avesse scelto lui quando alcuni animatori erano decisamente più belli, ma a lei non sembrava importare ed ultimamente sembrava ancora più presa di quando avevano iniziato —Pensavo che non mi avessi dato molto ascolto.
— Beh, quello che sta infrangendo un mucchio di regole per vedermi ogni notte e facendo così continuare la relazione con me, sei tu. Io non avrei problemi a baciarti in questo preciso momento.
Sorrise guardandola negli occhi, intensamente, consapevole che lei non avrebbe mai fatto in modo di creargli dei problemi, ma una parte di lui sperava che lo baciasse davvero. Era frustrante averla tutto il giorno vicino, mentre era in costume e ballava davanti a lui e non poter avvicinarsi a lei e baciarla e nemmeno guardare torvo chiunque guardasse lei.
Le prese la penna di mano e scrisse “volim te” accanto al nome di lei.
La sentì deglutire mentre gli occhi le si facevano lucidi per la terza volta in quella giornata e sussurrò il suo nome, poggiandosi contro di lui — Non è vero.
— Ne sei sicura? 
— Non mi ami. — ribadì, ma lo sforzo di sembrare decisa risultò più come una constatazione tormentata.
Non rispose, la prese invece per i fianchi e la spostò dolcemente sulla sedia accanto alla sua notando la sua occhiata interrogativa — Dovremmo parlare di stanotte. — lei arrossì e lanciò sguardi furtivi ai suoi lati.
— Non credo che sia il momento adatto...
— Non ci ascolta nessuno ora. — sbottò pur sapendo che poteva non essere vero, ma sentiva il bisogno di parlarne subito con lei — Come stai? 
Alzò le spalle guardandolo intensamente — Bene.
— Sicura? 
— Ha fatto male, ne ero consapevole comunque. Non immaginavo così tanto, ma...
Dedusse che sentiva ancora un po’ di dolore e gli si strinse lo stomaco sentendosi un po’ colpevole — E il sangue?
Arrossì ancora, meno di prima e mormorò ancora il suo nome così dolcemente che trattenne appena l’impulso di baciarla come la sera prima, cercò invece la sua mano sotto al tavolino sperando che nessuno lo notasse.
La vide provare a formulare una frase nella sua mente, ma probabilmente non trovava le parole adatte in inglese, così si limitò a scuotere la testa — Sei delusa? 
Gli strinse di più la mano e sorrise — No. — il modo in cui lei lo guardava negli occhi e gli diceva esattamene quello che pensava, lo lasciava ancora spiazzato — Ero consapevole di quello che stavo facendo, lo volevo ed ero con te e... Nonostante tutto, non potrei mai esserne delusa. Lo rifarei.
Le rivolse un’occhiata maliziosa alla quale lei rispose con uno schiaffo sul suo braccio — Scherzavo... Non ti chiederei di riprovarci, non stasera.
— Non lo farei. — ammise — Dovrei aspettare qualche giorno, ma noi non abbiamo qualche giorno...
Deglutì tirandola verso di sé, sembrava più piccola con la testa poggiata sulle sue spalle larghe; notò che il capo animatore gli faceva cenno di andare a fare le prove per lo spettacolo di quella sera — Ci vediamo stasera. Dopo la discoteca stiamo insieme.
Gli accarezzò dolcemente il viso e per una frazione di secondo ebbe paura che lo baciasse, ma lei si limitò a sforzarsi di sorridere — Ci vediamo dopo.
Ciao. — concluse in italiano prima di alzarsi e lasciare a malincuore la sua mano.
Quelle che seguirono furono le due ore di prove più lunghe di tutta la stagione e fu contento di essere confinato nella console come al solito a dover mettere solo le musiche mentre pensava dolorosamente all’imminente partenza di lei.
A cena la intravide seduta come al solito al tavolo con la madre mentre lui sceglieva cosa mangiare al buffet e poi durante lo spettacolo la guardò dalla finestra della console accorgendosi che spesso si girava a cercarlo con lo sguardo; pensò che i duri e ancora caldi spalti dell’anfiteatro non fossero una seduta troppo comoda per lei in quel momento, infatti tendeva a cambiare continuamente posizione sotto lo sguardo perplesso di sua madre.
Dopo lo spettacolo si spostarono alla piscina nella parte bassa del villaggio, dove c’era anche la zona adibita per le varie attività e per la discoteca serale e lui mise tutte le canzoni che sapeva le piacessero. Era una serata triste, l’indomani molte persone sarebbero andate via ed essendo l’ultima settimana di agosto, il villaggio si sarebbe parecchio svuotato. Erano soprattutto gli italiani che sarebbero andati via.
Verso l’una meno un quarto decise di fregarsene se mancava ancora almeno un quarto d’ora alla fine della discoteca e, “in onore” degli italiani che sarebbero andati via mise un po’ di canzoni italiane, lasciando la console per andare da lei; le prime due canzoni erano abbastanza ritmate, per cui si limitò a fare un po’ di chiasso insieme ai vari villeggianti, poi ne mise una che si chiamava “Caruso”, l’aveva sentita qualche volta e per gli italiani era una specie di capolavoro, uscì ancora dalla console mentre lei veniva abbracciata da tutti gli altri, animatori compresi. Sapeva che avrebbe dovuto unirsi a quell’abbraccio di gruppo, perché era così che doveva comportarsi un animatore, ma non gli interessava; la prese delicatamente per mano e l’attirò a sé sotto lo sguardo curioso e stupito di tutti gli altri, poi le avvolse le braccia sulle spalle in modo da nasconderla alla vista degli altri ed iniziò a muoversi piano.
Gli rivolse un sorriso, triste — Vuoi che pianga?
— Sì. — rispose fingendo una risata e la strinse di più a sé mentre lei gli dava dei furtivi e veloci baci sul petto. 
Tutti li stavano guardando e fu contento che lei non potesse accorgersene perché le sue braccia le coprivano la vista, aveva ancora gli occhi lucidi e respirava annaspando, chiaramente intenta a trattenere le lacrime.
— Avrei una festa sulla spiaggia con gli altri. — sussurrò velocemente sulle ultime note della canzone cercando di non far capire agli altri di che cosa stesse parlando — Ma mi libero presto, aspettami in reception al caldo. Vengo a prenderti tra poco. — le diede un veloce bacio sulla fronte e poi la lasciò.
Mantenne la promessa, sebbene andar via da una festa organizzata dal colui che aveva creato l’agenzia di animazione per cui lui lavorava che, tra l’altro, era un suo caro amico, fu molto difficile. Ma in quel momento lei era più importante.
Le disse di andare al primo piano nel palazzo della reception e di aspettarlo nella sala conferenze dove si erano incontrati la prima sera di nascosto e dove avevano quasi dovuto fare una fuga dopo essere stati insieme perché all’esterno della sala c’erano delle persone. 
Appena la raggiunse all’interno, lei lo baciò. Era un bacio disperato in cui entrambi avvertirono il dolore dell’altro. Portò le mani al lembo della sua maglia decisa a sfilargliela, ma lui la fermò.
— Per quanto vorrei fare ancora l’amore, ora non è la cosa giusta da fare. 
— Io sto bene. — disse meccanicamente.
Sorrise portandola verso il fondo della sala e si mise seduto sulla moquette poggiando la schiena contro il muro esattamente come aveva fatto circa una settimana prima in circostanze diverse, poi la tirò verso di sé.
— So che non è del tutto vero. — ribadì accarezzandole i capelli mentre lei si accucciava tra le sue braccia, il viso contro il suo petto — E comunque farlo adesso significherebbe cercare una distrazione. — restò per qualche minuto in silenzio — Sei fantastica, volevo dirtelo.
Ne sembrò sorpresa — Grazie... Lo sei anche tu...
— No, io non sono solo così... Questo è l’animatore.
Alzò lo sguardo verso di lui e posò una mano sul suo viso — Io non vedo solo l’animatore. Non sono qui perché tu sei un animatore e non ho fatto l’amore per la prima volta per questo. Io guardo oltre... Vedo l’uomo che sei e sei fantastico.
Parlarono a lungo, si baciarono spesso e alla fine scoppiò a piangere, lui riuscì a stento a trattenersi. Il giorno dopo doveva sostituire un’animatrice per il risveglio muscolare, al quale - per la prima volta da quando era arrivata - lei non partecipò, ma si mise seduta davanti al palchetto e lui fece di tutto per farla sorridere anche se l’umore di entrambi era a pezzi. Quando finì, gli restava solo mezz’ora prima che lei partisse, la portò nella stanza dell’animazione, chiuse la porta e si spostarono verso il fondo di quella labirintica stanza. Poi, senza parlare, si strinsero in un abbraccio. 
Il loro respiro era corto ed il silenzio parlava per loro. Sentì la spalla inumidirsi e capì che lei aveva ripreso a piangere anche se meno della notte che era appena passata, respirò a fondo e poi si staccò da lui asciugandosi furtivamente gli occhi che erano rossi, lui si sforzò di sorridere e sentì i suoi occhi bruciare.
— Volevo dirti... — mormorò e la voce le si spezzò, altre lacrime uscirono lente dai suoi occhi e lui capì che stava cercando di non pensare che quello era un addio — Ciao... E ringraziarti per tutto perché questa vacanza è stata incredibile e soprattutto grazie a te...
— Non devi ringraziarmi, dovrei farlo io... Se tu non fossi venuta qui e se non avessi partecipato a tutto sempre con la tua simpatia e il tuo sorriso, se non avessi deciso di stare con me... — si sentiva confuso e non sapeva cosa dire mentre la vista gli si appannava — Io non c’entro niente.
— In Italia noi diciamo ti voglio bene, è meno forte di volim te, ma è abbastanza forte per farti capire cosa provo per te... 
Provò mentalmente a tradurre la frase con quel poco di italiano che conosceva, ma non aveva molto senso e lei gli spiegò che aveva senso solo nella sua lingua e nelle altre la traduzione era comunque “I love you” anche se in Italia il significato era diverso.
— Perciò, ti voglio bene. — concluse piangendo.
Gli piaceva il suono di quelle parole, ma si sentì un po’ deluso perché era chiaro che non fossero del tutto sincere e che lei provasse di più, anche lui. Ma era chiaro che separarsi sarebbe stato ancora peggio se uno dei due avesse detto “ti amo” all’altro.
Si baciarono con dolcezza e disperazione, lasciando che il loro ultimo bacio esprimesse i veri sentimenti che provavano l’una per l’altra, la distanza tra l’Italia e la Serbia gli sembrò in quel momento di anni luce e la rabbia di aver conosciuto una persona come lei e di doverla perdere così in fretta, era quasi paragonabile al dolore che provava in quel momento.
Le lacrime iniziarono a rigare anche il suo viso.
Si guardarono sforzando un sorriso e, dopo essersi calmati, uscirono insieme dalla sala dell’animazione sotto lo sguardo poco attento di qualcuno che avrebbe forse pensato che tra loro c’era una storia, ma non si rendeva conto che avevano appena pianto insieme per dirsi addio.
Raggiunse sua madre che la stava cercando, si girò un’ultima volta verso di lui e poi la vide andare via verso la reception dove l’aspettava l’autobus che l’avrebbe portata all’aeroporto. Lei inforcò i suoi occhiali da sole probabilmente a nascondere un fiume di lacrime e lui desiderò solo che arrivasse il giorno dopo, il suo giorno libero, per poter sprofondare in un dolore che in quel momento non poteva provare perché era costretto a sorridere e a scherzare per tutti gli altri villeggianti.








[
Волим те, Милан.]

   
 
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